ALCUNE NOTE STORICHE

SULL'INQUISIZIONE

 

 

[Il 22 gennaio 1998, si e' svolta, presso l'Accademia Nazionale dei Lincei in Roma, alla presenza di illustri studiosi e del Cardinale Ratzinger, una "Giornata di Studio per l'apertura dell'Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede"; quelle che seguono sono alcune note stilate da Francesca Salvati nell'occasione. Le proponiamo al lettore, insieme alle sintesi di un paio di interventi, nella speranza che possano riuscire utili a qualcuno].

 

 

1 - Introduzione

 

L'Inquisizione fu una struttura tutt'altro che monolitica: essa variò nel tempo e nei luoghi per far fronte a circostanze e sfide diverse.

Possiamo distinguere fra:

 

- INQUISIZIONE MEDIEVALE, nata per contrastare il diffondersi dell'eresia catara;

 

- INQUISIZIONE SPAGNOLA (1478-1834), un organismo in realtà governativo, sorto principalmente per risolvere problemi di convivenza fra ebrei, cristiani e musulmani;

 

- INQUISIZIONE ROMANA, istituita nel 1542 da papa Paolo III (1534-1549) con la bolla LICET AB INITIO, e diventata nel 1588 CONGREGAZIONE DEL SANT'UFFIZIO o CONGREGAZIONE DELL'INQUISIZIONE (o semplicemente Tribunale dell'Inquisizione).

 

INQUISIZIONE MEDIEVALE

 

L'inquisizione medievale può essere divisa in:

 

- INQUISIZIONE EPISCOPALE (XII SEC.)

 

- INQUISIZIONE LEGATIZIA (XII-XIII SEC.)

 

- INQUISIZIONE PAPALE-MONASTICA (XIII-XV SEC.)

 

- INQUISIZIONE REGIA-FRANCESE (1251-1314)

 

- INQUISIZIONE DOGALE VENEZIANA (1249-1289)

 

Dopo la Pace di Costanza (1183), che pose fine al lungo braccio di ferro tra la Chiesa e il Barbarossa, nel 1184 il papa Lucio III (1181-1185) convocò a Verona una grande assemblea di principi e prelati alla presenza dell'imperatore. Ne uscì un editto col quale, anziché limitarsi a reprimere gli eretici, adesso li si ricercava.

Nasceva così l'INQUISIZIONE, cioè l'INVESTIGAZIONE DI UFFICIO (INQUISITIO, da cui l'odierno 'magistrato inquirente') nei confronti del REATO DI ERESIA.

Dapprima, l'Inquisizione venne affidata ai suoi naturali tutori, i vescovi (INQUISIZIONE EPISCOPALE). Ognuno di loro ebbe il potere di perseguire anche penalmente l'eresia nella sua diocesi per sradicarla. Ma accadeva spesso che i vescovi fossero troppo legati ad interessi personali nei territori che amministravano, ed inoltre gli eretici scappavano da una diocesi all'altra, creando conflitti di attribuzione e perdite di tempo, in un'epoca in cui l'unico mezzo di trasporto era il cavallo.

Allora, si pensò di affiancare al vescovo un legato inviato direttamente da Roma e che rispondesse solo al papa. Nacque così l'INQUISIZIONE LEGATIZIA, affidata in un primo momento ai Cistercensi.

Il legato, o meglio l'inquisitor, era un giudice straordinario la cui competenza non annullava quella del giudice ordinario, ma le si affiancava. Mentre il secondo, cioè il vescovo, derivava il suo potere giurisdizionale dalla sua stessa investitura, l'inquisitore lo derivava da una espressa delega del potere centrale, dal papa, nel quale risiedeva la pienezza di ogni giurisdizione. L'inquisitore era un giudice permanente e aveva per oggetto normale della sua competenza solo l'haeretica pravitas.

Nel 1231-35 Gregorio IX (1227-1241) istituì in varie parti di Europa tribunali dell'Inquisizione presieduti da inquisitori permanenti e nel 1235 affidò definitivamente l'Inquisizione ai domenicani; il privilegio fu esteso poi da Innocenzo IV (1243-1254) nel 1246 ai frati minori (INQUISIZIONE PAPALE-MONASTICA).

 

INQUISIZIONE ROMANA

 

Papa Paolo III nominò una commissione centrale, composta di 6 cardinali inquisitori, competente in materia di fede e con giurisdizione su tutto il mondo cristiano. Gli inquisitori avevano potere di delega e decidevano in appello i ricorsi contro le sentenze dei delegati. Il papa si riservava il diritto di graziare i pentiti.

La peculiarità di questa istituzione rispetto all'Inquisizione medievale consiste nella centralizzazione del suo potere e nella facoltà accordatale di procedere prescindendo completamente dai tribunali vescovili.

La genesi della sua istituzione va posta nel quadro generale della Controriforma.

