Il mosaico pavimentale della cattedrale di Otranto

L'ultimo oltraggio di un monaco gnostico?

(Sabato Scala)





Introduzione

Col presente lavoro volevo sottoporre al paziente lettore una serie di riflessioni suggeritemi da un interessante quadernetto, gentile omaggio dell'amico Francesco Corona*, dedicato ad uno dei più misteriosi monumenti del nostro patrimonio storico-artistico: il mosaico pavimentale della cattedrale di Otranto (vedi le due immagini all'inizio e alla fine). L'opera fu realizzata tra 1163 ed il 1165 da un monaco dell'Abbazia di S. Nicola di Casole in Otranto: Pantaleone, il cui nome appare nella parte inferiore del mosaico in corrispondenza dell'entrata principale della cattedrale. Le immagini riportate danno solo una vaga idea della grandiosità di quest'opera, che si estende per oltre 16 metri coprendo interamente il pavimento della cattedrale. L'immagine centrale attorno cui ruota l'opera è un maestoso albero che, partendo dalla porta situata nella parte inferiore del mosaico, giunge quasi fin sotto al presbiterio. Fino ad oggi si pensava, che questo simbolo inusuale per dimensioni e centralità nell'opera, rappresentasse l'Albero della Vita, ma decifrare il mosaico è stato, da sempre, un intricato enigma privo di soluzioni credibili. Quella che voglio proporre è, credo, una chiave di lettura che collega insieme in maniera limpida le principali ed enigmatiche rappresentazioni figurative contenute nell'opera.

Una panoramica

Il primo dilemma che ci si trova di fronte è dovuto alla totale assenza di riferimenti neotestamentari, e la cosa è, a dir poco, inusuale per una chiesa cristiana. Le raffigurazioni sono, per lo più, tratte dall'antico testamento, ma svariati simboli e immagini appaiono, ad una prima analisi superficiale, totalmente fuori contesto: vediamone qualche esempio. Il presbiterio, ove è rappresentata, appunto, la cacciata dal paradiso terrestre di Adamo ed Eva, ospita la prima presenza inspiegabile: re Artù, raffigurato in groppa ad un caprone mentre impugna uno scettro stranamente curvo. Che si tratti di Re Artù non v'è dubbio data la presenza di una dicitura in bell'evidenza.
 
 










Sulla punta dell'albero, collocata proprio sotto la cupola della chiesa, e quindi al centro tra le navate laterali subito sotto il presbiterio, è avvolto il serpente simbolo del demonio posto tra le figure di Adamo ed Eva. Inutile dire che la collocazione appare, quantomeno, provocatoria.

Scendendo in basso si incontra la raffigurazione dei dodici mesi dell'anno e ancora più sotto troviamo una vasta rappresentazione del diluvio universale. La scena va letta da sinistra a destra e mostra l'ordine impartito da Dio a Mosè, raffigurato dalla mano di Dio, fino alla costruzione dell'Arca, ed alla salita degli animali sulla imbarcazione.
 
 










In questa sommaria analisi delle rappresentazioni musive, stiamo seguendo un percorso di lettura inverso a quello che si sarebbe portati ad utilizzare. Partiamo infatti dal presbiterio e muoviamoci verso la porta della cattedrale (come avremo occasione di mostrare, e come è stato osservato nel volumetto citato, il mosaico va letto proprio in questo modo): ci imbattiamo subito nell'episodio della costruzione della Torre di Babele. La dimensione dell'immagine e la sua posizione in chiara evidenza, ci spingono a credere che Pantaleone abbia voluto attribuire ad essa un particolare significato che va oltre quello puramente narrativo. A rendere ancora più intricata la decifrazione della simbologia, interviene uno stranissimo leone dotato di quattro corpi connessi ad un'unica testa. In posizione simmetrica troviamo un'altra inspiegabile presenza che ci segnala, se ancora ve ne fosse stato bisogno, che la chiave di lettura del mosaico non è né quella veterotestamentaria, né quella cronologica: Alessandro Magno.
 
