[Mi imbatto per caso, curiosando su una bancarella di libri vecchi, in un piccolo libro (solo 170 pagine in sedicesimo) di Maria Sticco, un'autrice in precedenza e me sconosciuta [Vedi la nota biografica in calce]. Cercando di farle rivivere come meritano, ne propongo alcune pagine, la cui lettura mi ha dolorosamente colpito. Continuerò sicuramente a riflettere sulle domande poste dal Rev. Edward (un espediente letterario? chissà, personalmente non credo...), sforzandomi di dar loro risposta, ma certo è che numerose delle sue critiche colgono nel segno, e confermano la mia personale esperienza del popolo cui appartengo. Ipocrisia, empietà, materialismo, falsa umiltà*, etc., difetti atavici che si trasmettono generazione dopo generazione dai padri ai figli, e che ci vorrebbe uno sforzo culturale immane, concorde e condiviso, per tentare di contrastare. Ma negli anni successivi alla rovinosa sconfitta è stata piuttosto la latente volgarità dell'essere umano che lascia prevalere senza opposizioni il suo lato "animale" ad aggredire le istituzioni (per non affrontare soggetti più scabrosi come la corruzione, vera piaga del dopoguerra), che non queste a porre qualche argine a quella: non potendo naturalmente impedirla, ma almeno facendola avvertire nelle coscienze come una colpa da riprovare. E' finita con una forma di rozza "democrazia" che ha espresso, a immagine e somiglianza degli elettori, una classe politica (capillarmente diffusa, in innumerevoli "consigli" e "commissioni" di regioni, province, comuni, comunità montane, e così via) costituita da accorti ed avidi opportunisti, e che gli esempi per i giovani vengono forniti da persone quali comici, soubrettes, campioni dello sport, tutti animatori di trasmissioni televisive le quali, oltre che istupidire gli spettatori, li incattiviscono pure, facendo loro desiderare di essere al posto dei "più fortunati" che a parole criticano ferocemente, pronti però a barattare all'occasione ogni residuo barlume di dignità con qualche poco sudato beneficio materiale (ne nos inducas in tentationem...). Tale andazzo generale trascina nel gorgo (o in complici silenzi) anche chi, con un minimo aiuto, riuscirebbe a tenersi a galla, e ad offrire poi un ulteriore virtuoso esempio: quanto tempo ci vorrà perché il nostro martoriato paese si risollevi dalle sue ceneri, e risorga come l'hanno periodicamente sperato - una semplice illusione? - i suoi figli migliori?

* Mi piace citare un altro passo del libro: <<Un secondo pericolo presentano gli studi quando sono o non bene diretti, o male assimilati da testoline acerbe, o impreparate, o costituzionalmente alogiche, nelle quali suscitano uno spirito ribelle e mordace, che pretende di essere critico, mentre è solo insofferente di disciplina e di paziente ricerca. Come diminuisce in molte ragazze il senso del pudore, così diminuisce quell'umiltà del pensiero di fronte al sapere, che una volta era simpatico atteggiamento della donna, ed è sempre, per tutti, condizione necessaria alla conquista della verità>>. Per coincidenza, proprio qualche giorno fa uno studente (genere neutro, lascio il sesso indeterminato) alle prime armi ha risposto a mie osservazioni relative a sue risposte completamente errate durante un esame (rammento che insegno matematica, una disciplina nella quale lo spazio per la soggettività è ridotto al minimo, e non riguarda certo le semplici domande relative a una prova del I anno): <<Questa è la sua opinione>>! Del resto casi simili, seppure non così espliciti, sono oggi frequenti. I ragazzi sono stati abituati dai genitori, e dai talk-show, a giustificare ogni loro carenza pensando che la colpa è dei professori, che non capiscono le risposte, o non hanno spiegato bene! (che può anche essere vero, ma diminuisce poco o nulla le responsabilità del discente, tanto più se maggiorenne, il quale potrebbe passare qualche ora in biblioteca chino sui libri - il plurale è d'obbligo, dal momento che la maggior parte è ormai abituata a leggiucchiare appena qualche pagina di "dispense").

