RIFLESSIONI SUI FONDAMENTI DELLA MATEMATICA,

ED OLTRE


 









Questi pensieri sono stati ispirati da un ciclo di seminari sulla filosofia della matematica di G. Frege tenuto dal Prof. Imre Toth presso l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici a Napoli nel mese di Luglio del 1993. Nel presentare la critica di Frege contro quella tendenza delle scuole prima di Berlino e poi di Gottinga che il logico tedesco aveva suggestivamente definito come manifestazione di un "morbus mathematicorum recens", il conferenziere ha illustrato, come peraltro di solito avviene, la posizione di coloro che propongono un diverso fondamento filosofico della matematica come quella di inguaribili sorpassati reazionari, che non capiscono neppure troppo bene l'argomento del contendere. Nella convinzione che questo non sia sempre il caso, e che un approccio intuitivo (non necessariamente intuizionista) alla matematica sia ancora non solo del tutto possibile ma anche estremamente valido, presento le seguenti riflessioni a coloro che sono coinvolti in tale genere di questioni. Spero che esse possano riaprire uno spazio di liberta' di pensiero e di dibattito perche', contrariamente a quella che appare essere oggi un'opinione comune, la questione filosofica dei fondamenti gioca sempre un ruolo importante nella matematica, soprattutto dal punto di vista della scelta di una didattica adeguata. Sembra invece purtroppo ancora attuale l'osservazione di H. Weyl secondo la quale i matematici si limitano per lo piu' a fare uso in questo delicato contesto di "una rozza e superficiale mistura di sensismo e di formalismo"(1). In ogni caso, anche se si volesse pretendere che e' preferibile evitare a degli studenti alle prime armi di cimentarsi con questioni filosofiche di base, e' chiaro che almeno i docenti dovrebbero essere piu' consapevoli di tali problemi, e che questi non possono essere evidentemente risolti con argomenti esclusivamente interni alla matematica. La sensazione e' che si verifichi, per il tramite dei riti scolastici di iniziazione, una per lo piu' inconsapevole adesione ad una moda culturale contro la quale e' difficile ma non impossibile battersi. Anche se assomiglia alla lotta di Davide contro Golia, questa invece va effettuata, allo scopo di restituire alla matematica la sua collocazione piu' appropriata, e piu' vera, nell'ambito generale della teoria della conoscenza.
 
 

1 - La matematica consiste nella sua prima fase, tanto storica quanto personale (vedi il successivo punto 2), in una descrizione delle leggi dell'intelletto(2), in relazione ad alcune delle strutture fondamentali con le quali questo appare essere organizzato, e corrispondente al reale (vedi il successivo punto 5). In quanto tale, la matematica comincia con l'introdurre per primi quegli enti che vengono utilizzati nell'esercizio delle due categorie ordinarie dell'intelletto: spazio e tempo. Per utilizzare un'analogia informatica, si puo' dire trattarsi di due delle strutture fondamentali del software di base del computer rappresentato dalla mente umana.
 
 

2 - L'evoluzione storica della matematica va rispettata, nelle sue grandi linee, con riferimento ad un'educazione personale in questa disciplina, conformemente all'osservazione secondo la quale: l'ontogenesi ricapitola la filogenesi.
 
 

3 - In accordo con quanto espresso nel punto 1, il "mondo ontico" costituito dagli oggetti primitivi della matematica (i quali soltanto possono essere detti il fondamento di questa disciplina), comprende unicamente la totalita' dei numeri naturali(3)
 
 

N = { 1, 2 , 3 , ... }
 
 

e lo spazio ordinario S , parzialmente descritto, e non 'definito'!, dagli assiomi della geometria euclidea(4), secondo le corrispondenze:
 
 

TEMPO « ARITMETICA « N
 
 

SPAZIO « GEOMETRIA « S .
 
