Razzismo e civilta'

(Note ispirate al "caso Marsiglia")

 

[Mi dispiace che il non avere abbastanza tempo libero per rivedere ed inserire i testi che avevo preparato per questa rubrica renda quello che segue alquanto obsoleto; vengo infatti a sapere proprio oggi, 21.10.2000, che l'affare del Prof. Marsiglia si e' risolto, e che quella che era la prevedibile "verita'" (anche se io in realta' presumevo che si fosse trattata di un'aggressione autentica, ma per "motivi privati", che l'aggredito non aveva desiderato confessare, cadendo cosi' nella tentazione di incolparne gli "storici nemici") una volta tanto e' stata accertata senza alcun dubbio (il "professore" avrebbe perfino disegnato lui stesso sui muri le svastiche accompagnate da scritte razziste, per dare al solito la colpa ai detti "nemici"!). A questa nota ottimista si accompagna, e' nella mia natura, una pessimista: che per un caso andato a buon fine, ne restano chissa' quanti altri per i quali si puo' solo dire "ingiustizia e' fatta" - e intendo qui il termine nel suo connotato "storico", con riferimento a "verita'" che non sono tali ma continuano a credersi, sostenute da coloro che intendono la storia soltanto come palestra di "politica al passato", essendo loro esclusivo interesse, o dei loro "committenti", indirizzare alla formazione di "giudizi di valore" che siano utili a una parte, anziche' ad un'altra. Comunque, questo che inizialmente sarebbe stato da inquadrarsi nella categoria dei "dissensi", e' diventato, grazie al coraggioso operato di un giudice di Verona, il Dott. Papalia, un "consenso"; temevo che ragioni di opportunita' appunto politica stendessero presto una coltre d'oblio sulla poco edificante vicenda...]

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Il recente episodio dell'aggressione "razzista" al Prof. Marsiglia solleva preoccupanti interrogativi sullo stato di salute della "coscienza pubblica" (e dell'intelligenza) del nostro paese, e ha evidenziato sintomi inquietanti di "intolleranza", che non sono da ascriversi affatto alla parte che viene oggi comunemente ritenuta "mandante" - anche solo indiretta - della violenza subita dal docente in parola. Leggo infatti le seguenti dichiarazioni rese al Senato subito dopo l'accaduto dal sottosegretario agli Interni, Massimo Brutti: "C'e' una crescente pulsione neonazista e neofascista che non dobbiamo sottovalutare. Non deve esserci esagerazione, ma dobbiamo fermarli in tempo" ("Il Messaggero", 22.9.2000).

Liberissimo naturalmente il dichiarante nell'avere certe simpatie politico-ideologiche e non altre, cio' che lascia perplessi e' quali strumenti egli abbia in mente per "fermarli in tempo". Molto piu' esplicito e' il giornalista Riccardo Orioles, che nella sua sempre molto stimolante e-zine commenta i fatti nel seguente modo.

