Solvet saeclum in favilla
In attesa del Dies Irae?

(Bruno d'Ausser Berrau)


 



In Europa, con il definitivo consolidarsi delle moderne forme di pensiero, dal XVIII sec., vennero sempre più in evidenza due diversi atteggiamenti culturali, che dettero luogo ad un loro apparente antagonismo: da una parte il razionalismo dell'ambiente degli enciclopedisti, dall'altra, il plateale sentimentalismo evidenziato da un Rousseau.

In effetti, fu proprio il mixing di questi ingredienti a costituire il catalizzatore, soprattutto sul piano sociale, del successivo movimento rivoluzionario e, poiché tutto quanto esiste ha una causa, ciò è uno degli incontestabili indizi, che stanno a rivelare la fondamentale unità d'ispirazione di ambedue, quali espressioni di una precisa, sottesa ed operante ideologia antitradizionale.

Tale, soltanto in apparenza strano connubio, ha poi permesso un approccio, ai problemi della conoscenza, impensabile fino a qualche secolo prima. Cosicché, tuttora, a livello filosofico, dietro le forme di un espresso razionalismo possono essere percettibili, quali effettive scaturigini del pensiero, un sentimentalismo ed un volontarismo così virulenti e passionali1 d'avere la pretesa di negare ogni possibilità conoscitiva a metodi diversi dai propri.

E, lo spirito di negazione è una costante tra i tratti distintivi della mentalità moderna. In realtà, tra chi abbia tali atteggiamenti, si tratta, sul piano del fenomeno psicologico, semplicemente dell'esternazione dell'odio2 per tutto ciò che, in costoro, sia intuito oltrepassare le rispettive capacità di comprensione intellettuale.3

È stata questa una situazione, la quale ha, globalmente, caratterizzato il sec. XIX. Con l'inizio del secolo successivo, si sono, progressivamente, ripudiati i fondamenti teorici derivanti dal meccanicismo cartesiano ed il cui logico sviluppo ha infine portato a posizioni filosofiche radicalmente materialistiche. Quest'abbandono, s'è spinto sino ad attaccare la concezione stessa di materia, sulla quale, è venuta edificandosi quella che, assai impropriamente, è oggi definita <<fisica classica>> ma che noi, per evitare ogni equivoco col mondo antico e tradizionale, avremmo preferito chiamare <<fisica moderna>>. Di conseguenza ed in conformità ad altre attuali tendenze, agli sviluppi ultimi della medesima, si sarebbe potuto attribuire l'appellativo di <<post-moderna>>. In ogni caso, in questo breve studio, per evitare le difficoltà espositive, insite nella variazione di un lessico ormai corrente, ci atterremo, rinunciando ad una maggior precisione concettuale, alle dizioni generalmente in uso.

Gli aspetti alternativi e dirompenti, sul piano stesso della comprensione della realtà fisica, sono stati però tali che, in luogo di una Weltanschauung positivistica, dalle apparenze di stabile fondamento e solida strutturazione, è poi venuta ad imporsi non più una forma ancorché illusoria di conoscenza, bensì quella che ha costituito solo una critica della medesima ossia una mera teoria del conoscere. Una gnoseologia4 dunque: con tutta la lontananza, che, etimologicamente, tale definizione comporta, rispetto a ciò che si dovrebbe invece manifestare in un profondo superamento delle forme esteriori. Sarebbe quindi necessaria quella penetrazione intellettuale, che esige come lo spirito di chi cerca abbia in se stesso, proprio in virtù dell'essere ogni effettiva conoscenza identificazione,5 le corrispondenti possibilità ricettive. Ma, non aveva, del resto, affermato Kant, nella Critica della ragion pura, che <<la filosofia non è uno strumento per estendere la conoscenza ma una disciplina per circoscriverla>>?

Tra quelli che, infatti, potremmo chiamare i "vantaggi" delle precedenti dottrine fisiche, oggi travolte dalla "marcia inarrestabile del progresso", c'era la possibilità di visualizzare il corso degli eventi naturali, stante però la pretesa che tali immagini rappresentassero l'effettiva, intima dinamica del mondo fenomenico: come vedremo sono proprio le sopravvenute nuove concezioni, che hanno distrutto questa semplicistica illusione.

I cosiddetti principi, sui quali si fonda la fisica classica, sono, pur essi, mere ipotesi estrapolate soltanto in parte da situazioni di fatto e senza che una reale esperienza abbia avuto modo di verificarle effettivamente. Prendiamo, ad esempio, il "principio" d'inerzia: mancante com'è d'alcun effettivo riscontro empirico, esso potrebbe unicamente riferirsi ad una materia priva di qualsivoglia proprietà ma tale condizione è soltanto quella della totalmente indeterminata materia prima (cfr. infra) però la natura di quest'ultima non ha niente a che vedere con quella della materia presa in esame dalla fisica moderna. A fronte della totale astrazione6 ovvero della completa irrealtà gnoseologica di questo supposto principio, la fisica classica si comporta "come se"7 e se ne serve nella misura in cui esso può essere utile … ed utile è ma non è "vero".

L'utile s'è quindi sostituito alla precedente preminenza del fine, vale a dire quando questo sorgeva dalla natura essenzialmente metafisica dello spirito umano. In tal senso, il concetto s'estende ben al di là dei tempi relativi al nascere delle dottrine fisiche, che lo vedono oggi primeggiare. Esso appare assai prima con l'english Utilitarianism, allorché Bentham8 dichiarava di voler fare dell'etica una <<scienza esatta come la matematica>>,9 mettendo così, per l'incipiente pensiero positivistico, una delle basi ma fornendo un'olistica e possente chiave interpretativa per la nascente visione economicistica10 della storia, proprio perché l'utile era inteso come <<tutto ciò che appaga un bisogno>>.

L'evento principale - in grado di far emergere quelle che, in tanto riposata costruzione, venuta a piena e soddisfatta maturazione sul finire dell'Ottocento, erano invece le interne, irrisolvibili contraddizioni del sistema - si manifesta nella formulazione della cosiddetta teoria della Relatività.11 Teoria, che ha portato alle ultime e, a questo punto, rivoluzionarie conclusioni una fisica fondata sul ruolo centrale dell'esperienza.

Per dovere di precisione, è giusto far presente come questi schemi temporali debbano essere intesi in funzione prevalentemente espositiva perché, è proprio entro un articolato sistema di ricerche, il quale può essere già fatto risalire al 1890, che poi s'arriva a quella tappa rappresentata dall'ipotesi quantistica di Planck (1900). Congettura, che fu quindi formulata qualche anno prima della Relatività Speciale (1905).

Tale supposizione consisteva nel fare dell'energia una grandezza discreta piuttosto che continua, sicché essa, in qualunque processo fisico - sia che fosse stata emessa, assorbita o scambiata da un sistema ad un altro - doveva, in ogni caso, essendosi stabilito un preciso nesso tra i modelli matematici e l'informazione numerica indispensabile alla descrizione dei fenomeni, risultare multipla di un certo valore elementare e non ulteriormente divisibile. È nel 1913, che Bohr partì da qui per disegnare quel nuovo modello d'atomo, in grado di schiudere la strada all'avvento dei più recenti sviluppi della fisica.