UB, Febbraio 2005]
 


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DAL TACCUINO DI UN "PASTORE"

(pp. 135-159)


 


Nella casa di un villaggio umbro, che, durante il giugno 1944, dopo secoli e secoli di pace, subì duramente la guerra, sottostando per circa venti giorni al fuoco incrociato delle batterie nemiche, sono rimasti alcuni libri inglesi, lasciati dai soldati che occuparono quella casa. Sono romanzi rilegati in solida tela rossa, ormai sbiadita, piuttosto voluminosi, eppure leggeri di peso, come sanno stamparne gli Inglesi. Wings of desire; The chronicles of the Imp.; A man lay dead; ed anche un romanzo famoso: The story of San Michele.

Sono rimasti pure due manoscritti: un piccolo notes che forse appartenne ad un autiere, perché segna strade percorse, benzina consumata, gomme cambiate, riparazioni eseguite, ed un taccuino in pelle nera, assai più importante, che fu di un pastore anglicano arrivato in quel villaggio il 24 giugno, con le truppe vincitrici, e rimasto là per motivi di salute fino ai primi di settembre. I padroni della casa ricordano che era un garbatissimo uomo sulla quarantina, alto, biondo, stempiato, con smarriti occhi celesti dietro gli occhiali doppi, dinoccolato nella persona, ma rigido nell'andatura, e così esaurito dalle fatiche di guerra, da dover sostare in quel villaggio per rimettersi un poco. Si chiamava Edward S... (lascio il cognome nella penna: la prudenza non è mai troppa). Masticava un po' l'italiano e si faceva benvolere dagli ospiti per la sua perfetta cortesia; anzi, un ragazzo della famiglia studente di liceo, che gli serviva spesso da interprete valendosi ora del latino, ora dell'inglese, gli divenne amico.

II giorno dopo la sua partenza, la padrona, ripulendo la camera da lui occupata, trovò tra il cassettone e la parete questo taccuino nero, con molte pagine fitte di scrittura inglese, ed altre in bianco. Il liceista curioso se ne impossessò, lo lesse, scoprì che riguardava il sentimento religioso degli Italiani, e si divertì a tradurlo, aspettandosi da un giorno all'altro una lettera del Rev. Edward che richiedesse il manoscritto.

Invece non mandò più notizie di sé, come aveva promesso. I padroni di casa suppongono che, lasciato quell'angolo di pace, passato forse ad altro clima, sia morto della malattia che già lo minava.

Spero di non fargli torto pubblicando le note del suo taccuino, che toccano un argomento così interessante per noi. Forse il Rev. Edward si era proposto di osservare da vicino il nostro modo di sentire e vivere la religione per scriverne o parlarne nel suo paese, istituendo confronti non troppo vantaggiosi per noi. E deve aver cominciato le sue note appena arrivato in Italia su altri taccuini, portati via con sé.

Io ricopio la traduzione del liceista, con qualche lieve ritocco, pensando che può essere utile conoscere il giudizio di un pastore protestante, anche se velato da preconcetti che ci offendono e come cattolici e come italiani.

Lascio critiche e proteste all'intelligente lettore, limitandomi al mio ufficio di copista.
 
 





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3 luglio

Anche qui ho voluto conoscere il parroco: ci siamo intesi alla meglio in latino. E' un uomo ancor giovane, intelligente, attivo. Conosce bene la Scrittura. E' povero. Se aveva qualche cosa nella sua bisaccia, i Tedeschi gliel'hanno vuotata. Pare sia amato. Tutti lo salutano e i ragazzi gli corrono incontro a baciargli la mano. La parrocchia è una chiesetta rustica, non bella, ma possiede quadri di valore.

9 luglio

Oggi domenica ho assistito al servizio divino. Il parroco mi ha detto che sarebbe cominciato alle sette, ma a quell'ora ho trovato solo poche donnette.

Ignorano la puntualità questi Italiani. A poco a poco la chiesa si è riempita prima di donne e ragazzi, poi di uomini, che sono entrati quando il parroco saliva all'altare, e si sono assiepati in una cappella laterale. Molti anche in fondo, vicino alla porta. Ma che contegno sconveniente! Chi parlava col vicino, chi si voltava indietro, chi guardava di qua e di là restando comodamente seduto, chi sbadigliava, chi aveva l'aria di pensare ai casi suoi. I giovanotti sbirciavano le ragazze, le ragazze guardavano i giovanotti con la coda dell'occhio, le donne parlottavano, qualche bambino frignava, zittito dalla mamma che per chetarlo faceva più chiasso di lui, qualche vecchietta sonnecchiava con la corona in mano, un cane passeggiava scodinzolando fra la balaustra e le panche, e ce n'è voluto prima che si decidessero a farlo uscire. Durante la spiegazione del Vangelo, i colpi di tosse, le soffiate di naso, gli starnuti coprivano spesso la voce del predicatore, ed il brusio diffuso e i visi distratti davano a capire che pochissimi ascoltavano davvero le sue parole.