 

Il mosaico e la cabala

La prima prospettiva interpretativa dell'opera del monaco Pantaleone è quella cabalistica. La corrispondenza posizionale tra raffigurazioni principali del mosaico e le Sefirot della Cabala non lascia dubbi sulla volontà del monaco, di segnalare questa interpretazione come canale privilegiato d'interpretazione. Vediamo in dettaglio la sequenza dei paralleli. Partiamo dai simboli cabalistici espliciti. La contrapposizione che troviamo nella parte inferiore del mosaico tra il leone con quattro corpi ed Alessandro Magno ha un omologo evidente nelle Sefirot inferiori: lo Splendore (il leone con volto solare) e la Vittoria (l'invincibile Alessandro Magno). Di pari evidenza è il parallelo tra le Sefirot centrali della cabala e la parte centrale del mosaico. Il Rigore (Severità) è rappresentata dalla punizione divina e dall'ordine dato a Mosè da Dio (la mano che appare a sinistra). La Pietà, invece, contrapposta al Rigore, è indicata attraverso la raffigurazione dell'Arca. Nella parte superiore del mosaico, l'Intelligenza è raffigurata con l'albero della vita e quello del bene e del male, di fronte a cui si pone la scelta di Adamo. Il suo desiderio di conoscenza razionale lo porta alla scelta sbagliata: quella semplicistica e quindi alla scelta dell'albero del bene e del male anziché di quello della vita.
 
 










Su questo particolare aspetto torneremo approfonditamente in seguito. All'intelligenza è contrapposta la Saggezza (Intuizione), che viene raffigurata con Re Artù ed il gatto con gli stivali. Infine la Corona raffigurata con la cosmogenesi nella parte superiore del mosaico, rappresenta il mistero, l'illuminazione ed il massimo livello di conoscenza.

I due alberi

La Cabala è tradizionalmente indicata anche con il termine Albero della Vita. Essa, ben lontana dai tradizionali pregiudizi che ne danno un'interpretazione puramente magica, rappresenta, in realtà, la chiave di lettura unica degli episodi biblici e rivela il progetto di redenzione e di amore di Dio verso l'uomo. La cabala sintetizza il percorso sapienziale che l'uomo deve compiere per giungere a Dio. Essa ha un legame stretto con gli alberi del paradiso raffigurati nell'opera musiva. Privata, come appare nel mosaico, delle Sefirot connesse al ramo centrale, sostituito dal grande albero, rappresenta l'albero del bene e del male. Le Sefirot laterali, non mediate dalle due Sefirot della Consapevolezza e della Meditazione (la Bellezza e la Conoscenza), diviene strumento di perdizione, di eterna scissione e eterna oscillazione tra il bene ed il male. Pantaleone ci vuole suggerire in maniera esplicita questo significato, raffigurando entrambi gli alberi nel paradiso e la scelta di Adamo che privilegia quello privo di tronco, l'albero del bene e del male, aprendo così il corso alla storia ed alla schiavitù dello spazio-tempo raffigurato con i dodici mesi.

Le 5 dimensioni

Il significato ora esposto è solo introduttivo. Pantaleone espone, in questo modo, il problema stesso della vita, ma vedremo come, a questo problema, il monaco propone una soluzione originale e descritta in dettaglio nell'opera musiva. Prima di tutto va osservato che, un'altra delle possibili interpretazioni della cabala, è quella multidimensionale. In sintesi la cabala rappresenta una struttura multidimensionale, che alle dimensioni note all'uomo: la coppia spazio-tempo, aggiunge la dimensione della consapevolezza raffigurata dal ramo centrale. Lo spazio-tempo nasce, nell'interpretazione cabalistica, dalla contrapposizione tra le colonne laterali della cabala private del tronco (la Consapevolezza). La scelta di Adamo vincolò l'uomo alla schiavitù dello spazio-tempo, rappresentato, per questo motivo, subito sotto la cacciata dal paradiso con i dodici mesi (il tempo), e le attività dell'uomo per ciascuno di essi (lo spazio). Fin qui ci muoviamo ancora nell'ambito della descrizione del problema, ma siamo lontani dalla soluzione che Pantaleone propone.

L'immagine del frate

Corona fa notare, che il monaco Pantaleone s'è rappresentato tra i dodici anelli che si trovano sotto il presbiterio (secondo a destra a partire dall'alto).
 