"Weimar. A Verona, la settimana scorsa, un professore ebreo e' stato aggredito a sprangate sotto casa da tre nazisti sulla trentina al grido di "Haider". L'aggressione era stata seguita da lettere anonime ("sporco ebreo" ecc.) e svastiche sui muri di casa. La notizia, nell'immediatezza, e' stata relegata dai telegiornali fra le minori; sul Corriere, con l'attacco "Un insegnante di religione di origine ebraica ma cattolico". L'episodio non e' stato seguito da particolari reazioni della societa' civile, ne' a Verona (dove il livello civile non e' particolarmente alto: "ebreo" e "negro" allo stadio la' sono ingiurie ricorrenti ormai da una decina d'anni) ne' altrove. In serata, un gruppo di studenti della sua scuola s'e' recato dal professore per esprimergli solidarieta' e soprattutto per offrirsi di restare "di guardia" per qualche giorno dentro casa. E' soprattutto quest'ultimo particolare a fare esattamente Anni Trenta: i liceali che si offrono, spaventati si' ma determinati a far qualcosa di persona per "non mollare"; il professore che si schermisce civilmente, le rassicurazioni reciproche, qualche battuta volutamente disinvolta su argomenti di scuola; e poi i sorrisi sulla porta, i passi dei ragazzi giu' per le scale e sul portone (resteranno qualche minuto sul marciapiede, prima di darsi appuntamento al giorno dopo: e l'uomo, che ancora sorride, sente le loro voci allontanarsi a poco a poco). Poi c'e' silenzio. Non c'e' una volonta' ideologica, credo, dietro il silenzio e la sottovalutazione di questo gravissimo episodio. C'e' una rimozione. Ma e' esattamente la stessa rimozione degli Anni Trenta. Anche le SA erano "ragazzi", all'inizio; anche l'olio di ricino era una "ragazzata". Se non fosse cosi', se non di "ragazzate" si trattasse, saremmo obbligati a ragionare in maniera molto scomoda: perche' dentro di noi sappiamo benissimo - lo sa Ciampi, lo sa il governo; lo sa persino la destra, forse - dove il ragionamento ci condurrebbe. A prendere decisioni durissime, le uniche che un'esperienza durissima, iniziata esattamente cosi', puo' farci ritenere adeguate. In questo momento, per esempio, Verona dovrebbe essere pattugliata da soldati: si fece in Sicilia e in Sardegna, in anni recentissimi, per allarmi sociali non maggiori. Il segnale non puo' essere dato dalla solidarieta', in questi casi, dall'enunciazione di valori; ma dall'ostentazione immediata della forza, e se necessario dal suo uso. L'ideologia della mafia, in alcuni quartieri di Palermo, ebbe anche una sua base di massa, in alcuni momenti; ad essa lo Stato rispose *anche* mettendo in mostra dei mitra. A Verona, e' auspicabile, la percentuale razzista - e dunque complice - della popolazione non sara' superiore a quella che era complice della mafia a Palermo: una minoranza, crediamo, anche se consistente. Questa minoranza va intimidita. Ma se persino fosse, a Palermo o a Verona, il centouno per cento, andrebbe identicamente repressa, con estrema durezza e platealmente. Perche' Palermo e Verona, al di la' di tutte le chiacchiere da politici, sono in Italia. E in Italia mafia e nazismo non sono ammessi."

(Subject: Catena di SanLibero 41, Date: Wed, 27 Sep 2000)

La dose viene rincarata nel numero successivo (Subject: Catena di SanLibero 42, Date: Mon, 2 Oct 2000:)

"Weimar. A che punto sono le indagini aperte dalla Procura, fra l'altro, sul sottobosco antisemita della Curia di Verona? Il magistrato sta esaminando i fascicoli sull'improvviso trasferimento, richiesto da alcune famiglie influenti della citta', del professore di religione Luis Marsiglia, reo di antinazismo. Puo' darsi che in questo caso la giustizia non si limiti a colpire gli squali piccoli ma riesca a risalire piu' in su, incriminando ad esempio gli intoccabili firmatari della lettera da cui parti' l'intera campagna culminata nell'aggressione allo "sporco ebreo". Una campagna che in questo momento continua ancora, col meccanismo di disinformatija ("Ma che voleva in realta' il professore?", "ma e' sicuro che l'aggressione fosse nazista?", "ma e' sicuro che non si sia inventato tutto?", ecc.) messo in piedi dagli integralisti cattolici col sostegno dei giornali locali.

Nessun provvedimento, del resto, e' preso dalle autorita' ecclesiastiche per punire, per quanto di loro competenza, gli esponenti della Curia colpevoli di tolleranza verso l'antisemitismo. Per un insegnante cattolico - morale della favola - e' meglio non parlare dei lager e dello Shoa: qualcuno potrebbe offendersi, e ne risentirebbe la carriera. Appena un mese fa, del resto, e' stato ufficialmente indicato a modello di virtu' cattoliche un persecutore di ebrei come Pio Nono. Non meraviglia affatto la diffidenza delle comunita' ebraiche verso le offerte (che esse giudicano ipocrite) di "dialogo" del Vaticano.

Quanto al dibattito politico, dopo due o tre giorni di fiammata, s'e' spento placidamente, com'era normale che fosse. Le cose piu' interessanti probabilmente sono state dette nella destra, dov'e' venuto drammaticamente a galla l'abisso fra alcuni esponenti politici ormai in larga misura civilizzati e la base ancora in gran parte attestata su "l'ebreo se l'e' andata a cercare". Il dramma di questi dirigenti e' che, mentre essi disperatamente cercano di ripulire dal peggio le loro file, queste si volgono con sempre piu' interesse ai nuovi punti di riferimento rappresentati da Haider e Bossi: piu' rozzi e "popolari", costoro non hanno del fascismo la zavorra delle parole, ma l'impulso profondo: e dunque e' una lotta impari, quella che si conduce fra gli uni e gli altri dentro i crani dei giovani "di destra".

