Il mistero degli Indiani Mandan

(Giuseppe Pirazzo - Francesco Vitale)

 

Sommario - A partire dal XVII secolo, vari esploratori vennero in contatto, nella regione dell'America Settentrionale corrispondente all'attuale stato del North Dakota, con una tribù di Indiani, i Mandan, aventi carattersistiche somatiche tipicamente europee (capelli biondi o rossi, occhi azzurri e pelle chiara). Per spiegare tali peculiarità, gli Autori espongono le varie teorie avanzate dagli studiosi, a partire da quelle, coeve con la scoperta di questi Pellerosse, che li volevano discendenti dai Gallesi, fino a quelle, più recenti, che li vogliono discendenti dai Vichinghi e concludono proponendo una loro spiegazione, secondo la quale le stranezze somatiche dei Mandan furono prodotte da una mutazione genetica causata dai minerali radioattivi presenti nella regione che essi occupavano.

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I fatti che fecero conoscere al mondo la presenza dei Pellerosse Mandan risalgono al 1803, anno in cui Thomas Jefferson diventò il terzo presidente degli Stati Uniti d'America. Il suo desiderio, mai esaudito prima, di arrivare ad un'approfondita conoscenza delle regioni comprese tra il Mississippi e la costa del Pacifico, poté finalmente concretizzarsi con la sua elezione alla carica di Presidente. Egli affidò, infatti, a due valenti ufficiali dell'esercito, Meriwether Lewis e William Clark, il compito di effettuare la traversata e l'esplorazione del continente, in vista di un'espansione dell'Unione fino al Pacifico. Tutto si sarebbe dovuto svolgere con la massima segretezza, dal momento che il territorio da attraversare apparteneva in gran parte alla Francia. Tuttavia si presentò proprio allora la possibilità, per l'Unione, di acquistare da Napoleone la Louisiana, immenso territorio, in gran parte inesplorato, che allora si estendeva dalla costa settentrionale del Golfo del Messico, fino ai Grandi Laghi e comprendeva le regioni che si affacciavano sui fiumi Mississippi e Missouri (v. successiva Figura 1): perciò non fu più necessario effettuare il viaggio di esplorazione in segreto.

La spedizione, composta da una cinquantina di uomini, trascorse l'inverno 1803-1804 in un accampamento realizzato alla confluenza del Missouri col Mississippi. Il viaggio vero e proprio iniziò il 14 maggio 1804. Due piroghe e una grossa chiatta furono utilizzate dalla spedizione per risalire il Missouri.

I primi Indiani incontrati all'inizio di agosto furono gli Oti. Dopo una generosa elargizione di doni, gli esploratori proseguirono senza fastidi. Verso la fine di agosto entrarono nel territorio dei Sioux, i quali, anche se si dimostrarono un po' ostili, non impedirono al corpo di spedizione di raggiungere la regione dell'attuale South Dakota. Con stupore gli esploratori constatarono che gli Indiani Aricara, che lì vivevano, rifiutarono le bevande alcooliche che erano risultate gradite alle tribù precedentemente incontrate e questo fatto costituiva uno dei vari casi di comportamento diverso da quello tenuto dagli Indiani delle praterie.

Figura 1

A novembre fu necessario costruire un accampamento dove trascorrere l'inverno che si preannunciava rigido. Fu realizzato nella regione corrispondente all'attuale North Dakota, dove vivevano gli Indiani Mandan e Fort Mandan fu difatti chiamata quell'opera difensiva, che poi è diventata una moderna città.

All'inizio del 1805 Clark cominciò a contattare questa tribù di Indiani, che non mancò di attirare la curiosità di tutti gli esploratori. Innanzi tutto avevano la pelle chiara; molti avevano gli occhi azzurri o grigi e alcuni avevano i capelli castani o rossi; i vecchi avevano i capelli bianchi, caratteristica insolita tra gli Indiani.

Queste stranezze venivano giustificate con una leggenda popolare che li voleva discendenti da un re del Galles, che avrebbe fondato una colonia in America nel XII secolo. Questa tradizione sembrava confermata dalla somiglianza di alcune parole indiane con i corrispondenti termini in gallese; inoltre le loro imbarcazioni, ricoperte di pelli, assomigliavano al coracle usato nel Galles. Tuttavia, il pastore protestante John Evans - originario di questa parte dell'Inghilterra - che trascorse l'inverno del 1795 con quegli Indiani, affermò che nessuno dei Mandan parlava il gallese. Alla stessa conclusione giunsero vent'anni dopo Lewis e Clark.