 










Il frate guarda un unicorno e si è collocato in un cerchio sulla cui corona sono rappresentati una serie di piccoli cerchi: tra essi, però, ne manca uno. Il cerchio mancante sembra essere quello che il monaco ha collocato all'interno della stella a 5 punte che sovrasta il cavallo. L'autore del volumetto citato pensa che Pantaleone stia guardando il simbolo della conoscenza (l'unicorno) e che abbia identificato il suo livello spirituale (nella scala tipica della conoscenza indiana) segnalandolo con l'anello mancante posto, appunto, nella stella .Forse Corona ha colto solo uno degli aspetti del mosaico avvicinandosi ad una verità che va ben oltre.

La chiave gnostica

In un brano tratto dal Bestiario Divino (testo del tredicesimo secolo) l'unicorno viene associato al Vangelo di Verità, un documento gnostico Valentiniano sconosciuto fino al 1945 e ritrovato, insieme ad altri 3 sconosciuti Vangeli: il Vangelo di Filippo, il Vangelo di Tommaso e quello di Maria, a Nag Hammadi. Nel Bestiario Divino si legge:

"L'unicorno possiede un sol corno nel mezzo della fronte. Esso è il solo animale che può vincere l'attacco dell'elefante; … L'unicorno rappresenta Gesù Cristo. Che acquista su di sé la sua natura nel grembo della vergine, che fu tradito dai giudei e consegnato nella mani di Ponzio Pilato. Il suo unico corno simboleggia il Vangelo di Verità…" (Le Bestiaire Divin, di Guillaume, Clerc de Normandie [13th century]).

E' possibile che questo sia il senso dell'autoritratto di Pantaleone? La data di stesura presunta del Bestiario Divino è certamente, compatibile con quella di composizione del mosaico. E' possibile che i testi gnostici di Nag Hammadi fossero patrimonio anche della biblioteca dell'Abbazia di Casole?

Il Vangelo di Filippo ed il senso dell'albero nel pensiero gnostico

Alcuni brani tratti dalla sensazionale scoperta di Nag Hammadi sembrano mirabilmente vicini ai simboli utilizzati da Pantaleone e, probabilmente, offrono quella soluzione al problema della vita, che abbiamo delineato in precedenza. Nel Vangelo di Filippo si legge infatti:

"Giuseppe il falegname ha piantato un giardino, perché aveva bisogno di legna per il suo mestiere. E' lui che ha costruito la Croce con gli alberi che ha piantato. Il suo seme è stato Gesù, la Croce la sua pianta" (ver.91).

La croce è, quindi, l'albero su cui è morto Gesù, che è anche strumento di conoscenza e simbolo della conoscenza stessa. A riprova, sempre nello stesso testo si legge:

"Ci sono due alberi in mezzo al Paradiso: uno produce animali, l'altro produce uomini. Adamo ha mangiato dell'albero che produce animali ed è diventato animale ed ha generato animali. Per questo i figli di Adamo venerano dèi che hanno forma di animali. L'albero di cui Adamo ha mangiato i frutti è l'albero della conoscenza. Per questo i peccati sono divenuti numerosi. Se egli avesse mangiato dell'altro albero, i frutti dell'albero della vita, che produce uomini, gli dèi venererebbero l'uomo. Ma l'albero della vita è in mezzo al Paradiso, e anche l'ulivo, da cui viene il crisma, grazie al quale la resurrezione" (ver.92).

C'è in questo testo un interessantissimo filo che connette:

Il ponte tra questi elementi è presente solo nel Vangelo di Filippo ed in parte introdotto nei principi generali del Vangelo di Verità. In quest'ottica non meraviglia affatto che il monaco si sia posto di fronte al simbolo di Gesù (l'Unicorno) ed al Vangelo di Verità, il corno che ha sulla fronte.

Può essere questa la chiave interpretativa e la soluzione indicata dal monaco alla schiavitù indotta dall'errore di Adamo? Che questa sia la soluzione al dilemma che Pantaleone si pone nel mosaico è chiaramente indicato sempre dal Vangelo di Filippo, in cui si legge:

"Dio ha piantato un Paradiso. L'uomo viveva nel Paradiso. C'era unità e non c'era separazione [...] Beati gli uomini che in esso non desidereranno più separarsi. Questo Paradiso è il luogo in cui mi sarà detto: "Mangia di questo o non mangiare di questo, secondo il tuo desiderio". E' il luogo dove io mangerò di tutto, poiché là c'è l'albero della conoscenza. Lì esso ha ucciso Adamo, qui invece l'albero della conoscenza ha dato la vita all'uomo. La Legge era l'albero. Esso aveva il potere di dare la conoscenza del bene e del male. Ma esso né lo allontanava dal male, né lo stabiliva nel bene, ma ha creato la morte per quelli che ne hanno mangiato. Perché quando ha detto: "Mangia di questo, non mangiare di quello," è stata l'origine della sua morte" (ver.94).