Intanto i nazisti preparano in modo meno artigianale e piu' scientifico le prossime aggressioni. E' stata messa sull'internet, a cura di un'organizzazione di "milizia cristiana", la lista circostanziata di circa diecimila famiglie ebraiche. Il prossimo passo sara' l'organizzazione di aggressioni "esemplari" a macchia di leopardo, e anche stavolta i fatti saranno seguiti da indignazione e dibattito, nell'ambito dei democratici, per forse due o tre giorni.

* * *

L'unica eccezione, in questo intorpidimento weimariano, e' quella dei ragazzi di Verona, dove finalmente ci si divide apertamente fra amici e nemici dei nazisti, e i primi cervelli giovani cominciano lentamente a uscire dalle nebbie del "mi faccio i fatti miei". Parecchi ragazzi, nei giorni dell'aggressione a Marsiglia, si sono mobilitati concretamente per difendere il loro professore. La maggior parte di loro, a poco a poco - passata l'emergenza - rifluira' nella "vita tranquilla" rimuovendo nella vita adulta (ma queste rimozioni segnano per sempre) il ricordo del momento in cui si e' volato. Alcuni di loro pero', avendo per una volta trovato il coraggio di affrontare a viso aperto il male, avranno varcato un confine; e non torneranno piu' indietro finche' vivranno. Nessuno, di questi giovani esseri umani, sara' mai piu' lo stesso. L'utilita' del male e' infatti questa, di costringere a una scelta.

("Elogio della ghigliottina" scriveva, ai tempi del *primo* fascismo,

Gobetti).

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Intini: "Non e' reato l'idea razzista".

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Alcuni anni fa, a Roma, un'ondata di aggressioni fomentate da un "Movimento Politico Occidentale" (il leader, in anticipo sui tempi, era Maurizio Boccacci) venne stroncata senza molto dibattito dai giovani ebrei romani. Si organizzarono fra di loro e un bel giorno fecero irruzione nella sede dei nazisti, li riempirono di legnate, devastarono la sede e se ne andarono indisturbati portandosi dietro la bandiera dei nazi, che da allora fa bella mostra di se' in un imprecisato locale del vecchio ghetto."

Cosa dire di fronte a tanta veemenza? Toni purtroppo da guerra civile (o meglio, da VINCITORI di una guerra civile nei confronti dei VINTI), che dimostrano una vocazione all'intolleranza, e un incitamento alla reazione violenta, proprio da parte di chi e' convinto di difendere valori contrari. Ma facendo cosi' ricorso all'emozione si fa appunto storia soltanto come politica al passato, e si eludono gravi problemi sui quali, si spera, una societa' che si dichiara "democratica" quale la nostra dovrebbe garantire liberta' di opinione (e questo significa, e' ovvio, "liberta' di espressione" delle opinioni, in parole ed azioni: la liberta' di pensiero nel fondo delle coscienze non la puo' impedire neanche il piu' severo dei dittatori!). Qual e' infatti la base concettuale che porta ad asserire che chi si preoccupa per esempio di possibili effetti nefasti dell'immigrazione nel nostro paese e' un "razzista" (e bisognerebbe poi intendersi anche sul significato di tale parola, si veda quanto ne dico nel punto D/5 della pagina Attualita' di questo sito), o peggio un "nazista"*? Fare ricorso ad appellativi del genere, cercando di risolvere drammatiche ed oggettive questioni sociali** attraverso gli strumenti della demagogia e dell'emotivita', non ha altro effetto che di aggravare i problemi e le divisioni, oltre che di incitare si' davvero alla violenza*** (non posso dire di non sentire tale il precedente riferimento alle "legnate") - e in fondo pure di rafforzare la parte avversa, dal momento che qualcuno potrebbe appunto convincersi che unicamente diciamo presso i neonazisti si troverebbe lo spazio ideologico per condurre certe "battaglie". Senza dire che e' gravissima mancanza morale escludere in modo consapevole la "logica", e privilegiare la passione, allo scopo di provocare il giudizio sommario della "piazza"; cosi' come e' ignobile cercare di trionfare sugli avversari politici, evitando il confronto sulle tesi, solo gratificandoli di qualifiche che lo spirito del tempo ritiene infamanti.