Io guardavo con profonda compiacenza cinque soldati nostri, in ginocchio davanti all'altare, busto eretto, occhi al Crocifisso, biondi come arcangeli: ah! essi credono! Ma questi Italiani vanno alla Messa come ad un convegno domenicale, tutti ripuliti, ambiziosi di farsi vedere, contenti di ritrovarsi. Pregano in latino, ma storpiando le parole; cantano, ma stonando maledettamente; stanno in chiesa come a casa loro.

Ho fatto rispettosamente, ma francamente le mie rimostranze al parroco: "Vi compiango, Reverendo. Avete un gregge senza fede, a giudicare dal suo contegno". E lui sospirando: " Sono maleducati, ma semplici. Non giudicateli dall'apparenza. In fondo credono".

Oh! molto in fondo. E poi... credono per tradizione, per abitudine, o per convinzione?

10 luglio

Questi contadini bestemmiano spaventosamente. Prima non me ne accorgevo, non li comprendevo, ma ora sì. E la scoperta è stata curiosa.

Avendo detto alla padrona di casa una parola che sento ripetere spesso e che supponevo una lode, lei è diventata rossa e gli astanti si sono guardati esterrefatti, poi hanno riso. Imbarazzatissimo, io ho chiesto scusa con gli occhi, e uno mi ha spiegato: "Parolaccia!".

"Ma se la riferiscono alla Madonna!".

"Eh, bestemmiano!"

"Fino a questo punto!"

"Purtroppo! Pessima abitudine!"

Le bestemmie fanno contrasto stridentissimo con il senso di preghiera che emana da questo orizzonte intensamente spirituale. Cielo, monti, colline, olivi, cipressi adorano, e gli uomini imprecano. Chi disse che lo spirito di un popolo prende forma dal suo paesaggio e dal suo clima? Qui il paesaggio è religioso ed il popolo è empio.

12 luglio

O empio o incosciente. Forse incosciente. Non li capisco questi uomini. Vanno in collera per nulla, urlano, maledicono, bestemmiano, ma quando ci sarebbe da arrabbiarsi sul serio, si acquetano come passeri sotto una grondaia.

Oggi una grandinata furibonda ha battuto due campi di granoturco presso casa, ha schiantato rami di peschi e di peri, ha distrutto fagiolini, sedani, pomidori nell'orto. Un disastro.

Mi aspettavo che il capoccia alzasse i pugni contro il cielo, sagrando tutto il suo repertorio, invece stava lì pover'uomo, a capo basso, con i lucciconi agli occhi, muto, e sua moglie gli batteva la mano sulle spalle, mormorando affettuose parole.

"Che dice?" ho domandato al mio giovane interprete.

"Dice: Non te la prendere, Giacomo, lascia fare a Dio".

"Oh, molto religioso questo. E poi che dice?"

"Dice: Chi ci governa non ha mai fatto un soldo di debito".

"Chi ci governa... Chi sarebbe?"

"Dio. Da noi governare si adopera nel senso di accudire, dar da mangiare. Così si dice: governare le bestie".

"Oh, molto significativo!"

Ma guardate come sono gli Italiani! Quella donna invece di dire al marito che la grandinata è stata proprio un castigo di Dio per le sue bestemmie, lo incoraggia ad aver fiducia nella Provvidenza! Troppo ottimismo.

15 luglio

Anche in materia di fede gl'Italiani sono opportunisti ed abusano della misericordia di Dio. Ieri, dopo il funerale di un vecchio malvissuto, spregiudicato bestemmiatore, il parroco, che tende a scusare tutti, mi diceva:

"Sì, ma in punto di morte si è pentito ed ha chiesto i sacramenti. Generalmente i nostri uomini possono traviare, cadere, peccare, ma poi nel pericolo si ricordano del Signore e prima di morire ritornano a Lui".

"Viltà. Che vale una confessione in extremis?".

E il reverendo pronto: "Che cosa valse al buon ladrone?"

Anche lui è un ottimista.