Interessantissima tale visione, che è sbalorditivamente simile a quella che ritroviamo negli scritti dell'apostolo Paolo e che ci spinge a chiederci se sia il pensiero gnostico ad attingere da tali opere o se tale pensiero non preceda quello dell'apostolo, configurandosi come una delle tre anime del cristianesimo primitivo: gnostica, paolina, giudeo-cristiana, ma il discorso ci porterebbe lontanissimo. La separazione del bene dal male e dell'uomo in se stesso, che pervade gli scritti gnostici della biblioteca di Nag Hammadi, è il male denunciato dalla gnosi, che ha, nella Conoscenza ottenuta grazie a Gesù ed alla ricerca personale di Dio e dei misteri del Regno, la sua soluzione.

Se questa è la soluzione proposta da Pantaleone, essa può davvero essere letta nel Mosaico?

L'albero al centro della Chiesa

Sempre nel Vangelo di Filippo si legge:

"Quando Abramo si rallegrò di vedere ciò che stava per vedere, circoncise la carne del suo prepuzio, mostrandoci come sia necessario distruggere la carne e il resto di questo mondo. Finché le loro passioni sono nascoste, rimangono e sono vive; se vengono manifestate, muoiono, secondo l'esempio dell'uomo che è manifesto: finché le viscere dell'uomo sono nascoste, l'uomo vive; se le viscere appaiono e vengono fuori di lui, l'uomo morirà. Così pure è l'albero: finché la sua radice è nascosta, esso fiorisce e cresce; se la radice appare, l'albero secca. Così è per ogni prodotto che è nel mondo, non soltanto per quello che è manifesto, ma anche per quello che è nascosto. Infatti, fintanto che la radice dell'errore è nascosta, esso è forte, ma quando è riconosciuta, esso si dissolve. Questo è il motivo per cui il Logos ha detto: "Già la scure è posta alla radice degli alberi". Essa non sfronderà soltanto "ciò che è sfrondato germoglia di nuovo" ma la scure taglia profondamente finché svelle la radice. E Gesù ha divelto la radice di tutto il luogo; gli altri invece solo in parte. Quanto a noi, ciascuno scavi profondamente fino alla radice dell'errore, che è dentro di lui e lo divelga dal suo cuore fino alla radice. Ed esso invero sarà divelto, quando noi lo riconosceremo. Che se noi siamo ignoranti a suo riguardo, esso affonda in noi le radici e produce i suoi frutti nei nostri cuori. Esso domina su di noi, e noi siamo suoi schiavi. Ci tiene prigionieri, cosicché noi facciamo ciò che non vogliamo, e ciò che vogliamo non lo facciamo. Esso è potente perché noi non lo conosciamo, e finche esiste, esso lavora. L'ignoranza è per noi la madre dell'errore. L'ignoranza è al servizio della morte: ciò che viene dall'ignoranza né è esistito, ne esiste, ne esisterà. Invece coloro che sono nella verità saranno perfetti quando tutta la verità si manifesterà. Perché la verità è come l'ignoranza: quand'è nascosta, riposa in se stessa, ma quando si rivela ed è riconosciuta, viene glorificata, in quanto è più potente dell'ignoranza e dell'errore. Essa dà la libertà. Il Logos ha detto: "Se voi conoscerete la verità, la verità vi farà liberi". L'ignoranza è uno schiavo, la conoscenza è libertà. Se noi riconosceremo la verità, troveremo i frutti della verità in noi stessi. Se ci uniremo con essa, essa produrrà il nostro perfezionamento" (ver.123).

La conoscenza gnostica è un albero tagliato alla radice e Gesù ha tagliato le radici dell'albero dandoci la libertà che è nella conoscenza dell'errore.