La competenza, la composizione e la procedura dell'Inquisizione Romana furono oggetto di numerosi provvedimenti, perfino controversi, da parte dei successori di Paolo III1. Ma il vero organizzatore dell'Inquisizione Romana fu Sisto V (1585-1590), che nella bolla IMMENSA AETERNI (1588) pose la congregazione dell'Inquisizione come prima delle 15 congregazioni romane.

Oggi essa vive ancora come una delle congregazioni ecclesiastiche, la CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE.

 

 

PRESENTAZIONE DELL'ACCADEMIA NAZIONALE DEI LINCEI

 

L'Accademia dei Lincei fu fondata a Roma nel 1603 da Federico Cesi, Francesco Stelluti, Anastasio De Filiis e Jan Heck (Ecchio) per contrastare e superare la dogmatica tradizione aristotelica.

G. Galilei vi aderì nel 1611, come sesto socio, insieme ad illustri studiosi italiani e stranieri.

Dopo il processo a G. Galilei (1633), la primitiva Accademia si sciolse, ma fu ricreata nel 1801 col nome di NUOVI LINCEI.

Nel 1847 divenne PONTIFICIA ACCADEMIA DEI NUOVI LINCEI e nel 1870 fu scissa in PONTIFICIA ACCADEMIA DELLE SCIENZE "NUOVI LINCEI" e REALE ACCADEMIA NAZIONALE DEI LINCEI.

Quest'ultima, nel 1875, fu riordinata sulla base di due classi (ordinamento che persiste tuttora, sostanzialmente invariato), una di scienze fisiche, matematiche e naturali e una di scienze morali, storiche e filologiche.

Nel 1939 fu soppressa e fusa con la REALE ACCADEMIA D'ITALIA, ma rinacque nel 1944, come ACCADEMIA NAZIONALE DEI LINCEI.

Attualmente ne è il presidente il noto matematico E. Vesentini.

 

 

L'INQUISIZIONE ROMANA

 

Sintesi dell'intervento di Adriano Prosperi

 

L'apertura degli Archivi del S. Uffizio è un evento il cui valore simbolico supera largamente l'importanza delle fonti documentarie che si rendono disponibili.

Infatti, una serie di accadimenti ha estremamente impoverito il fondo archivistico. Nel 1559 il popolo romano aprì le prigioni del S. Uffizio e distrusse molti documenti, in un assalto che può ben ricordare quello del popolo francese alla Bastiglia. E la decisione presa tra il 1815 e il 1817 da mons. Marino Marini di mandare al macero la maggior parte dei documenti del S. Uffizio (soprattutto i processi), in occasione del recupero delle carte portate a Parigi da Napoleone, ha significato sicuramente una perdita irreversibile per gli storici2. Malgrado ciò, abbiamo finalmente a disposizione una enorme quantità di nuove informazioni. Le carte del S. Uffizio consentono già oggi di leggere alcuni importanti documenti residui della grande campagna lanciata da papa Paolo IV Carafa (1555-1559) e portata avanti da Pio V (1559-1565) contro vescovi e uomini di chiesa italiani del '500, colpevoli di simpatie per le correnti moderate della Riforma protestante e per le idee di Juan de Valdés (come Pietro Carnesecchi, Giovanni Morone e altri). Interessanti e numerosi sono pure i documenti relativi alle correnti mistiche del '600, dai casi di "affettata santità" al processo contro Miguel de Molinos (per esempio, storia della censura libraria, forme e contenuti dell'intervento del S. Uffizio nell'elaborazione del sapere teologico e della pratica religiosa, ecc. ). In prosieguo di tempo, si arriva fino all'epoca della Rivoluzione francese, del Risorgimento, ecc.

Ci si chiede se sia lecito per un cristiano usare la forza a favore della propria fede, ma bisogna precisare che la 'leggenda nera' gravante da secoli sull'Inquisizione è nata da una ricerca storica troppo spesso a rimorchio delle passioni. Infatti, dall'esame a grandi linee della storia della storiografia su questa istituzione ecclesiastica, emergono due tradizioni antitetiche: quella di origine protestante, trasmessa poi alla storiografia illuministica del 1700 e a quella liberale del 1800, e quella cattolica.

La prima nasce all'inizio del 1500, quando la voce del Vangelo veniva soffocata dal fuoco dei roghi, secondo i protestanti, i quali, però, avevano tutto l'interesse a diffondere per l'Europa i propri nuovi martiri. Essa ha concentrato, quindi, la sua attenzione sui casi degli inquisiti, denunziando polemicamente la violenza fatta alle coscienze da parte di una istituzione di cui ha sostenuto la radicale estraneità allo spirito del Vangelo cristiano.