Dalla stessa base concettuale di partenza, sorge anche una difficoltà epistemologica troppo spesso trascurata da chi, appunto sull'esperienza, voglia fondare un'effettiva comprensione del reale: qualsivoglia ipotesi o, in altri termini, qualunque modello della realtà, proprio perché la rappresentazione matematica di eventi, essendo per sua natura, col trascurarne alcuni a favore di altri giudicati più significativi, sempre costretta ad una scelta, implica, per ciò stesso, una sicura semplificazione, sicché l'assunto, a motivo dell'inevitabile presentarsi di altre ipotesi che, degli stessi fatti, potranno dare un'altrettanto sufficiente spiegazione, non potrà mai essere assolutamente confermato in via sperimentale.12

La più evidente testimonianza in tal senso è proprio la formulazione della teoria di Planck, per la quale, tutta una serie di fenomeni, legati alla luce, può essere meglio compresa ove s'assuma che l'energia sia distribuita nello spazio con discontinuità e qui fu proprio Einstein che, in uno specifico lavoro,13 suggerì come detta distribuzione potesse avvenire sotto forma di "pacchetti" di radiazione luminosa.14

Tale suggerimento permetteva quindi di spiegare alcuni casi particolari del fenomeno fotoelettrico; casi che restavano irriducibili alle leggi derivanti dalla sola teoria ondulatoria.

Questa presa d'atto rese complementari i concetti d'onda e di corpuscolo e, di conseguenza, le due teorie su essi basate. Ciò fu poi generalizzato15 da Bohr in vero e proprio principio di complementarità (1925-30): con la sua applicazione era messo in crisi ogni normale percorso logico; in questi termini, s'esprimeva, infatti, l'incompatibilità della meccanica quantistica con la causalità. Una descrizione spazio-temporale rigorosa ed un'altrettanto rigorosa sequenza causale, relativa a processi individuali, non possono realizzarsi simultaneamente ed una delle due deve essere trascurata.

Questo punto di vista della fisica quantistica, per essere rettamente inteso, deve abbinarsi all'altro; quello derivato dal principio d'indeterminazione formulato da Heisenberg (1927): nella fisica atomica, a differenza di quant'avviene in quella classica, l'interazione tra l'oggetto e l'osservatore non può essere considerata trascurabile, perché, su quel piano, la discontinuità degli eventi può produrre variazioni non adeguatamente controllabili e relativamente grandi. Ciò fa sì che le esperienze, eseguite per la determinazione di una grandezza, rendano illusoria la conoscenza delle altre ottenute in precedenza. L'influenza, che le ultime esercitano sull'intero sistema, è inverificabile e quindi i valori, ricavati per le prime, possono venirne alterati. Ove, in modo quantitativo, si valuti questa perturbazione, si scopre, in virtù della conoscenza di alcune variabili, un limite di esattezza finito e che non può essere superato.16

In tal modo, insieme a Bohr, Heisenberg contribuisce al crollo del principio di causalità,17 il quale - poiché l'indeterminazione anche di una sola parte sta significare come, dello stato presente di un sistema, non possiamo avere nient'altro che una conoscenza relativa - viene, a questo punto, ad essere sostituito da un inevitabile ma nettamente antinomistico e senz'altro nichilista18 principio di probabilità.

Il metodo della ponderazione fra probabilità, si basa sull'induzione dalle conseguenze alle cause e, in senso più generale, dai fatti alla loro genesi ma, così facendo, si potrebbe essere persuasi d'accostarsi ad una conoscenza certa, la quale diventerebbe invece sicura soltanto con un'impossibile esperienza totale mentre l'ordine probabilistico, cui noi possiamo accedere, è nient'altro che una comunque limitata accumulazione di dati e quindi soltanto un'ombra dell'indefinita potenzialità dell'esperibile. Quest'imperfetta relazione della comunicazione scientifica con il suo oggetto fa sì che la metafora dell'ombra sia qui del tutto appropriata: in astronomia, ad esempio, si sono trattate le ombre come oggetti provvisti di una geometria propria, di un'esistenza autonoma e senza che si sia nemmeno iniziato a parlare della complicatissima forma della luce che le circonda. Fare così è molto, molto più semplice ma una disciplina, che alle ombre dà quello status non è più, per ciò stesso, coerentemente materialistica giacché tali forme sono eminentemente immateriali.19 In questa fattispecie ma, parimenti, per qualsivoglia scienza, è un errore logico far dipendere il concetto di materialistica "esattezza20 scientifica", che di per sé implica l'esaustività, dal ricorso al decisamente umbratile strumento probabilistico.

In questa sommaria disamina, non può essere tuttavia trascurato il fatto come, in seguito all'approfondirsi dello studio delle particelle, tra Einstein ed i fisici quantistici, cominciassero a sorgere netti contrasti: era, infatti, parere del primo che il modello di riferimento, a ragione del ruolo del campo, fosse dato, per le forze in essere tra le particelle (elettriche, magnetiche, gravitazionali, di scambio), dal calcolo tensoriale. I quantisti dibattevano invece in merito al contrasto tra la possibilità di descrizione, solo mediante la teoria ondulatoria, delle proprietà d'interferenza della radiazione mentre s'imponeva l'utilizzo di quella corpuscolare per spiegare le proprietà dello scambio tra energia ed impulso e fra radiazione e materia.

Oggi, seguendo la componente pragmatica, utilitaristica, che - di fatto - domina la scienza, la scelta teoretica s'indirizza quindi verso il modello interpretativo più consono alla fattispecie delle applicazioni prese in considerazione.21 Di conseguenza, siamo adesso arrivati al puro ed esplicito rifiuto che la conoscenza sia una categoria universale e, pertanto, questo fa sì che essa non possa essere indagata e criticata come tale ma che ci si debba contentare dell'analisi delle condizioni e dei limiti di validità dei procedimenti d'indagine nonché, sul piano espositivo, di quelli inerenti allo stesso strumento linguistico.

Qui giunti, appare inevitabile un riferimento a Wittgenstein,22 il quale, in ordine al tema del linguaggio ed all'insieme delle problematiche logico-matematiche di matrice neo-positivista, ha portato contributi della massima importanza anche perché è su essi che s'è venuta costruendo tutta la più recente filosofia analitica anglosassone.

L'approccio empirico, che è la base di partenza del pensiero moderno, trova in quest'autore la sua più completa realizzazione: se qualsivoglia conoscenza non può che derivare dall'esperienza e, per la precisione, dall'esperienza sensibile, sarà logico credere - come avviene per Wittgenstein - che il cosmo sia la totalità dei fatti e, con ciò, intendendo la totalità dei fatti che ricadono sotto i nostri sensi. Il fatto sarà allora il sussistere di stati di cose ed il pensiero non potrà che essere l'immagine - nel senso d'immagine speculare - di questi stessi fatti. Questa specularità ha poi la caratteristica d'organizzarsi secondo logica e, pertanto, il pensiero sarà la proposizione munita di senso e funzione della verità delle proposizioni elementari. Le proposizioni logiche sono tautologiche e la stessa logica è immagine speculare del mondo, essendo non un a sé della mente ma, per com'essa è, connaturata al mondo.

Questo modo di considerare le cose, presuppone che la sensazione sia, di per sé, totalmente a posteriori ma così non è proprio perché è essa la traduzione, operata dal mentale, di un'oggettività esterna. Nell'acquisizione alla coscienza del fatto empirico, l'intelletto ha dunque un ruolo che, in virtù della sua mediazione, in realtà, lo rende indipendente dall'esperienza, facendone un a priori.23 L'alterazione in questione è, tra l'altro, sottesa alla stessa metafora dello specchio: ciò che è speculare a qualcosa non è, ad essa, sovrapponibile e, proprio perché ripropone quant'avviene per le nostre mani, speculari ma difformi; tale tipo di simmetria è chiamato chirosimmetrico.