 

4 - Per riassumere, gli enti sui quali si costruisce via via tutta la matematica sono i numeri, concepiti come quantita' (vedi anche il successivo punto 6), ed i punti di S (assieme a tutte le altre figure elementari introdotte in relazione ad S , quali rette, piani, cerchi, etc.). Alla loro conoscenza si addiviene mediante l'esercizio di una forma di intuizione trascendentale (Cartesio, Kant). Il fondamento della matematica non e', ne' puo' essere, unitario, bensi' dualista(5). Non si ha a che fare con un 'mondo' di soli numeri, ma di numeri e di punti. Ogni approccio riduzionista tende viceversa ad occultare questa evidente constatazione.
 
 

5 - Ancorche' gli oggetti della matematica facciano parte dell'ambito del pensato, pure la capacita' di questa scienza di interpretare il reale attraverso le sue elaborazioni concettuali puo' essere compresa mediante l'assunzione metafisica secondo la quale "Ordo et connectio idearum idem est ac ordo et connectio rerum" (Spinoza). Diventa da questo punto di vista essenziale esaminare approfonditamente le pretese di coloro che sostengono invece che la realta' sia organizzata secondo strutture che non corrispondono alle categorie ordinarie di spazio e tempo, oltre che causalita'(6) (vedi anche il successivo punto 19). Ogni approccio di tipo strumentalista puo' essere rifiutato come espressione di una forma di decadenza del pensiero scientifico (epistemologia della rassegnazione(7)).
 
 

6 - In aggiunta alla sua capacita' potenziale di concepire i numeri come quantita', l'essere umano possiede anche quella di concepire i numeri come misura (Leibniz: Mathesis universalis est scientia de quanti tate in universum, seu de ratione aestimandi). Questi sono i numeri reali, quantita' deducibili dall'interazione tra N ed S , e pertanto non primarie.
 
 

7 - Introdotto (come ulteriore astrazione a partire dall'insieme delle rette di S ) il concetto di retta ordinaria, diciamola r , si introduce l'insieme dei segmenti di r , diciamolo Sg(r) , definiti a meno di uguaglianza (segmenti 'astratti'). La possibilita' dell'introduzione di questa primitiva relazione di equivalenza mostra che, simultaneamente a quella di r , si possiede l'intuizione diretta del suo gruppo delle traslazioni. Un numero reale (positivo) resta definito precisamente come una classe di equivalenza dell'insieme Sg(r) X Sg(r) modulo una 'naturale' relazione di equivalenza R :
 
 

(s,t) R (u,v) « s : t = u : v (proporzionalita').
 
 

8 - L'utilizzazione di R costituisce evidentemente uno dei piu' comuni atti del pensiero di ogni essere umano, ma il problema della sua definizione precisa costuisce il primo serio argomento specialistico della matematica. Secondo Euclide, R viene definita mediante una ripartizione dell'insieme N X N individuata da una coppia di segmenti astratti (s,t) attraverso il confronto dei multipli di s con quelli di t . La definizione di Euclide e' identica, "parola per parola"(8), alla definizione di sezione di Dedekind, visto che esiste una ovvia corrispondenza iniettiva naturale tra numeri reali cosi' costruiti e sezioni (positive) del campo razionale. Il postulare che questa corrispondenza sia anche suriettiva e' conforme a possibili formulazioni geometriche del principio di continuita' della retta. L'approccio di Dedekind non ha alcuna 'originalita'' scientifica, bensi' soltanto 'filosofica', visto che la sua novita' consiste nell'eliminazione di ogni considerazione di tipo geometrico nella costruzione dei numeri reali (vedi il successivo punto 18).
 
 

9 - La rappresentazione numerica piu' conveniente per un numero reale positivo (maggiore di 1) e' quella che fa ricorso al cosiddetto procedimento euclideo delle divisioni successive, e da questo alla teoria delle frazioni continue. I numeri reali vengono cosi' direttamente ed univocamente correlati alle successioni di numeri naturali. Ogni altra rappresentazione, come ad esempio quella decimale, e' arbitraria, non soltanto con riferimento alla base numerica prescelta, ma soprattutto perche' non rispetta la fondamentale dicotomia:
 
 

RAZIONALE « FINITO

IRRAZIONALE « INFINITO .
 