La seconda, invece, ha elaborato materiali di tipo giuridico, teologico e istituzionale, per lo più in funzione apologetica. La storiografia cattolica ha esaltato l'altezza morale dei 'registi' dei 'famigerati tribunali'. Essi sentivano fortemente la propria missione, al punto di considerare Dio stesso il Primo Inquisitore di Adamo, il Giudice che conosce già tutto e non aspetta altro che il pentimento del peccatore in un abbraccio purificatore nel grembo della Madre Chiesa. Esistevano dei veri e propri alberi genealogici di 'peccatori', i quali, tuttavia, piuttosto che finire nelle braccia secolari della giustizia, preferivano sovente essere giudicati dai tribunali inquisitoriali, famosi all'epoca anche per la loro mitezza. Ad esempio, T. Campanella parla della Chiesa in termini di "rocca sacra", "tirannia segreta", ma egli poteva comunque insegnare persino filosofia nelle stanze dove era tenuto prigioniero!!! E anche la 'caccia alle streghe' fu, per quanto era possibile in quell'epoca, animata da principi di razionalità: le norme applicate dall'Inquisizione Romana fin dal tardo '500 ai casi di stregoneria consentirono una gestione generalmente piuttosto mite del problema e una presa di distanza del tribunale dalle ondate di intolleranza collettiva.

Stiamo parlando di un periodo storico in cui il potere politico era fortemente intrecciato con quello religioso, dal quale, in qualche modo, riceveva legittimità (non dimentichiamo che l'Impero di Carlo Magno era stato il Sacro Romano Impero), e quindi il dissenso religioso finiva inevitabilmente per sfociare in una rivolta contro le autorità politiche secolari, che erano molto meno pazienti e molto più sbrigative di quelle inquisitoriali. E mentre queste ultime adottavano anche forme morbide di controllo diffuso della popolazione, attraverso la pratica dell'abiura segreta e il ricorso ai confessori, mosse da una sincera preoccupazione per la salvezza delle anime dei peccatori, al potere secolare interessava esclusivamente la tranquillità delle terre che amministrava, la loro governabilità sempre più spesso sconvolta dalle sedizioni dei fanatici religiosi.

Quindi, la religione divenne uno strumento indispensabile per amministrare la disciplina sociale e non di rado le autorità civili affidavano a quelle religiose3 i casi più difficili e delicati, insomma le cosiddette 'patate bollenti'. Ecco che accanto al volto storico del Cattolicesimo si profila un suo volto politico : il corpo ecclesiastico assediato e minacciato, spinto dall'urgenza di una 'guerra spirituale'4, si vede assegnati anche compiti sociali.

Certo, le cronache delle violenze dei tribunali cattolici si trasformarono in formidabili strumenti di guerra nelle mani dei protestanti, nel corso di un conflitto che non fu soltanto ideologico, ma combattuto talvolta al suono di vere armi. Ed anche la peculiare segretezza in cui operava il Tribunale dell'Inquisizione, condizione intrinseca allo stesso lavoro inquisitorio, divenne un elemento sfruttato dai protestanti, i quali alimentavano una curiosità ostile e polemica nei confronti delle carte segrete dei tribunali, che coloravano di fosche tinte.

Comunque oggi, dopo tanti secoli di battaglia senza esclusione di colpi, c'è finalmente un dialogo e gli antichi nemici cavalcano lo stesso cavallo: il cavallo della verità! Di conseguenza, le due linee di indagine storica di cui abbiamo parlato poc'anzi tendono a confondersi ed intrecciarsi sempre di più. Soprattutto nel nostro secolo, storici di appartenenza ecclesiastica, come mons. Francesco Lanzoni, mons. Angelo Mercati e mons. Pio Paschini, hanno dedicato i loro studi a casi di processi per eresia; dalla tradizione degli studi su eretici e ribelli, sono nate le ricerche più innovative dedicate alla struttura e al funzionamento dell'Inquisizione (John Tedeschi, Massimo Firpo).

Ci si auspica così di poter fare serenamente una storia dell'Inquisizione Romana che vada al di là dei casi degli inquisiti (sebbene ce ne siano stati di celebri, cavalli di battaglia di quella storiografia dell' '800 e del '900 dominata dall'immagine dell'Inquisizione costruita dalla tradizione filoprotestante e liberale) e faccia luce sui suoi aspetti giuridici, istituzionali e culturali.

Gli studiosi, grazie alla disponibilità di nuove fonti documentarie, potranno analizzare i caratteri originali, l'evoluzione storica, la struttura, l'organizzazione e il funzionamento dell'Inquisizione Romana, sia come STRUTTURA DELLA CHIESA CATTOLICA (rapporto con il Papato), che come RETE ISTITUZIONALE e CENTRO DI POTERE NEGLI STATI, in particolare in quelli della penisola italiana. Si tratta di due aspetti di importanza decisiva, poiché con la Congregazione dell'Inquisizione nasce un dicastero che si assume stabilmente il "santo ufficio" più importante del papato, cioè la DEFINIZIONE E IL CONTROLLO DELLE MATERIE DI FEDE.

