William Blake, Newton, 1775, London, Tate Gallery
[http://digilander.iol.it/mt56/Newton%20web/default.htm]
 

Quattro lettere di sir Isaac Newton al Dottor Bentley,

contenenti alcuni argomenti

sulla dimostrazione dell'esistenza di una Divinità

(a cura di Alessandro Moretti)


 



Le quattro lettere di Newton a Bentley

Nel corso della storia spesso è successo che nuove teorie scientifiche, benché notevoli e degne di risalto, non ebbero molta diffusione negli ambienti culturali, o per lo meno non con la rapidità che il loro seguente successo farebbe presupporre. Alcune di esse ebbero impatto solo su un ristretto numero di specialisti, altre invece sono assurte a ruoli che esulano dalla loro effettiva area di azione per influenzare il pensiero di intere epoche.

Quest'ultimo è il caso della filosofia Newtoniana. Alcuni anni dopo la sua nascita conobbe diffusione universale (che per l'epoca significava l'Europa) negli ambienti culturali non specialistici grazie alla paziente (e veemente) opera di divulgazione fatta da personaggi celeberrimi come Voltaire. Tale filosofia ebbe (come del resto altre prima e dopo) un notevole influsso sulla concezione del mondo. L'appoggio prestato da Voltaire fu fondamentale per la fama di Newton e del suo pensiero negli ambienti culturali, ove il suo nome non era ancora così famoso come in quelli specialistici. Fu così affascinato dalla nuova filosofia che volle scrivere un libro dove ne spiegava a grandi linee il contenuto.

Voltaire però non fu il solo letterato che si cimentò con la filosofia naturale. Altri avevano percorso la stessa strada molti anni prima, nel tentativo di fare un uso non prettamente scientifico della nuova e rivoluzionaria filosofia.

Richard Bentley nacque nel 1662 da famiglia benestante. Studiò al Trinity College di Cambridge, dove era famoso per la sua erudizione ma anche per il suo carattere provocatore e combattivo. Nel 1691 Robert Boyle, cristiano convinto, lasciò una disposizione testamentaria nella quale istituiva un premio da assegnare a chi avesse proposto una lettura in otto parti in favore dell'evidenza della cristianità. In quell'anno, come primo oratore, fu nominato appunto Richard Bentley, la cui fama era grandissima almeno in Inghilterra. Bentley volle dare un'impostazione del tutto nuova al suo lavoro, che prese il titolo di "Una Confutazione dell'Ateismo": aveva l'intenzione di suffragare il suo discorso con prove oggettive.

Con questo obiettivo in mente si rivolse verso quello che considerava inconfutabile per eccellenza: il Creato. Pensò che i Principia, da poco pubblicati, facessero al caso suo, ma non possedeva gli strumenti necessari per comprenderne il contenuto. Scrisse quindi a John Craige e gli chiese quali libri avrebbe dovuto leggere per poterli comprendere. Questi rispose con un elenco di testi troppo lungo anche per una persona brillante come Bentley. Spaventato, ma deciso a portare a termine il suo disegno, scrisse a Newton stesso chiedendo aiuto. Questi rispose con un elenco più abbordabile. Gli consigliò poi di leggere soltanto le prime sei pagine del trattato per passare direttamente all'ultimo libro, dove si trovavano le prove che cercava.

Naturalmente, il testo Newtoniano non era certo di facile lettura. Bentley, che di volta in volta aveva nuovi dubbi, continuò a scrivere a Newton chiedendo chiarimenti in merito a questioni più che altro filosofiche, volendo egli portare velocemente a termine il compito affidatogli senza perdersi in dettagli tecnici che non era in grado di padroneggiare. Queste lettere misero Bentley nella condizione di percepire il senso generale della teoria Newtoniana, anche se non aveva le competenze necessarie per comprendere appieno la portata di tale innovazione. Decise quindi, sulla base di queste sue nuove conoscenze, di rovesciare i canoni delle dissertazioni teologiche come si erano viste sin lì. Per la prima volta non ci si affidava più ad argomentazioni puramente speculative o alla presunta autorità degli antichi, come era costume nel medioevo, ma ci si basava su argomentazioni che tutti potevano (almeno in teoria) controllare.

