Elementi storici dell'insegnamento della matematica
in Italia dal XVI al XX secolo

(Umberto Lucia)


 



Sotto il profilo istituzionale sono due i momenti storici fondamentali: il riassetto dell'istruzione conseguente al Concilio di Trento e alla Controriforma e l'influenza della Rivoluzione francese.

A partire dalla metà del Cinquecento cominciò a diffondersi nell'Europa cattolica (Italia, Francia, Spagna, Austria, Germania Meridionale, Polonia, ecc.) una considerevole rete di Collegi, in gran parte affidati alla Compagnia di Gesù, dedicati all'istruzione dei giovani. La Ratio studiorum consisteva in due corsi triennali, uno grammaticale e uno filosofico; l'argomento principale degli studi era la lingua latina. L'insegnamento della matematica trovava spazio nel corso filosofico, insieme all'insegnamento della teologia scolastica, della filosofia naturale e della logica aristotelica. I contenuti dell'insegnamento erano simili a quelli della cattedra di matematica delle Università del tardo medioevo, che comprendeva la lettura dei primi sei libri degli Elementi di Euclide e la Sfera del Sacrobosco (Giovanni di Holywood, docente all'Università di Parigi, XIII secolo), che era un compendio dell'Almagesto di Tolomeo. Nel Cinquecento molti insegnanti gesuiti produssero manuali per riproporre la filosofia e la teologia scolastica nel quadro delle grandi responsabilità che l'Ordine veniva assumendo sul piano dell'istruzione: la matematica disciplinare fu sottoposta ad approfondimenti e revisioni per merito principalmente di Cristoforo Clavio (1537-1612), curatore di un'edizione degli Elementi di Euclide, cui aggiunse commenti e spiegazioni. Egli scrisse anche manuali di Algebra, di Geometria pratica, sull'Astrolabio, un'Aritmetica prattica e un rinomato Commento della Sfera del Sacrobosco. Le sue opere matematiche furono raccolte in una enciclopedia matematica.

Alle opere di Clavio nella seconda metà del Seicento si sostituirono, per l'insegnamento nei Collegi dei Gesuiti, due manuali del matematico belga Andreas Tacquet (1612-1660, anch'egli appartenente alla Compagnia di Gesù), l'Arithmeticae theoria et praxis, e gli Elementa geometriae planae ac solidae, finalizzati all'insegnamento dell'aritmetica e della geometria. Le opere didattiche di Tacquet non furono mai soppiantate nell'insegnamento matematico dei Collegi gesuiti nemmeno dopo la pubblicazione del corso matematico in tre volumi Elementa universae matheseos, scritto da Ruggero Giuseppe Boscovich (1711-1787, un altro membro della Compagnia di Gesù). Anche nei collegi degli Scolopi e dei Barnabiti e negli stessi seminari religiosi erano previsti corsi matematici che ebbero spesso docenti di rilievo. Un emerito professore di eloquenza all'Università di Roma e Generale dell'Ordine delle Scuole Pie dell'Ordine degli Scolopi fu Paolino Chelucci (1682-1754), autore di due manuali di matematica, Institutiones Arithmeticae e Institutiones Analiticae eorumque usus in geometria (1738). Occorre ricordare anche l'Abate camaldolese (ordine Benedettino) Guido Grandi (1671-1742), per molti anni professore nell'Università di Pisa, autore di celebri manuali ristampati per quasi un secolo. I suoi Elementi geometrici (1731) rappresentarono l'opera di geometria euclidea più diffusa nel Settecento. Di lui vanno pure menzionate le Istituzioni di aritmetica pratica (1740) e le Istituzioni delle sezioni coniche (1744).

Il modello di professore di matematica tra la metà del Cinquecento e la fine del Settecento è dunque un ecclesiastico, quasi sempre un monaco. Rappresentano un'eccezione a tale scenario generale le sole scuole militari, che verso la metà del Settecento cominciano ad essere organizzate a Torino, a Napoli, a Verona. Queste, come peraltro i citati collegi e seminari, erano ovviamente esclusivamente riservate a un pubblico maschile, ma esisteva anche qualche rara scuola dedicata all'istruzione femminile.