Quando la Congregazione Cardinalizia dell'Inquisizione, la più importante fra le congregazioni cardinalizie, operante già dal 1542, diventa nel 1588 la SACRA CONGREGAZIONE DEL S. UFFIZIO, si verifica una svolta fondamentale nella storia della Chiesa, poiché si ha una completa identificazione fra un corpo di polizia, un modello di ufficio penale che aveva fatto le sue prove quasi solo con i processi agli eretici , e il vertice supremo del corpo della Chiesa, l'ufficio santo del Papa, il Soglio di Pietro.

E la Sacra Congregazione del S. Uffizio si trovò a dover adempiere a tanti nuovi compiti, con l'obbligo di mantenersi necessariamente sul filo della tradizione. Essa controllava la stampa, emanava regole per la canonizzazione, si assicurava che fossero rispettate e interveniva laddove questo non accadeva, teneva rapporti con le altre confessioni religiose, ecc.

Da questa situazione, per la prima volta, derivò una scissione tra convinzioni interiori, coscienza intima ed ossequi esteriori alla fede (distinzione tra ortodossia della fede ed ortoprassi), di cui il S. Uffizio aveva perfetta consapevolezza, ancor prima della denuncia di Campanella del conformismo ipocrita di alcuni uomini della Chiesa.

Infine, sarà interessante studiare come avvenne l'unificazione religiosa e, indirettamente, anche linguistica e di costume, di un paese come l'Italia, dove esistevano variegate minoranze religiose (soprattutto ebrei ma anche ortodossi, valdesi ecc.), si praticavano rituali sociali e si parlavano lingue di vario genere. Infatti, in particolare dal XVI secolo in poi si stabilisce un legame in forme stabili tra la Chiesa e quello che può essere chiamato il territorio italiano: la religione era l'unico collante tra popolazioni tanto differenti. Per poter orientare gli studi in questa direzione, resta da analizzare la composizione e l'evoluzione degli organi centrali e periferici del S. Uffizio, nonché l'opera da loro svolta nel corso dell'età moderna fino al nostro secolo in rapporto alle emergenze dottrinali, culturali e politiche. La documentazione relativa al governo dei comportamenti della vasta rete di inquisitori e vescovi dispersa in tutta la penisola, anche se molto lacunosa, riveste grande interesse per conoscere le direttive e il funzionamento della MACCHINA DI CONTROLLO DELLA ORTODOSSIA nelle diversissime situazioni offerte dal mondo italiano. A questo proposito, va espresso l'auspicio che l'apertura dell'archivio romano del S. Uffizio dia il segnale per la generale liberalizzazione degli accessi alle fonti inquisitoriali conservate negli archivi ecclesiastici italiani, in particolare negli archivi delle curie diocesane. Qui perdura, nella stragrande maggioranza dei casi, una diffidenza e una chiusura che sono di grave ostacolo nei confronti degli studi storici. Se si tiene conto del fatto che il fondo documentario più ricco e compatto conservato oggi presso l'archivio romano del S. Uffizio è quello che vi fu trasferito dalla sede della diocesi di Siena agli inizi di questo secolo, si avrà un'idea dell'importanza della questione.

 

LA CONGREGAZIONE DELL'INDICE

 

Sintesi dell'intervento di Silvana Seidel Menchi

 

La CONGREGAZIONE DELL'INDICE viene fondata nel 1571 da PIO V5 come una istituzione di barriera, una muraglia intesa a isolare e difendere il mondo cattolico dai pericoli rappresentati dalla stampa, specialmente ma non esclusivamente dalla stampa protestante.

La bolla di Sisto V (1585-1590) del 1588 utilizza terribili parole contro gli eretici e circa dal 1590 in poi sono comuni a tutti i documenti ecclesiastici metafore di tipo militare, metafore sanitarie e riprese di immagini tipicamente evangeliche, come quelle dell'ovile, del gregge e del buon pastore. Così ecco che la Chiesa diventa una fortezza assediata, l'eresia un morbo perniciosissimo dell'anima, una malattia contagiosa, gli eretici figli delle tenebre e dell'oscurità che spargono zizzania.

Gli storici naturalmente hanno fatto propria questa immagine di fortezza assediata e la stessa inaccessibilità dell'archivio è stata metafora del baluardo eretto a difesa del mondo cattolico.

I compiti della Congregazione erano soprattutto due:

 

1. valutare tutti i libri di recente (e meno recente) pubblicazione, redigere di volta in volta un Indice aggiornato dei libri proibiti e sorvegliarne l'applicazione;

 

2. espurgare i libri dei quali era condizionatamente concessa la lettura, censurando i passi considerati pericolosi.

 

La Congregazione era composta da un gruppo di cardinali, il cui numero andava da 5 a 7, e da un gruppo di consultori, il cui numero, molto variabile, poteva ascendere a parecchie decine.

Nei suoi 4 secoli di vita, la Congregazione dell'Indice ha prodotto un archivio che, a differenza di quello della Congregazione maggiore e più autorevole del Santo Uffizio, ci è pervenuto sostanzialmente integro. Come abbiamo già detto, le difficoltà di accesso a questo archivio avevano rafforzato negli storici l'immagine della Congregazione dell'Indice come baluardo compatto e impenetrabile, ovvero come "ingranaggio ben oleato, che procede sicuro e inesorabile" (Gigliola Fragnito).