Dedicò le prime sei letture* all'esposizione delle ragioni della fede in una Divinità, ma lasciò per le ultime due l'esposizione delle argomentazioni ricavate dai suoi studi Newtoniani. Egli tentò di dimostrare, sulla base delle deduzioni riguardanti i corpi celesti, in particolar modo i pianeti, che il puro caso non poteva essere responsabile della creazione del mondo, e che era evidente l'intervento di una mente raziocinante. Nel fare questo per prima cosa criticò le teorie cartesiane dei vortici in quanto, implicando un agente di tipo meccanico, toglievano a Dio la necessità di intervenire nel regolare i moto celesti. In secondo luogo, vista l'attualità del vuoto, discusse quale potesse essere l'agente che faceva gravitare i corpi. Seguendo la raccomandazione di Newton, affermò che tale forza fosse la manifestazione dell'azione divina sul creato, e non una qualità inerente i corpi stessi, che richiamava alla mente le qualità occulte degli scolastici. In seguito basandosi sul perfetto ordine dell'universo, dedusse che questo doveva essere il frutto del progetto di una mente raziocinante, dotata di raffinate conoscenze matematiche. Questa mente non poteva che essere Dio stesso, il quale era intervenuto nella creazione del mondo fissando le leggi che regolano il moto dei corpi celesti, contribuendo poi fattivamente alla loro osservanza.

Un tale approccio, oltre ad essere estremamente moderno, ebbe un influsso enorme nello svolgersi del dibattito filosofico di tutto il secolo seguente. Tutto quadrava, ogni cosa aveva la sua ragion d'essere ed era stata creata a quel modo perché così il creatore aveva ritenuto giusto. Ogni cosa nell'universo rifletteva una profonda precisione ed un accurato calcolo che non potevano essere frutto del caso. E questa parrebbe anche l'opinione di Newton, il quale in altri luoghi era poco incline a tale ipotesi.

Ora, per essere precisi, dobbiamo dire che questo scritto si inserisce in un contesto della vita di Newton che lo vedeva impegnato sotto il profilo politico più che dal lato scientifico. Non ci è dato sapere perché Newton, così poco incline alle corrispondenze, abbia dedicato tempo ad un progetto al quale non era molto interessato. A quanto pare però anch'egli partecipò alla nomina di Bentley per questo incarico. Non si può escludere che tale lavoro fosse utile più dal punto di vista dei rapporti politici che sotto il profilo scientifico; tale valenza però è molto difficile, se non impossibile, da provare.

Sta di fatto però che il successo delle letture fu enorme e il loro influsso si fece sentire per molto tempo. E' curioso notare però che, oltre tre secoli dopo, gli stessi argomenti, o meglio la stessa filosofia, che tanto elegantemente Bentley usò per dimostrare l'esistenza di Dio, fungono da base per il sostanziale ateismo della scienza moderna.

Le quattro lettere proposte contengono la sostanza del discorso di Bentley, e quindi si possono considerare, oltre ad una piccola finestra sulla personalità di Newton, un prototipo della divulgazione che in seguito venne fatta della sua filosofia.

* Gli otto testi in oggetto vennero effettivamente letti al pubblico dal pulpito di una chiesa da parte di Bentley in persona.

Nota - Queste lettere, a quanto mi risulta, non sono mai state tradotte integralmente in italiano. Ne viene dato qualche brevissimo stralcio in Newton, di R. Westfall, Einaudi, Torino, 1989. I loro testi completi, pubblicati per la prima volta nel 1756, possono essere reperiti in lingua originale in: ISAAC NEWTON'S Papers and Letters On Natural Philosophy and Related Documents, a cura di I. B. Cohen, Harvard University Press, 1978, pagg. 279-312. Il testo presenta una ristampa anastatica di "Four Letters from Sir Isaac Newton to Richard Bentley, containing some arguments in proof of a Deity", stampate da R. e J. Dodsley, Pall-Mall, Londra, 1761. Nello stesso libro si possono trovare anche le ultime tre letture di Bentley contro l'ateismo, quelle direttamente influenzate dalla corrispondenza con Newton.
 
 


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[Una presentazione dell'autore si trova nel numero 3 di Episteme]

sigfridooffeso@libero.it
 
 


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Lettera I

Al reverendo Dr. Richard Bentley, al vescovado di Worchester in Parkstreet, Westminster.

Signore,

quando scrissi il mio Trattato sul nostro Sistema, tenevo in considerazione tali Principi per come potessero essere applicati considerando gli Uomini in qualità di Fedeli in una Divinità, e nulla può rallegrarmi più che il trovarli utili per tale proposito. Ma se in questo modo ho fatto qualche Servizio al Pubblico, non è dovuto ad altro che all'Industriosità e alla paziente Riflessione.