18 luglio

Con una natura meravigliosamente ridente come quella che li circonda, gli Italiani non amano la natura. Non ho mai visto uno, uno solo, di questi campagnoli guardare il tramonto (e se ne vedono di bellissimi sulle montagne che inquadrano il villaggio), né l'aurora, né il ciclo stellato.

Gli apprezzamenti sul tempo sono sempre in relazione all'agricoltura. E' una bella giornata? Sospirano: Ci vorrebbe la pioggia! Si profilano in cielo nuvoloni grigi? Brontolano: Ci vorrebbe il sole. Piove? Pensano all'orto che ne gode. Nevica? Pensano al grano che nascerà. Non si curano di coltivare i fiori (e ne avrebbero a bizzeffe!); non governano gli animali se non per servirsene; trattano crudelmente cavalli e asini. Non amano la natura come noi, che le prestiamo una vita spirituale. Non sentono nella natura il mistero, ma l'utilità. E' per loro qualche cosa da domare, non da adorare. Mantengono netta la superiorità dell'uomo sulle cose. Non saranno mai panteisti.

19 luglio

Panteisti no, ma con tendenze politeistiche sì, come i loro progenitori.

Perché tanti santi e perché a ciascuno statue, quadri, altari? Mentre denotano scarsa fantasia, avendo poche leggende e quelle poche assai simili, popolano di santi le loro chiese e il cielo delle loro anime, come se avessero bisogno di estrinsecare e di concretare sensibilmente la loro fede. Ma perché mettere tanta gente fra sé e Dio?

Ignorano il sublime della solitudine che congiunge al Creatore? Ho domandato al parroco:

"Sono forse idolatre le vostre pecorelle? Perché in ogni stalla l'immagine di quell'eremita barbuto col porcellino ai piedi? Perché tanti lumini davanti alla statua di quel fraticello con Gesù Bambino in braccio e al quadro di quella monaca con la spina in fronte? Si prega Dio solo".

Mi ha risposto gentilmente: "Dio è puro spirito e abita nella luce inaccessibile. I santi furono uomini e abitano nella luce di Dio. E' più facile per questi umili rivolgersi a loro. Ma sanno bene che chi perdona, e salva, e aiuta è Uno solo".

Lo sanno proprio? E sono davvero umili come li crede il loro pastore?

25 luglio

Mi pare che agli Italiani manchi il senso dell'infinito e dell'eterno, tanto forte è in loro il bisogno di concretare il divino. Quello che desiderano vogliono dirlo in formule, ed ecco preghiere su preghiere stampate in certi libretti che dall'esterno si rivelano superstiziosi. Quello che credono vogliono vederlo, e quindi statue e quadri di Dio, di Gesù Cristo, della Madonna e di tutti i santi. Quello che sperano vogliono toccarlo, e perciò confessione, comunione, estrema unzione. Penso con nostalgia alle nostre chiese slanciate nella nudità della pietra, ove l'anima si eleva a Dio senza peso di materia e senza tanti intermediari.

Il parroco, quando gli faccio queste osservazioni, scuote il capo con una cert'aria di compatimento: "Voi non conoscete la ricchezza interiore del cattolicesimo. Voi non sapete la forza dei sacramenti". E poi mi domanda sorridendo: "Siete ben sicuro che nel vostro senso del mistero, dell'infinito e dell'eterno, non entri in gran parte la fantasia?".

15 agosto

Oggi, festa della Vergine, la chiesa era gremita come nelle domeniche e anche più. Interessante la devozione mariana di questa gente. Secondo me, si ricollega all'esigenza estetica degli Italiani, per cui non possono fare a meno di luce, di fiori, d'incenso, di paramenti pomposi, di bellezza nel loro culto. Sempre bella e quasi sempre giovane raffigurano la Madonna. Pare strano, pure in questa parrocchietta sperduta c'è una splendida tela del Perugino, che rappresenta la Vergine in cielo entro una mandorla di testine d'angeli alati, e giù gli apostoli che la guardano, inginocchiati intorno al suo sepolcro vuoto, sullo sfondo di un paesaggio similissimo a questo, tutto colline, collinette, montagne lontane, una sull'altra, a fogli di libro, immerse in una luce azzurrina.

