Il futuro che non arriva…

 

Ricevo il seguente mail, che presento integralmente ai lettori, fatta salva la riservatezza sul giovane mittente. Sottolineo l'aggettivo "giovane", c'e' veramente da dispiacersi che i nostri figli possano avere dentro di se' tanta giustificata amarezza…

 

(UB, 14 novembre 2000)

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Subject: Il futuro che non arriva...........anzi

Caro Umberto dedico a te queste mie riflessioni, so che mi capirai...Ebbene rivedendo in televisione alcune amenità giubilari, tipo papa boys e altri orrori del genere, mi è ritornato in mente il 2000 così come lo ricordavo da bambino: macchine volanti, astronavi, turisti alieni in giro per il centro e via discorrendo.Ma il risveglio è stato durissimo e terribile, l'unica fantascienza la trovo in qualche film e in qualche gioco per il mio pc dopodichè ........il buio. Spero che i nostri nipoti (ma mi sta bene anche pronipoti) riescano ad avere un futuro meno idiota del nostro presente, e pensare che circa trent'anni fa con la contestazione, woodstock, il '68 qualcosa sembrava che stesse cambiando,

invece .......... Basta guardare le classifiche musicali di allora e confrontarle con quelle di oggi (parlo di quelle americane ed inglesi naturalmente). Sono i segni sconfortanti di una civiltà e di una cultura (popolare e non) paurosamente in declino.

Vien da pensare a quella bella canzone di Eugenio Finardi "extraterrestre portami via....", tra l'altro ho appena finito di leggere "Le guide del tramonto" di A.C. Clarke che forse conoscerai, bene ho cominciato a sperare in una fine del genere umano simile a quella di quel libro, se non altro sarebbe più onorevole!!!

E invece andrà a finire che mentre cercheremo di autodistruggerci per qualche motivo idiota (...come al solito) qualche mega asteroide avrà pietà di noi, soprattutto dopo aver visto "Armageddon". E si, ora ho capito perchè non siamo stati ancora invasi dagli alieni. Vedendo cosa siamo capaci di fare o pensare, aspettano che ci facciamo del male da soli, per venire a salvarci prima e schiavizzarci poi.

Perchè tutta questa amarezza? Ebbene di seguito ti faccio vedere come un nostro connazionale (purtroppo) intende la spesa pubblica (..dal libro "Due milioni di miliardi, storia del debito pubblico italiano")

….diede i natali a Ciriaco, e dove la popolarità di De Mita è seconda solo a quella della Madonna.

Nusco è uno dei paesi del "cratere", l'area dell'epicentro del terremoto dell'80. De Mita vi soggiorna abbastanza spesso, e forse per questo nell'88, a quasi otto anni dal sisma, era uno dei rarissimi comuni il cui centro storico era stato ricostruito, mentre in decine di paesi era ancora ridotto ad agglomerati di macerie. Non fu però la ricostruzione del vecchio centro a distinguere Nusco; la cittadina passò piuttosto al Guinness dei primati dell'anno per avere ospitato il più grande cantiere d'Europa per "movimentazione terra".

Si trattava di costruire uno dei venti nuclei industriali previsti dal già citato articolo 32 della famigerata legge 219, che nei progetti originari doveva sorgere all'incrocio fra tre comuni: Lioni, Nusco e Sant'Angelo dei Lombardi, e che fu poi spostato sotto la giurisdizione della sola Nusco. Qui, però, decisero che non era i caso di collocare la zona industriale troppo vicino al paese, e che doveva sorgere fuori dalla vista dell'abitato. Fu scelta una bella collina distante qualche chilometro da Nusco city, e nell'84, per quattro mesi, 100 escavatori e 300 camion di 30 imprese appaltatrici, per la modica cifra di 60 miliardi di allora, lavorarono incessantemente per sbancare 6 milioni di metri cubi di terra, con punte di 7Omila metri cubi al giorno. Risultato, un triplo terrazzamento dove, entro la fine dell'87, dovevano essere operative almeno 5 delle 11 aziende previste nel "nucleo".