Come nella vostra prima Questione, mi sembra che, se tutta la Materia del nostro Sole e dei Pianeti, e tutta la Materia dell'Universo, fosse uniformemente sparsa attraverso tutto il Firmamento, e ogni Particella avesse una innata Gravità verso tutto il resto, e l'intero Spazio attraverso il quale questa Materia fu diffusa era finito, la Materia al di fuori di questo Spazio dovrebbe, per la sua Gravità, tendere verso tutta la Materia all'interno, e per conseguenza cadere giù nel mezzo dell'intero Spazio, e là comporre una grande Massa sferica. Ma se la Materia fu uniformemente disposta attraverso uno Spazio infinito, potrebbe non convenire mai in una Massa, ma un po' potrebbe convenire in una Massa e un po' in un'altra, in modo da formare un Numero infinito di grandi Masse, diffuse a grandi Distanze una dall'altra in tutto questo Spazio infinito. E così potrebbero essersi formati il Sole e le Stelle fisse, supponendo che la materia fosse di Natura lucida. Ma come la Materia si divida in due specie, e che Parte di essa, che è adatta a comporre un Corpo splendente, precipiti in una Massa, e formi il Sole, ed il resto, che è adatta a comporre un Corpo opaco, si concentri non in un grande Corpo come la Materia splendente, ma in molti piccoli corpi, o se il Sole all'inizio fosse stato un Corpo opaco come i Pianeti, o i Pianeti Corpi lucidi come il Sole, come egli solo possa essersi cambiato in un Corpo splendente mentre tutti loro continuano ad essere opachi, o tutti loro siano cambiati in opachi, mentre egli rimase immutato, Io non lo credo esplicabile per mere Cause naturali, ma sono costretto ad ascriverlo all'Arbitrio ed al Progetto di un Agente volontario.

La stessa Potenza, naturale o soprannaturale, che pose il Sole al Centro dei sei Pianeti primari, pose Saturno nel Centro degli Orbi dei suoi cinque Pianeti secondari, e Giove nel centro dei suoi quattro Pianeti secondari, e la Terra nel centro dell'Orbe della Luna; e perciò se questa causa fosse stata cieca, senza un Progetto o un Disegno, il Sole dovrebbe essere stato un Corpo dello stesso tipo di Saturno, Giove e la Terra, cioè senza Luce e Calore. Perché [per qual ragione] vi sia un Corpo nel nostro Sistema qualificato a dare Luce e Calore a tutto il resto non conosco Ragione, se non che l'Autore del Sistema lo ha pensato conveniente; e perché non ci sia che un Corpo di questo genere non conosco Ragione, se non che uno era sufficiente a riscaldare ed illuminare tutto il resto. Per quanto riguarda l'ipotesi Cartesiana dei Soli che perdono la loro Luce e poi diventano Comete, e da Comete Pianeti, non può trovare Posto nel mio Sistema, ed è palesemente erronea, poiché è certo che, tutte le volte che ci appaiono, esse discendono nel Sistema dei nostri Pianeti più in basso dell'Orbita di Giove, e qualche volta più in basso dell'Orbita di Venere e Mercurio, ed inoltre non rimangono mai qui ma se ne vanno sempre lontano dal Sole con lo stesso Grado di Moto con il quale si sono avvicinate.

Alla vostra seconda Questione io rispondo, che il Moto che attualmente hanno i Pianeti non potrebbe essere scaturito solo da una qualche Causa naturale, ma fu impresso da un Agente intelligente. Poiché, dal fatto che le Comete discendono nella Regione dei nostri Pianeti, e qui si muovono in tutte le maniere, andando talvolta dalla stessa parte coi Pianeti, talvolta in modo contrario, e talvolta incrociandoli in Piani inclinati rispetto al Piano dell'Eclittica con tutti gli angoli, è chiaro che non c'è Causa naturale che possa fare in modo che tutti i Pianeti, sia primari che secondari, si muovano allo stesso modo e nello stesso Piano, senza alcuna Variazione considerabile: Questo deve essere stato l'Effetto dell'Arbitrio. Né c'è alcuna Causa naturale che possa dare ai Pianeti quegli esatti Gradi di Velocità in Proporzione alle loro Distanze dal Sole ed altri Corpi centrali, che fu indispensabile per fare in modo che essi si muovano in Orbite concentriche attorno a tali Corpi. Se i Pianeti fossero veloci come le Comete, in Proporzione alle loro distanze dal Sole (se lo fossero stati, il loro Moto sarebbe causato dalla Gravità, mentre la Materia, alla prima formazione dei Pianeti, poté cadere dalle più remote Regioni verso il Sole) non si muoverebbero in Orbite concentriche, ma in Orbite eccentriche come quelle delle Comete. Se tutti i Pianeti fossero veloci come Mercurio, o lenti come Saturno o come i suoi Satelliti, o diversamente se fossero le loro varie Velocità più o meno grandi di quello che sono se avessero avuto origine da una causa diversa che la loro Gravità, o fossero state le loro Distanze dal Centro attorno al quale si muovono più o meno grandi di quello che sono con le stesse Velocità, o fossero state più o meno grandi di quello che sono le Quantità di Materia nel Sole, o in Saturno, Giove e la Terra, e per conseguenza [anche] le loro Potenze gravitazionali, i Pianeti primari non potrebbero orbitare attorno al Sole, né i secondari attorno a Saturno, Giove e la Terra, in orbite concentriche come fanno, ma si sarebbero mossi in Iperbole, o Parabole, o in Ellissi molto eccentriche. Perciò fare questo Sistema, con tutti i suoi Moti, richiese una Causa che comprese e comparò assieme le Quantità di Materia nei diversi Corpi del Sole e dei Pianeti e le Potenze gravitazionali che da queste risultano, le diverse Distanze dei Pianeti primari dal Sole e dei secondari da Saturno, Giove e dalla Terra, e le Velocità con le quali questi Pianeti avrebbero orbitato attorno a queste Quantità di Materia nei Corpi centrali; e comparare ed aggiustare tutte queste Cose assieme in una tale Varietà di Corpi, ne fa arguire non essere tale Causa cieca e accidentale, ma molto ben edotta in Meccanica e Geometria.