 

10 - I numeri reali relativi provengono dalla considerazione dell'insieme V(r) dei vettori di r , anziche' dell'insieme Sg(r) (Newton). Se si indica con Re La totalita' di tutti i numeri reali relativi, risulta ovviamente
 
 

Re = V(r) X ( V(r) - { 0 } ) / R'
 
 

(la relazione R' e' la 'naturale estensione' della precedente relazione R al nuovo contesto). Anche se esiste un'evidenza storica a favore dell'introduzione dei numeri interi relativi attraverso considerazioni di tipo algoritmico-aritmetico (Chiu-chang Suan-shu, Nove capitoli dell'arte matematica, circa 250 A.C.), pure l'origine piu' propria e naturale del concetto di segno (numero negativo) e' da ricercarsi nell'intuizione dell'esistenza di due versi contrapposti sulla retta.
 
 

11 - Si osservi che ne' Re , ne' tantomeno r , sono definiti a meno di isomorfismi, come sarebbe inevitabile attraverso una qualsiasi loro introduzione assiomatica.
 
 

12 - ovvio che puo' essere stabilita una corrispondenza (biunivoca)

r ® Re (coordinatizzazione)

una volta che si sia introdotto in r un riferimento (O,U) , costituito da un'origine O e da un punto unita' U . I numeri reali saranno quindi tanti quanti punti su r vengano concepiti. La struttura e le proprieta' ulteriori di Re vengono determinate in conseguenza di altre postulazioni sulla natura di r (e di S ), come il principio di continuita' richiamato nel punto 8 . L'esistenza di questa corrispondenza (queste corrispondenze!) induce molti matematici odierni nell'erronea convinzione che r e Re possano essere riguardati come identici (o interscambiabili).
 
 

13 - Tra le proprieta' fondamentali dei numeri reali, come dei numeri naturali, c'e' quella che 'ogni numero e' uguale soltanto a se stesso', ovvero che il campo Re e' privo di automorfismi propri (Teorema di Staudt). Questa circostanza cessa di essere vera per il campo complesso, il che rende dubbia dal punto di vista epistemologico qui adottato l'attribuzione dell'appellativo di numero alle quantita' complesse (matrici 2 x 2 a coefficienti reali, o trasformazioni di

Re X Re )(9).
 
 

14 - Conviene tornare sulla definizione di R , vista la sua essenzialita', e tenuto conto del fatto che quella proposta da Euclide non sembra invero godere delle caratteristiche di semplicita' che dovrebbe viceversa possedere una nozione cosi' basilare e naturale (universale) (Galilei, De Morgan(10)). Si suggerisce di usare come definizione il "Teorema" di Talete, facendo cosi' ricorso alle proprieta' del piano ordinario (gruppo delle rotazioni, parallelismo), piuttosto che a quelle della retta ordinaria:
 
 

* * * Figura * * *
 
 

s : t = u : v .
 
 

(le tre rette in figura sono parallele).
 
 

15 - La precedente definizione di numero reale, nella quale si e' estesa la dimensione dello spazio ambiente da 1 a 2, e' conforme al fatto che l'intuizione dell'esistenza di numeri reali irrazionali (coppie di segmenti tra loro incommensurabili) si fa di solito discendere da proprieta' di figure del piano, e che la geometria piana sembra essere quella piu' immediatamente concepita (occhio-visione). Pure, sembra possibile intuire l'irrazionale anche senza uscire dalla dimensione unitaria (esistenza della sezione aurea).
 