Molte persone alla sacra mensa, molti uomini. E in quel momento stavano raccolti; e anche dopo rimanevano finalmente composti, quasi immobili. (Non possono star fermi gl'Italiani). Per la prima volta hanno cantato benino. C'era un gruppo di ragazze che trascinava la massa, e tutti insieme, fusi in una voce sola piena e potente, prolungavano le note del coro oltre misura, ma in quel prolungamento si sentiva un abbandono illimitato, una solennità di organo. Finalmente ho percepito una nota religiosa in questo popolo, finalmente la sua preghiera era d'accordo con il paesaggio e con l'ora: un tramonto meraviglioso! Un'ostia di fuoco calante sui monti, curvi in purezza di adorazione.

10 agosto

Ieri sera, la sera stessa della solenne festa mariana, il Comune ha offerto un grazioso dancing in onore dell'esercito liberatore e le floride ragazze del paese hanno ballato tutta la notte con i nostri soldati. Io mi rallegravo di questa bella alleanza, ma stamane il parroco ne era costernato.

"Non ci vedo un gran male. Se hanno commesso qualche peccatuccio, gli ho detto un po' malignamente, poi verranno a confessarsi e tutto sarà lavato".

"No, mi ha risposto, triste. O si confessano male, o si allontanano dai sacramenti".

Meglio così, penso io. Saranno più sinceri. Ma alla sincerità cattolica e italiana io credo poco.

20 agosto

Mi sono fatto coraggio e ho snocciolato al parroco tutte le mie osservazioni sui suoi parrocchiani: superficiali, indifferenti, utilitaristi, politeisti nell'anima, naturaliter pagani. Colpa della natura che li ha fatti così, o colpa del cattolicesimo che li ha ridotti così? Ero andato troppo oltre e mi aspettavo una sfuriata in difesa del temperamento italiano e della Chiesa cattolica. Invece mi ha risposto pacatamente:

"Non colpa della natura, e tanto meno della Chiesa. Prima di tutto voi esagerate, giudicando tutti gli Italiani dal mio piccolo gregge. Se studierete a fondo il nostro popolo e la sua storia, vi ricrederete. S. Francesco, S. Tommaso, Dante, Michelangelo, Manzoni, sono i veri esponenti della nostra religiosità. Studiate quelli prima di generalizzare. Quanto ai miei parrocchiani... purtroppo avete in gran parte ragione, ma la colpa non è loro, gente semplice e un po' primitiva, la colpa è mia, tutta mia, pastore sonnolento...".

Tale sua confessione mi ha disarmato. E' forse questo il fondo religioso degli Italiani: umiltà?

20 agosto

Oggi sono andato con il mio giovane interprete a visitare il cimitero del paese. E' un quadratino seminato di croci, un fazzoletto appuntato agli angoli da quattro cipressi e steso sopra un poggio d'olivi, in vista a questa piccola, ridente vallata, cinta da monti non troppo alti, non troppo aspri, uno tutto verde e uno tutto brullo. Nella cappella che serve pure da deposito mortuario, sorge una statua in cartapesta di S. Michele arcangelo, di cui la popolazione è devotissima. "Ma perché?" domando io.

"Perché combatte i demoni nell'ora dell'agonia e libera !e anime purganti".

"Ci credete proprio al Purgatorio?"

II mio giovane amico mi guarda serio serio:

"E' un dogma. Noi preghiamo per i nostri morti e i nostri morti per noi". E mi recita una filastrocca, che poi ho voluto mi dettasse, perché è documento folcloristico tipico della pietà italiana:

Dio vi salvi anime sante,
Dio vi salvi tutte quante.
Voi siete state come noi,
noi .saremo come voi.
Pregate Gesù per noi,
noi si pregherà per voi.
Il Signore vi dia pace e riposo,
il santo paradiso a voi e a noi.

Non so trattenermi dal dire: "Sempre utilitaristi voi Italiani. Do ut des".

"Oh, mi replica sdegnato, quando ci si vuoi bene ci si aiuta di qua e di là".

"Insomma, dico io, o con gli angeli, o con i santi, o con le anime del purgatorio, un po' pregando, un po' bestemmiando siete sempre in commercio con l'al di là".

"Perché crediamo". Mi risponde convinto.

22 agosto

Il mio giovane amico mi ha condotto a vedere un bel quadro, nascosto in una parrocchietta lontana da qui quattro o cinque chilometri.