Alla vostra terza Questione rispondo, che può essere rappresentato che il Sole possa, riscaldando i Pianeti in maniera maggiore più gli sono vicini, causare il loro essere meglio miscelati e più condensati da tale Miscela. Ma quando io considero che la nostra Terra è molto più riscaldata nelle sue Viscere sotto la Crosta esterna da Fermentazioni sotterranee che dal Sole, non vedo perché le Parti interiori di Giove e Saturno non possano essere riscaldate, miscelate e coagulate da queste Fermentazioni come lo è la nostra Terra; e perciò questa varia Densità può avere altre cause che le varie Distanze dei Pianeti dal Sole. E sono confermato in questa Opinione dal considerare che i Pianeti di Giove e Saturno, così come essi sono più rari del resto, così sono vastamente più grandi, e contengono una molto maggiore Quantità di Materia, ed hanno molti Satelliti intorno a loro; le quali Qualificazioni sicuramente non sono sorte dal loro essere posti a così grande Distanza dal Sole, ma piuttosto fu la Causa del perché il Creatore le ha poste a così grande Distanza. Poiché per le loro Potenze Gravitazionali essi disturbano sensibilmente uno i Moti dell'altro, come ho trovato grazie a qualcuna delle ultime Osservazioni di Mr. Flamsteed, e se fossero stati posti molto più vicino al Sole ed uno all'altro, essi avrebbero causato, per la stessa Potenza, un considerevole Disturbo in tutto il Sistema.

Alla vostra quarta Questione rispondo che, nella Ipotesi dei Vortici, l'Inclinazione dell'asse della Terra potrebbe, nella mia Opinione, essere ascritto alla Situazione del Vortice della Terra prima che fosse assorbito dai Vortici circostanti, e la Terra cambiata da un Sole ad una Cometa, ma questa inclinazione dovrebbe decrescere costantemente in Conformità col Moto del Vortice della Terra, il cui Asse è molto meno inclinato sull'Eclittica, come appare dal Moto della Luna che vi è portata dentro. [Anche] Se il Sole coi suoi Raggi possa trasportare in giro i Pianeti, ancora non vedo come possa in tal modo effettuare i loro Moti diurni.

Infine, non vedo nulla di straordinario nell'Inclinazione del Asse Terrestre per provare [l'esistenza] di una Divinità, senza che Voi l'accampiate come espediente per l'Inverno e l'Estate, e per rendere la Terra abitabile tra i Poli; e che le Rotazioni diurne del Sole e dei Pianeti, [così] come difficilmente possono sorgere da una qualche Causa puramente meccanica, in modo da essere tutti determinati allo stesso modo con i Moti annuali e mensili, sembrano allestire tale Armonia nel Sistema che, come ho spiegato sopra, fu l'Effetto della Scelta piuttosto che del Caso.

C'è ancora un Argomento a favore di una Divinità, il quale io considero sia di quelli forti, ma i Principi sui quali è fondato sono male accetti, [e] penso sia consigliabile lasciarlo quieto.

Io sono il suo più umile Servitore, per obbedire

Is. Newton. Cambridge 10 Dicembre 1692.
 
 



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Lettera II

Per Mr. BENTLEY, al Palazzo a WORCHESTER.

Signore,

sono d'accordo con voi che se la Materia uniformemente diffusa attraverso uno Spazio finito, non sferico, cadesse in una Massa solida, questa Massa dovrebbe simulare la Figura dell'intero Spazio, purché [la materia] non sia stata soffice, come il vecchio Caos, ma così solida e dura fin dall'Inizio, che il Peso delle sue Parti protuberanti non potesse farla cedere alla loro Pressione. Inoltre, per i Terremoti, perdendo le Parti di questo Solido, le Protuberanze possono a volte penetrare un poco per il loro Peso, e perciò la Massa può, per Gradi, avvicinarsi ad una Figura sferica.

