Come l'Argentina diventò l'Antartide

La carta di Piri Re'is, un mito cartografico che dura da quarant'anni

(Alberto Arecchi)

 

1. Charles Hapgood, la carta di Piri Re'is e gli "extraterrestri" di von Däniken

Tre articoli molto interessanti, scritti da Paul F. Hoye e Paul Lunde a commento alle ipotesi avanzate da Charles Hapgood sulle "carte degli antichi re del mare", comparvero nel numero di gennaio-febbraio 1980 della rivista "Aramco World Magazine" (v. nota bibl.). Riassumiamo brevemente le principali considerazioni di tali articoli.

Gli autori ricordano le fasi del ritrovamento della mappa di Piri Re'is, nel 1929, negli archivi dell'Impero Ottomano, nel Palazzo del Topkapi di Istanbul. Si trattava della metà occidentale di un planisfero, che - secondo lo stesso autore - doveva raccogliere tutte le più moderne conoscenze geografiche dell'epoca. La carta, firmata da un capitano ottomano di nome Piri Re'is, recava una data corrispondente all'anno 1513 dell'era cristiana, posteriore di soli ventun anni alla scoperta dell'America, e sembrava derivata da una carta disegnata o usata da Cristoforo Colombo, con le sue scoperte nel Nuovo Mondo. L'ammiraglio turco era riuscito ad entrare in possesso di mappe originali, che suo zio Kemal Re'is aveva preso a marinai della flotta spagnola.

(La carta di Piri Re'is)

Piri Re'is dichiara di avere utilizzato per la propria carta una ventina di diverse fonti, e cita tra queste otto carte dell'epoca d'Alessandro Magno, una carta araba dell'India, quattro carte portoghesi dell'Oceano Indiano e della Cina, e la "carta di Colombo" ottenuta tramite suo zio Kemal. Le altre carte (circa sei, per arrivare ad una ventina) non sono espressamente citate. Tra queste, si suppone per esempio la conoscenza di altre carte portoghesi, relative alle coste del Brasile, scoperte da Pedro Alvares Cabral nel 1500, sulle quali Piri Re'is riporta appunto nomi di derivazione portoghese.

Dopo le prime analisi, la parte occidentale della grande carta fu giudicata autentica, anche sulla base di altre carte dello stesso autore, conservate nella raccolta Kitab-i Bahriye ("Il manuale del marinaio"), in cui Piri ripete anche un simile racconto della scoperta delle Americhe da parte di Colombo.

Nel 1954 Charles Hapgood, professore di storia della scienza presso il Keene State College (New Hampshire), intraprese coi propri studenti lo studio della carta di Piri Re'is.

Due anni dopo, le prime considerazioni dell'équipe furono rivelate dallo svizzero Erich von Däniken, nel discutibile best-seller Chariots of the Gods, che ottenne oltre 18 edizioni in inglese e fu tradotto in molte altre lingue. Si tratta d'un precedente non trascurabile, perché il libro di von Däniken, che vendette diversi milioni di copie, è anteriore d'una decina d'anni alla prima edizione autografa e "scientifica" delle ipotesi di Hapgood (1966), in cui vengono anche citati i pareri del capitano Arlington H. Mallery, cartografo della Marina degli Stati Uniti, e dei direttori degli osservatori astronomici del Boston College e della Georgetown University, Daniel Linehan e Francis Heyden.

Fondamento di questi libri è l'ipotesi che la carta di Piri Re'is raffiguri all'estremo sud le coste dell'Antartide, minuziosamente disegnate, ma prive della calotta ghiacciata che oggi le ricopre, percorse da fiumi e popolate da animali. Dunque, un antichissimo popolo avrebbe saputo realizzare carte geografiche accurate; queste sarebbero state tramandate e copiate nei secoli, ma sarebbero poi andate distrutte negli incendi della grande Biblioteca d'Alessandria, salvo qualcuna che - miracolosamente scampata - sarebbe giunta tra le mani dell'ammiraglio turco.

(Lo schema della carta di Piri Re'is, disegnato da Hapgood)

La differenza tra il racconto di von Däniken e quello di Hapgood consiste nel fatto che il primo presume esplicitamente l'intervento di extraterrestri, mentre il secondo sviluppa un riferimento più generico ad un impero di "antichi Re del mare", senza ulteriori speculazioni sulle loro origini etniche. Nel frattempo, l'illustre geografo del New Hampshire aveva pubblicato le proprie teorie sullo scorrimento della crosta terrestre, per dimostrare come l'Antartide fosse stata in passato una terra fertile ed abitata.