Al ritorno, essendo molto stanco, ci siamo fermati in una casa colonica, situata sotto il poggio del cimitero. Originali queste casette rustiche: non ce n'è due compagne. Sembrano fatte non da architetti e muratori, ma dai proprietari stessi, a risparmio, però secondo i propri gusti e bisogni. Il tempo s'incarica di renderle brune, arsicce, quasi rugose, come volti di contadini invecchiati nel lavoro. Quella visitata oggi ha una scala esterna che termina con un ripiano coperto, sul quale si apre la prima e più importante stanza, ossia la cucina, col suo grande camino nero. Una ragazza lavorava seduta davanti alla porta, appoggiando i piedi ad un'altra seggiola. Tre marmocchi e molti pulcini pigolanti le razzolavano intorno.

Prima di salire il mio compagno mi avverte:

"Quella ragazza si chiama Stella. E' paralizzata alle gambe dall'infanzia. I suoi parenti, per guadagnare qualche cosa, emigrarono in Francia, parecchi anni fa, lasciandola a questa famiglia colonica, che la prese e la curò e la cura ancora teneramente come una figliuola. Si dice che le opere buone portano fortuna, ma questa volta è andata al rovescio. I benefattori di Stella non potevano essere più disgraziati. L'unico figlio maschio, un carissimo ragazzo, il migliore suonatore di fisarmonica di tutto il paese e il più svelto e robusto "portatore" di Stella, morì l'anno scorso in un ospedale militare per stenti di guerra; il marito di una figliuola cadde in Macedonia nel 1941; ora in casa vivono coi genitori le due giovanissime vedove e i loro piccini, quelli che vedete intorno a Stella, la quale, così impotente com'è, s'ingegna a lavorare, ad aiutare e soprattutto a mantenere in famiglia la fiducia nella Provvidenza. Con questo dono di luce ricambia la carità ricevuta".

La paralitica mi accoglie sorridendo come un'antica conoscenza. I bambini mi guardano ad occhi sgranati, ed uno li ha bellissimi, glauchi, profondi con ciglia nere frangiate all'insù. Dalla cucina esce la massaia recando su di un piatto un bicchiere di vino bianco (delizioso!) per me.

E' vestita di nero, un fazzoletto le ombreggia il viso, che deve essere stato molto bello. Il mio giovane amico le dice: "Come va, Fulvia? Coraggio!". Scoppia in pianto con le due mani scabre sulla fronte, quasi in atto disperato. La mia guida continua a parlare, e lei a poco a poco si calma e si asciuga gli occhi con le cocche del fazzoletto dicendo due parole, che capisco senza bisogno di traduzione: "Benedetta la croce!".

Aiutandomi con i gesti, domando a Stella se fa qualche cura per guarire. Mi risponde che è stata due volte a Lourdes e una a Loreto.

"Senza risultato?" dico io, sorridendo maliziosamente.

"Oh sì!, mi risponde, sono tornata tanto tranquilla, tanto rassegnata. Ho capito la volontà di Dio".

"Benedetta la croce" sospira la massaia rientrando in cucina col bicchiere vuoto.

"Non sa dire altro, poveretta!" commenta Stella.

Mi pare molto, però.

27 agosto

Mi piace entrare m chiesa, quando non c'è nessuno e durante il giorno non c'è mai nessuno. Ma se credessero davvero alla presenza reale di Cristo nell'Ostia dovrebbero venire, mi pare.

"Lavorano, abitano lontano, non possono!" mi dice il parroco, sempre pronto a scusare le sue pecorelle. Ma non mi convince. Oggi però ho visto una donna piangere davanti alla statua della Vergine, e poi davanti all'altar maggiore. Pregava, si torceva le mani; quella sì parlava con Qualcuno, si raccomandava a Qualcuno, Lo sentiva presente. Ma per interesse. Voleva una grazia. E' vera pietà questa?

28 agosto

Non posso dimenticare Stella e Fulvia; Stella, cara inferma dal viso di madonna, che si dichiara contenta dei suoi inutili pellegrinaggi solo perché ha imparato a soffrire; Fulvia, povera madre, che non riceve nessuna ricompensa per la sua instancabile carità (la preziosa carità dei poveri) eppure ripete: "Benedetta la croce!".

Sì, innegabilmente, questo è cristianesimo autentico.