Dal punto di vista dei contenuti dell'insegnamento, dalla metà del '600 in poi, si devono rilevare due importanti eventi a cui bisognava adeguarsi: l'introduzione nell'insegnamento dei nuovi metodi analitici (geometria cartesiana e calcolo differenziale), e la reinterpretazione e ridefinizione del ruolo della matematica tra le scienze della natura conseguente all'affermazione dei Principi matematici della filosofia naturale di Newton. Nel 1637 viene pubblicata infatti La Geometria di Descartes, in appendice al Discorso sul metodo (l'opera fu pubblicata anche separatamente, in latino, nel 1649), dove le equazioni vengono già scritte con la notazione usata oggi: l'incognita viene indicata con la lettera x, l'equazione si presenta come un polinomio uguagliato a 0, viene stabilita la così detta "Regola di Ruffini", viene data la "regola dei segni", viene insegnato a trasformare le equazioni ed a risolverle utilizzando il metodo delle intersezioni di curve. In Italia la sua diffusione incontrò parecchie difficoltà, dovute non solo ad una certa eclisse degli studi algebrici nel '600, ma anche all'attaccamento della scuola galileiana ai metodi puramente geometrici. La Geometria ebbe poi un forte rilancio ad opera del calcolo differenziale di Leibniz, che ne utilizzò il linguaggio alla fine del secolo. Questa influenza, che moltiplicò in Italia i lavori analitici, non riuscì tuttavia ancora per qualche decennio ad inserirsi nell'insegnamento dei collegi tenuti da religiosi, dai corsi dei quali il calcolo differenziale rimase escluso per quasi tutto il secolo XVIII. I primi manuali che trattarono l'algebra furono pubblicati in Italia solo dopo il 1720: gli Elementa algebrae di Nicola de Martino (Napoli, 1725); l'Aritmetica comune e speciosa di Saverio Brunetti (Roma, 1731); le Institutiones analyticae di Paolino da S. Giuseppe (si tratta dello stesso Paolino Chelucci, già citato nel testo); il secondo volume degli Elementa Matheseos di Boscovich; gli Elementi di matematica di Edoardo Corsini (1735-38); gli Elementa mathematicae di Fortunato da Brescia (1738-39) e, successivamente, il Sectionum conicarum compendium (Venezia, 1765) di Ottaviano Cametti (1711-89) e le Sezioni coniche (Modena, 1801) di Antonio Cagnoli (1743-1816). La faticosa introduzione dell'algebra nei curricoli dei collegi non era dovuta solo alla rigidità della separazione tra aritmetica e geometria, in quanto vi erano anche forti restrizioni dovute alle limitazioni negli orari previsti per i corsi matematici. Questi furono ampliati, pur nell'ambito degli studi tradizionali, quando la matematica fu considerata propedeutica rispetto alla fisica, e fu quindi insegnata nella prima parte del corso filosofico. Tale innovazione importante rappresenta una conseguenza dell'affermazione del sistema newtoniano.

Il cambiamento del rapporto tra matematica e fisica comportò un'altra grande modifica nei corsi di matematica del secolo XVIII: l'introduzione dell'insegnamento delle sezioni coniche. Tra gli autori di trattati di uso scolastico sulle sezioni coniche il primo per cronologia e per diffusione è il già citato Guido Grandi, che pubblicò un Compendio delle sezioni coniche (Firenze, 1744). Nei Collegi, molto era lasciato all'iniziativa dei singoli professori o alle lezioni private; quasi sempre per tutto il secolo l'insegnamento si limitava come detto all'aritmetica e alla geometria del Tacquet. Le Institutiones analyticae di Paolino erano il testo dei primi corsi universitari, così pure le sezioni coniche: l'insegnamento dei metodi analitici delle sezioni coniche e delle applicazioni dell'algebra alla teoria delle curve come pure tutto il calcolo differenziale e integrale furono esclusiva dell'istruzione universitaria e delle scuole militari per quasi tutto il Settecento. I professori di matematica, oltre ad essere in gran parte come accennato dei religiosi, erano anche molto frequentemente autodidatti: infatti non era previsto nell'Università un corso di laurea dedicato specificamente alle matematiche. Due soli erano gli sbocchi accademici, oltre alla laurea in teologia: la laurea in medicina e la laurea in diritto civile e canonico. Vi era anche un diploma in arti che assicurava una cultura matematica sostanzialmente simile a quella dei collegi, e che era collegato all'insegnamento impartito nella facoltà di medicina.