 

16 - Per riassumere, si puo' dire che la matematica sia il prodotto di alcune capacita' innate in ogni essere umano: oltre a quelle di saper contare e misurare bisogna riconoscere quella di saper fare uso della logica ordinaria. I numeri reali sono davvero delle grandezze intuitive derivate dalle geometria cosiddetta euclidea nel suo pieno dispiegarsi (utilizzando cioe' anche il famoso postulato delle parallele). Il numero naturale 1 (quantita') deve essere riguardato come diverso dal numero reale 1 (misura). Il primo corrisponde alla intuizione di una grandezza indivisibile (atomo, monade), il secondo e' al contrario infinitamente suddivisibile. Nessun altro concetto come quello di segmento sembra godere della proprieta' che ogni parte ottenuta per suddivisioni successive di un elemento di questa specie appartiene per sua stessa natura ad una specie identica a quella determinata dall'elemento indiviso (Husserl).
 
 

17 - Poiche' il tempo corrisponde ad N (discreto), e lo spazio ad S o ad r (continuo, o, almeno, infinitamente suddivisibile), appare a priori assurdo ogni tentativo di riduzione di una delle due categorie in oggetto all'altra. In particolare, ogni modello della realta' che postuli per il tempo una corrispondenza con Re possiede al proprio interno un nucleo di contraddizione. I paradossi di Zenone sul movimento costituiscono argomenti a favore di questa evidenza, oltre che della distinzione da introdursi tra spazio reale (verosimilmente con struttura discreta) e spazio ideale (matematico). Si rifletta ad esempio sul contrasto tra l'ordinaria teoria discreta dell'elettricita' (concetto di elettrone), ed il modello continuo dell'elettromagnetismo offerto dalla teoria di Maxwell.
 
 

18 - Contro questa semplice e naturale descrizione dei fondamenti della matematica e' stato sferrato intorno al 1870 un ben deciso attacco da parte della scuola di Berlino di Weierstrass, Cantor, Dedekind, etc. (aritmetizzazione dell'analisi). Si puo' fondatamente ritenere che le reali motivazioni di questa azione siano costituite piu' dall'esigenza di presentare una fondazione della matematica che faccia il meno possibile ricorso ad elementi antropocentrici, che non da particolari moventi interni allo sviluppo della matematica. Secondo il punto di vista che riporta tale particolare momento della storia di questa disciplina alla piu' generale tendenza deantropocentrizzante di tutta la scienza moderna (con qualche notevole eccezione, come nel caso di Cartesio), vale la pena di notare la probabile influenza sulle accennate teorizzazioni del successo del paradigma evoluzionista nelle scienze biologiche (si noti la "coincidenza" cronologica tra affermazione del darwinismo ed aritmetizzazione).
 
 

19 - Elemento essenziale della propaganda a favore della nuova impostazione della matematica e' l'esaltazione del preteso valore 'filosofico' delle cosiddette geometrie non-euclidee, avvenuta pero' con almeno trenta (significativi) anni di ritardo rispetto al momento della loro introduzione (scoperta)(11). Un'altra fase decisiva di questa vicenda e' il successo della teoria della relativita' ristretta. La circostanza che attraverso questa teoria si pretenda di eliminare, attraverso considerazioni di natura sperimentale, il dualismo filosofico spazio-tempo sul quale si fonda la costruzione intuitiva della matematica, e' manifestamente il motivo profondo dell'appoggio incondizionato e precoce del gruppo di Gottinga guidato da D. Hilbert ad A. Einstein(12).
 
 

20 - Se non si vogliono introdurre anche nella storia della scienza attraverso il concetto di genio quegli elementi fiabeschi che la storia ordinaria immette con il concetto di eroe (Carlyle), sara' conveniente invece esaminare a fondo le ragioni extra-scientifiche (ideologiche, ma non soltanto) dell'affermazione di alcune teorie scientifiche (e non), quali gli appoggi di circoli influenti vuoi politici che economici (o di altro tipo)(13), nell'ovvia constatazione che i gruppi dominanti sono quelli che riescono ad esprimere l'immagine del mondo vincente. Di fronte al fenomeno di una storia della scienza sempre piu' esclusivamente agiografica, val forse la pena di suggerire che la pratica di ogni tipo di storia dovrebbe esercitare piuttosto a saper valutare la possibile distanza tra chi ha vinto e chi aveva ragione (T. Tonietti).
 