L'introduzione del comune termine bellico non deve ingannare: la "civilta'" si dimostra proprio nella capacita' di comporre gli inevitabili "conflitti" SENZA fare ricorso alla VIOLENZA. E' sciocco, oltre che utopistico, pensare di poter vivere la storia senza contrasti, ma "perche' averne paura? Perche' non accettarli e imparare a gestirli in modo positivo? La stagnazione e la carenza di energia sono peggiori del conflitto, che in ogni caso mette in moto delle energie" (cito qui, liberamente, il pensiero di un'altra corrispondente via rete, Lucilla Borio, che ne scrive l'8.10.2000 a Fabrizio Santori, del VES - Villaggio Ecologico Solidale: santori@libero.it). Bisogna ammettere infatti che si possa "polemizzare" anche aspramente, e non si puo' cercare di reprimere il dissenso imponendo l'IDEOLOGIA UNICA del "politically correct". Bisogna sapersi accontentare che l'antagonismo non sfoci mai nella violenza, che rischia di essere viceversa alimentata esattamente da coloro che, impedendo normali canali di sfogo e di espressione, lasciano alfine tale strada come l'unica percorribile. Il ricorso alla forza da parte di uno "stato democratico" e' legittimo soltanto allo scopo di reprimere altre azioni di forza, e non "idee", o "parole", sicche' l'Intini sopra citato in modo implicitamente critico non ha affatto torto.

Tanto piu' che, nel caso specifico, qualche dubbio comincia ad affiorare, e la fretta con la quale si esprimono "certezze", e si salta alle "conclusioni", appare assai sospetta. Nel "Corriere della Sera" del 21.9.2000, assieme alle dichiarazioni di Castagnetti ("Il Polo deve fare un esame di coscienza. Questo episodio e' la conseguenza diretta dell'intolleranza, del voler mettere esasperatamente gli uni contro gli altri, i figli naturali contro gli adottati"), e di Cossutta ("Non si puo' soffiare sul fuoco del razzismo senza aprire alla violenza. Bossi e la Lega soffiano sul fuoco della secessione, i neofascisti di AN sull'intolleranza verso gli immigrati") [cito queste dichiarazioni a futura memoria, visto che questa e' di solito corta], si riportano anche quelle di un certo Paolo, "uno dei leader del gruppo 'Veneto Fronte', sotto processo per istigazione all'odio razziale": "Mi chiedo se e' possibile che una sprangata non lasci il segno. Mi pare che il professor Marsiglia non ne abbia ... Non vorrei che fosse l'ennesima bolla di sapone, come quella volta a Roma che tutti gridarono al lupo al lupo quando una zingarella si presento' ferita ai polsi: poi si scopri' che era stato il padre ... noi con l'agguato non c'entriamo niente". Ne "Il Giornale" del 23.9 si legge che esistono "Sempre piu' dubbi sul racconto del prof ... Molti particolari della vicenda non convincono. Secondo gli investigatori il caso potrebbe riservare presto clamorose sorprese". Che il personaggio oggetto dell'aggressione non sia comunque una "buona lana" lo dimostrano alcune scoperte dei giorni successivi: "'Ha detto bugie e le sue sono solo menzogne'. La Diocesi di Verona prende posizione sulle dichiarazioni del professor Luis Marsiglia ... 'Non ha mai conseguito alcun titolo di studio teologico che lo abilitasse all'insegnamento della religione nelle scuole italiane' ... Sul caso e' intervenuto anche monsignor Callisto Barbolan, responsabile dell'ufficio scuola della diocesi: 'Non e' mia competenza entrare nel merito dell'aggressione di Luis Marsiglia, ma resta il fatto che la menzogna del professore mi permette di riconsiderare la vicenda nella sua complessita'" ("La Nazione", 7.10.2000). Se fossimo in un "giallo", consiglierei agli inquirenti di controllare anche qualche possibile "pista privata", un movente per la violenza subita che l'interessato conosce benissimo, ma ha preferito non divulgare, adducendo un pretesto politico che gli avrebbe fornito generalizzata solidarieta'.