La Ragione del perché la Materia uniformemente diffusa in uno Spazio finito dovrebbe convenire nel centro la concepite alla stessa mia maniera, ma che ci possa essere una Particella centrale, così accuratamente posta nel mezzo in modo da essere sempre egualmente attratta da tutti i lati, e perciò perseverare senza Moto, mi sembra una Supposizione altrettanto ardita che fare in modo che il più appuntito Ago stia in piedi sulla sua Punta sopra uno Specchio. Poiché se l'autentico Centro matematico della Particella centrale non è accuratamente nell'autentico Centro matematico della Potenza attrattiva dell'intera Massa, la Particella non sarà egualmente attratta da tutte le Parti. E molto più arduo è supporre che tutte le Particelle in uno Spazio infinito possano essere così accuratamente poste l'una rispetto all'altra da stare ancora in perfetto Equilibrio. Poiché io reputo questo altrettanto arduo che fare in modo che non solo un Ago, ma un numero infinito di loro (tanti quante sono le Particelle in uno Spazio infinito) stiano accuratamente posti sopra le loro Punte. Comunque lo riconosco possibile, almeno da una Potenza divina; e se fossero posizionate una volta per tutte, sono d'accordo con voi che esse continuerebbero in tale Postura senza Moto per sempre, se non sono messe in Moto dalla stessa Potenza. Perciò, quando dissi che la Materia uniformemente sparsa per tutto lo Spazio dovrebbe convenire per la sua Gravità in una o più grandi Masse, io intendevo di Materia che non riposa in una posizione accurata.

Ma voi arguite nel paragrafo seguente della vostra Lettera, che ogni Particella di Materia in uno Spazio infinito ha una infinita Quantità di Materia da ogni lato, e per conseguenza una Attrazione infinita da ogni parte, e perciò deve restare in Equilibrio, poiché tutti gli Infiniti sono eguali. Ancora voi sospettate un Paralogismo in questo Argomento, ed io concepisco il Paralogismo giacere nella Posizione che tutti gli Infiniti sono eguali. La generalità del Genere Umano considera gli Infiniti non diversamente dagli indefiniti, ed in questo Senso dicono che tutti gli Infiniti sono eguali, anche se parlerebbero più propriamente se dicessero che essi non sono né eguali né ineguali, né hanno una certa Differenza o Proporzione uno all'altro. In questo Senso perciò nessuna Conclusione può da loro essere tratta sulle Eguaglianze, Proporzioni o Differenze delle Cose, e coloro che tentano di farlo, usualmente cadono in Paralogismo. Così [accade] quando gli Uomini argomentano contro l'infinita Divisibilità della Grandezza, dicendo che se un Pollice può essere diviso in un infinito Numero di Parti la Somma di queste Parti sarà un Pollice, e se un Piede può essere diviso in un Numero infinito di Parti la Somma di queste Parti deve essere un Piede, e perciò, dal fatto che tutti gli Infiniti sono eguali, queste Somme devono essere eguali, cioè, un Pollice è eguale ad un Piede.

La Falsità della Conclusione mostra un Errore nelle Premesse, e l'Errore giace nella Posizione che tutti gli Infiniti sono eguali. C'è perciò un altro modo di considerare gli Infiniti usati dai Matematici, e cioè, sotto certe definite Restrizioni e Limitazioni per mezzo delle quali gli Infiniti sono determinati avere certe Differenze o Proporzioni uno all'altro. Così il dott. Wallis li considera nella sua Arithmetica Infinitorum, dove attraverso le varie Proporzioni di Somme infinite egli ha colto le varie Proporzioni tra Grandezze infinite: Il qual modo di argomentare è generalmente autorizzato dai Matematici, ed ancora non sarebbe buono nel caso tutti gli Infiniti fossero eguali. In accordo con la stessa maniera di considerare gli Infiniti un Matematico vi direbbe che, nonostante che ci sia un infinito Numero di piccole Parti in un Pollice, comunque c'è dodici volte il Numero di tali Parti in un Piede, cioè, l'infinito Numero di queste Parti in un Piede non è eguale, ma dodici Volte più grande, l'infinito Numero di essi in un Pollice. E così un Matematico vi dirà, che se un Corpo stesse in Equilibrio tra due Forze attrattive infinite qualsiasi eguali e contrarie, e se ad entrambe queste due Forze si aggiunge una qualche forza attrattiva, questa nuova Forza, per quanto piccola sia, distruggerà il loro Equilibrio, e porrà il Corpo nello stesso Moto in cui lo metterebbe se queste due Forze contrarie fossero finite, o se non ci fossero; così che in questo Caso i due Infiniti, per Addizione di un Finito ad entrambi, diventano ineguali nel nostro modo di Ragionare; e dopo queste cose dobbiamo meditare, se dalla Considerazione degli Infiniti noi potessimo sempre tracciare Conclusioni vere.