I riflessi della Rivoluzione francese cominciarono a farsi sentire in Italia sul piano istituzionale con le campagne napoleoniche del 1796, ma non si esaurirono nemmeno dopo la caduta di Napoleone nel 1814: i cambiamenti nell'istruzione tecnico-scientifica furono in gran parte irreversibili e passarono negli ordinamenti della Restaurazione. La Francia rivoluzionaria aveva soppresso nel 1793 le Accademie, i Collegi e tutte le strutture dell'Ancien Régime. La nuova costituzione aveva creato l'Institut National con compiti non solo accademici, ma di direzione di tutta la pubblica istruzione. Erano state anche create le Scuole Centrali, con ampi spazi dedicati all'insegnamento scientifico e alle matematiche in particolare: l'École centrale des travaux publics, nata con compiti particolari per creare i tecnici della Repubblica, era divenuta l'École polytechnique (1795), sotto la guida di Gaspard Monge (1746-1818) - che nel 1796 fu inviato in Italia con la Commissione per le Scienze e le Arti, e vi soggiornò per quasi due anni - e l'École normale (cui si accedeva con criteri meno rigorosi di quelli che venivano utilizzato per l'ammissione all'École polytechnique). Il principale artefice dei programmi di matematica e dei relativi libri di testo per le scuole centrali fu il matematico Silvestre François Lacroix (1765-1843). Egli compose una decina di manuali, tra i quali un Traité élémentaire d'arithmétique (1797), gli Eléments d'algèbre (1799), gli Eléments de géométrie (1799), un Complément des éléments d'algèbre, un Traité élémentaire de trigonométrie rectiligne et sphérique, un Traité élémentaire du calcul différentiel et intégral (1797) e un'opera di orientamento generale: Essai sur l'enseignement en général et sur celui des mathématiques en particulier (Parigi, 1805). Molte opere didattiche di Lacroix furono tradotte in italiano e furono tra i libri di testo più usati nella prima metà dell'Ottocento. Nel 1794 Adrien Marie Legendre (1752-1833) pubblicò un nuovo manuale di geometria euclidea, gli Eléments de géométrie (Parigi, 1794) che fu il testo più usato in Europa per tutta la prima metà dell'Ottocento nell'insegnamento della geometria. Occorre ricordare dello stesso periodo anche il Corso di matematica sublime (Firenze, 1804) e gli Elementi di algebra e geometria (Milano, 1809), scritti da Vincenzo Brunacci (1768-1818), che non era un ecclesiastico. [Docente all'Università di Pisa dal 1788 e presso l'Istituto della Marina a Livorno dal 1790, per ragioni politiche si trasferì in Francia nel 1799. Rientrato in Italia, fu docente a Pavia dal 1801. Nel 1806 fu eletto alla Società Italiana delle Scienze, e successivamente fece parte della Commissione per il nuovo sistema di misure e pesi.] La Rivoluzione francese aveva anche attivato un corso rapido per la formazione degli insegnanti della Repubblica, che fornì agli allievi un corpo di dottrine di assoluta novità e modernità, destinato ad incidere profondamente e ben al di là della limitata esperienza temporale dell'École normale de l'an 3. Le lezioni di matematica qui svolte furono impartite da professori quali Joseph Louis Lagrange (1736-1813), Pierre Simon Laplace (1749-1827), il già nominato Gaspard Monge, Alexandre Théophile Vandermonde (1735-1796). Le lezioni non seguivano libri di testo: degli stenografi furono incaricati di prendere appunti che, corretti dai docenti, venivano distribuiti agli allievi, i quali erano invitati a partecipare attivamente alle lezioni e ad intervenire in apposite sezioni, i dibattiti. A Milano nel 1798 Carlo Lauberg iniziò la traduzione italiana delle Lezioni ad uso delle Scuole Normali di Francia, mentre il testo di Monge fu tradotto in italiano e stampato nel 1805 da Giuseppe Placci. Le lezioni di Lagrange furono pubblicate in italiano nel 1839.