 

21 - Logicismo, formalismo, crisi dei fondamenti, etc., sono tutti riconducibili nell'illustrato contesto ad esiti naturali del tentativo di espungere la geometria euclidea dai fondamenti della matematica, ritenendola come un momento debole ed incerto del processo di fondazione. Questa si vuole al contrario rigorosa, ed il rigore le sarebbe garantito dall'uso massiccio di una logica astratta, astratta cioe' da ogni connotazione caratteristica dell'essere umano. In effetti, il programma logicista e le aspirazioni espresse da Hilbert nel 1900 falliscono(14), ma l'insuccesso non sembra avere alcuna conseguenza sul programma di deantropocentrizzazione (salvo forse una piu' accentuata connotazione degli aspetti convenzionalistici delle teorie scientifiche), fino alle attuali difficili condizioni della scienza.
 
 

22 - L'aspetto positivo dell'approccio formalista alla matematica consiste in realta' in qualcosa di ben diverso da un (non necessario) rivolgimento filosofico. A parte gli indubbi riflessi positivi 'tecnici' sul 'rigore' delle definizioni e delle dimostrazioni, e sulla comprensione di certe connessioni, esso puo' essere compreso nel punto di vista che qui si illustra come il suggerimento di una possibile estensione del dominio della matematica, che non si limita piu' allora a descrivere soltanto le leggi dell'intelletto, bensi' tutti i possibili pensieri di una mente infinita (G. Takeuti). In altre parole, parafrasando Hegel, il divenire della matematica puo' essere interpretato come un passaggio dall'unico reale (razionale) ad ogni possibile razionale (ma non necessariamente reale). Si tenga presente pero' che quando si aggiunge un piano ad un edificio non e' sempre indispensabile modificarne le fondamenta. In questo senso, sotto il profilo di una didattica a misura d'uomo, il concetto di struttura formale e' piuttosto il punto di arrivo di un corretto itinerario matematico che non il punto di partenza.
 
 

23 - A proposito dei rapporti tra scienza e liberta', invocata quest'ultima come un elemento determinante del successo dell'impostazione 'moderna' della scienza, si puo' far notare che l'affermazione di una delle due sembra al contrario sempre inversamente proporzionale alla presenza dell'altra. Ogni (autentico) successo della scienza rappresenta un (giusto) ritrarsi dello spazio della liberta', visto che la prima ha per sua caratteristica precipua proprio quella di stabilire quale tra tutte le possibili opzioni del razionale corrisponda alla realta', eliminando tutte le liberta' di pensiero in favore dell'unica verita' che sia da essa determinata (e la cui accettazione diviene cosi' necessaria).
 
 

24 - L'unica liberta' per l'essere umano consiste nella scelta dei principi primi della metafisica, sui quali si basa l'edificazione di quella antropologia filosofica che sara' poi alla radice di tutti i suoi ragionamenti e di tutte le sue decisioni. In quanto assolutamente incondizionata, e quindi sostanzialmente infalsificabile(15), tale scelta produrra' sistemi teorici tutti ugualmente rispettabili dal punto di vista gnoseologico (ma non necessariamente tali dal punto di vista etico). Questa resta l'unica vera possibile motivazione logica di ogni forma di tolleranza.
 
 
 
 

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P.S. Questa nota era stata proposta per la pubblicazione al Bollettino dell'Unione Matematica Italiana, visto che le riflessioni in essa contenute erano particolarmente rivolte ai docenti di matematica di ogni ordine e grado, ma gli illuminati dirigenti della detta rivista la hanno laconicamente rifiutata. Questo episodio, ultimo tra tanti dei quali l'autore e' al corrente, conferma purtroppo l'impressione che troppi membri della comunita' scientifica si siano ormai trasformati in "dotti custodi dell'Ordine", cercando quindi di sfavorire la comunicazione delle informazioni e delle opinioni che possano modificare gli stati di equilibrio culturale che li hanno espressi. Spiega perfettamente il fenomeno l'osservazione di Benedetto Croce, secondo la quale:
 