Poiché, tra i principi primi ed i fatti c'è la stessa opposizione che esiste tra l'universale e l'individuale, si comprende da dove scaturisca l'impressionante dilatarsi delle dimensioni di un inarrestabile impoverimento intellettuale acceso, partendo dalle premesse logiche del Wittgenstein, con le culturalmente drammatiche conclusioni del suo pensiero: ma la forza appartiene alle idee che, per la conformità a l'esprit du temps, si presentano con le vesti della limpidezza e dell'evidenza e, quand'anche il fatto che le ha generate sia illusorio, l'esistenza dell'illusione come tale è ancora una realtà ed allora il cerchio, ermeticamente, si chiude intorno a quella dimensione esperienziale, sicché la filosofia non potrà più avere alcuna legittima autonomia dottrinaria ma dovrà limitarsi soltanto ad un'attività di supposta chiarificazione logico-linguistica.

Se le parole del linguaggio denominano gli oggetti e le proposizioni sono solo connessioni di tali denominazioni, Wittgestein - di fronte alla sempre più sfuggente natura dell'oggetto nella fisica e del suo rapporto con l'osservatore - rivede il suo iniziale concetto di una cristallina purezza della logica inerente al mondo e, considerandolo anch'esso un pregiudizio appartenente all'eredità kantiana della <<cosa in sé>>, passa a stimare il linguaggio quale un'aperta pluralità di forme espressive. Esse stesse, nient'altro che un'aperta funzione degli impieghi resisi, di volta in volta, necessari (una <<cassetta degli utensili>>) ma che, mai, possono risultare contenibili in una forma logica unitaria. Tutto non è nient'altro che gioco (ein Sprachspiel), a linguistic game: poiché tale, egli nega loro ogni possibilità di vera spiegazione e riflessione ma entrambe, ove si presentino, sono pur sempre meri giochi ancorché contraddistinti da quella loro definita specificità.

A conferma, quindi, di questa nettissima deriva, verso la totale abdicazione d'ogni ruolo della funzione intellettuale, si può riassumere la situazione, dicendo come, dalla conoscenza, siamo passati alla sua critica e, da questa, ad una metodologia, la quale non è altro che critica della scienza. Quest'ultima intesa nell'accezione più riduttiva, propria all'insieme delle tecniche della ricerca scientifica.

Dando qui per scontata l'informazione sulle particolareggiate vicissitudini relative alle origini ed ai concetti basilari di quella fatale innovazione post-moderna, conclusasi nei due esiti noti come Relatività speciale (RS) e Relatività generale (RG), ai fini del presente studio, ci si può, per adesso, limitare a sintetizzarla in questi termini:

- La RS, si basa sulla considerazione che la scelta di un particolare sistema di riferimento spazio-temporale, rispetto a cui si possa definire il moto di un punto, sistema indispensabile per effettuare misure, determini sì i risultati di queste stesse misure ma che, non essendoci, in assoluto, un sistema privilegiato come aveva, sino allora, creduto la fisica (se non nel campo della meccanica, certo in quello dell'elettromagnetismo, almeno nell'interpretazione "eterista" dell'800), sia sempre necessario: da un lato, specificare il sistema in ordine al quale le misure sono effettuate; dall'altro, trovare le formule di trasformazione che mettono in correlazione le coordinate di un sistema con quelle di un altro, e quindi le misure di certe quantità fisiche determinate all'interno di un sistema con le misure delle medesime quantità determinate all'interno di un altro.24 Diversamente detto, la geometria, adatta a spiegare il mondo fisico, deve essere spazialmente e temporalmente variabile: con questo criterio, intendendone anche il significato matematico, si giunge al compimento concettuale dell'idea stessa di trasformazione. La misura trova così un fondamento e, per essa, riappaiono le quantità fisiche concrete. La RG è, essenzialmente, per l'uso di generalizzate coordinate e funzioni delle stesse, l'estensione di questo principio di relatività a tutti i sistemi e non solo a quelli propriamente inerziali presi in considerazione dalla RS. Di fatto, la RG è una teoria della gravitazione, nella quale, quest'ultima è concepita come una deformazione dello spazio-tempo. Inoltre con il suo specifico concetto di campo, la RG fa sì che la materia non sia più, come nella fisica classica, qualcosa di puramente rispecchiabile ed osservabile ma un qualcosa da modificare attraverso l'azione.

In ogni caso, tra Einstein ed i quantisti, la palma della dissolvenza spetta a questi ultimi, poiché, dopo gli entusiasmi iniziali, il più maturo Einstein era spinto a ricercare, rispetto al dominante probabilismo degli altri, una teoria generale del campo, nella quale si conservasse la rigida causalità della fisica classica: era questo insomma, l'indizio, in chi ormai consapevole dell'abisso gnoseologico che aveva contribuito a provocare, di un preciso senso d'allarme e della conseguente attenzione per un qualcosa paragonabile a ciò che, in qualche modo, rendesse possibile l'affermazione dell'esistenza - oltre la nostra mutevole e transeunte esperienza - di una realtà già data.

Per i quantisti, non è invece nascosta ignoranza l'accettazione della mancanza di regolarità nei sistemi atomici ma mera presa d'atto di una realtà, obiettivamente ed in toto, lontana dall'immagine che se ne facevano le idee aprioristiche della fisica classica: non possono esistere leggi generali, che spieghino l'intima realtà dei fenomeni ma è la natura stessa dell'esperienza a ricondurla al particolare ed all'individuale e, di conseguenza, anche tutto il nostro agire nel descrivere e misurare non può sfuggire a quest'insondabilità dell'oggetto.

Dal nostro punto di vista, ferma restando, per questo tipo di teorizzazioni, la loro posizione quale palese espressione di un'ulteriore discesa verso una progressiva perdita d'ogni retto intendimento della realtà ultima dell'intero systema naturae, esse rappresentano però la dimostrazione dei limiti semplicistici e della fondamentale falsità anche dell'arrogante positivismo d'ascendenza cartesiana, che è prevalso sino alla loro comparsa.

Significativo è che la Relatività s'imposti, allo stesso modo di Galileo e Newton, sul problema del moto. È su esso, infatti, che, non a caso, si fonda anche tutta la fisica tradizionale:25 Aristotele diceva che la natura ovvero ciò che avviene all'interno della sfera cosmica è <<la sostanza delle cose che hanno il principio del movimento in se stesse>>.26 Si può pertanto affermare come, ciò che contraddistingue la manifestazione ossia la j usiV / natura, sia proprio la kinhsiV e come qualsivoglia J ewria debba tenerne conto. Al contrario, la quiete ed il silenzio, nella loro condizione assoluta, appartengono - metafisicamente - soltanto alle possibilità del non manifestato.

Nella fisica tradizionale, come consegue dal genere di spostamenti27 inerenti ad ognuno dei cinque elementi,28 il moto svolge la sua funzione principale29 nel determinare la composizione delle sostanze e quindi dei corpi. Essa è, pertanto, una fisica qualitativa proprio nel senso che stabilisce, tra gli stessi elementi costitutivi del cosmo, una netta gerarchia di quest'ordine. Per meglio fissare i termini della questione, non è inutile ricordare che, nonostante l'identità del vocabolo, gli elementi tradizionali niente abbiano da spartire con la tavola di Mendeleev, essendo - se così possiamo esprimerci - nient'altro che la classificazione delle differenti modalità vibratorie, nelle quali, la materia, in logica successione, si rende percepibile a ciascuno dei nostri cinque sensi. Da qui, sorgeva tutto quel complesso e codificato insieme di relazioni, che, legando macrocosmo a microcosmo, giustificava le concezioni proprie alla medicina antica. I corpi sono, a loro volta, soggetti a cinque condizioni:30 lo spazio, il tempo, la materia, la forma e la vita. Formulando altrimenti: un corpo è una forma materiale, vivente31 nel tempo e nello spazio.