Abbiamo seguito il percorso che dalla cima dell'albero posta sotto il presbiterio, intorno a cui è avvolto il serpente, porta verso la porta della cattedrale, vediamo ora la radice dell'albero raffigurata di seguito:
 
 










Si notino i due elefanti che sorreggono l'albero e soprattutto il fatto che l'albero è, in realtà, privo di radice. L'elefante è notoriamente, simbolo della sapienza ed i due elefanti che sorreggono l'albero sono contrassegnati da un cerchio vuoto ed uno contenente un cerchio pieno. Il cerchio rappresenta il serpente e quindi il male e l'altro la pienezza e quindi il bene. Le figure che suonano intorno ai due elefanti sono chiaramente simbolo dell'armonia raggiunta percorrendo l'albero dal presbiterio verso la porta, e non a caso è in questo punto che Pantaleone appone il suo nome.Ma ha un senso il fatto che il nome appaia anche oltre la soglia della porta, all'esterno della Chiesa?

L'eresia del monaco Pantaleone

Abbiamo visto come il percorso dal presbiterio verso la porta della chiesa sia da un lato il problema dell'uomo (la lettura destra e sinistra del mosaico) dall'altro riveli anche la soluzione: il grande albero al centro che è il percorso della conoscenza (Gnosi) Quindi al termine della conoscenza si giunge alla soglia dell'uscita dalla Chiesa Ufficiale. Si arriva alla mediazione equilibrata della conoscenza del bene e del male e quindi alla giusta comprensione armonica degli opposti. Si giunge a quello che nella Cabala è chiamato Regno, che è proprio quello che Gesù segnalava come mèta ai sui discepoli e che è il cuore ed il senso stesso della conoscenza che Gesù declama nel Vangelo di Tommaso. A questo punto si è già fuori la Chiesa (la porta) il luogo dove Pantaleone appone la sua firma e l'anno di costruzione del mosaico.

Ma perché, allora, partire da Artù? Artù non può che richiamare la leggendaria ricerca del Santo Graal, che è, nel mosaico, la conoscenza, la gnosi e quindi il Logos. Re Artù parte alla ricerca della Conoscenza, lì dove è la radice del male: nella violazione di Adamo ed Eva nel paradiso terrestre. Il Graal è l'altro simbolo, nemmeno tanto nascosto, che troviamo nel mosaico. Si noti, infatti, come i due rami in basso, e la base dell'albero, costituita dai due elefanti, disegni una coppa: il Graal appunto. Il mosaico pullula, inoltre, dei tradizionali simboli templari, quali, ad esempio la scacchiera. I templari sono da sempre stati connessi, a torto o a ragione, con le conoscenze misteriche di cui sarebbero stati unici detentori nella Chiesa.

La Chiesa, l'albero e la Croce

Un elemento che ha contribuito a rendere criptico il senso del mosaico di Otranto è, certamente, da ricercarsi nella impossibilità di avere una visione d'insieme dell'opera e delle sue topologie. La presenza nella cattedrale, di panche, di elementi d'arredo e di culto, rende praticamente impossibile una lettura complessiva del mosaico al visitatore, anche attento. Per cogliere il senso della soluzione che Pantaleone offre al problema della maledizione dell'albero del Bene e del Male, bisogna posizionarsi in alto e visionare tutto il mosaico uscendo idealmente fuori della Chiesa. E' solo così che si coglie un aspetto a nostro avviso, emblematico. L'albero del mosaico è al centro della croce formata dalla Chiesa stessa e quindi esso è il legame che è stato segnalato nel Vangelo di Filippo tra Gesù, la Croce e la Cabala: la Croce ha fornito il tronco mancante all'albero del Bene e del Male, rendendo di nuovo possibile all'uomo l'ascesa a Dio e la conoscenza dei misteri.

La cosmogenesi

Quindi il mistero del mosaico ha trovato soluzione?

No, purtroppo, finche non si darà un senso alla parte principale del mosaico: la cosmogenesi. Abbiamo individuato, nella cosmogenesi del mosaico, la principale delle Sefirot: la Corona. La cosmogenesi appare raffigurata in 16 cerchi contenenti ciascuno un simbolo, la cui funzione è estremamente criptica. Pur non volendo affrontare l'arduo compito della interpretazione complessiva di questa costruzione, vogliamo far cenno ai simboli che per posizione e forma, ci sembrano avvalorare la pista interpretativa qui proposta.
 