 

"La maggior parte dei professori hanno definitivamente corredato il loro cervello come una casa nella quale si conti di passare comodamente tutto il resto della vita; da ogni minimo accenno di dubbio vi diventano nemici velenosissimi, presi da una folle paura di dover ripensare il gia' pensato e doversi mettere al lavoro. Per salvare dalla morte le loro idee preferiscono consacrarsi, essi, alla morte dell'intelletto."
 
 

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NOTE
 
 

(1) Dall'Introduzione a Il Continuo, Indagini critiche sui fondamenti dell'analisi, 1917; Ed. it., Bibliopolis, Napoli, 1977.
 
 

(2) L'espressione fa ovvio riferimento al titolo del celebre libro di G. Boole (1854), che e' dedicato pero' piuttosto all'aspetto logico della matematica che non, come qui, a tutta la matematica.
 
 

(3) Con la scelta effettuata di non considerare lo zero un elemento di N si vuole sottolineare la circostanza che, in relazione alla loro dipendenza dal tempo, i numeri naturali vanno pensati piuttosto come quegli enti che si dicono oggi i numeri ordinali finiti, che non i numeri cardinali finiti. Cio' ben si accorda peraltro con il fatto che nella storia le espressioni primo, secondo, terzo, sembrano aver preceduto uno, due, tre, e che l'introduzione dello zero, rappresentante la cardinalita'-quantita' dell'insieme vuoto, e' relativamente 'tarda' (dal nostro punto di vista, si tratta di un'ulteriore conferma del punto 2). Come osserva bene H. Weyl (Filosofia della matematica e delle scienze naturali, Ed. Boringhieri, Torino, 1967, p. 41): "occorrono speciali considerazioni per assicurare il fatto fondamentale che il risultato del contare e' indipendente dall'ordine".
 
 

(4) E' in effetti fondato ritenere che le definizioni euclidee vengano utilizzate come un mezzo per indicare (alludere a) un oggetto esistente, ancorche' ideale; M. Simon (vedi anche la successiva nota 8) le paragona alle indicazioni sulla nomenclatura che il maestro di bottega fornisce all'apprendista, quando gli dice mostrandogli gli attrezzi: "Questa e' la pialla, questa e' la sega" (citazione da A. Frajese, La matematica nel mondo antico, Ed. Studium, Roma, 1951, p. 79). Non e' detto invero che questa sia la piu' corretta interpretazione della filosofia della matematica di Euclide, il quale mostra a volte aspetti sorprendentemente (in negativo!) 'moderni'. Ma qui, come del resto altrove nel presente testo, non ci interesseremo di questioni filologiche od ermeneutiche: un personaggio, un testo, una teoria, importano di piu' per come sono percepiti, ed utilizzati, nella storia, che non per la ricostruzione della loro autenticita'. Piu' importante sottolineare ad esempio che il testo di Euclide appare evidentemente perfettibile da qualsiasi punto di vista lo si voglia interpretare, e che c'e' da chiedersi come mai, di fronte a tanti trattati di filosofia che si sono succeduti nel corso dei secoli, nessuno ha sentito invece per lunghissimo tempo l'esigenza di riscriverne uno di geometria. Comunque sia, si continuera' in queste pagine, come e' del resto d'uso, a denotare con il termine "geometria euclidea" quella che sarebbe piu' corretto chiamare geometria intuitiva.
 
 

(5) Non a caso, forse, nella storia della matematica greca sono riconosciuti due padri fondatori, Talete e Pitagora, e non uno solo, come Omero nel caso della poesia.
 