È proprio questo modo di rapportarsi d'ogni parte col tutto32 ed infine del ricomporsi d'ogni interno mutamento nella chiusa economia della sfera cosmica, che, nonostante la predetta importanza del moto, determinava, nell'antichità, il mancato sviluppo di una dinamica33 mentr'era ben sviluppato lo studio dei problemi dell'equilibrio dei corpi naturali ovvero di tutto ciò che va sotto il nome di statica come, appunto, già avveniva con Archimede.

Tale disciplina - specie in ambito architettonico - trovava espressione attraverso un complesso e tramandato insieme di rapporti proporzionali, i quali, pur nella loro relativa approssimazione numerica, con efficacia, surrogavano gli strumenti di calcolo venuti in uso, per la progressiva aritmetizzazione della matematica,34 soltanto in epoca moderna. Ogni edificio, di un certo rilievo strutturale e monumentale, veniva pertanto edificandosi secondo concatenazioni, scaturenti da un principio d'identità ed omologazione. Al fondo, di quest'apparente limitazione dei mezzi disponibili, si collocava invece una precisa scelta di carattere simbolico; essa, nella potenza unificante del LogoV ,35 vedeva così riassunta la polimorfa immagine del Cosmo e, quali epifenomeni della basilare invarianza della natura, tendeva pertanto a privilegiare tutte quelle tecniche, che s'avvalessero delle relazioni di similarità ed autosimiglianza. È per quest'aspetto applicativo che, in quella geometria, la squadra (gnwmwn)36 ed il compasso (diabhthV )37 - permettendo, con costruzioni costituenti una vera e propria algebra geometrica, di portare a compimento pressoché tutte le principali operazioni - assumevano entrambi una funzione primaria.38 Funzione che, in seguito, in virtù della principalità degli algoritmi da essa generati, permise gli sviluppi computazionali dell'algebra e dell'analisi. La verifica dell'invarianza e dell'identità, nonostante il mutare delle grandezze, è stato un momento della percezione della realtà metafisica che compendia il molteplice nell'unità. Era quindi in virtù dello stesso processo analogico che, pur nella sostanziale differenza, era ritenuta sussistere un'identità essenziale tra l'artefice e l'opera. L'oggetto doveva valutarsi come lo specchio fedele del soggetto, dando così ragione, nelle antiche ritualità corporative, alla parte imprescindibile del "capolavoro" nell'attribuzione della maestria.

In seguito, col D'Alembert, allorché questi dimostrò come ogni problema di dinamica possa essere ricondotto a quello di un equilibrio di forze, il ruolo principiale della statica venne nuovamente in luce anche se, del suo rango, non più si percepivano le importantissime implicazioni cosmologiche e metafisiche.

Quest'osservazione ci ripropone il tema dei cosiddetti principi della fisica classica (cfr. supra) nonché della particolare prospettiva nella quale essi sono collocati: nello specifico, "il principio d'eguaglianza d'azione e reazione" non appare nient'altro che l'abusiva assunzione, al rango appunto di principio, di quella che, proprio per com'è presa in considerazione, è solo la modesta fattispecie meccanica della legge universale, determinante l'equilibrio di tutte le forze naturali. Non siamo quindi alla presenza di un qualcosa pertinente al solo mondo sensibile ma di ciò che può diventare, appunto, un principio, soltanto quando lo s'intenda investire, in tutti i suoi stati e modalità, l'interezza del Manifestato.

Entrando in qualche dettaglio, il concetto della fondamentale staticità del Cosmo, ci può permettere di meglio comprendere il senso ultimo delle sue leggi nonché di valutare la distorsione dell'ottica secondo la quale esse sono considerate dai moderni: nella rappresentazione, tramite due opposti vettori, di due forze in equilibrio e con la rispettiva attribuzione a questi di due coefficienti proporzionali, eguali quindi ma di segno diverso, oggi s'afferma che, in tale situazione, le due forze s'annullino.

Ciò è però, in via concettuale ed empirica, assolutamente falso perché, ove una delle due sia soppressa, si vedrà che - illico et immediate - l'altra agirà. Un qualche imbarazzo, può allora scaturire dal fatto che, la somma algebrica dei due coefficienti dia, pur sempre, zero sicché questo sembrerebbe obbligarci a concludere che, in realtà, la condizione d'equilibrio sia assimilabile alla non esistenza mentre, dal punto di vista tradizionale - al contrario - è proprio nell'equilibrio che trova assetto lo status complessivo dell'Esistenza o del Cosmo che dire si voglia.

L'apparente contraddizione tuttavia scompare se il problema è posto diversamente: quale prima mossa, deve essere superato il contesto della sola meccanica ma questo passo deve giungere sino a comprendere la totalità delle forze in essere ovvero di quelle che, nel Manifestato, agiranno a tutti i livelli ontologici.

Su questo piano di massima universalizzazione, tali forze potranno allora distinguersi in due grandi categorie: l'attrattiva e la repulsiva. Casi particolari di questa classificazione saranno - ad esempio - varie, possibili coppie di forze: contrattive/espansive, centripete/centrifughe, esplosive/implosive, traenti/contraenti, coagulanti/solventi… Inoltre, i rispettivi ruoli, all'interno delle coppie, potranno invertirsi a seconda che l'osservatore prenderà in considerazione o il punto d'applicazione, o quello d'origine.

È tutto ciò nient'altro che un riflesso della dualità cosmica, espressa, in via principiale, con essentia e substantia ma sulla quale ritorneremo tra poco: affinché ci sia equilibrio, sarà dunque necessario che queste forze siano equivalenti per la quantità mentre la qualità impedisce che possano essere definite eguali. Prendiamo il caso della contrazione/dilatazione: le due forze si caratterizzeranno con coefficienti proporzionali all'azione da esse prodotta, di modo che, nella prima, il valore sarà superiore all'unità, inferiore nella seconda. I rispettivi coefficienti staranno ad esprimere il rapporto di densità esistente nel medium prima e dopo l'azione di ognuna delle due forze considerate; tale mezzo, allorché non subisce l'effetto d'alcuna sollecitazione ed in virtù del principio di ragion sufficiente, si supporrà omogeneo. Sempre in assenza d'ogni stimolo e con la densità immodificata, il rapporto sarà, con evidenza, eguale all'unità: ne consegue che, per essere in equilibrio, anche la risultante di due forze agenti su un punto, dovrà avere per coefficiente l'unità.

Adesso, è ben chiaro dove stia, concettualmente, l'errore, che provocava la contraddizione di un equilibrio equivalente alla non esistenza, espressa, appunto, dallo zero della somma algebrica: l'operazione corretta da eseguire è, infatti, un prodotto. Così, con i due coefficienti, rappresentati da numeri l'uno inverso dell'altro, esso, quale condizione d'equilibrio, darà l'unità.39

La centralità del moto scende, con il sorgere della fisica moderna, di un gradino nella scala ontologica e si limita a porsi gli argomenti della meccanica ossia quelli concernenti le relazioni ed i reciproci movimenti dei corpi tra loro. Dal tema quindi di una conoscenza, diretta alla comprensione dell'intima natura del reale, si passa a quello di una sua mera descrizione. È Newton che, avendo chiaramente per obiettivo la concezione aristotelica della fisica, nega che essa debba essere una scienza delle cause ma vuole che sia solo una chiarificazione ed un'illustrazione dell'ordine naturale.