30 agosto

Sempre più mi convinco che agl'Italiani manca il senso del mistero. C'è troppo sole nelle loro chiese! E tanto sole anche nella loro fede. Esigenza di concretezza ed esigenza estetica producono quei quadri, quelle statue, quelle immagini e immaginette che sul principio mi davano maledettamente ai nervi come offesa al buon senso, al buon gusto, sopra tutto alla spiritualità della religione, ma a poco a poco mi ci vado abituando, e (devo confessarlo?) mi sono sorpreso a fissare una Madonna che stringe Gesù Bambino al cuore, guancia contro guancia. La chiamano la Madonna del buon Consiglio. Anche la sconfinata fiducia nella Provvidenza di quest'umile gente mi commuove. Male! Qui se non fuggo mi faccio cattolico. Ma se un giorno mi facessi, non vorrei essere cattolico al modo degl'Italiani.

(Qui termina il diario).
 
 






*


 






















Forse il Rev. Edward S. avrebbe cambiato opinione, se avesse visto nel giorno dei Morti sulle tombe dei soldati tedeschi, inglesi, americani, disseminate per quelle montagne, nei cimiteri, ai crocivia, sul margine dei fossati, su balze e rocce, dovunque una croce segnalasse una salma, avesse visto, dico, ghirlandine di crisantemi, o di semprevivi, o di edera, o fasci di fiori campestri deposti fraternamente da quei poveri contadini, che della guerra combattuta sui loro mitissimi campi fra Tedeschi e Angloamericani avevano sentito tutto il peso, senza ombra di vantaggio.

"Poveri figlioli!" dicevano le donne portando fiori ai tumuli dei soldati sconosciuti.

"Povere creature! Chi sa le loro mamme!". E univano il dolore di quelle mamme straniere al proprio dolore, al dolore per i propri figli o tornati disfatti dalla guerra, o caduti in terre lontane, o prigionieri oltre monti e oltre oceani. Ancora nei campi minati gli esplosivi minacciavano, ancora le case sfracellate piangevano nelle loro macene, eppure sulla tomba di chi, per necessità di guerra, aveva contribuito a distruggerle, i fiori d'Italia posavano piamente, come un perdono, al cospetto del Padre di tutti, vincitori e vinti.
 


* * * * *


 


Nota biografica. Non trovo alcuna informazione su Maria Sticco in in Italiane, tre volumi distribuiti gratuitamente nel 2003 a cura del Dipartimento per le Pari Opportunità, e poche notizie in rete, sufficienti comunque a fissare alcuni punti fermi. Una scrittrice ovviamente cattolica, che fu vicina a Padre Agostino Gemelli e ad Armida Barelli (altra animatrice del mondo cattolico italiano nella prima metà del secolo scorso, di cui non si trova traccia nella predetta pubblicazione, che pure abbonda di attrici, imprenditrici, etc.), ed a cui è dedicata una via del comune di Corciano, in provincia di Perugia. In http://www.lungara.it/scenevamba.htm si viene a sapere dell'esistenza di un'edizione (1914) di un'opera di Luigi Bertelli (detto Vamba) <<con la dedica autografa in seconda pagina alla signorina Maria Sticco>>. In http://www.libreriazappa.com/ si dà notizia di Fiamma Viva, <<rivista della gioventù femminile diretta da Armida Barelli e Maria Sticco>>, attiva nel 1926. Desumo infine un elenco, presumibilmente incompleto, di opere dell'autrice in calce a Segreto di Assisi (Vita e Pensiero, Milano, 1950):

Lavallière
La poesia religiosa del Risorgimento
Pensiero e poesia in S. Bernardino da Siena
S. Francesco d'Assisi
II dovere e il sogno
Frammenti e momenti
Dialoghi e colloqui
Arte e sincerità
Vita universitaria

Il Dott. Arcangeli Papi, grande esperto tra l'altro di storia umbra, integra il quadro con le seguenti precise informazioni.

> Maria Sticco è nata a Perugia il 23 novembre 1891, e morta novantenne a Milano, il 17 marzo 1981. E' stata docente di Lingua e Letteratura Italiana presso l'Università Cattolica di Milano. Le si devono lavori quali Pensiero e poesia in San Bernardino (1945); Lettura del Machiavelli; La poesia religiosa del Risorgimento (ancora del 1945); Romanzo italiano contemporaneo (1953). Ha poi scritto una Vita di San Francesco (ancora oggi ristampata dall'Editrice Porziuncola), e cose minori come ad esempio il Segreto di Assisi (nuova edizione O.R., Milano, 1991), un prezioso volumetto soffuso di poesia, dalla cui prefazione a cura di Ada Ruschioni sono ricavati questi pochi dati di sintesi che ho appena trascritto.