2. Altre carte che suscitano interrogativi

Nel libro sulle carte degli "antichi Re del mare", Hapgood cita altre antiche carte, a sostegno dell'ipotesi di conoscenze geografiche, stabilite sin da epoche antichissime (addirittura prima dell'ultima glaciazione, con un'Antartide scoperta dai ghiacci).

Vi sono altre carte geografiche "fuori della norma", apparentemente anacronistiche.

Una è quella dell'America, realizzata nel 1510 da Glareano, famoso poeta, matematico e geografo svizzero. È simile alla carta di Piri Re'is, ma in più vi appare la costa occidentale dell'America, una dozzina d'anni prima del passaggio ad ovest da parte di Magellano. Questa carta fu riprodotta nel 1512 nel celebre atlante edito a Cracovia da Johannes de Stobnicza.

Hoye e Lunde, autori degli articoli su "Aramco World Magazine", non escludono che questa edizione dell'opera di Tolomeo possa essere giunta tra le mani di Piri Re'is e addirittura che ad essa - e a Tolomeo - faccia riferimento l'ammiraglio turco, quando parla di opere "dell'epoca di Alessandro Magno".

Si sa che il primo cartografo europeo ad indicare l'esistenza d'un continente australe fu Leonardo da Vinci, che progettò il planisfero, poi dipinto intorno al 1508 da Francesco Rosselli. Vi appare una vasta terra, a sud dell'Africa, chiamata Antarcticus. Nel 1515 un continente australe appare nella carta di Schoner. Tra le antiche carte che mostrano l'Antartide prima della sua "scoperta ufficiale", le più note sono quelle redatte negli anni 1531-1532 dal cartografo francese Oronteus Finaeus (Oronce Finé, nato nel Delfinato nel 1494). Un'iscrizione in latino campeggia e dice: "Terra australe scoperta di recente, non ancora del tutto conosciuta". Vi sono importanti differenze tra il suo "continente australe" e la vera Antartide. Nella carta di Finé, l'estremità dell'America del Sud e l'Antartide sembrano toccarsi, mentre sono distanti circa 600 miglia. Inoltre, la penisola di Palmer manca completamente. Nonostante che il continente australe vi appaia orientato in modo errato, e nonostante l'assenza della lunga penisola Antartica, rivolta verso capo Horn, sembra convincente l'ipotesi di Hapgood, il quale sostiene che si tratti di una vera testimonianza della ricognizione di quelle terre, prima che fossero ricoperte dei ghiacci.

La carta di Finé appare più precisa delle precedenti. Lunde suggerisce una possibile spiegazione, derivata da una scritta della carta di Cornelio il Giudeo (de Judaeis), datata 1593, in cui si afferma che un promontorio di quella terra fu "scoperto dai Portoghesi, ma non fu esplorato all'interno".

Si può anche osservare che nella carta di Finé la presunta Antartide reca la scritta "regio Brasilis" e che in quella di Piri Re'is, sulla lunga terra che chiude in basso la carta, si legge: "I Portoghesi riferiscono che qui le notti ed i giorni più brevi siano di due ore, e quelli più lunghi di ventidue ore". Subito dopo, però, aggiunge: "Ma il giorno è molto caldo e la notte ricca di rugiada".

L'insieme di queste note suggerisce che qualche sconosciuto navigatore portoghese possa avere raggiunto le coste dell'Antartide, prima del 1513, e che del suo viaggio sia rimasto il ricordo soltanto in qualche mappa. Questo però non spiega i giorni caldi, le notti di rugiada, o la rassomiglianza dell'insieme del continente, nella carta di Finé, con le carte moderne.

Un'altra possibilità, proposta da Lunde, consisterebbe nella confusione di rilievi della costa settentrionale dell'Australia, compiuti dai Portoghesi (che occupavano Timor, a sole 285 miglia a nord). L'aspetto di questa costa somiglia un poco all'Antartide.

Nel libro di Hapgood, vengono sviluppate considerazioni in merito anche ad altre carte, che dovrebbero mostrare la Groenlandia e le terre dell'estremo Nord prima che fossero coperte dai ghiacci, o - al contrario - in epoche in cui l'intera Scandinavia era ricoperta da una grande coltre ghiacciata.