A mano a mano che veniamo analizzando la successione degli episodi filosoficamente rilevanti, nel senso di quelli che più nettamente hanno segnato l'allontanamento dalle concezioni cosmologiche tradizionali, ci appare evidente come, in definitiva, non abbia, poi, molto significato porsi il problema di quanto, con queste, la R e la fisica quantistica si trovino in contrasto. È la rottura operata, secoli fa, dalla nascita della fisica moderna, che contiene, in nuce, tutti i successivi sviluppi. È quindi proprio alla fase teorica, immediatamente precedente le nuove concezioni, che esse, con l'esporre una visione del mondo assai più complessa di quella generata dal semplicismo razionalista, portano un vero scompiglio. Su un piano inferiore ed a chiusura dell'intera operazione, si sviluppa una specie di speculare riproposizione di un qualcosa che può, appunto, apparire l'immagine invertita di ciò che, nella sua complessità, aveva preceduto il sorgere del mondo moderno.

Tornando al moto in sé, sappiamo come, dal punto di vista delle antiche concezioni, spazio e tempo ne siano le condizioni necessarie ma non le cause: in realtà, stante la sua principalità, sono entrambi solo gli effetti per i quali esso ha modo di manifestarsi. Non deve poi essere dimenticato che anche il moto è, a sua volta, effetto di quella Causa totale, concepibile quale Potenza universale illimitata e incondizionata, nella quale si sintetizzano tutte le possibili cause secondarie.

Di quanto, mediocremente, questo concatenamento causale possa oggi apprezzarsi, il poco che, sui "principi" elaborati da Bohr e da Heisenberg, abbiamo riferito è però sufficiente per darcene un'idea.

A livello della massima universalizzazione, lo spazio sarà l'insieme di tutte le estensioni particolari. Una di queste è quella propria alla modalità corporea e, ad essa, attualmente, apparteniamo mentre una sua forma d'astrazione40 è ciò che viene preso in considerazione dalla geometria euclidea, il cui oggetto è quindi una fattispecie dell'estensione tridimensionale.

Tale concezione dello spazio trova un qualche riscontro nelle moderne geometrie non euclidee. Queste, avendolo fatto dipendere da parametri variabili in maniera continua, sono riuscite a metterne in luce un'idea più ampia: è perciò che esso si presenta quale spazio della geometria classica soltanto per particolari valori. La RS ne trae la conclusione che, in via d'approssimazione, la rappresentazione dell'universo fisico debba rispondere a postulati diversi da quelli dello spazio di Euclide e che perciò dell'eventuale diversità non si possa, in ogni caso, giudicare a priori ma soltanto, ovviamente, per via d'esperienza.

In definitiva, spazio e tempo si trasformano da costanti in misure metriche e cronometriche: infatti, nello stesso spirito empirico della fisica classica, Einstein ha scrupolosamente analizzato le operazioni fisiche dalle quali si era partiti per giungere alla formulazione di quei principi e, così facendo, è riuscito a metterne in evidenza, aspetti prima negletti e tali che, se fino allora, nella concettualizzazione dei risultati, ci s'esprimeva in termini di proprietà, in seguito ciò è potuto avvenire soltanto in termini di operazioni. Pertanto, non si può certo affermare che, con la R, si sia verificato un allontanamento dal metodo sperimentale; è anzi più giusto sostenere che, con questi criteri, sia invece avvenuto il transito ad una sua superiore valenza.

Affrontiamo prima il concetto di misura. In seguito, vedremo le due succitate aggettivazioni.41 Il nostro materia è identico al lt. materia, il quale ha l'etimo nel vb. metiri,42 misurare ma la misura così intesa è, prima di tutto, una determinazione, che non potrà però applicarsi all'assoluta indeterminazione della ulh o materia prima. Questa potrà quindi riferirsi solo alla materia secunda43 ossia al dominio della quantità continua. A tale ambito, com'abbiamo visto, appartengono - quali effetti del moto - spazio e tempo: è il movimento, a mettere dunque in relazione il tempo con lo spazio, cosicché è per quest'ultimo, che si può ottenere la misurazione del primo.

In tal senso, è giusto non considerare più due costanti il tempo e lo spazio; il problema sorge però quando dalla misura, quale mera determinazione, si passa alla misura quantificata in forma metrica e cronometrica. È questo un modo, nel moderno tentativo di ridurre ogni cosa alla quantità, d'avvicinarsi il più possibile alla quantità pura rappresentata dalla discontinuità del numero ma che, per ciò stesso, non potrà mai trovare un perfetto riscontro nel mondo corporeo stante la sua appartenenza all'ambito del continuum e la quantità continua è, in primis, rappresentata, appunto, dalle grandezze d'ordine spaziale e temporale.

Da qui, tutti gli irrisolvibili paradossi prodotti dall'intera teoria.

Riassumendo: tutto il procedere, metodologicamente, non si discosta, nel suo punto fondamentale rappresentato dall'esperienza44 da quello della fisica classica ed essa ha, per strumento principe, la misura, la quale, nella sua espressione numerica, è la forma estrema d'ogni determinazione. L'oggetto consiste nei fenomeni del mundus corporeus ma quest'ultimo è però soltanto un epifenomeno della materia secunda, a sua volta, fenomeno accessorio della materia prima, che è potenza pura ed in cui niente è distinto ed attualizzato. La differenza è che questa materia (ulh) sia da situare non solo "sotto" al nostro mondo com'avviene, appunto, per la secunda ma sotto tutti i possibili mondi della Manifestazione universale: essa è, perciò, quella substantia che, con l'essentia, costituisce i due estremi nei quali si polarizza il Creato.45 Tale substantia, per essere una potenzialità assolutamente indistinta ed indifferenziata, sarà pertanto anche totalmente inintelligibile. Le sostanze relative e che da essa discendono, saranno partecipi, ognuna sul proprio piano, di un'analoga condizione, sì da comportare, per la materia, oggetto della nostra fisica, il prender parte, in una misura (determinazione) corrispondente, a tale inattingibilità: è quindi per questo che, con procedimenti analitici, supportati dall'estrema matematizzazione ovvero da un maximum di determinazione, di tutti i processi conoscitivi, si venga oggi a creare un'irrisolvibile eterogeneità tra gli strumenti utilizzati e ciò che, con essi, si vorrebbe conoscere: senza dimenticare come, in realtà, questa fondamentale inintelligibilità faccia sì che, indirizzando analiticamente l'indagine scientifica dalla parte del polo sostanziale della manifestazione, non ci sia alcunché da conoscere mentre è solo partendo dal polo essenziale e per via sintetica che la struttura del Cosmo possa essere compresa.

Non è dunque la sola Relatività, con annessi e connessi, ad annodarsi negli inestricabili lacci di paradossi e contraddizioni,46 in grado di smontare qualsiasi struttura logica intuitivamente accettabile ma è la stessa scienza moderna che appare, metodologicamente, priva d'ogni reale capacità esplicativa. L'unica sua verità essendo - e non è poco - la forza socialmente dirompente delle sue straordinarie applicazioni utilitaristiche:47 è su esse che s'è costruito l'immane scenario, nato da quell'altrettanto immensa potenza d'illusione che la sottende e la guida e che già Francis Bacon suggeriva gemellando sapere e potere.

È anche assai interessante costatare come, quest'aspetto dissolvente della R, risultato demolitore nei confronti della fisica classica, abbia aperto le porte ad una serie di possibili valutazioni ed amplificazioni di carattere nettamente neo-spiritualista, le quali, nel mondo accademico - nonostante l'avversione dello stesso Einstein, manifestatasi con un profondo impegno a favore della metodologia scientifica ed in contrasto con l'ondata d'irrazionalismo e di sfiducia nella stessa scienza che la divulgazione delle sue ipotesi aveva generato in molti ambienti - accendevano un entusiasta concerto interpretativo dai toni decisamente pseudo-metafisici.