Ma l'apertura dell'archivio storico della Congregazione dell'Indice segna una svolta epocale negli studi sulla circolazione delle idee e sul controllo della stampa.

Infatti, finora la storia dell'Indice era stata una storia esterna all'istituzione medesima, che si fondava sostanzialmente sulle norme che la Congregazione emanava all'esterno (gli indici dei libri proibiti). Adesso lo storico viene immesso nel cuore dell'istituzione e abilitato a studiarla dall'interno e il relativo cambiamento di prospettiva è radicale. All'analisi del testo normativo nella sua configurazione definitiva, STATICA, subentra la visione DINAMICA del documento e ripercorrere l'iter dal quale esso emerge significa riuscire a cogliere gli ingranaggi più piccoli della storia della Congregazione. E' a questo punto che l'immagine granitica della Congregazione dell'Indice viene meno e un punto di vista interno all'istituzione, finalmente possibile dopo l'apertura dei suoi archivi, rivela la straordinaria vivacità del dibattito che si svolgeva nell'ambito della Congregazione e mette in luce una grande varietà di atteggiamenti e di posizioni individuali. La Congregazione, che fino a ieri veniva vista come una efficiente istituzione dotata di MONOLITICA COMPATTEZZA, si rivela, alla luce della documentazione interna, come un microparlamento costituito da una MOLTEPLICITA' DI POSIZIONI, animato da un individualismo esuberante e dotato di una indipendenza di giudizio ( che sfiora addirittura l'anarchia), la quale produceva anche modifiche quotidiane alle norme, sebbene si poteva pensare che le persone venissero selezionate in modo da avere concordanza di idee.

Inoltre, sino ad oggi, gli storici avevano spesso studiato le liste dei libri proibiti emanate da autorità eterogenee ( università, potentati laici, autorità ecclesiastiche), omologandole e accorpandole in un tutto organico, anche perché magari negli elenchi dei libri proibiti si trovavano vicini libri francesi, libri della Repubblica di Lucca e così via, e quindi era più che normale che gli storici operassero un processo di omologazione. Invece, la documentazione dell'Archivio romano impone una nuova VISIONE PLURALISTICA del controllo della stampa e al concetto di "Indice" - come categoria omogenea di leggi finalizzate al controllo della stampa - bisogna sostituire il concetto di "indici" come leggi eterogenee, reali ma anche virtuali, potenziali, cioè anche disattesi, come vedremo in seguito. Questa molteplicità, originata da diversi metodi di controllo della stampa, a volte si traduceva in una vera e propria conflittualità fra indici diversi, come quelli tridentino e spagnolo6, ed erano frequenti pure contrasti tra la stessa Congregazione e il Concilio. Risulta, di conseguenza, un dibattito vivacemente polifonico, pieno di dilemmi, fra i quali quello importante delle traduzioni della Bibbia in lingua volgare e della eventuale utilizzazione di fonti prodotte dagli eretici, magari adottando nomi fittizi.

Grazie a questa disponibilità di fondi documentari, sarà possibile condurre una revisione quoad objectum, indirizzata cioè alla interpretazione degli indici, allo studio delle reazioni che si ebbero alla loro costituzione come quelle dei Veneziani e dei Gesuiti e alla analisi della loro reale applicazione, e una revisione quoad subjectum, ossia all'interno della dinamica dell'Istituzione.

Nel periodo che va da Sisto V a Clemente VIII (1592-1605), si riscontrano 3 tipi di verbali, contenenti le discussioni e le conseguenti decisioni della Congregazione: quelli appena leggibili, scritti per uso interno, quelli trascritti in bella copia e infine quelli protocollati, (anche 8 anni dopo!!) e accade sovente di rilevare divergenze tra la prima e l'ultima stesura.

In conclusione, la documentazione recentemente aperta all'indagine impone agli storici un riesame dell'efficacia pratica del controllo della stampa messo in atto attraverso il meccanismo degli indici. Su questa efficacia la Congregazione stessa aveva considerevoli perplessità e dubbi sostanziali. Infatti, il programma di controllo totale della stampa, che raggiunge il suo apice con l'indice di Clemente VIII nel 1596, fallisce ben presto. A pochi decenni dalla fondazione furono introdotte procedure molto morbide, il controllo della stampa divenne in numerosi casi una formalità. La Congregazione adottò ben presto una prassi arrendevole, per la quale la concessione di licenze di lettura era all'ordine del giorno. L'opinione comune ha da sempre considerato la Congregazione dell'Indice onnipotente, ma i suoi compiti erano immani, titanici: 5 o al massimo 7 cardinali con l'aiuto dei consultori dovevano leggere montagne di libri, che venivano soprattutto da tipografie transalpine. Così se la realtà non si piegava alle leggi di Roma, bisognava che le leggi di Roma si adeguassero ad essa.