 



 
 
 









Chi si sia imbattuto, anche una sola volta, nel più classico dei simboli gnostici, non può non notare una notevole somiglianza tra quella che viene definita la Sirena e l'Abraxas. L'Abraxas è, nell'accezione ideata dallo gnostico egiziano Basilide, il nome oscuro dato al Sommo Architetto dell'Universo: i due serpenti che fanno da arti inferiori all'essere identificano l'unione tra la componente maschile e femminile ed hanno un chiaro significato di natura sessuale. Il valore numerico delle lettere del nome abraxas è 365 ed è pari quindi, ai giorni dell'anno (nell'alfabeto greco A = 1, B = 2, R = 100, A = 1, S = 200, A = 1, X = 60, totale 365). Il termine è probabilmente alla base della formula magica Abracadabra (abrasadabra in greco) e proviene dalle parole Ab, Padre, Ben, Figlio, e Acadsch, lo Spirito, di conseguenza racchiude in se il concetto trinitario. Tertulliano segnalava, nella sua invettiva contro Basilide, che l'Abraxas aveva una funzione centrale nella venuta del Cristo. Basilide, sosteneva Tertulliano, credeva che la venuta di Cristo non fosse dovuta a Dio ma al suo nome nascosto (Abraxas appunto) e che Cristo fosse venuto sulla terra non in forma corporea (arrivando a sostenere che fu Simone di Cirene e non Gesù ad essere ucciso sulla Croce). Che l'assenza delle rappresentazioni cristologiche nella cattedrale sia legata a questo? Ovviamente si tratta solo di un dubbio privo di alcuna possibilità di verifica, se non dopo aver approfondito similitudini reali e differenze tra la simbologia del mosaico e quella gnostica.

Per chiudere sul simbolo della Sirena non possiamo non far notare una differenza interessante tra l'Abraxas e la Sirena: l'Abraxas è, in genere, un uomo, qui l'Abraxas è chiaramente una donna. Il motivo di questa sostituzione rimane ignoto, anche se va ricordata la centralità che la donna ha nella cultura gnostica (ad esempio la Maddalena su cui torneremo più avanti). Meno criptica, invece, sembra essere la forma che Pantaleone ha usato per rappresentare la Sirena: la Omega. Vediamo il perché.

Salomone

L'immagine di Salomone è chiaramente e simbolicamente legata all'idea di giustizia, ma a nostro avviso la sua funzione nel mosaico non è solo questa. La forma che il seggio di Salomone assume nella costruzione sembra ricordare l'Alfa. Il fatto che l'Alfa sia disposta simmetricamente alla Sirena che è, come detto, l'Omega, simboleggia Dio e soprattutto la sua funzione creatrice. In buona sostanza, i due simboli in alto al centro della cosmogenesi rappresentano le funzioni di Dio: creatore, artefice di giustizia, ed una qualità: quella trinitaria. A queste, l'Abraxas aggiunge la componente gnostica dell'unione degli opposti e delle componenti maschili e femminili.

Il Leopardo alato

Alla destra della Sirena, troviamo l'immagine di un leopardo alato che uccide un ariete. Al di sotto si legge l'iscrizione PASCA già decifrata da mons. Grazio Gianfreda:

P(ardus) = leopardo

A(latus) = alato

S(ternit) = abbatte

C(ornutus) = cornuto

A(rietes) = ariete

Pardus ha, nel senso cabalistico lo stesso valore di Pardes (Paradiso). E' quindi, il luogo della vittoria. Questo elemento completa il lato destro superiore che definisce le qualità destre di Dio: il luogo in cui risiede e le sue caratteristiche "fisiche" (la trinità, e l'unione in sé).