Schematicamente, Hapgood propone le seguenti conclusioni:

- la carta di Piri Re'is, i portolani ed altre carte antiche contengono informazioni geografiche che si suppongono sconosciute, talune sino alla metà del sec. XX;

- tali carte sono inspiegabilmente accurate, in particolare per quanto riguarda la definizione delle longitudini, che né i marinai, né i cartografi sapevano calcolare, prima degli sviluppi della trigonometria sferica (sec. XVII-XVIII);

- dunque, qualche antica civiltà ancora sconosciuta, precedente ad ogni civiltà già studiata, sarebbe stata capace di rilevare e disegnare le coste dell'America, della Cina, della Groenlandia e persino dell'Antartide, addirittura in un'epoca in cui la Groenlandia e l'Antartide non erano coperte dalle loro coltri millenarie di ghiacci;

- tutto ciò implica che essi conoscessero l'astronomia, gli strumenti di navigazione, come il cronometro, e che possedessero nozioni di matematica, di geometria piana e di trigonometria, molto tempo prima che tali scienze fossero coltivate dai Greci;

- le conoscenze cartografiche avanzate, che traspaiono nelle carte di Piri Re'is, di Oronteus Finaeus e d'altri autori, furono tramandate loro come frammenti, sopravvissuti alla distruzione delle antiche conoscenze, in particolare quelle causate dall'incendio della biblioteca d'Alessandria.

3. Le critiche

Il dibattito è aperto ormai da quattro decenni, tra i fautori ed i critici delle teorie sostenute da Hapgood.

Da un lato, appaiono i lati deboli d'una teoria che stimola le fantasie di autori come von Däniken, tesi alla scoperta del sensazionale.

D'altra parte, occorre ricordare che diversi cartografi militari lavorarono con Hapgood per due anni e condivisero le sue conclusioni. Le conclusioni, tuttavia, appaiono deboli.

Hoye e Lunde pongono in rilievo il fatto che le tesi di Hapgood sono esclusivamente basate su proiezioni matematiche e logiche, mentre il materiale di base offrirebbe solo la possibilità d'un ragionamento induttivo. La presunta precisione delle carte è in realtà frutto d'una ricostruzione mediata da molteplici proiezioni, compiute da Hapgood. Ogni similitudine così ottenuta viene accettata, mentre sono trascurati errori anche molto consistenti, come l'obliterazione di 900 miglia di costa.

Hapgood, inoltre, non attribuisce la dovuta importanza alla mappa di Cristoforo Colombo, da cui Piri Re'is dichiara di aver tratto - ed ha sicuramente tratto - la parte caraibica della sua carta. Non presta sufficiente attenzione all'estensione dei toponimi d'origine spagnola e portoghese (che appaiono evidenti, soltanto trascritti con caratteri arabi), che denotano la derivazione di parti della cartografia dell'ammiraglio turco da mappe delle nazioni che stavano esplorando la parte occidentale dell'Atlantico.

Appare molto discutibile il fatto che Hapgood pensi di riconoscere le Ande nelle montagne disegnate nella carta di Piri Re'is, parallele alle coste atlantiche dell'America del Sud. Occorre ricordare che nella carta non appare la minima traccia delle coste verso l'Oceano Pacifico (mostrate invece in altre carte, di fattura occidentale, non molto posteriori… ma questo è un altro discorso). Non appare neppure l'evidente forma del Mar delle Antille, che non sarebbe sfuggita agli antichi, precisi cartografi.

Infine, la situazione di un'Antartide scoperta dai ghiacci dovrebbe ricondurre la presunta "prima carta" ad una data di circa 50 milioni d'anni fa.

4. Il Mediterraneo di Opicino de Canistris

Tra le antiche carte esaminate da Hapgood, colpisce il riferimento a due disegni di Opicino de Canistris, un prete del sec. XIV, le cui opere sono state studiate da diversi autori (v. nota bibliografica). Diverse considerazioni potrebbero essere svolte sulle carte del mondo redatte da Opicino, che sono per molti versi sconcertanti perché in certi particolari fanno presumere la possibile conoscenza d'una Terra di forma sferica… ma Hapgood non sviluppa nulla di tutto questo (perché non conosce la relativa documentazione). Si limita ad alcune osservazioni su una griglia a maglia quadrata, che ricopre due diverse carte del Mediterraneo, e le suppone essere una scansione di meridiani e paralleli… mentre è risaputo che si tratta della pianta della città di Pavia, schematizzata nelle sue insulae di matrice romana, e sovrapposta alla carta per ricercare dei significati allegorici nella coincidenza di luoghi e figure. Tali studi erano in parte disponibili sin dalla pubblicazione della ponderosa opera curata da Salomon per il Warburg Institute (1936, v. bibl.), e comunque Opicino de Canistris e la sua cosmografia sono stati studiati in modo ben più ampio ed attento di quanto Hapgood sembri conoscere, sotto i più diversi aspetti: cartografici, iconografici, allegorici e persino psicanalitici.