All'ultima Parte della vostra Lettera Io rispondo, Prima, che se la Terra (senza la Luna) fosse posta da qualunque parte col suo Centro nell'Orbis Magnus, e stesse ancora là senza alcuna Gravitazione o Proiezione, e là le fosse infusa, tutto in una volta, sia Energia gravitazionale verso il Sole sia un Impulso trasversale della giusta Quantità per muoverla direttamente per una Tangente all'Orbis Magnus, la Composizione di questa Attrazione e di questa Proiezione potrebbe, in accordo alla mia Nozione, causare una Rivoluzione circolare della Terra attorno al Sole. Ma l'Impulso trasversale deve essere della giusta Quantità, poiché, se fosse troppo piccolo o troppo grande, farebbe in modo che la Terra muova in qualche altra Linea. In secodo luogo non conosco alcuna Potenza in Natura che possa causare questo Moto trasversale senza il Braccio divino. Blondell ci dice in qualche parte del suo Libro sulle Bombe, che Platone afferma che il Moto dei Pianeti è tale come se tutti loro fossero stati creati da Dio in qualche Regione molto remota dal nostro Sistema, e che quindi siano stati fatti cadere da lì verso il Sole, e nel momento in cui arrivarono alle loro diverse Orbite, il loro Moto di caduta venne cambiato in un moto trasversale. E questo è vero supponendo che la Potenza gravitazionale del Sole fosse doppia a quel Momento di Tempo nel quale tutti loro arrivarono nelle loro diverse Orbite; ma allora la Potenza divina è qui richiesta in modo duplice, ovvero, cambiare il Moto di discesa dei Pianeti in caduta in un Moto laterale, ed allo stesso tempo duplicare la potenza attrattiva del Sole. Così allora la Gravità può porre i Pianeti in Moto, ma senza la Potenza divina non potrebbe mai metterli in un tale Moto di circolazione come essi hanno intorno al Sole; e perciò, per questo, così come per altre Ragioni, sono costretto ad ascrivere la Struttura di questo Sistema ad un Agente intelligente.

Voi qualche volta parlate della Gravità come essenziale ed inerente alla Materia. [Vi] Prego di non ascrivere tale Nozione a me, poiché la Causa della Gravità è ciò che non fingo di sapere, e perciò dovrei impiegare più Tempo per meditarvi su.

Temo che quello che ho detto degli Infiniti vi sembrerà oscuro, ma è abbastanza se comprendete che gli Infiniti, quando considerati assolutamente senza alcuna Restrizione o Limitazione, non sono né eguali né diseguali, né hanno una certa proporzione uno all'altro, e perciò il Principio che tutti gli Infiniti sono eguali, è precario.

Sir, Io sono il vostro più umile Servitore.

Trinity College

Jan. 17, 1692-93

Is. Newton
 
 



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Lettera III

Per Mr. Bentley, al Palazzo di Worcester.

Signore,

poiché voi desiderate la Velocità risponderò alla vostra Lettera il più Celermente possibile. Nelle sei Posizioni che voi fate all'inizio della vostra Lettera, Sono d'accordo con voi. La vostra assunzione che l'Orbis Magnus sia ampio 7000 Diametri della Terra implica la Parallasse orizzontale del Sole essere mezzo Minuto [di grado]. Flamsteed e Cassini l'hanno ultimamente osservata essere attorno a 10'', e così l'Orbis Magnus deve essere ampio 21000, o un Numero attorno a 20000, Diametri della Terra. Entrambi i Calcoli io penso risulteranno buoni, ed io penso non sia necessario alterare i vostri Numeri.

Nella Parte seguente della vostra Lettera voi ponete quattro altre Posizioni, fondate sulle prime sei. La prima di queste quattro appare alquanto evidente, supponendo voi prendiate l'Attrazione in modo così generale da comprendere ogni Forza per mezzo della quale Corpi distanti si sforzano di divenire assieme senza Impulso meccanico. La seconda non appare così chiara, poiché potrebbe essere detto, che potrebbero esserci stati altri Sistemi di Mondi prima dei presenti, ed altri prima di questi, e così via per tutta la passata Eternità, e per conseguenza, che la Gravità può essere co-eterna alla Materia, ed avere lo stesso Effetto da tutta l'Eternità come al presente, senza che voi abbiate provato che i vecchi Sistemi non possono gradualmente passare a nuovi; o che questo Sistema non ha la sua Origine dalla Materia esalata dai decadimenti dei precedenti Sistemi, ma dal Caos di Materia uniformemente dispersa attraverso tutto lo Spazio, poiché qualcosa di questo Tipo, Io penso, voi dite sia il Soggetto del vostro sesto Sermone; e la Crescita di nuovi Sistemi dai vecchi senza la Mediazione di una Potenza divina, mi sembra apparentemente assurda.