 

(6) Di fronte agli attuali successi tecnologici della fisica l'impresa appare di quelle insormontabili, e richiedente sforzi certo superiori a quelli che dovette affrontare Galilei contro gli oppositori del sistema copernicano. Pure qualcosa puo' ancora farsi per arrivare almeno ad una maggiore consapevolezza sui rapporti tra evidenze sperimentali e validazione delle teorie. Ad esempio, la validita' del principio di relativita' in elettromagnetismo non puo' ancora considerarsi cosi' scontata, come viceversa dappertutto si sostiene (vedi U. Bartocci & M. Mamone Capria, "Symmetries and asymmetries in classical and relativistic electromagnetism", Foundations of Physics, 21, 7, 1991, pp. 787-801, e la replica di W.G.V. Rosser "Classical electromagnetism and relativity: A moving magnetic dipole", American Journal of Physics, 61, 1993, pp. 371-375).
 
 

(7) Per usare un'espressione di F. Selleri (in La causalita' impossibile, Jaca Book, Milano, 1987, p. 13).
 
 

(8) Secondo un'opinione di H.G. Zeuthen e M. Simon, citata da T. L. Heath, The thirteen books of Euclid's Elements, Dover Publications Inc., New York, 1956, Vol. II, p. 124.
 
 

(9) Si veda a questo proposito anche quanto osservato da J.H. Conway in On numbers and games, Academic Press Inc., London New York, 1976. La totalita' dei "numeri", che sono definiti come particolari giochi, costituisce un "grande" campo (in termini tecnici, un campo il cui sostegno e' una classe propria, e non un insieme, secondo la distinzione di J. Von Neumann). Questa struttura contiene tutti i numeri reali, i numeri ordinali, e tanti altri nuovi inconsueti numeri, quali gli inversi degli ordinali infiniti (che sono allora degli "infinitesimi attuali" del campo), le loro radici quadrate, o cubiche, etc.. Ma tra tutte queste grandezze non ce n'e' una che elevata al quadrato sia uguale a -1 : "In the system we shall describe, every number has its own unique name and properties [...] But the number i = sqr(-1) will not arise in the same way, since there is no property enjoyed by i which is not shared by -i" (loc. cit., p. 3).
 
 

(10) Per quanto riguarda Galilei, si tratta delle opinioni espresse nel famoso Principio di giornata aggiunta ai Discorsi e Dimostrazioni matematiche intorno a due nuove Scienze, (Giornata quinta), "Sopra le definizioni delle proporzioni d'Euclide". A questo argomento il presente autore ha dedicato i seguenti due articoli: "Fondamenti della teoria dei numeri reali" (in Dove va la scienza La questione del realismo, a cura di F. Selleri e V. Tonini, Ed. Dedalo, Bari, 1990) e "Galilei e i numeri reali" (in La matematizzazione dell'universo Momenti della cultura matematica tra '500 e '600, a cura di L. Conti, Ed. Porziuncola, Assisi, 1992), ai quali si rinvia per un approfondimento della questione.
 
 

(11) Si e' sostenuto spesso con eccessiva disinvoltura e superficialita' che la "scoperta" delle geometrie non-euclidee avrebbe arrecato un "colpo mortale" alla filosofia kantiana dello spazio. H. Meschkowski sostiene ad esempio che sia "impossibile all'uomo moderno di restare fermo alla concezione spaziale di Platone e di Kant" (Mutamenti nel pensiero matematico, Ed. Boringhieri, Torino, 1973, p. 87). Val forse la pena di riportare per intero la confutazione di questa opinione effettuata da G. Simmel nel 1904 (citazione da P. Martinetti, Kant, Ed. Feltrinelli, Milano, 1968, p. 47): "Gli assiomi geometrici sono cosi' poco necessari logicamente come la legge causale; si possono pensare spazi, e quindi geometrie, in cui valgono tutt'altri assiomi che i nostri, come ha mostrato la geometria non euclidea nel secolo dopo Kant. Ma essi sono incondizionatamente necessari per la nostra esperienza, perche' essi solamente la costituiscono. Helmholtz erro' quindi completamente nel considerare la possibilita' di rappresentarci senza contraddizione spazi nei quali non valgono gli assiomi euclidei come una confutazione del valore universale e necessario di questi, da Kant affermato. Infatti l'apriorita' kantiana significa solo universalita' e necessita' per il mondo della nostra esperienza, una validita' non logica, assoluta, ma ristretta alla cerchia del mondo sensibile. Le geometrie anti-euclidee varrebbero a confutare l'apriorita' dei nostri assiomi solo quando qualcuno fosse riuscito a raccogliere le sue esperienze in uno spazio pseudo-sferico, o a riunire le sue sensazioni in una forma di spazio nel quale non valesse l'assioma delle parallele".
 