È infatti Eddington,48 che, per primo, vedendo nelle conseguenze della R un trasferimento dell'oggetto principale della fisica, dalla materia alla struttura, tanto da poterla ormai definire come una scienza delle relazioni, trova in ciò un'esatta congruenza con l'atteggiamento fondamentale dello spirito umano, inteso sempre alla ricerca del permanere nel cosmo di una trama architettonica, che ne rifletta l'intima armonia. È sulla stessa strada che alcuni fisici contemporanei, quali Capra49 e Hawking,50 suggeriscono d'intendere l'universo come una dinamica trama di eventi correlati.51

Il motivo è che ormai il punto di massima "solidificazione" del mondo è stato superato: la quantità continua, che costituiva il suo apparentemente saldissimo supporto,52 è stata polverizzata nella discontinuità dalla stessa raffinatezza formale53 dello strumento matematico, essendo proprio il numero ciò che, compiutamente, rappresenta la quantità pura:54 le particelle sub-atomiche possono pertanto essere interpretate quali processi piuttosto che come oggetti cosicché non resta davvero più niente di solido e di propriamente materiale su cui appoggiarsi.

È questa la ragione dell'impossibilità, da parte dei fisici, rimasti fedeli ad una visione rétro della disciplina, di giungere, con gli strumenti contestativi a loro disposizione, a smontare un qualcosa che è stato logicamente prodotto dallo stesso sviluppo conoscitivo del quale, sul piano scientifico, essi sono pur sempre, con volenterosa e diligente aderenza, totalmente partecipi.

Nonostante che la ristrettezza ed il semplicismo, impliciti nella loro forma mentis, li renda immuni dalle ultime, nefaste influenze dello pseudo-spiritualismo, cui il disordine e l'opera distruttiva delle più recenti concezioni scientifiche hanno aperto sempre più ampi e comodi varchi, nel disastro intellettuale qui brevissimamente delineato, la fondamentale corresponsabilità dell'intera comunità scientifica resta totale ancorché il ruolo, sempre più marginale di attardati e dispersi epigoni di un orgoglioso "ieri" che fu, ce li faccia apparire nella luce ambigua di un patetico eroismo ereticale.
 


Note


 


1 Il sentimento genera il desiderio, il quale è, pertanto, eminentemente impulsivo mentre tende ad essere riflessiva la volontà, cosicché, il momento della deliberazione, che precede l'azione, appare come una lotta di idee ma sono idee ricche di carica sentimentale e non potrebbe essere diversamente perché quest'ultima è assente soltanto sul piano delle idee pure e qui ne siamo ben lontani.

2 Odio non è parola eccessiva; basti pensare a Nietzsche che, ne La volontà di potenza, afferma <<… "tutto è vano" non è soltanto la credenza che tutto meriti di morire ma consiste nel mettere la mano in pasta per distruggere…>>.

3 Nell'antropologia tradizionale l'uomo - a sua volta immagine della struttura cosmica - ha un'architettura tripartita e gerarchicamente ordinata in intelletto (o spirito), ragione (ambito psichico) e corpo (ambito del sensibile). Il tutto si riassume nell'elemento gerarchicamente superiore, poiché la sensazione stessa, benché sia derivante dall'interazione di cause esterne con la coscienza è, di per sé, un fatto interno. Il giudizio poi, col ragionamento, attraverso analisi e sintesi, elabora i dati acquisiti da quest'ultima, altrimenti definibile senso intimo, attraverso il filtro aprioristico rappresentato dall'intelletto. Per l'aspetto storico-filosofico del tema della tripartizione; cfr. il ns. Janua Inferni comparso sul n. 1 di questa stessa rivista.

4 Esemplare in tal senso l'opera di Ernst Cassirer (1874 / 1945). Importante è poi rilevare in lui - per le tematiche inerenti l'"evanescenza" della materia e che affronteremo più avanti - la perdita di "spessore" del mondo fisico: essa è resa evidente dal trasferirsi, dell'oggettività del conoscere, da quella che egli ritiene una pretesa realtà sostanziale esterna, alle immediate, interiori relazioni funzionali, proprie alla stessa attività conoscitiva del pensante.

5 Cfr. infra il concetto compagnonico di "capolavoro". Va da sé che tale conoscenza è esclusivamente acquisibile in un contesto di gnosi i cui contenuti spazino nell'intero arco che va dalla metafisica sino alle scienze tradizionali e che sono noti alla cultura occidentale sotto il titolo di philosophia perennis, alla cui valenza universale e non sottomessa al tempo anche il Cusano accenna nel suo riferirsi alla <<religio una in rituum varietate>>.

6 L'astrazione consiste nell'isolare, col pensiero, una qualità da un oggetto dato: nella fattispecie, esso è, appunto, la materia delle osservazioni scientifiche. Si passa poi ad un grado superiore d'astrazione quando, s'isolerà un modo di questa stessa qualità …e così via…. sino a che, attraverso questo reiterato processo "astrattivo", non si giunga a quel grado d'irrealtà rappresentato dalla materia totalmente indeterminata qui presa in considerazione.

7 In effetti - stricto sensu - l'interpretazione del "come se" è caratteristica della scuola di Joseph Vaihinger (1852/1933): il pensiero è ridotto a funzione organizzativa del sentire. Principi e concetti sono, pertanto, da intendere solo quali modelli ordinativi ma privi di una reale aderenza alla realtà. Ancora una volta, la giustificazione di tutto è l'utilità.

8 Jeremy Bentham (1748/1832).

9 An Introduction to the Principles of Morals and Legislation Edited by J. H. Burns and H. L. A. Hart, Clarendon Press, 1996.

10 I fondatori della scienza economica, Thomas R. Maltus (1766/1834) e David Ricardo (1772/1823), furono esplicitamente utilitaristi.

11 Nello stesso periodo, giunge a compimento, anche una serie di idee matematiche apparse intorno al principio del XIX sec.

12 Queste considerazioni sono tanto più vere oggi, quando, per l'uso generalizzato del computer, che opera in modo digitale con sequenze di cifre, prefissate e di lunghezza finita, i processi matematici trascendenti debbono essere sostituiti da espressioni algebriche, traducibili in operazioni aritmetiche elementari e per le quali, ai fini del risultato, sarà sufficiente, una volta raggiunto un certo grado d'approssimazione, interrompere l'iter computationis verso il valore limite. È per questa ragione che, col calcolo automatico, nel contesto di un generale riduzionismo dell'intera matematica, s'aggrava l'errore implicito nel passaggio dal continuo al discreto.

13 Über einen die Erzeugung und Verwandlung des Lichtes betreffenden heuristischen Gesichtpunkt.

14 Evidente rivincita delle congetture corpuscolari di Newton.

15 Se l'astrazione è essenzialmente analisi (cfr. supra n. 5), la generalizzazione, permettendo di comprendere in uno stesso concetto, indefinite idee particolari, è essenzialmente sintesi: in questo caso però i due "oggetti" alternativi, onda e corpuscolo, non danno luogo ad un terzo "oggetto" (un modello di compendio) ma soltanto ad un utilitaristico principio compromissorio tra le due concezioni che li hanno costruiti.