Il pittore americano George Catlin, che pure visse tra quelle genti per un lungo periodo di tempo, lasciò molti ritratti di Mandan con la pelle chiara e i capelli biondi, ma tentò anche di dare a queste stranezze qualche spiegazione. Intanto affermò che, essendo quegli Indiani poco numerosi, non erano in grado di combattere in campo aperto contro i vicini Sioux e le altre tribù nomadi: perciò avevano costruito villaggi fortificati. Erano sedentari e si dedicavano all'agricoltura. Poi era convinto che essi fossero i discendenti dall'incontro fra un popolo civilizzato e i Pellerosse e che la loro presenza fosse la testimonianza di una colonia gallese fondata da Madoc, re del Galles Settentrionale. Questo re s'imbarcò nel 1170 su dieci navi per colonizzare una terra, da lui scoperta, che si affacciava sull'Atlantico. Successivamente, avrebbe risalito con le navi il Mississippi - partendo dalla sua foce oppure dalla Florida - e l'Ohio. Lungo quest'ultimo fiume, i Gallesi avrebbero trovato finalmente un territorio fertile, che avrebbero occupato stabilmente, praticando l'agricoltura. In lotta continua con le bellicose tribù confinanti, sarebbero stati costretti a realizzare numerose fortificazioni nella zona da loro occupata, ma sarebbero stati quasi tutti sterminati. Soltanto una sparuta minoranza sarebbe stata risparmiata e precisamente quella formata dai discendenti di quelle famiglie che si erano imparentate con gli Indiani. Questa piccola tribù, costretta anch'essa a cambiare continuamente residenza a causa dell'ostilità di quelle vicine, si sarebbe infine decisa a tornare indietro e a risalire il Missouri, fino a portarsi nella zona dove furono trovati.

La spiegazione di Catlin dell'origine dei Mandan è inaccettabile se si tiene conto dei fatti che egli stesso aveva menzionato. Sembra infatti assurdo che i Gallesi, cacciati dagli Indiani in una zona assai vicina all'Atlantico, si fossero poi allontanati dalla costa e, dopo aver risalito il Mississipi e il Missouri, si fossero inoltrati in territori lontanissimi e occupati da popolazioni indiane ostili. Anche se, dopo lo sterminio di gran parte di quella gente, fu consentito ad una sparuta minoranza di lasciare incolume quella zona, è improbabile che tutte le altre tribù indiane, che per migliaia di chilometri occupavano il corso del Mississippi e del Missouri, abbiano pure concesso l'immunità a quegli sventurati. Inoltre, nella mitologia dei Mandan c'era l'esplicita affermazione della loro discendenza da un uomo bianco, giunto in canoa in tempi preistorici.

Questa strana tribù di Indiani non fu però scoperta dalla spedizione voluta da Jefferson: il primo grande esploratore francese, Champlain, ne parlava già nel 1615. Poi fu il governatore francese dal Canada ad affidare al mercante di pelli Verandrye il compito di esplorare il territorio dei Mandan. Verandrye fu dunque il primo bianco a conoscere bene i Mandan e anch'egli constatò che, sia per la costituzione fisica che per le usanze, essi si differenziavano nettamente dai componenti di tutte le altre tribù.

Purtroppo, il mistero non poté essere risolto: alla fine dell'Ottocento, un'epidemia di vaiolo sterminò tutti gli Indiani di quella tribù. Quindi, se non è possibile imputare ai Gallesi le singolari caratteristiche somatiche di quelle genti, occorre prendere in esame le altre ipotesi che sono state avanzate.

Prima dei Gallesi, le coste settentrionali dell'America erano state raggiunte dai Vichinghi, che avevano i capelli rossi e gli occhi chiari: sorge perciò spontanea l'idea di attribuire a influenze vichinghe le singolarità riscontrate nei Mandan.

L'espansione vichinga in America iniziò con una spedizione di Leif Ericsson - figlio di Eric il Rosso - che, nella ricerca di nuove terre, nel 1001 partì da Brattahlid (v. Figura 1), colonia occidentale groenlandese. Costeggiando quest'isola, si diresse verso l'estremità meridionale dell'Isola di Baffin e da lì proseguì verso sud, seguendo la costa orientale della penisola del Labrador (che chiamò Markland, cioè "Terra boscosa") e raggiungendo lo stretto di Belle Isle. Dopo averlo varcato, toccò la vicina estremità settentrionale di Terranova, dove fondò un insediamento a cui diede il nome di Leifsbudir.

Dopo aver trascorso l'inverno, Leif, lasciata Terranova - che chiamò Vinland ("Paese del Vino") - fece ritorno in Groenlandia.

L'anno seguente toccò al fratello di Leif, Thorvald, ritornare a Terranova e a Leifsbudir, dove trascorse l'inverno. In primavera esplorò le coste del Labrador.

Ma fu nell'anno 1009 che Thorfinn Karlsefni cercò di colonizzare Vinland, portando con sé la moglie e 250 coloni. Tuttavia, le lotte con gli indigeni lo costrinsero, nel 1013, sulla via del ritorno.