L'ultima Proposizione della seconda Posizione mi piace molto. E' inconcepibile che la bruta Materia inanimata possa, senza la Mediazione di qualcos'altro che non è materiale, operare su, ed influenzare, altra Materia senza mutuo Contatto, come deve essere se la Gravitazione nel senso di Epicuro, fosse essenziale ed inerente in lei. E questa è una Ragione del perché Io desidero che voi non ascriviate la Gravità innata a me. Che la Gravità debba essere innata, inerente ed essenziale alla Materia, così che un Corpo possa agire sopra un altro a Distanza attraverso il Vuoto, senza la Mediazione di niente altro per, e attraverso il quale, la loro Azione e Forza possa essere convogliata da uno all'altro, è per me una tale Assurdità, che io credo che nessun Uomo che abbia una competente Facoltà di pensare in Materie Filosofiche, possa mai cadere in essa. La Gravità deve essere causata da una Agente che agisce costantemente in accordo a certe Leggi, ma che questo Agente sia materiale o immateriale, l'ho lasciato alla Considerazione del mio Lettore.

La vostra quarta Asserzione, che il Mondo non possa essere formato da Gravità innata solamente, voi lo confermate con tre Argomenti. Ma nel vostro primo Argomento voi sembrate fare una Petitio Principii, poiché, mentre molti Filosofi antichi, ed altri, come i Teisti e gli Atei, hanno tutti ritenuto ammissibile che ci potessero essere Mondi ed Agglomerati di Materia innumerabile o infinita, voi negate questo, rappresentandolo tanto assurdo quanto il fatto che possa positivamente esistere una Somma aritmetica o Numero infiniti, che è una contraddizione in Terminis, ma voi non lo provate assurdo. Né voi provate, che quello che gli Uomini intendono con Somma o Numero infinito è una Contraddizione in Natura, poiché una Contraddizione in Terminis implica niente più che Improprietà di Discorso. Queste cose che gli Uomini intendono per Espressioni improprie e contraddittorie, possono talvolta esistere realmente in Natura senza alcuna Contraddizione: un Calamaio d'Argento, una Pietra Smerigliatrice di Ferro, sono Frasi assurde benché le Cose significate con ciò sono reali in Natura. Se ogni Uomo può dire che un Numero ed una Somma, per parlare propriamente, sono ciò che può essere numerato e sommato, ma le Cose infinite sono senza numero, o, come diciamo usualmente, innumerabili e senza somma, o insommabili, e perciò non dovrebbero essere chiamate Numeri o Somme, egli parlerà sufficientemente propriamente, ed il vostro argomento contro di esso avrà, Io temo, perso la sua Forza. Ed ancora, se qualche Uomo prendesse le Parole Numero e Somma in un Senso più largo, così da capire con quelle le Cose che nel modo proprio di parlare sono senza numero e senza somma (come voi sembrate fare quando ammettete un Numero infinito di Punti in una Linea) Io potrei prontamente autorizzarlo all'Uso delle Frasi contraddittorie di Numero innumerabile, o Somma senza somma, senza inferire da questo alcuna Assurdità nella Cosa che intende con queste Frasi. Comunque, se per questo, o qualsiasi altro Argomento, voi avete provato la Finitezza dell'Universo, ne segue, che tutta la Materia dovrebbe cadere dall'Esterno, e convenire nel Mezzo. Ancora, la Materia in caduta potrebbe solidificarsi in molte Masse rotonde, come i Corpi dei Pianeti, e questi, attraendosi l'un l'altro, potrebbero acquisire una Obliquità di Discesa, per mezzo della quale essi potrebbero cadere non sopra il grande Corpo centrale, ma sul suo Fianco, e descrivere un Arco attorno [ad esso], e quindi ascendere di nuovo per gli stessi Passi e Gradi di Moto e Velocità con i quali essi sono discesi prima, in Modo molto simile alle Comete che revolvono attorno a Sole; ma essi non potrebbero mai acquisire un Moto circolare attorno al Sole in Orbite concentriche solo per mezzo della Gravità.

E benché tutta la Materia fosse divisa all'inizio in diversi Sistemi, ed ogni Sistema, per una Potenza divina, costituito come il nostro, ancora dovrebbero i Sistemi Esterni discendere verso il più Centrale, così che questo Sistema di Cose non possa sempre sussistere senza una Potenza Divina per conservarlo, che è il secondo Argomento, e alla vostra terza Io assento pienamente.

Come per il Passaggio di Platone, non c'è Posto comune dal quale tutti i Pianeti essendo lasciati cadere, e discendendo con Gravità uniforme ed eguale (come Galileo suppone) dovrebbero, al loro Arrivo nelle loro diverse Orbite, acquisire le loro diverse Velocità con le quali essi ora revolvono in esse. Se supponiamo la Gravità di tutti i Pianeti verso il Sole essere della Quantità che realmente è, e che i Moti dei Pianeti siano cambiati verso l'alto, ogni Pianeta ascenderà a due volte la sua Altezza dal Sole. Saturno ascenderà finché sarà due volte così alto dal Sole di quello che è al presente e non più alto, Giove ascenderà di nuovo così alto come al presente, cioè, un poco sopra l'Orbe di Saturno, Mercurio ascenderà a due volte la sua Altezza presente, cioè, fino all'Orbe di Venere, e così via del resto; e poi, cadendo giù di nuovo dai Luoghi ai quali erano ascesi, arriveranno di nuovo alle loro diverse Orbite con le stesse Velocità che avevano in principio, e con le quali ora revolvono.