Quando De Mita varcò la soglia di Palazzo Chigi, solo l'amico Callisto Tanzi aveva mantenuto gli impegni, e già nell'86, con un mese di anticipo sul molino di marcia, aveva aperto uno stabilimento Parmalat. In effetti, soltanto un amico poteva arrivare al punto di aprire davvero i battenti: la strada che portava al nucleo industriale, inaugurata solo nella primavera dell'88, si trasformava in un torrente a ogni temporale.

I ventun chilometri di strada statale di cui stiamo parlando portano il nome di Fondovalle del Sele; la loro costruzione era stata programmata in tre lotti, per un costo complessivo stimato in 367 miliardi. Ne erano stati completati due. Rispetto ai preventivi i costi erano aumentati solo del 10-15%, ma in compenso la strada era stata costruita malissimo e si allagava. Agli inizi dell'88 si cominciava a mettere mano al terzo lotto con queste prospettive, spiegate in un'intervista da Franco Giorgetti, responsabile dei lavori della Ferrocemento, una delle aziende del consorzio che aveva avuto l'appalto per completare la Fondo-valle del Sele: "I 137 miliardi previsti potrebbero raddoppiare. La zona è piena di paleofrane, e questo fa drizzare i capelli a qualsiasi esperto. Quella strada sarebbe meglio non farla".

Si fece, come si fecero tante altre cose del genere nel "cratere". Un'altra collina fu tagliata nel territorio della vicina Balvano: per far posto a un nuovo stabilimento della Ferrero furono spostati altri 3 milioni di metri cubi di terreno. Sarebbe stato molto più logico costruirlo qualche chilometro più a valle, anzi, sarebbe stato logico accorpare questo nucleo industriale con quello previsto a Baragiano, distante una ventina di chilometri. Fu preferita la soluzione più complessa, che naturalmente comprendeva anche la costruzione di una strada di collegamento fra i due centri industriali, costata un altro centinaio di miliardi. A San Mango sul Calore, in provincia di Avellino, altro comune dove fu localizzato uno dei venti nuclei industriali voluti dalla legge di ricostruzione, quel che rimaneva del paese originario dopo il terremoto fu completamente raso al suolo e sostituito da un ammasso di villette a schiera; poi, un po' più in là, si decise di attrezzare l'area industriale: un fiume fu spostato e arginato, furono costruite la rete fognaria e un impianto di depurazione, quattro chilometri di strada interna all'area, una galleria artificiale. Ma ancora mancava una vera strada che collegasse il nucleo industriale al mondo civile; l'incarico di realizzarla fu dato a un consorzio denominato Incomir. Un'altra strada da record: 14 viadotti e 5 gallerie in soli 12 chilometri.

Testimonianza di Maurizio Trentin, responsabile del consorzio:

"Una localizzazione più infelice era difficile da trovare. Tutti lo ignorano, ma qui vengono dalle università degli Stati Uniti gli studenti di geotecnica per capire come si possa costruire in condizioni impossibili. Il terreno frana in continuazione e cambia composizione ogni dieci centimetri. E allora, perché proprio qui? Ho tentato di chiederlo più di una volta, ma non sono mai riuscito a ottenere risposte convincenti".

Ma De Mita era troppo impegnato per distrarsi, per sprecare la sua autorevolezza cercando di convincere sindaci e prefetti dell'Irpinia a non esagerare. A quello semmai ci avrebbe pensato il vecchio amico Elveno Pastorelli, appena nominato responsabile per l'industrializzazione nelle aree terremotate. Mentre nella sua Irpinia i soldi pubblici servivano per spostare le colline e costruire strade impossibili che collegassero con il resto del mondo aziende che in molti casi non avrebbero mai prodotto niente, lui era tutto impegnato a mettere a punto la sua "operazione spese trasparenti".

Visto!!??? Comunque se ti interessa leggere altre amenità del genere ti presto il libro.

Nella speranza che qualche alieno buono ci salvi da noi stessi ti saluto.

Che la forza sia con te (quella della prima trilogia naturalmente)

Ciao a presto

Tuo D.