E' significativo, e anche divertente, ricordare che quando ai cardinali inquisitori si chiedeva se "godimento e sollazzo" fossero motivi sufficienti per ottenere la licenza di leggere un'opera "maccaronica", essi concedevano questo permesso nel caso che il richiedente fosse "spossato nel corpo e nello spirito", e si ottenevano anche licenze di leggere il Boccaccio, ma solo per motivi di interesse linguistico!!!

Alla luce di tutto ciò, è doveroso da parte degli storici ripensare integralmente quale incidenza abbia veramente avuto l'Indice sulla cultura e sulla società del Seicento, servendosi non solo di metodi filologici e analisi quantitative, ma assumendo un atteggiamento critico nei confronti dei fondi documentari. Ad esempio, di fronte ad uno scrittore 'proibito', come Erasmo da Rotterdam, non è interessante solo sapere quanti hanno votato per la sua messa all'Indice e con quali argomentazioni, ma chi ha votato in un modo e chi nell'altro, chi fra questi cardinali diventerà poi Papa, chi invece uscirà sconfitto dalle varie 'guerre di potere', che si susseguono in questo periodo così tormentato per la Chiesa7.

 

LA CENSURA ROMANA FRA INQUISIZIONE E INDICE:

IL CASO DI MACHIAVELLI

 

Sintesi dell'intervento di Peter Godman

 

I papi, i cardinali erano generalmente uomini di grande cultura8; ad esempio, papa Paolo IV scriveva nel gennaio del 1559 che niente gli stava a cuore come la Biblioteca Vaticana, la quale infatti aveva affidato alle cure del nipote cardinale Carafa.

In quel periodo molti libri venivano portati alle autorità ecclesiastiche competenti per essere bruciati, fra questi vi erano libri di Boccaccio, Erasmo, Machiavelli.

In particolare, nel 1559 e nel 1564, il nome di N. Machiavelli (1469-1527) comparve nell'Indice dei libri integralmente proibiti, cioè fra quelli degli autori cosiddetti della prima classe, gli eretici, a causa delle sue ISTORIE FIORENTINE (terminate di scrivere nel 1525), che addirittura gli aveva commissionato nel 1520 il cardinale Giulio de' Medici9.

Comunque, la terza sessione del Concilio di Trento mitigò la condanna nei confronti del Machiavelli, cercando di 'correggere' il suo lavoro senza censurarlo del tutto. Le opere del Machiavelli godevano di grande ammirazione da parte degli uomini di cultura fiorentini10, i quali, animati da un sano patriottismo, si batterono per ottenere edizioni espurgate anche del Boccaccio.

Nel maggio del 1578 si procedette ad un unico progetto di emendazione delle opere del Boccaccio e del Machiavelli, ma nel 1594 risultava ancora inedito, poiché i consultori pretendevano che questi lavori letterari epurati fossero editi sotto altro nome, essendone stati giudicati eretici gli autori.

A Roma, il Maestro del Sacro Palazzo era direttamente responsabile della censura nella Città Santa; le cronache raccontano anche di un certo Eustachio Locatelli, simpatico censore ammiratore della produzione letteraria del Machiavelli. Entrambi furono membri della Congregazione dell'Indice, dopo che nel 1571 Paolo V annunciò alla congregazione cardinalizia, che già si occupava sistematicamente della censura, il suo desiderio di fondare proprio l'istituzione della Congregazione dell'Indice.

Fu a questo punto che nacque il problema della distinzione tra le funzioni e i compiti specifici della Congregazione dell'Indice11 e quelli della Congregazione dell'Inquisizione. La questione fu affrontata anche da Clemente VIII (1592-1605), ma fu più discussa che risolta. Comunque l'Indice si doveva occupare dei libri e degli autori, mentre i casi di eresia rimanevano appannaggio esclusivo del Tribunale dell'Inquisizione: situazioni imbarazzanti si venivano a creare quando le due istituzioni giungevano a conclusioni contrastanti su di uno stesso problema. E in questo complicato e delicato contesto si decideva il destino del Machiavelli.

I nipoti del grande umanista fiorentino cercarono di 'edulcorare' le ISTORIE e le mandarono poi a Roma, dove finirono nelle mani di Pasquale Villari. Nel frattempo il cardinale Constabli aveva compilato una sorta di 'censura campione' alla quale dovevano attenersi gli altri membri della Congregazione.

Egli paragonava il suo metodo di espurgazione alla chirurgia, la sua tecnica preferita era l'amputazione, nei confronti di quello che veniva considerato un cancro: bisognava epurare12 dalle opere letterarie tutto ciò che sapeva di ingiuria verso l'autorità pontificia, le accuse anche velate di nepotismo e il quarto libro delle ISTORIE costituiva materiale eccellente per i censori!!! Infatti, in esso il Machiavelli aveva criticato aspramente l'attività spirituale svolta da alcuni ecclesiastici e aveva accusato Sisto IV (1471-1484) di aver favorito i membri della propria famiglia, forse suoi stessi figli.