Ma se nello stesso momento nel quale i Moti con i quali essi revolvono sono cambiati verso l'alto, la Potenza gravitazionale del Sole per la quale essi Ascendono è perpetuamente ritardata, essendo diminuita di una metà, essi ora ascenderanno perpetuamente, e tutti loro, a tutte le eguali Distanze dal Sole, saranno egualmente veloci. Mercurio, quando arriva all'Orbita di Venere, sarà veloce come Venere; e lui e Venere, quando arrivano all'Orbita della Terra, saranno veloci come la Terra, e così via per il resto. Se essi cominciano ad ascendere tutti in una volta, ed ascendere nella stessa Linea, essi diventeranno costantemente, nell'ascendere, sempre più vicini tra loro, ed i loro Moti s'approcceranno costantemente all'Eguaglianza, e diventeranno alla lunga più lenti di ogni assegnabile Moto. Supponiamo perciò che essi ascesero finché furono abbastanza contigui, ed i loro Moti inconsiderabilmente piccoli, e tutti i loro Moti fossero allo stesso Momento di Tempo cambiati indietro di nuovo, o, il che diventa quasi la stessa Cosa, che essi fossero solo deprivati dei loro Moti, e a quel Tempo lasciati cadere: essi dovettero tutto in uno arrivare alle loro diverse Orbite, ciascuno con la Velocità che avevano all'inizio; e se i loro Moti fossero allora cambiati Lateralmente, ed allo stesso Tempo la Potenza di gravitare del Sole raddoppiata, in modo da essere forte abbastanza a trattenerli nelle loro Orbite, essi dovrebbero revolvere in esse prima della loro Ascesa. Ma se la Potenza di gravitare del Sole non fosse raddoppiata, essi andrebbero via dalle loro Orbite nei Cieli più alti in Linee paraboliche. Queste Cose seguono dai miei Principia math. Lib. I Prop. 33, 34, 36, 37.

Vi ringrazio molto calorosamente per il vostro Regalo presente, e per il resto

Il vostro più umile servitore, per servirla

Is. Newton

Cambridge Feb. 25 1692-93.
 
 



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Lettera IV

A Mr. Bentley , al Palazzo a Worchester.

Signore,

l'Ipotesi di derivare la Struttura del Mondo dalla Materia uniformemente sparsa attraverso i Cieli con Principi meccanici, essendo inconsistente col mio Sistema, l'ho considerato molto poco prima che la vostra lettera mi ci mettesse sopra, e perciò vi tormento con una Linea o due in più attorno a ciò, se questo non viene troppo tardi per il vostro Uso.

Nella mia precedente [lettera] ho rappresentato che Le Rotazioni diurne dei Pianeti potrebbero non essere derivate dalla Gravità, ma avere richiesto il Braccio divino ad imprimerle. E benché la Gravità potrebbe dare ai Pianeti un Movimento di Discesa verso il Sole, sia direttamente sia con qualche piccola Obliquità, ancora il Moto trasverso attraverso il quale essi revolvono nelle loro diverse Orbite, richiede il Braccio divino ad imprimerlo loro in accordo alla Tangente alle loro Orbite. Io vorrei ora aggiungere, che la Ipotesi che la Materia fosse all'inizio uniformemente sparsa attraverso i Cieli è, nella mia Opinione, inconsistente con la Ipotesi della Gravità innata, senza una Potenza soprannaturale a riconciliarle, e perciò inferisce una Divinità. Poiché, se ci fosse una Gravità innata, sarebbe impossibile ora per la Materia della Terra e di tutti i Pianeti e le Stelle volare via da essi, e [ri]diventare uniformemente sparsa attraverso tutti i Cieli senza una Potenza soprannaturale; e certamente ciò che non è successo prima senza una Potenza supernaturale non potrà mai avvenire in futuro senza la stessa Potenza.

Voi avete richiesto se la Materia uniformemente sparsa attraverso uno Spazio finito, di qualche altra Figura che quella sferica non dovrebbe, nel cadere verso un Corpo centrale, fare in modo che tale Corpo centrale sia della stessa Figura dell'intero Spazio, e io ho risposto 'Sì'. Ma nella mia Risposta è da supporre che la Materia discenda direttamente in basso verso tale Corpo, e che tale Corpo non abbia Rotazione diurna.

Questo Signore, è tutto quello che avevo da aggiungere alle mie Lettere precedenti.

Il vostro più umile Servitore

Is. Newton

Cambridge Feb. 11 1693.