16 Cfr. Die physikalischen Prinzipien der Quantentheorie, 1930, I.1.

17 Sostenuto anche da Einstein.

18 È l'espressione interpretativa della realtà (le premesse si trovano già in Democrito; cfr. anche Dante, Inf. IV.136), maggiormente aderente a quella negazione attiva, che perfettamente corrisponde alla natura ed alla volontà di coloro nei quali, lo spirito dissolvente del tempo presente, più compiutamente s'incarna. Vd. anche F.W. Nietzsche, die Wille zur Macht, XV. § 24.

19 Esse, poiché stabiliscono una relazione di conformità tra la parte ed il tutto, sono (solo) una forma ma con alcune proprietà: esistono grazie alla luce e pertanto hanno una dinamica, sono una cosa unitaria ma prive di struttura pur risultando, nel frattempo, piatte (the shadow) m'anche tridimensionali (the shade). Cfr. Roberto Casati, La scoperta dell'ombra, Scienza - Oscar Saggi, Mondadori, 2001.

20 Definire esatto un qualcosa è molto impegnativo avendo il significato di privo di errori e conforme al vero. Da exactum, p.p. di exigere, nel senso di pesare (-agere) esattamente (ex-).

21 Illuminante questa considerazione di Einstein: <<Per il fisico, un concetto ha valore soltanto quando è possibile discernere se esso, nel caso concreto, conviene o no>>; trad it. Sulla teoria speciale e generale della relatività, Bologna, 1921, p. 18.

22 Ludwig J. Wittgestein (1889/1951); da ricordare soprattutto: Tractatus logico-philosophicus, trad. it. Torino, 1968 e Ricerche filosofiche.

23 Cfr. supra n. 2 et infra n. 37.

24 In altri termini: il sistema di riferimento determina le misure ma esprimendole in ordine al grado di realtà definito dalle sue specifiche caratteristiche e questo sino a che, con la fisica quantistica, per l'influenza accordata all'interazione dell'osservatore, si mette in dubbio anche l'effettiva determinazione di esse: cfr. die Unbestimmtheitsrelationen di Heisenberg.

25 Per esemplificare la costanza, in tutte le culture, di questa centralità del moto, basti la citazione del noto testo cinese denominato I King o libro dei mutamenti, nel quale, l'alternarsi delle linee intere e spezzate, che vengono così a formare sessantaquattro esagrammi, era concepito come un'immagine del continuo trapassare cosmico da un fenomeno all'altro. Naturalmente, non si tratta, come rozzamente pensava lo stesso Leibnitz, del preannuncio estremo-orientale ed applicativo del sistema binario.

26 Met., V, 4, 1015a 13.

27 Sostanziale: generazione e corruzione. Qualitativo: mutamento. Quantitativo: aumento e diminuzione. Il primo, implicante la traslazione dei corpi, è quello fondamentale perché è ad esso che gli altri tre possono essere ricondotti. Le reazioni degli elementi, sottomessi a questi movimenti, generano le differenti sostanze.

28 I quali, enumerati secondo l'ordine del rispettivo sviluppo, sono: etere, aria, fuoco, acqua, terra. A loro volta, essi procedono dalla reazione della ulh al moto vibratorio che percorre tutto il cosmo. Sul piano della condizione umana, le sue modificazioni complesse corrispondono ai diversi tipi di sensazione.

29 Esso è appunto quella vibrazione originaria provocata da quella prima percussione della quale abbiamo scritto in ATOPON, il precedente articolo apparso sul questo stesso numero della rivista.

30 A livello cosmologico, il ripetersi del numero cinque, spiega perché il pentalfa sia, dall'antichità, il simbolo di tutte queste relazioni. Nel Pitagorismo, in corrispondenza dei vertici erano collocate le lettere U , G, I, EI, A, le quali erano disposte in modo che, lette in senso antiorario (polare/celeste), davano ugieia, salute, salvezza. Altra lettura: Y, cfr. infra n. 36; G, cfr. infra n. 35; I, l'Unità; EI, in gr. sono!Che costituisce la risposta all'ingiunzione <<conosci te stesso!>>; A, la base grafica del simbolo stesso, grafica che è retta da una precisa legge d'armonia, tant'è che ogni elemento del pentalfa viene ad essere la sezione aurea di un altro.

31 In quest'accezione la vita (bioV ) è di ogni corpo ancorché, in forma privilegiata, si manifesti in quelli che oggi siamo soliti limitare, per l'esclusione del mondo minerale, ai vegetali ed agli animali.

32 Da qui la capacità di leggere i signa rerum.

33 Essa nasce, di fatto, con Galilei e Newton.

34 La matematica del mondo classico era quella "solida", caratteristica dei popoli sedentari e, di conseguenza, costruttori, dove il numero - com'avveniva nel Pitagorismo - era legato alle forme geometriche (le progressioni dei numeri poligonali) mentre presso i nomadi semiti, ebrei ed arabi, esso era considerato aritmeticamente come la Kabbalah e la Ilmul-hurûf - la scienza delle lettere (e dei numeri) - stanno a dimostrare. Questo non è senza relazione col ruolo, prima degli arabi e poi dei matematici ebrei, nei più importanti sviluppi algoritmici della matematica occidentale. La "solidità" della matematica classica trova conferma anche a livello linguistico: calculus è una pietra, il sassolino per fare di conto mentre, sul piano medico, è qualsivoglia formazione litica interna al corpo ma che, dal punto di vista simbolico, diventò, con l'avvento dell'Ermetismo, il riferimento fisiologico dell'alchemica <<pietra nascosta dei saggi>> ovvero quel luz (ebr. per mandorla) nel cui interno, essendo un osso indistruttibile, dopo la morte, l'anima resterebbe nascosta sino al giorno della resurrezione.

35 La scienza del calcolo dei rapporti, in una prospettiva unitaria del sapere, era chiamata, appunto, logismoV e, come la polisemia di altri termini matematici sta a dimostrare, da essi era contesto anche il discorso etico e politico: ad esempio la uperbolh e la elleiyiV , sono sì le sezioni coniche ma, rispettivamente ed in ben più ampia accezione, anche l'eccesso e la mancanza. Cfr. Paolo Zellini, Matematica e Etica, in Matematica e Cultura a cura di Michele Emmer, Springer, 2000.

36 Per questi argomenti cfr. l'omonimo Gnomon (Adelphi, 1999) di Paolo Zellini. È significativa la connessione etimologica del nome dello strumento con gignomai e gnwsiV , tant'è che la prima accezione di gnwmwn è conoscitore, indagatore, interprete. È poi da notare, come la stessa lettera iniziale g, nella sua forma maiuscola G, rappresenti una squadra e, precisamente, i due lati dell'angolo retto (del triangolo rettangolo 3-4-5) di quella a branche diseguali. Squadra, che aveva una notevole importanza nella Massoneria operativa, dove la Loggia non poteva iniziare i suoi lavori se non con il concorso di tre maestri in grado d'unire a triangolo, tre bacchette aventi le suddette proporzioni. In ogni caso, ancor oggi, the jawel del Past Master riproduce, su questo stesso triangolo, la dimostrazione grafica - per tre scacchiere di 9, 16 e 25 case - del teorema relativo al quadrato dell'ipotenusa.