Chi osasse aggiungere a quanto precede che la storia e' piena in effetti di "pretesti", che sono stati provocati ad arte dalla medesima parte che intendeva servirsene (gli antinazisti considerano tale il famoso incendio del Reichstag), e' un nazista, degno pertanto di essere processato a Norimberga ed impiccato? Eppure, sono tanti i casi nei quali l'esercizio di anche solo poca intelligenza porta a nutrire seri dubbi su come siano andate effettivamente le cose, dal bombardamento di Pearl Harbor all'affondamento del Lusitania, o, per semplificare, agli innumerevoli conflitti tra indiani e cowboys dei films western. Quante volte e' stato ammesso che sono stati i "bianchi" a compiere loro stessi certi atti, per darne poi la colpa agli indiani?, peccato che qualcuno cada ancora in tali banali "trucchi"…

Del resto, la "questione ebraica" in generale e' diventata un vero "tabu'", e questo e' un altro segno di "incivilta'", non certo della parte che Orioles ritiene incivile. Per esempio, e' illegale discutere come proprio nella cultura ebraica si possano ritrovare fondamentali elementi di razzismo? E in che modo altrimenti definire la concezione di un "popolo eletto" addirittura da Dio, che da qui teorizza la coesistenza di due "diritti", uno per quanto attiene a relazioni all'interno di coloro che fanno parte della comunita', e uno per cio' che concerne le relazioni con i "diversi" (i goym)? Lo scrivente non e' personalmente in grado di indicare altre civilta' che hanno sviluppato concezioni analoghe, e sarebbe curioso di saperne qualcosa di piu', grazie a qualche possibile intervento da parte di lettori. Resta il fatto che nello "ius gentium" comunemente inteso alcuni peccati gravi (non rubare, non uccidere, etc.) sono sempre stati considerati con valenza "erga omnes", mentre ho letto numerose volte che questo non e' il caso del diritto ebraico. Per restare nel tema attuale, non pare esserci alcun cenno di globalizzazione, di "melting pot", in Israele, dove sono anche proibiti i matrimoni misti, proprio come nella Germania del III Reich! Cito dalla rivista cattolica "Adista", 14 dic. 1996, p. 13:

"Fin dall'epoca della nascita dello Stato ... i rabbini ortodossi controllano il ciclo stesso della vita personale: dalle circoncisioni ai matrimoni, dalle adozioni ai divorzi, dalle conversioni alle morti e sepolture. Non esiste autorita' civile in queste materie ... il monopolio dell'ortodossia diviene vincolante al punto da ledere alcuni diritti personali. Per essere espliciti: il rabbinato ortodosso non celebra matrimoni tra ebrei e non ebrei, al di la' del fatto che i due siano israeliani. Vieta inoltre i matrimoni tra kohenim e divorziate, e a tutti coloro che sono illegittimi (mamzerim). Molti ebrei immigrati ma che non sono ebrei secondo l'halaka' (la legge religiosa) non possono sposare ebrei. Si capisce subito quanto la questione del "chi e' ebreo" sia fondamentale in Israele ... i figli adottati da coppie non ortodosse non possono essere convertiti al giudaismo ... le donne non possono pregare in gruppi al Muro occidentale etc. etc.".

Per concludere, e' forse un reato "pensare" liberamente, o essere curiosi nei confronti di chi esprime opinioni controcorrente? Se si', lo si dica a chiare lettere, ma si accetti almeno onestamente, assieme ai vantaggi che offre l'attuale "vittoria politica", di essere inclusi nella categoria di coloro che esercitano il "dispotismo sociale", sia pure a fini "benevoli"...

 

* Puo' essere definito "nazista" il Prof. Giovanni Sartori, che fa proprie certe preoccupazioni nel suo ultimo saggio, "Pluralismo, multiculturalismo e estranei" (Rizzoli)? ("La quantita' di diverso che una societa' puo' metabolizzare non e' illimitata; i concetti di tolleranza e pluralismo, in se' positivi e vitali, significano l'accettazione della diversita' e non la sua promozione indiscriminata").

** Ho sentito dire da fonte attendibile che proiezioni "riservate" dell'O.N.U. prevedono tra pochi decenni un'Italia composta da 40 milioni di italiani e 17 milioni di non italiani (se le cose continuano cosi'). E' ovvio che tale situazione comporterebbe la fine dell'Italia quale oggi la intendiamo, e diventa meno fantastorico lo scenario che aveva descritto poco tempo fa il solito "esperto" molto ben informato, Edward Luttwak. Questi si era lasciato sfuggire, in una trasmissione televisiva condotta da Michele Santoro durante la crisi del Kosovo, che bisogna ormai rassegnarsi alla perdita del concetto di sovranita' nazionale (vuolsi cosi' cola' dove si puote), e che anche l'Italia avrebbe dovuto in effetti piegarsi alla prospettiva di rinunciare a parte dei suoi territori, non importa quanto storicamente rilevanti (non ricordo se l'esemplificazione porto' a nominare addirittura il Lazio, o la Puglia), qualora si verificasse in essi la presenza di una forte comunita' straniera.