Dell'esperienza della Scuola Normale restarono l'idea di una scuola finalizzata alla preparazione del corpo insegnante, l'esatta intenzione della necessità di stabilire una più intima connessione tra il mondo della scuola e la società, l'esempio di un nuovo modo laico e democratico di concepire l'insegnamento, nonché i rapporti tra professori e allievi.

L'insegnamento della matematica nella scuola italiana ebbe invece per lungo tempo ancora una scarsa considerazione ai fini dell'incidenza che poteva avere sulla formazione sia culturale che professionale del futuro maestro. Il quadro istituzionale della scuola italiana dopo l'Unità d'Italia è sostanzialmente configurato nella Legge Casati (1859), promulgata inizialmente per il Piemonte e in seguito estesa alle altre regioni d'Italia. La stessa Riforma Gentile (1923), si presentò in parte come un ritorno allo spirito della stessa Legge Casati, compromesso da provvedimenti legislativi parziali, che avevano reso composito l'insieme dell'istruzione pubblica. Negli anni successivi, il regolamento del 1883 sopprime la prova scritta di matematica nei due esami di conclusione dei vari ordini di scuola e, sino alla fine del secolo, nessuno dei regolamenti emanati la reintroduce. Essa sarà ripristinata soltanto dal regolamento del 1904.

Verso la fine del secolo viene accentuato da una parte il carattere spiccatamente classico del ginnasio-liceo, e si potenzia dall'altra la sezione fisico-matematica dell'istituto tecnico. Ma questa soluzione non appariva pienamente soddisfacente perché la sezione fisico-matematica sembrava strettamente legata alle finalità professionali dell'istituto tecnico, mentre l'uniformità del liceo ad indirizzo classico sembrava costituire una remora per quegli studenti che avrebbero potuto essere potenziati negli studi a carattere scientifico. Il problema era stato peraltro già avvertito, ed affrontato con il progetto presentato dal ministro Correnti nel 1870 di un Liceo nazionale, unitario con diversi indirizzi, che, prendendo il posto di tutti gli istituti di istruzione secondaria esistenti, soddisfacesse, mediante moduli disciplinari da realizzare nel suo ambito e nel corso degli studi, le diverse esigenze ed attitudini dei giovani. Seguì, poi, il progetto presentato dal ministro Coppino nel 1879 di un Liceo misto, confluenza del ginnasio inferiore e della scuola tecnica. Il problema aveva avuto anche soluzioni parziali sia nel senso di potenziare lo studio delle materie scientifiche, come nelle disposizioni contenute nel decreto Orlando del 1904, sia nel senso di estrarre dallo stesso ginnasio-liceo un corso di studi a diverso indirizzo, come nell'esperimento del Liceo riformato o moderno voluto dal ministro Baccelli nel 1889. Progetti e soluzioni insufficienti e soprattutto non inquadrati in un'organica riorganizzazione di tutta la scuola secondaria italiana.

Nel 1905 il ministro Bianchi decideva di affidare ad una Commissione reale per l'ordinamento degli studi secondari in Italia l'incarico di affrontare il problema. La commissione, presieduta da Paolo Boselli, concluse i suoi lavori nel maggio 1909, presentando in una dettagliata Relazione un progetto di riforma che veniva incontro alle richieste avanzate dalle tre filosofie che allora si confrontavano sul problema dell'organizzazione della scuola di stato: l'esclusività degli studi classici, la necessità di sviluppare gli studi scientifici e la conoscenza delle lingue moderne. Il progetto di riforma Boselli prevedeva un ginnasio di tre anni, senza latino, come scuola unica di preparazione agli studi secondari superiori, e tre licei quinquennali specializzati rispettivamente negli studi classici, moderni e scientifici: la differenziazione era sul latino e greco nell'indirizzo classico, sul latino e due lingue straniere in quello moderno, su due lingue straniere e sulle scienze esatte e sperimentali nell'indirizzo scientifico. Il progetto lasciava da parte il problema di riordinare la "scuola normale" (termine con cui si designava la scuola professionalizzante triennale finalizzata alla formazione e preparazione dei futuri maestri, caratterizzata dall'insegnamento di molte discipline in poche ore per ciascuna, con il risultato di una preparazione generalmente non approfondita), perché connesso con quello più generale dell'istruzione femminile.