Malgrado un clima di sospetto generale e la severità del cardinale Constabli, questi tenne un atteggiamento tollerante, accordando il permesso di ripubblicare le ISTORIE emendate sotto altro nome, ma i nipoti di Machiavelli si rifiutarono. Davanti a questo impasse, la famiglia fiorentina si appellò alla Congregazione del Sant'Uffizio, con l'effetto però di ottenere da Gregorio XIII (1572-1585) il divieto di stampa anche per le opere epurate. Il papa morì nel 1585; il suo successore Sisto V, nel febbraio del 1587, ordinò la stesura di un nuovo indice e il 'caso Machiavelli' si riaprì, in un clima politico-sociale difficile e insidioso, in cui anche il Sacro Collegio era diviso in congregazioni sempre in competizione tra loro ed era scosso dalle forti tensioni che serpeggiavano nel Conclave fra i vincitori e gli sconfitti.

Il 28 settembre 1596, nel corso di una riunione della Congregazione dell'Indice, il cardinale Cesare Baronio affidò una nuova epurazione delle ISTORIE al nipote canonico di Machiavelli, Giuliano di Ricci, ad alcuni delegati dell'arcivescovo di Firenze e all'inquisitore locale, mentre Ferdinando I di Toscana rivendicava la propria autorità anche su questioni relative a casi di eresia e di censura. Si assiste alla solita accanita guerra tra autorità ecclesiastiche e secolari, e motivo di contesa fu pure l'Indice clementino dei libri proibiti (1596).

Il nuovo progetto di espurgazione ebbe, però, vita breve, perché fu bloccato dal cardinale Giulio Antonio Santori, inquisitore instancabile, onnipresente, irremovibile, soprannominato Cassandra anche dal Papa, continuamente in lotta con il Gran Duca di Toscana, del quale non riceveva neppure gli emissari. Quindi, il potente cardinale Santori condannò integralmente l'opera del Machiavelli e di conseguenza papa Clemente VIII rifiutò ad un editore veneziano il permesso di stampare un'edizione, sebbene epurata, delle ISTORIE.

In conclusione, la storia della censura dell'opera del Machiavelli è confusa e drammatica13 e va inquadrata nello sfondo di una competizione tra due congregazioni romane, la Congregazione del S. Uffizio e la Congregazione dell'Indice, che avrebbero dovuto lavorare all'unisono e furono invece parallele.

 

CONCLUSIONI

 

Per acquisire la massima consapevolezza sul funzionamento della Congregazione del S. Uffizio e della Congregazione dell'Indice, è indispensabile confrontare la giurisprudenza inquisitoriale con altre giurisprudenze coeve.

Mediante questo studio comparato, si evidenziano elementi estremamente moderni del diritto inquisitoriale:

- esistenza della figura dell' 'avvocato difensore';

- obbligo di giuramento per i testimoni;

- diritto dei testimoni a godere della protezione delle autorità ecclesiastiche;

- diritto di appello per gli inquisiti ad una corte superiore;

- consuetudine di ammonire i colpevoli prima della condanna definitiva;

- frequenti abbreviazioni delle pene detentive e abituale conversione delle stesse in arresti domiciliari;

- utilizzo del carcere ad poenam e non ad custodiam (come, invece, accade oggi!);

- divieto della chiamata di correità (1588): non si permetteva alle donne sospettate di stregoneria di accusare altre persone14.

In virtù di tutto ciò, fu proprio l'adozione di una linea di condotta all'insegna della moderazione giuridica, l'elemento che distinse l'Inquisizione romana da analoghe istituzioni secolari.

Si renderà utile anche analizzare le reciproche influenze fra Inquisizione romana e Inquisizione spagnola15, che, comunque, era una struttura direttamente al servizio del re, con diversi ambiti di competenza.

Gli storici del pensiero scientifico si aspettano molto da questo evento, che permetterà loro di schedare i documenti riguardanti la storia della scienza e i suoi tormentati e alquanto spinosi rapporti con il mondo cattolico.

Con l'apertura degli Archivi si sono rese disponibili ben 4500 carte, ma, servendosi di una 'metafora geologica', i fondi documentari sono come strati di rocce, spesso frantumati e dislocati, perciò non tanto facili da 'penetrare'.

Inoltre, bisogna tener conto dell'ovvio fatto che la scienza 'appena nata' era ben diversa da ciò che è diventata dopo secoli di maturazione e di successi. Infatti, fra gli scritti scientifici del tempo vanno senz'altro annoverati quelli di magia naturale, i trattati di alchimia, ecc. Comunque agli storici interessa non solo l'aspetto dottrinale della questione, ma pure quello sociale; ad esempio, analizzando la serie dei Permessi si evince che la prassi ordinaria era di consentire anche la lettura dei libri proibiti di carattere scientifico, come i trattati riguardanti le teorie eliocentriche16.