L'ultimo tentativo di insediamento a Terranova fu opera di Freydis, figlia di Eric il Rosso; ma, a causa di vari avvenimenti, anche questo fallì.

Sulla permanenza ancora per parecchi decenni dei Vichinghi in quella parte dell'America Settentrionale ci sono molti dubbi, anche se un riferimento a Vinland sembra esserci nella Storia della Chiesa, scritta dal britanno Ordericus Vitalis verso il 1125.

A Newport, nel Massachusetts, una torre cilindrica realizzata in pietra è stata attribuita ai Vichinghi, perché presentava una struttura simile a quella delle chiese costruite nella Scandinavia. Successive ricerche hanno consentito di stabilire che l'edificio fu costruito nel XIV secolo e doveva servire anche da fortezza; ma si tratta di una testimonianza isolata (e forse unica) della loro presenza in quella zona.

I Vichinghi possono essersi dunque spinti lungo la costa atlantica verso sud fino a Newport, perché altri insediamenti non sono stati trovati. Questo popolo nordico preferì, a quanto pare, le coste della Groenlandia - più fredde ma più simili a quelle della Norvegia - a quelle climaticamente più dolci di Vinland. Il motivo fu certamente la forte ostilità degli Indiani. Infatti, i Vichinghi, le cui navi di dimensioni contenute potevano portare un equipaggio piuttosto esiguo, quando sbarcavano durante le loro incursioni, non potevano allontanarsi dai punti di approdo, per non venire poi circondati e sopraffatti da una possibile reazione della popolazione attaccata, una volta organizzatasi dopo lo scontro iniziale.

L'ipotesi dell'origine vichinga dei Mandan è stata avanzata e sostenuta da Paul Herrmann. Secondo questo studioso, la zona situata a sud del Lago Superiore, ricca di giacimenti di rame, avrebbe spinto i Vichinghi a spostarsi fin lì e a proseguire verso ovest, fino a raggiungere la zona occupata dai Mandan, per tentare poi di raggiungere i centri minerari più ricchi nel vicino Montana.

Quest'ipotesi è inaccettabile per vari motivi. Innanzi tutto occorre far presente che giacimenti di rame si trovano a Terranova e nella penisola Gaspé, nel Golfo di San Lorenzo (v. Figura 1), terre già toccate dai Vichinghi, che perciò non avrebbero avuto alcuna necessità di spostarsi di migliaia di chilometri per trasportare modeste quantità di rame; se si fosse trattato di oro, forse l'ipotesi sarebbe stata accettabile.

Un secondo motivo è che la zona dei Mandan dista ben 650 chilometri dall'estremità occidentale del Lago Superiore. Non c'è alcuna via fluviale di comunicazione che possa aver consentito ai Vichinghi di raggiungere con le navi il North Dakota attraversando il Minnesota; essi, come abbiamo già spiegato, non si allontanavano mai a piedi a notevoli distanze dagli approdi. La regione da attraversare era inoltre abitata dai Sioux Orientali, che certamente non avrebbero consentito agli invasori nordici di attraversare incolumi il loro territorio.

Inoltre, il Lago Superiore non poteva essere nemmeno raggiunto risalendo il fiume San Lorenzo fino al Lago Ontario, perché il dislivello rispetto all'adiacente Lago Erie, in comunicazione con gli altri Grandi Laghi, produce le enormi e insormontabili Cascate del Niagara: i Vichinghi, per aggirarle, avrebbero dovuto trasportare le loro navi, oppure imbarcazioni più piccole, via terra per decine di chilometri (supponendo che avessero preventivamente perlustrato a piedi tutto quel territorio) prima di rimetterle nelle acque del Lago Erie. Se invece avessero deciso di risalire il principale affluente del San Lorenzo, l'Ottawa - utilizzando piccole imbarcazioni perché questo è navigabile soltanto nel primo tratto - non avrebbero in ogni caso potuto toccare il Lago Huron (comunicante col Lago Superiore), perché l'Ottawa si avvicina ad esso alla distanza minima di circa 150 chilometri, da percorrere, con tutte le imbarcazioni, a piedi anche in questo caso. Infine, era assolutamente impossibile raggiungere il North Dakota attraverso il Canada.

A tutte queste obiezioni, si aggiunge quella che esclude definitivamente l'attribuzione delle caratteristiche somatiche degli Indiani Mandan a influenze europee e che consiste nel fatto che essi non facevano uso della ruota. Sembra infatti impossibile che popolazioni europee, venute in contatto con loro, non abbiano suggerito di utilizzare i carri in zone dove questi sarebbero stati utilissimi, proprio perché, come era stato riferito, essi si dedicavano all'agricoltura.

