MASSIMO FINI SULLA "GUERRA GIUSTA"

 

[Mi ero ripromesso di chiudere definitivamente la presente rubrica, ma l'articolo di Massimo Fini ricevuto dopo la detta decisione e' troppo bello per non proporlo all'attenzione dei lettori! Aggiungo soltanto che gia' qualche anno fa avevo letto non ricordo dove una riflessione meritevole di considerazione, secondo la quale non bisognerebbe mai parlare di "guerre giuste" - perche' a fare le cose giuste ci si sente "bravi", e ci si prende gusto - mentre la guerra e' sempre una cosa riprovevole (come ha scritto con dignita' Massimo Giannini su "la Repubblica" qualche giorno fa: "una guerra ... Significa sangue, significa distruzione. E' un sacrificio necessario. Ma salutarlo in piazza con un tripudio di bandiere è un'offesa all'intelligenza e alla dignità umana"). Semmai parlare di "guerre necessarie", e in effetti il sottoscritto - NON essendo un "pacifista integrale" - ritiene personalmente lecite-necessarie forme di difesa attiva (che si dice appunto "legittima"), per esempio da un attacco diretto verso il territorio della propria Patria. Ma far rientrare sotto tale denominazione azioni preventive, o vendicative, per di piu' "alla cieca", su territori altrui, beh, rischia di ricordare troppo Erode e la strage degli innocenti, o le rappresaglie naziste. Come scrive bene ancora Fini nell'articolo gia' inserito nel sito, al punto precedente: "deve pur esserci qualche differenza fra un grande Paese come gli Stati Uniti e un gruppo di terroristi, perché se la faccenda si riduce a una sommatoria di ammazzamenti di civili questa differenza non si vede più..." - UB]

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Da: Arianna Editrice [SMTP:arianed@tin.it]

Inviato: mercoledì 14 novembre 2001 12.07

Oggetto: pc: la guerra dell'Occidente

SOLO LA NOSTRA GUERRA E' "GIUSTA"

di Massimo Fini il giorno del 13 novembre 2001

Fino a pochissimo tempo fa per gli occidentali la guerra, cioè il conflitto armato fra due popoli per risolvere un conflitto che non è stato possibile comporre altrimenti, era il tabù dei tabù, era considerata blasfema, oscena, pornografica, era stata proibita e scomunicata. Al punto turbava il nostro cuoricino di "anime belle" che, con le budella contorte per lo spasmo della coscienza, andavamo a fare la guerra, chiamandola "operazione di pace" (peace keeping), per impedire quelle altrui, che in nulla ci riguardavano, come avevamo fatto a Bassora impedendo all'Iran, che era il Paese aggredito, di cogliere il frutto di una vittoria che aveva conquistato sul campo di battaglia e che gli era costata un milione di morti.

Come eravamo puri. Come abbiamo fatto in Bosnia, dove tre popolazioni avevano legittime ragioni di contendere difficilmente risolvibili altrimenti, anche qui alterando, anzi ribaltando, il verdetto del campo, e in qualche modo mandando nel nulla il sangue versato dalle tre parti, come abbiamo fatto in Kosovo, dove pure musulmani e jugoslavi avevano entrambi buone ragioni, decidendo che i serbi avevano tutti i torti, come abbiamo fatto persino in Somalia dove siamo andati a ridurre alla ragione con un ridicolo e spettacolare spiegamento di forze (chi può dimenticare lo sbarco notturno dei marines americani armati, oltre che di ogni sofisticatissima arma, di occhiali agli infrarossi per vederci al buio dei megawatt delle televisioni occidentali convocate per l'occasione?) alcuni capi-tribù locali, da noi definiti "i signori della guerra", che si battevano a colpi di vecchi fucili.

Come eravamo puri, come eravamo casti, come eravamo pii, com'era delicata la nostra coscienza e pieno di buone intenzioni il nostro cuore, ci eravamo addirittura inventati i "diritti umanitari", sovvertendo tutte le regole del diritto internazionale, per poter intervenire di qua e di là bombardando, in nome della pace s'intende, questo o quello. Ma è bastato che per una volta fossimo noi a essere colpiti, come è accaduto l'11 settembre a New York, che la guerra ha cessato immediatamente di essere blasfema, oscena, pornografica per ridiventare un diritto, una legittima difesa dei popoli e delle Nazioni, e perché i nostri giornali e le nostre piazze trasudino di quella retorica patriottica e di quel nazionalismo la cui liceità avevamo negato agli altri, per esempio ai serbi di Jugoslavia. Ergo: la guerra è necessaria, indispensabile, legittima solo quando la facciamo noi, per i nostri interessi, per la nostra difesa o per i nostri ideali, se la fanno gli altri, per i loro interessi, per la loro difesa, per i loro ideali, è "assurda", proibita e bisogna andare subito a metterci le mani. Se nelle nostre guerre, pardon: "operazioni di polizia internazionale" uccidiamo civili, a centinaia di migliaia, come è avvenuto in Iraq (56 mila, complimenti generale Schwartzkopf), o a migliaia come in Kosovo, ed ora in Afghanistan, sono "effetti collaterali", se lo fanno gli altri sono "crimini contro l'umanità" i cui responsabili devono essere trascinati, magari col più odioso dei ricatti economici, davanti a Tribunali senz'ombra di imparzialità costituiti per l'occasione, dove sediamo sempre noi, consci della nostra purezza e della nostra superiorità morale, affidando l'accusa al rappresentante di un Paese, molto civile e molto lindo, che viva sul riciclaggio di denaro fatto con la droga, col traffico d'armi, con le truffe, con gli assassinii, col mercato degli organi strappati ai bambini del Terzo Mondo per darli ai figli malati di quello ricco.

Razza superiore. Abbiamo espropriato i popoli dell'"altro mondo" quasi di ogni diritto, a cominciare da quello, elementare, di farsi la guerra in santa pace, senza le nostre pelose supervisioni e sanguinose intrusioni, riservandolo solo a noi stessi, i civili, i puri, la razza superiore. Possiamo davvero stupirci se poi, un giorno, nasce un Bin Laden e viene sentito, non solo nel mondo musulmano, come un giustiziere e un vendicatore di torti?