37 Il nome greco di questo secondo strumento consiste nell'associazione di dia- e -bhthV ¬ bainw (marciare). Del resto anche l'italiano compasso, viene dal lt. parlato compassare, misurare a passi (cum + passus) e quindi esprime lo stesso concetto sotteso al movimento degli arti e ripreso da quello dei due gambi divaricabili. La biforcazione (dia) dell'iter sul quale si trova a marciare (bainw) l'uomo di conoscenza (gnwmwn), ci rimanda al celebre aneddoto del sofista Prodico di Ceo (nel suo perduto Wrai, secondo il riassunto fattone da Senofonte nei Memorabili, II, 1. 21-34), nel quale Eracle è presentato di fronte al bivio tra il sentiero del piacere e quello della virtù ma, tra i due, egli non esita a scegliere il secondo. Tutto questo, nella gnosi antica, era anche strettamente collegato ai significati sottesi alla lettera U , copia grafica dello strumento ed immagine dei due percorsi che si prospettavano all'iniziando: ovvero i piccoli (ta mikra, a Agre) ed i grandi misteri (ta megala, a Eleusi).

38 A tutt'oggi, nell'ancorché non più operativa ma speculativa Massoneria, la squadra ed il compasso appaiati sono le insegne dell'istituzione.

39 Definire l'equilibrio con l'unità corrisponde al fatto che, da questa, si dipartono le due serie opposte dei numeri interi e dei loro inversi e di conseguenza, l'analogia d'assetto dei numeri positivi e di quelli negativi, rende evidente l'artificiosità della posizione centrale assegnata in quest'ultimo caso allo zero. Ciò non toglie l'importanza, ancora una volta empirica, che questa notazione convenzionale ha nei nostri processi di calcolo. Per tutto questo tema cfr. il Ch. XVII di R. Guénon, Les principes du calcul infinitésimal, Gallimard, 1951.

40 Cfr. supra n. 5.

41 I.e.: metriche e cronometriche.

42 Metior, mensus sum, metiri. Cfr. il skr. mâtrâ, misura. È qui importante chiarire un errore ampiamente diffuso ovvero quello di far derivare materia da mater quand'è vero esattamente il contrario: giustamente il Meillet (Dictionnaire étymologique de la langue latine) osserva che materia è la <<substance dont est fait la mater>> confermando, con evidenza, la principalità della materia ed infatti continua, specificando ancor meglio il senso della cosa: <<c'est-à-dire le tronc de l'arbre considéré en tant que producteur de rejetons>>. Purtroppo però, non sempre le conoscenze linguistiche vanno di pari passo con le capacità logiche. Le risorse caratteriali, necessarie per sfuggire al plagio di un certo soffocante conformismo accademico, sono poi ancor più rare. Subito dopo, infatti, l'autore nell'adeguarsi alle idées reçues sull'argomento, prosegue con l'affermare che il termine <<dérive de mater>> mentre ha testé dimostrato esattamente il contrario.

43 È però necessario precisare come la materia secunda non coincida con il mondo corporeo del quale s'occupa la nostra fisica ma ne sia, in un certo senso, la radice ovvero le qualità sensibili che si manifestano sono soltanto la "proiezione" di forme ad essa inerenti.

44 È bene fare però presente quanto singolare, indiretto ed ipotetico sia il ruolo dell'esperienza nella Relatività. Gli esperimenti ideali, dei quali Einstein si serve - in entrambe le R - non sono empiricamente realizzabili ma, in virtù di una catena deduttiva, discesa da lontane osservazioni effettive, traggono tutto il loro valore dalle conseguenti implicazioni logiche che vengono così a sottendere. In altri termini, quella relativistica non è un'esperienza classicamente intesa ma una sua forma ideale e trasposta che appare nuova ed inusitata.

45 Secondo un'altra immagine essi sono i due poli della sfera cosmica. Cfr. anche lo yang e lo yin della cosmologia estremo-orientale.

46 L'applicazione del "principio" di complementarità è sempre attiva: anche per la R, s'afferma che, ad un certo livello operativo, diciamo pure "grossolano", vengano a mancare le ragioni di non ricorrere all'impostazione pratica e concettuale implicita alla fisica classica. Nel contempo, la critica relativistica della simultaneità contraddice il concetto, che è l'a priori stesso dell'esperienza, sviluppando poi, grazie ad un raffinato convenzionalismo matematico, che elimina ogni possibile riferimento antropomorfico, impressionanti derive sillogistiche, sfocianti letteralmente nel fantastico: ecco perché il solido mondo del positivista è travolto da concetti fisici che non possono più essere ridotti a meri contenuti percettivi.

47 Il discorso, specie per le matematiche pure, deve escludere un'immediata, esplicita intenzionalità per l'utile poiché, in diversi campi e sul momento, la loro applicabilità quasi mai appare prevedibile ma è solo col trascorrere del tempo che essa tende a rivelarsi.

48 Arthur Stanley Eddington (1882/1944); direttore dell'Osservatorio di Cambridge è uno tra i primi ad aver formulato l'ipotesi del Big Bang.

49 Fritjof Capra (Vienna, 1939); studioso della fisica delle alte energie ha tenuto lezioni a Stanford ed all'Imperial College di Londra. Il suo Il Tao della Fisica si caratterizza proprio per quest'anomala rivisitazione della metafisica, sia orientale, sia occidentale: tanto per esemplificare, i più alti stati, conseguibili dalla realizzazione spirituale, sono descritti quali esperienze - attingibili fuori della sequenza temporale - del continuum spazio-temporale ipotizzato dalla R. In effetti, l'allontanarsi della fisica dalla realtà sensibile la spinge in un'area situata al di sotto e non al di sopra di essa.

50 Stephan W. Hawking (Oxford, 1942); titolare della Lucasian Chair a Cambridge, si è dedicato ad un tentativo di sintesi cosmologica inteso all'unificazione delle teorie quantistiche con la gravità attraverso la RG.

51 E qui, di nuovo, torna il pensiero a Bacone ed al suo schematismus latens.

52 La solidità comporta la corporeità; n'è, anzi, l'apice concettuale. Quest'ultima, a sua volta, implica lo spazio e quand'anche si volesse, cartesianamente ed erroneamente, ridurre all'estensione, facendo dello spazio un modo della quantità, ci si collocherebbe, pur sempre, nell'ambito della quantità continua.

53 È attraverso innumerevoli procedure, nelle quali il più spinto convenzionalismo genera una specie di gioco, che avviene la riduzione di tutta la matematica al calcolo. Il motivo pel quale tutto ciò ha oggi grande importanza, sta in due esiti soltanto apparentemente contraddittori: per primi vengono i risultati pratici, cui queste procedure possono permettere di giungere. Sul piano però della teorizzazione, affascinano invece proprio tutti quei paradossi concettuali che sorgono in abbondanza dall'aver confuso la natura profonda dei numeri con le cifre, le quali dovrebbero soltanto rappresentarli. È questo l'errore di coloro che - come i prigionieri di Platone - scambiano l'ombra per la realtà. Cfr. anche E. Husserl, secondo il quale, ne L'Origine de la Geometrie (P.U.F., Paris, 1962), il senso del teloV ossia del fine della ricerca conoscitiva, dovrebbe coesistere con quello della verità principiale (alhJ eia), quand'invece, più ci s'allontana da quest'inizio, l'analitica molteplicità del sapere contemporaneo tende irrimediabilmente a smarrirsi.

54 Qui s'intendono i numeri nell'accezione quantitativa ed ordinaria del termine e non quelli cui fa riferimento Pitagora (cfr. supra, n. 33). Numeri che, per le loro valenze analogiche e simboliche, sono invece puramente qualitativi, assimilandosi in tutto alle idee platoniche. Non sono, parimenti, neppure quelli presi in considerazione dalla matematica del Cusano, da lui valorizzata, proprio poiché permette di fare le congetture più attendibili, come la disciplina che meglio s'avvicina alla verità delle cose.
 


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[Una presentazione dell'autore si trova nel numero 1 di Episteme]

ausserberrau@hotmail.com