I tre licei, nel valore del titolo finale, non erano posti allo stesso livello: il diploma di liceo classico consentiva l'iscrizione al primo corso di qualsiasi facoltà universitaria o istituto superiore, la licenza conferita dal liceo moderno non era valida per l'iscrizione alla facoltà di lettere se non previo esame integrativo di lingua e letteratura greca, mentre quella conferita dal liceo scientifico doveva essere integrata per l'iscrizione alla facoltà di giurisprudenza da un esame di lingua e letteratura latina, e per l'iscrizione alla facoltà di lettere anche da un esame di lingua e letteratura greca. Nel progetto di riforma Boselli il programma di matematica per il ginnasio prevede l'insegnamento dell'aritmetica pratica e della geometria intuitiva, non come due discipline distinte, bensì in intima connessione fra di loro. Lo studio dell'aritmetica è inoltre previsto come propedeutico a quello dell'algebra. E' la prima volta che si fa emergere chiaramente la funzione propedeutica dello studio della geometria nel corso degli studi secondari come mezzo per preparare i giovani al successivo studio della geometria razionale, che dovrà essere una rielaborazione ed una sistemazione di tutte quelle proprietà e deduzioni precedenti. L'importanza riconosciuta all'insegnamento della matematica nel triennio inferiore è inoltre attestata dall'orario settimanale, che veniva proposto in quattro ore settimanali per classe.

Il programma di matematica per il quinquennio del liceo, in ciascuno dei tre indirizzi, è concepito dalla Commissione Boselli come prolungamento di quello del corso inferiore. I programmi proposti per il liceo classico e per il liceo moderno coincidono nelle prime quattro classi, differendo soltanto nell'ultima per assumere un carattere più consono alle finalità del corso corrispondente: quello per il liceo scientifico presenta un contenuto più ampio, ottenuto spostando nelle prime tre classi quanto negli altri due tipi di liceo è previsto per le prime quattro, ed includendo nelle ultime due classi quelle nozioni che erano ritenute indispensabili per completare la preparazione scientifica dei giovani frequentanti tale tipo di scuola. L'orario proposto è di due ore settimanali per classe nei due licei di tipo classico e moderno, di cinque ore per classe nel liceo scientifico. Nella quinta classe del liceo classico assume particolare importanza lo studio della matematica greca e della sua letteratura, sia attraverso i cenni storici sullo sviluppo della geometria greca, o qualche richiamo alle trattazioni di Diofanto, sia attraverso lo studio diretto dei primi quattro libri degli Elementi di Euclide, e della trattazione della teoria delle proporzioni contenuta nel quinto libro degli Elementi, che avrebbero consentito un riesame critico della geometria studiata in precedenza. La preparazione su siffatti argomenti avrebbe rivelato ai giovani un aspetto della civiltà greca complementare a quelli letterari ed artistici, e fornito quindi loro una visione più completa di quel mondo e di quella cultura.

Nell'ultima classe del liceo moderno i programmi prevedono nozioni relative al calcolo delle probabilità, alle varie forme assicurative ed a questioni di statistica. Nelle ultime due classi del liceo scientifico il programma si sviluppa su molti argomenti che anticipano, in forma piuttosto frammentaria, gli stessi studi universitari. Alcuni di essi sono inclusi nel programma per il secondo biennio della sezione fisico-matematica dell'istituto tecnico che evidentemente il progetto di riforma Boselli intende sopprimere.

Il progetto Boselli, nonostante la sua avanzata innovativa articolazione e l'oggettivo interesse, non riuscì però ad ottenere la necessaria approvazione e fu abbandonato: vi fu solo una sua parziale realizzazione nel 1911, quando il ministro Credaro volle istituire, presso il ginnasio-liceo tradizionale, una sezione di ginnasio-liceo moderno quinquennale che si prefiggeva la formazione culturale dei giovani non solo attraverso lo studio della lingua nazionale e della tradizione latina, ma anche mediante lo studio delle lingue moderne ed una più ricca preparazione scientifica. Agli alunni provenienti dal liceo moderno era concessa l'iscrizione al primo corso di tutte le facoltà universitarie e degli istituti superiori. Contemporaneamente fu soppressa per gli alunni del liceo classico la facoltà di opzione tra greco e matematica, concessa dal ministro Orlando nel 1904, e furono emanati nuovi programmi. Nei corsi magistrali è infine previsto un insegnamento di computisteria, assegnato all'insegnante di matematica, in relazione alle necessità evidenziate per la scuola normale.