5. Le conclusioni raggiunte - ma non espresse - da Hapgood

Un ragionamento che presuma l'esistenza di carte del mondo in un'epoca così remota, da mostrare le coste dell'Antartide prive di ghiacci, sottovaluta il fatto che - prima della fine dell'ultima glaciazione - le ulteriori differenze nei profili costieri dei continenti dovettero essere ben più consistenti rispetto a quelle elencate da Hapgood nella sua analisi della carta di Piri Re'is: la foce del Guadalquivir (che era un estuario e non un delta), o la parte occidentale di Cuba ancora sommersa, o infine un vasto lago centrale nella penisola iberica (elemento geologico di dubbia prova). Dovevano certamente essere ben diversi i profili costieri dell'Africa, i suoi "mari interni". Eppure le "peregrine" osservazioni compiute da Hapgood sulla carta di Piri Re'is sono soltanto quelle sopra elencate, oltre il fatto che l'ignoto, antichissimo cartografo non si sarebbe accorto - se seguiamo quest'ipotesi - di aver trascurato almeno metà dell'estensione in latitudine dell'America del Sud.

Sarebbe un'evidente contraddizione presumere l'esistenza di un antico cartografo, capace di rilevare le coste del continente antartico, e poi presumere che lo stesso non si accorga di aver trascurato la restituzione di 900 miglia di costa, equivalenti a 16° di latitudine, poiché la presunta costa dell'Antartide si volge ad est subito a sud del Rio de la Plata e manca tutta la parte di "Cono sud" compresa tra Cabo Frio e Bahia Blanca. Inoltre, nella carta non appaiono né lo stretto di Magellano, né Capo Horn.

In nessun caso, comunque, l'errato orientamento - o la rotazione voluta, sosteniamo noi - di alcune parti della carta potrebbe giustificare l'elisione di circa 1500 km di coste dell'America del Sud, mentre la continuità fisica con cui la costa è rappresentata suggerisce una sua naturale prosecuzione (pur con il differente orientamento, che appare evidente).

(Le rotazioni proposte per le parti nord e sud della carta di Piri Re'is)

 

Quali motivi poterono spingere o costringere il disegnatore della carta di Piri Re'is a modificare l'orientamento e ruotare alcune parti della sua rappresentazione?

Il primo e più elementare è il necessario adattamento ai margini della pelle di gazzella, su cui la carta è disegnata: appare evidente come le coste americane, all'estrema sinistra della pelle, debbano adattarsi al suo perimetro per non uscirne.

Un altro, possibile, motivo può essere stato costituito da incertezze o errori nel montaggio delle differenti mappe, da cui la carta è composta.

Un terzo è ravvisabile nelle osservazioni di fondo, espresse proprio nel libro di Hapgood.

La carta di Piri Re'is è solcata da una rete di linee che corrono in diverse direzioni e determinano angoli di diverse ampiezze. Si tratta d'una costruzione caratteristica della cartografia medievale; molti pensano che queste linee servissero ad aiutare il tracciamento delle rotte. In mezzo all'Atlantico sono raffigurate due scale grafiche.

Hapgood arriva alla conclusione che i portolani - e in particolare la carta di Piri Re'is - non si basassero su un reticolo di coordinate ortogonali, basate sulla latitudine e sulla longitudine, ma che in essi fosse possibile la compresenza d'una "pluralità" d'orientamenti. Tant'è vero che, proprio per la parte caraibica della carta di Piri Re'is, egli propone che il disegnatore abbia impresso una rotazione in senso orario di circa 85°.

Come mai lo stesso ragionamento non è applicato per la parte inferiore della medesima costa, che invece appare ruotata dello stesso angolo, ma in senso inverso?