 

(12) Vedi ad esempio L. Pyenson, The young Einstein - The advent of relativity, A. Hilger Ltd, Bristol and Boston, 1985, o D. Rowe, "'Jewish Mathematics' at Göttingen in the Era of Felix Klein" (Isis, 77, 1986, pp. 422-449), "Klein, Hilbert and the Göttingen Mathematical Tradition" (Osiris, 5, 1989, pp. 186-213).
 
 

(13) Tanto per restare sul tema della fisica del primo '900, vedi ad esempio L.S. Feuer, Einstein e la sua generazione Nascita e sviluppo di teorie scientifiche, Il Mulino, Bologna, 1990. E' curioso poi osservare come in uno schizzo contenuto nella Niels Bohr Library, American Institute of Physics, New York (visionabile nel testo di L. Pyenson citato nella nota 12), eseguito in occasione del X Anniversario dell'Associazione di Gottinga per la Matematica Applicata e la Fisica, sia rappresentata una fila di professori universitari che si incontra con una analoga fila di industriali recanti ciascuno dei sacchi di denaro, il tutto sotto la supervisione di F. Klein, raffigurato come il sole. [vedi questa figura in "Efficere Deos", nelle pagine di questo sito dedicate alla Storia della Scienza].
 
 

(14) La sostituzione della geometria euclidea con la teoria degli insiemi ebbe l'effetto di introdurre nella matematica per la prima volta nel corso della sua lunga storia! delle vere e proprie contraddizioni logiche. Il paradosso di Russell, soltanto il primo di tutta una serie legata a delle definizioni mal poste, e' del 1902, e con esso si apre 'ufficialmente' quel periodo che viene detto della "crisi dei fondamenti". Questa si puo' considerare chiusa, ma non risolta, nel 1931, quando Gödel provo' che era impossibile realizzare la pretesa di Hilbert di dimostrare formalmente la non contraddittorieta' dei postulati dell'aritmetica. Vari tentativi di formalizzare la stessa teoria degli insiemi condussero poi a diverse assiomatizzazioni difficilmente tra loro confrontabili, e che oggi sono note soltanto a pochi specialisti. Nella pratica matematica corrente la teoria degli insiemi continua ad essere trattata in quello che si dice un "modo ingenuo", ignorando tutte le difficolta' legate all'introduzione di infinita' non costruttivamente definite, e lasciando credere agli studenti di avere fatto ricorso, utilizzando il concetto di insieme, ad una intuizione assai piu' limitata che non quella della geometria euclidea. Invece, come sostenne preveggentemente H. Weyl gia' nel 1917 (loc. cit. nella Nota 1, Prefazione), "una parte essenziale di quest'edificio [l'Analisi] e' costruita sulla sabbia", ed una delle cause essenziali di questa circostanza "va ricercata unicamente nell'arbitrio (commesso sin dall'inizio in matematica) di considerare un campo di possibilita' costruttive come un aggregato chiuso di oggetti esistente in se'" (loc. cit. nella Nota 3, p. 61).
 
 

(15) Sui rapporti tra immagini del mondo naturale e visioni generali del mondo, ed un 'criterio debole' di falsificazione anche per queste ultime, vedi del presente autore: "Scienza, parascienza e scienza 'eretica'", in Almanacco letterario di primavera 1992, Ed. Della Lisca, Milano, 1992.