Nel 1923 la riforma Gentile considera, ai fini della formazione culturale dei giovani, soltanto l'apporto delle discipline storico-estetico-letterarie, trascurando le discipline scientifiche in generale e la matematica in particolare. La detta riforma accentua il carattere estetico-letterario del liceo classico, e istituisce un liceo scientifico quadriennale, come scuola secondaria superiore senza il corrispondente corso inferiore, al posto sia della sezione fisico-matematica dell'istituto tecnico che di quella di ginnasio-liceo moderno. Vi si accede mediante un esame di ammissione dal quadriennio inferiore dell'istituto tecnico, ma vi si può anche accedere dalla quarta ginnasiale o dal quadriennio inferiore dell'istituto magistrale. Per quanto riguarda la preparazione dei futuri maestri, la riforma Gentile istituisce una scuola di cultura generale dalla quale bandisce ogni forma di tirocinio: non un liceo, ma un istituto specificamente magistrale, caratterizzato dall'abbinamento dell'insegnamento della matematica con quello della fisica. I programmi emanati a seguito della riforma in oggetto sono "programmi d'esame", e la distribuzione dei diversi argomenti nei vari anni dei corsi precedenti l'esame è affidata alla discrezionalità degli insegnanti; il loro obiettivo non è in relazione alla formazione culturale dei giovani, ma è condizionato principalmente dalla preparazione all'esame finale, con i caratteri propri del nozionismo che la situazione comporta.

Variazioni di poco rilievo apportano i programmi emanati nel 1936 dal ministro De Vecchi, i quali distribuiscono le materie nei vari anni di corso, e sopprimono alcuni argomenti facoltativi. Un anno dopo il ministro Bottai provvede a formulare nuovi programmi, i quali però, pur ricalcando quasi esattamente quelli emanati in precedenza da De Vecchi, presentano lo stesso carattere nozionistico dei programmi della riforma Gentile.

I testi matematici italiani continuano a mantenere la loro elevata tradizione di rigore scientifico, cercando di risolvere in maniera didatticamente efficace tutti quei problemi di natura metodologica che l'esperienza diretta d'insegnamento aveva sollevato. Il trattato di geometria del Severi nettamente si distingue dagli altri per la sua impostazione originale: in esso è mantenuto intatto il rigore sostanziale del metodo razionale, mitigato però dalla costante preoccupazione di accompagnare ogni nuova nozione con il suo substrato intuitivo, in modo che il giovane discente possa riuscire ad afferrare meglio il significato del concetto. L'autore ricorre sistematicamente all'origine storica e al fondamento psicologico di ogni teoria, ed alle nozioni di senso comune da cui essa trae origine.

Nel 1940, sotto il ministro Bottai, veniva gradualmente iniziata una nuova riforma della scuola secondaria italiana, riforma che, per le vicissitudini della seconda guerra mondiale, poté essere attuata solo in parte, limitatamente cioè al primo triennio. Esso veniva costituito come scuola a sé, sotto la denominazione di Scuola Media, unificante i trienni inferiori sia del ginnasio che dell'istituto magistrale e dell'istituto tecnico. Il numero delle ore settimanali dedicate all'insegnamento della matematica viene portato a tre ore per ogni classe, circostanza da cui si evidenzia una rivalutazione degli studi matematici. Si propone un nuovo metodo didattico che non si ferma alla semplice esposizione delle proprietà evidenti, ma che prende le mosse dall'intuizione per procedere poi verso le considerazioni di natura astratta.

Infine, dopo la fine della guerra mondiale, nel 1945 vennero emanati nuovi programmi sia per la scuola media che per i licei e gli istituti magistrali. Essi dapprima furono formulati da una Commissione nominata dai Governi Alleati ed emanati per i territori occupati, e poi fatti propri dal Ministero della Pubblica Istruzione ed estesi, con inizio dall'anno scolastico 1945-1946, a tutto il territorio nazionale.
 


Bibliografia


 


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[Una presentazione dell'autore, che è membro della Società Italiana di Storia delle Matematiche, si trova nel numero 4 di Episteme.]

I.T.I.S. "Alessandro Volta"
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