The american way of life:

newyorchesi nell'inferno della riviera adriatica

 

Ci sono popolazioni che hanno timore della corruzione che puo' prodursi al loro interno in seguito al contatto con gli "occidentali", e noi li compatiamo in genere come se fossero dei poveri selvaggi, che ignorano la vera civilta', e degni quindi di essere oggetto del nostro "aiuto" umanitario. In questo sito (vedi in particolare il punto A/10 nella pagina Attualita') si sono espresse sovente riserve nei confronti per esempio della magnificenza dei valori dell'odierna societa' nordamericana. Aggiungiamo, senza troppi commenti, un altro caso che ci sembra terribilmente esemplare, e che dovrebbe fare riflettere tutti gli "americanofili", se ne avessero voglia (dobbiamo "liberare" e "civilizzare" pure gli abitanti di Ancona, Fano, Cattolica, che non sanno, poveretti, di essere tanto sfortunati da dover vivere in un "inferno", con le loro "stanze ammuffite", e senza "svaghi", del tipo presumibilmente droga, prostituzione, superalcolici, bar gay, etc.?). La domanda d'obbligo e' sempre la stessa: ma vogliamo davvero andare a finire cosi' anche noi? E' proibito in virtu' della "Legge Mancino" [26.4.93/122; convertita in legge, con modificazioni: 25.6.93/205; un interessante commento a questo provvedimento legislativo si trova nel libro "Legge Mancino N. 122 - Come trasformare gradualmente l'Italia in un grande campo di concentramento", Ed. Civilta', Brescia, scritto dal magistrato del Tribunale di Trento Carlo Alberto Agnoli] esprimere un cortese ma fermo rifiuto? Dire: NO, GRAZIE?

 

Da "La Nazione" del 23.8.2000

Fare lo stilista in Italia? Un incubo

I disegnatori di moda americani sparano a zero sul New York Times: "La riviera e' un inferno come 'Shining'"

Vagheggiavano un'esperienza alla "Dolce vita" o, in termini piu' moderni, alla "Mr. Ripley" e invece si sono trovati intrappolati in un'esperienza stile "Shining".

Gli stilisti americani calati sulla riviera adriatica per cavalcare la tigre del "Made in Italy" contavano di spassarsela fra i piaceri epicurei della buona cucina e della vita notturna italiana, ma si sono trovati relegati nelle stanze "ammuffite" di hotel di provincia fuori stagione, unico svago "un bar gay che peraltro era quasi sempre chiuso".

La tanto agognata "esperienza italiana", d'obbligo per gli stilisti d'avanguardia che vogliono vedere le loro collezioni realizzate nel tempio mondiale della moda, si e' trasformata in un inferno per [seguono alcuni dei nomi degli sciagurati coinvolti in questa "orribile" avventura, che lascera' un segno nelle loro vite].

"Quando ho cominciato - racconta Bartlett, che ha fatto per tre anni la spola con Ancona dove ha disegnato la collezione di Byblos - immaginavo un'Italia da cartolina. Roma, Firenze, Milano, cibo fantastico come in 'Mr. Ripley' e invece sono finito dentro 'Shining' (il film di Kubrick in cui Jack Nicholson impazzisce bloccato in un albergo fuori stagione, ndr)".

"Ci vado tre volte a stagione per provare - rincara Narciso Rodriguez, che disegno' il vestito di nozze per Caroline Bessette Kennedy e la cui collezione viene prodotta a Cattolica - ma dopo il quinto giorno, d'inverno, sarei pronto ad impiccarmi".

[...]

Per Michael Kors la stanza della tortura si trovava a Fano: "E' un luogo di villeggiatura estiva per gente la cui idea di vacanze alla grande e' una borsa frigorifera. C'e' un solo albergo che tiene aperto e d'inverno e' tutto ammuffito. Ci si riduce a guardare show volgari alla tv e dopo una settimana si finisce anche per trovarli divertenti". [Chissa' allora come vivevano infelicemente i nostri padri prima che ci fosse la televisione!, nota di UB] Marc Jacobs, consulente per Iceberg, conferma: "E' stato orribile. E' una di quelle cose che lasciano il segno ed e' meglio non riaprire la ferita". Jacobs passava il suo tempo al telefono con gli States per consolarsi: "Per il resto, bevevo per dimenticare... e non sto scherzando!" [Ho dei dubbi che Jacobs si dedichi all'alcol soltanto quando si trova in posti tanto deprimenti - ricordo che, ai tempi del mio servizio militare presso l'aeroporto di Brindisi, 32mo Stormo, arrivavano di tanto in tanto dei piloti americani per delle esercitazioni congiunte: una volta finito il lavoro, che evidentemente sono capaci di svolgere nonostante tutto con grande professionalita', molti li si trovavano ubriachi, sdraiati per terra nei viali della base, circondati da un numero incredibile di lattine di birra..., nota di UB]

Anche Anna Sui, che ha lavorato in Italia per cinque anni, si sentiva in esilio: l'unico sollievo, le poche volte in cui riusciva ad ottenere una macchina e un autista, "era scappare dalla fabbrica e rapire qualcuno degli altri per fare un po' di festa". [Chissa' di che tipo..., nota di UB]

[...]

Il suggerimento di Bartlett e' meno suggestivo: "Qualche volta andavamo a vedere i viados sudamericani che adescavano i camionisti sull'autostrada fuori da Ancona. Cosi', per disperazione. Ci ispirava".

E' duro l'esilio per un newyorkese sulla riviera adriatica... [Figurarsi se fossero stati a Perugia, dove non c'e' neanche il mare! Mamma mia, quanto non so di essere tanto infelice, nota di UB]

(di Elena Comelli)

[L'articolo e' accompagnato da alcune per lo piu' rammaricate repliche di personaggi italiani "coinvolti" nel caso: "Chiaramente Ancona non puo' offrire le stesse cose che si trovano a New York"; "Io li capisco questi ragazzi, ma fino ad un certo punto: arrivando da New York non possono pretendere di trovare la grande mela sull'Adriatico. Stanno qui, lavorano, non hanno amici. Noi facciamo di tutto per rendere accogliente il loro soggiorno, ma piu' di tanto non e' possibile". Ma c'e' fortunatamente anche chi replica: "Sono stato a Seattle, sede di Microsoft. La cosa piu' bella di Seattle e' un bar con 4 tavolini e 4 sedie. A Cattolica di bar ne abbiamo di piu'. E a Seattle, io, mi sarei suicidato dopo un giorno"; "Mi dispiace che questo signore non si sia divertito nella nostra citta' [Fano]. Qui, rispetto a New York, non abbiamo un omicidio ogni dieci minuti ma in compenso c'e' l'Arco di Augusto che ci fa ombra da duemila anni".]

 

(UB, 30.12.00)