Non resta, a nostro avviso, che spiegare con una mutazione genetica le strane caratteristiche somatiche dei Mandan. L'idea ci è venuta in mente quando abbiamo esaminato le carte dei giacimenti minerari degli Stati Uniti e del Canada (v. Figura 1).

Nel Montana, stato confinante col North Dakota, scorre il fiume Yellowstone, che si innesta poi a nord col Missouri. Ebbene, il fiume tocca una zona molto ricca di giacimenti di uranio, unici nel raggio di centinaia di chilometri: infatti, i giacimenti statunitensi più vicini paragonabili a questi si trovano nella regione di Colorado Plateau e nel Nuovo Messico (1000 km a sud); nel Canada, i più vicini sono quelli di Uranium City, sul Lago Athabasca, 1500 chilometri a nord.

Oggi sappiamo che un'eccessiva esposizione alle radiazioni produce effetti somatici cronici negli individui colpiti, che si manifestano a distanza di tempo dall'irradiazione. Consistono nell'alterazione della pigmentazione della pelle e dei capelli, nella diminuzione della durata della vita per leucemia o tumori, invecchiamento precoce caratterizzato da fibrosi della pelle e del miocardio, da atrofie e da difetti degli organi linfoidi, del midollo osseo e delle gonadi; anche il sistema immunitario può risultare definitivamente compromesso. Si sa pure che l'esposizione prolungata ad un'irradiazione di bassa intensità produce gli stessi danni genetici di un'irradiazione breve, ma di elevata intensità: le caratteristiche peculiari dei Mandan sembrano perciò corrispondere bene agli effetti genetici prodotti da un'esposizione prolungata a radiazioni dovute a piccole quantità di uranio trasportate dalle acque dello Yellowstone e poi da quelle del Missouri nel tratto che attraversava il territorio di quella tribù. Oppure, i loro mitici progenitori potrebbero essere stati un gruppo di pochi individui provenienti proprio dal Montana, nei quali la mutazione genetica doveva aver prodotto effetti molto più intensi di quelli poi riscontrati nei componenti della tribù e che discesero in canoa il corso dei due predetti fiumi. Infine, fu probabilmente la perdita di efficienza del sistema immunitario dei Mandan a rendere possibile la loro completa estinzione durante un'epidemia di vaiolo.

Era però necessaria una conferma indipendente per questa nostra spiegazione. Ebbene, gli Aracani, Indios della Bolivia, hanno caratteristiche somatiche molto vicine a quelle, indoeuropee, dei "bianchi". Abitano nella città di Tiahuanaco, ma sono presenti, in minor numero, nelle zone bagnate dal Rio Guaporé, fiume che, presso il confine con il Brasile si unisce al Rio Beni, formando il Rio Madeira. Le carte geografiche che indicano i giacimenti minerari del Perù, della Bolivia e del Brasile e del Cile segnalano un solo grande giacimento di uranio a poche decine di chilometri da Tiahuanaco, proprio presso la città di Araca, nei dintorni del Monte Illiman, dove scorre il Rio de la Paz, che poi confluisce nel Rio Beni (v. la successiva Figura 2).

Altri giacimenti importanti si trovano soltanto in Brasile, presso la città di Juiz de Fora, a 2400 chilometri di distanza.

In definitiva, riteniamo, che il mistero che ha avvolto la tribù dei Mandan per tanto tempo, ma anche la tribù degli Aracani, a motivo di questa nostra ricerca possa essere considerato definitivamente risolto.

Figura 2

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Giuseppe Pirazzo è nato a Reggio Calabria nel 1941. Ha conseguito nel 1960 il diploma di abilitazione magistrale e nel 1979, presso l'Università degli Studi di Messina, il diploma di abilitazione alla Vigilanza nelle Scuole Elementari. Pur svolgendo la sua attività di insegnante elementare di ruolo, da anni si è dedicato, nel tempo libero, allo studio della narrativa anglo-americana e, soprattutto, delle opere delle scrittici Charlotte, Anne ed Emily Brontë.

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Francesco Vitale è nato a Torre Annunziata (NA) nel 1944. Si è laureato a Napoli in ingegneria elettronica nel 1969. Al di fuori della sua attività professionale, da anni si occupa di astronomia e di archeologia, collaborando con varie riviste scientifiche. Recentemente è stato pubblicato il suo libro Astronomia ed esoterismo nell'antica Pompei e ricerche archeoastronomiche a Paestum, Cuma, Velia, Metaponto, Crotone, Locri e Vibo Valentia, nel quale egli propone, tra l'altro, una nuova chiave di lettura dei misteriosi "quadrati magici". Sta per essere pubblicato un altro suo lavoro: La fine del mondo secondo la Bibbia e secondo la scienza (si veda il n. 5 di Episteme).

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