La regina di Saba

La regina di Saba completa la parte destra degli attributi di Dio. Va ricordato che storicamente essa è strettamente legata a Salomone come componente femminile, ma ha anche altre svariate funzioni nella mitologia gnostica, prima tra tutte il suo parallelo con la Maddalena e da questa con Maria madre di Gesù. La Maddalena è una delle entità femminili più importanti negli scritti gnostici e non di rado, il suo ruolo supera per importanza, quello degli apostoli. Nel Vangelo di Maria, e nella Pistis Sophia, la Maddalena è destinataria delle rivelazioni segrete di Gesù dopo la morte, mentre nel Vangelo di Filippo viene identificata chiaramente come la compagna di Gesù. La sua funzione centrale è richiamata anche da Gesù in Matteo in chiara connessione con il Giudizio divino degli ultimi tempi e con Salomone:

La regina del mezzogiorno comparirà nel giudizio con questa generazione e la condannerà; perché ella venne dalle estremità della terra per udire la sapienza di Salomone; ed ecco, qui c'è più che Salomone! (Matteo 12:42)

Andrebbe anche ricordata la connessione tra la regina di Saba, la Maddalena, ed il culto della Madonna nera, ma questo ci porterebbe fuori contesto.

Conclusione

Un'antica leggenda lega l'interpretazione del mosaico della Cattedrale di Otranto alla scoperta del Graal. La presenza di Artù e la figura stessa che i due rami inferiori dell'albero tracciano nel basamento del mosaico, come illustrato, possono a ragione, aver alimentato questa credenza, ma riteniamo che la leggenda nasconda , in fondo, una parte di verità. Il legame stretto che abbiamo evidenziato tra la letteratura gnostica scoperta nel 45 a Nag Hammadi (in particolare il Vangelo di Filippo), il fatto che l'Abbazia di Casole fosse un'accademia talmudica, i limpidi riferimenti alla Cabala, la leggenda che vuole ricchissimo il materiale documentale in possesso dell'Abbazia, ci fa verosimilmente ritenere che Pantaleone fosse entrato in possesso dei testi che solo oggi possiamo visionare a Nag Hammadi, e probabilmente di molti altri che ancora non conosciamo. Se, come abbiamo cercato di dimostrare, quella di Pantaleone è una estrema sintesi gnostica della cultura cristiana, protognostica ed ebraica, probabilmente dovremo fermarci sulla soglia delle interpretazioni che ho proposto nel presente articolo. La funzione di alcuni dei simboli presenti nel mosaico è stata interpretata solo perché letta alla luce dei testi di Nag Hammadi, ma ci sono simboli (quelli ad esempio presenti nella cosmologia del mosaico) che non trovano riscontri immediati in quella letteratura. Sebbene abbia, ad esempio, tentato l'arduo compito di un paragone tra la più avanzata e complessa sintesi del pensiero gnostico, rappresentata dalla Pistis Sophia (Pistis Sophia, di L.Moraldi, 1999, Ed.:Adelphi) ed il mosaico di Otranto, ho dovuto riscontrare spesso distanze abissali, che mi hanno portato ad escludere un riferimento diretto a quel testo. Voglio però ricordare che il prof. Moraldi, nell'appendice, propone per il mosaico di Aquileia una soluzione non distante da quella da me indicata per il mosaico di Otranto. Per certi versi, la simbologia del mosaico, appare estremamente più primitiva rispetto alla Pistis Sophia, mentre, sembra essere un'ottima e puntuale evoluzione dei principali testi della biblioteca di Nag Hammadi. In ogni caso è indubbio che il Graal, per il mosaico, è l'elevazione del pensiero dell'uomo alla Conoscenza misterica attraverso il Cristo gnostico, quindi è la gnosi stessa. La ricerca del Graal è, quindi, il percorso sapienziale che, presa coscienza dell'impossibilità di interpretare il mistero con il solo uso della Cabala, e degli scritti talmudici (es.: il Sefer Yetzirà), utilizza la rivelazione della conoscenza nel mondo: il Cristo, dando corpo al più gnostico dei Vangeli canonici: quello di Giovanni.

Io sono la via (l'albero, il tronco, la via attraverso cui si arriva a Dio), la verità (l'asse che media tra gli estremi della cabala), la vita (l'albero della vita).

Pantaleone, infine, ci ricorda che questo percorso porta, inevitabilmente, alla radice della croce, e dell'errore che si trova ancora nella Chiesa, e ci conduce fuori di essa.
 
 

* Il Mistero del Mosaico di Otranto - Sentieri di Crescita Interiore, di Francesco Corona, volume, temo non rintracciabile nelle librerie (se no non quelle idruntine) poiché pubblicato dallo stesso autore.
 
 


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[Una presentazione dell'autore si trova nel numero 4 di Episteme]