Bisogna per forza di legge (o per minaccia di licenziamento, o di bastonate; qui il problema e' di stabilire CHI HA PAURA DI CHI, se e' la maggioranza che e' al potere a dover temere la minoranza, o non piuttosto viceversa!) essere contenti che siffatto evento si verifichi? Che l'Italia venga avviata alla "balcanizzazione", sotto i falsi pretesti dell'umanitarismo, dell'accoglienza, della solidarieta'? Da quando l'amore verso la patria, verso la civilta' che essa ha rappresentato e promosso nel corso dei secoli, e' diventata una colpa di cui vergognarsi?

***Ricevo proprio nel momento di mettere in rete questa informazione dal "Centro Studi La Runa" <centrostudilaruna@libero.it>:

"Oggi , a Venezia, una militante della Lega Nord è stata pestata con pugni e calci dai "drogati di stato" dei Centri Sociali. Erano in 30 contro 6. Nessuna vendetta. Nessun eroe.

...ci penserà "l'eroina" a far giustizia...".

A questa si accompagna la seguente altrettanto inquietante notizia, sempre circolante sulla rete (da "Il Messaggero", del 12.10.2000):

"Giovani ultrà attaccano filo-palestinesi di Forza Nuova - Blitz a piazza Venezia, 4 feriti (di LUCA LIPPERA)

ROMA - Altissima tensione ieri pomeriggio in Centro sullo sfondo della crisi mediorientale. Un gruppo di militanti della formazione di estrema destra Forza Nuova è stato aggredito da circa venticinque persone armate di bastoni e spranghe mentre manifestavano nei pressi del Campidoglio "a favore del popolo palestinese". Quattro attivisti di Fn sono finiti in ospedale al San Giacomo e con loro due agenti di polizia che avevano cercato di calmare gli animi. Nessuno dei feriti è in gravi condizioni. L'aggressione, secondo i dirigenti di Forza Nuova, sarebbe opera di "giovani ebrei provenienti dal Ghetto". Il presidente della Comunità Ebraica di Roma, ha ribadito "la contrarietà ad ogni tipo di violenza", ammettendo però che gli autori dell'azione possano essere "giovani ebrei al di fuori del nostro controllo che hanno reagito ad una provocazione intollerabile". Il "raid" è scattato intorno alle quattro e mezzo. I militanti di Forza Nuova, fin dal mattino, erano in piazza San Marco, adiacente a piazza Venezia, e tenevano su uno striscione con questa scritta: "No al genocidio sionista del popolo palestinese". La Questura in serata ha sostanzialmente confermato la ricostruzione dei fatti contenuta in comunicato diramato nel tardo pomeriggio dagli estremisti di destra. "La manifestazione - afferma Giuseppe Comite, capo di gabinetto del questore - era quasi finita ed era andato tutto liscio. All'improvviso, con una mossa fulminea, sono comparsi una quindicina di giovani armati con spranghe di legno e di ferro che hanno aggredito i militanti di Forza Nuova. La polizia, che sorvegliava il sit-in dal mattino, a quel punto è intervenuta. Gli aggressori, dopo aver colpito, sono riusciti a fuggire. Alcuni giovani di Fn hanno tirato fuori a loro volta alcuni bastoni decisi a reagire. Ma gli agenti li hanno convinti a posarli in terra". Il gruppo degli aggressori, secondo la ricostruzione, "proveniva dalla zona di piazza Campitelli, adiacente al Portico d'Ottavia". Francesco Bianco, 40 anni, responsabile provinciale di Forza Nuova, sostiene di aver "riconosciuto tra gli aggressori giovani ebrei del Ghetto". Già sabato, vicino al Colleso [?!], c'erano state scaramucce tra le opposte fazioni. "Se questa gente - minaccia Bianco - vuole aprire una campagna di violenza, noi siamo pronti". "Non sono in grado di dire cosa sia successo - dice Leone Paserman, 61 anni - La sera del Kippur (domenica) ho cercato di calmare gli animi in Sinagoga. L'aggressione, se davvero c'è stata, resta intollerabile. Però ritengo che si potrebbero prevenire questi episodi non autorizzando manifestazioni così oltraggiose in certi luoghi"."

 

(UB, ottobre 2000)