(La carta risultante dalle rotazioni applicate alla carta di Piri Re'is)

 

Sarebbe stata la logica conclusione, il postulato del ragionamento che lo stesso Hapgood aveva condotto relativamente alle Antille ed a quella che egli ritiene essere l'isola di Cuba (nonostante sia chiaramente indicata come "Espaniola", ossia Hispaniola). Sotto Hispaniola si vede Puerto Rico, e a nord-ovest un gruppo di undici isole, col nome trascritto dall'italiano: "Undizi Vergine".

Forse le comunicazioni di consenso ricevute dal capitano Arlington H. Mallery e da altri cartografi "ufficiali", ed il conseguente entusiasmo di massa, collegato al "mistero" di mappe dell'Antartide realizzate dagli antichi "Re del mare", oscurarono a questo punto la lucidità della ricerca.

Forse era difficile smentire la "anticipazione" delle sue ricerche, fornita dal libro di von Däniken, e proporre con chiarezza una diversa interpretazione del punto-chiave delle sue ricerche.

Fatto sta che la logica conclusione del ragionamento di Hapgood, sulla pluralità di orientamenti utilizzati in diverse parti della carta di Piri Re'is, conduce alle rotazioni mostrate nelle illustrazioni a corredo di questo articolo… lasciamo ai lettori tutti i dubbi, tutte le deduzioni, relativamente al fatto che la parte inferiore della carta di Piri Re'is raffiguri l'Antartide, o non piuttosto la parte meridionale del "Cono sud" americano, che oggi conosciamo col nome di Argentina. A noi sembra che, con la rotazione di 85° in senso antiorario della parte settentrionale delle coste americane (Mar delle Antille), suggerita dallo stesso Hapgood, e con un'analoga rotazione in senso inverso della parte meridionale della costa del Cono sud, l'aspetto della carta assuma in modo plausibile le normali caratteristiche tipiche della resa cartografica di altre mappe del sec. XVI.

(Una carta moderna, cui sono state applicate le medesime rotazioni

supposte per la carta di Piri Re'is - si confronti con la fig. 1)

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

R. G. SALOMON, Opicinus de Canistris. Weltbild und Bekenntnisse eines Avignonesischen Klerikers des 14. Jahrunderts, London-Leipzig, The Warburg Institute, 1936, 2 vol.

E. VON DÄNIKEN, Chariots of the Gods, 1956.

Ch. HAPGOOD, Earth's Shifting Crust, Pantheon Books, New York, 1958.

Ch. HAPGOOD, Maps of the Ancient Sea Kings, Chilton Books, Philadelphia, 1966, 1979 (ed. francese: 1981).

P. F. HOYE - P. LUNDE, Piri Reis and the Hapgood Hypotheses;

P. LUNDE, Piri Reis and the Columbian Theory;

P. LUNDE, The Oronteus Finaeus Map; in "Aramco World Magazine", jan.-feb. 1980 (i tre articoli sono reperibili, integralmente, sul sito: http://www.millersv.edu; cfr. anche http://www.world-mysteries.com/sar_1_4.htm).

M. GRECCHI, L'universo di Opicino de Canistris, Liutprand, Pavia, 1996.

A. ARECCHI, Piri Reis non ha rappresentato l'Antartide, in "Hera", n. 35, nov. 2002, p. 8.

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Alberto Arecchi è nato nel 1947. Architetto, oggi professore di Disegno e Storia dell'Arte in un Liceo di Pavia, ha vissuto lunghi anni in Africa, operando dal 1975 al 1989 come esperto della cooperazione per lo sviluppo internazionale (in Somalia, Mozambico, Algeria, poi in Senegal e negli altri Paesi del Sahel: Mali, Mauritania, Ciad, Niger). Oltre che del saggio Atlantide - un mondo scomparso, un'ipotesi per ritrovarlo, presentato nel N. 5 di Episteme, è autore di diversi studi sulla storia, sulle culture dei Paesi africani e sui problemi dell'habitat e delle tecnologie appropriate, delle costruzioni con l'uso di materiali locali migliorati, nel quadro di un forte stimolo alla partecipazione popolare. È fondatore e presidente dell'Associazione culturale Liutprand, che cura in particolare pubblicazioni sul patrimonio storico e culturale del territorio pavese. Suoi interessi professionali prevalenti: il restauro, la bio-architettura e l'architettura dei tracciati, costruzioni con tecnologie appropriate, progetti di sviluppo con forte partecipazione popolare.

liutprand@iol.it, www.liutprand.it