Per concludere, di buon auspicio è stato il ritrovamento di 5-6 nuovi documenti galileiani, anche se non decisivi, 2 nuovi bruniani e diversi campanelliani.

 

SINTESI DELL'INTERVENTO FINALE DEL CARD. RATZINGER

 

Il Cardinale Ratzinger apre il suo intervento sottolineando quanto questo evento sia paragonabile all'apertura nel 1881, durante il pontificato di Leone XIII (1878-1903), degli Archivi Vaticani, la quale anticipò l'avvento del nuovo secolo, segnato dalle novità del Concilio Vaticano II.

Oggi, che siamo alle soglie del Terzo Millennio dell'Era Cristiana, questa recente decisione del Papa integra, in vista del Giubileo, quella di Leone XIII, sulla strada della ricerca dell'armonia tra la verità della ragione e quella della fede.

Il Cardinale parla poi dell'occasione che ha portato Giovanni Paolo II a riflettere su una possibile apertura degli archivi del S. Uffizio. Ebbene, questa occasione è stata fornita da uno studioso ebreo ed ateo, l'illustre Carlo Ginzburg, il quale con una sua lettera al Papa ha chiesto alla Chiesa "un atto di premura nei confronti del mondo".

Comunque, ricorda il Card. Ratzinger, a partire dal 1902 era possibile presentare alle autorità ecclesiastiche delle PETITIONES, per avere la possibilità di consultare testi e documenti. Così, ad esempio lo storico Favaro è potuto diventare curatore delle opere del Galilei. E, in realtà, già dal gennaio del 1991, l'apertura degli Archivi è stata sistematica, seppure non pubblicizzata per fugare qualsiasi fenomeno di sensazionalismo.

Questa linea di condotta delle autorità ecclesiastiche testimonia, secondo il Cardinale, l'amore per la verità, ed amarla non significa servirsene ma servirla.

S. Agostino affermava di amare molto l'intelligenza dell'uomo per la funzione che le è propria: quella di ricevere la Verità.

A questo proposito, il Card. Ratzinger cita gli insegnamenti di S. Bernardo, secondo il quale sapere per il mero fine di sapere equivale soltanto a soddisfare una deprecabile curiosità, sapere per desiderio di fama e di successo significa cedere ad una vergognosa vanità e sapere per vendere, cioè per accumulare ricchezze, porta ad un ignobile guadagno.

Bisogna, invece, SAPERE PER EDIFICARE, affinché si costruisca qualcosa di utile per tutti, affinché si faccia CARITA' e si giunga a SAPERE PER ESSERE EDIFICATI, cioè per riuscire ad acquisire LA SAGGEZZA. Solo agendo così, non si abusa della sapienza di cui Dio ci fa dono e si compie il Bene.

 

NOTE

 

1 - Alcuni papi, fra i quali ricordiamo Paolo IV (1555-59), adottarono procedure molto severe nella lotta contro l'eresia e intensificarono al massimo l'attività del Tribunale dell'Inquisizione. Invece, sotto altri pontificati, come quelli di Giulio III (1550-55) e Pio IV (1559-65) si procedette con grande moderatezza. Con Paolo V (1605-21), Gregorio XV (1621-23) e Urbano VIII (1623-44) questa tendenza alla mitezza si fece sempre più netta: l'attività del tribunale si esercitava ormai più che altro contro i libri e comprendeva l'adempimento di tutta una serie di pratiche (poteri dei vescovi, ordini religiosi, culto dei santi, dispense matrimoniali, colpe morali, sacrilegi, abusi nella confessione, ecc.), che rivelano come ormai l'istituzione dell'Inquisizione si fosse trasformata in un organismo di ordinaria amministrazione per la tutela del buon ordine, della fede e dei costumi nella vita interna della Chiesa.

2 - Lo storico M. Firpo sostiene che la mancanza della serie dei Processi per una istituzione che operò precipuamente come tribunale è estremamente grave.

3 - L'Inquisizione si trovava spesso ad operare per delega della giustizia secolare, occupandosi, ad esempio di casi di bigamia, omosessualità, rinnegati cristiani, falsari di documenti, funzionari inquisitoriali finti o colpevoli di appropriazione indebita, ecc.

4 - Ad un certo punto della sua storia, la Chiesa dovette istituire un governo di emergenza e organizzare una guerra che dovette apparire come una 'guerra-lampo', ma divenne di fatto una secolare logorante 'guerra di posizione'

5 - Fin dai tempi antichi la Chiesa ha esercitato il proprio diritto di censura (così ad esempio si ricorda la condanna, al Concilio di Nicea, del libro Thalia di Ario; la condanna delle opere di Origene da parte del papa Anastasio, ecc). Tuttavia solo l'invenzione dell'arte della stampa indusse alla creazione di un vero indice in cui i principali libri condannati venissero inseriti: così, in seguito alla proibizione di stampare qualsiasi genere di libro senza l'approvazione del vescovo (5° Concilio lateranense, 1515), si cominciarono a pubblicare - da parte di varie autorità ecclesiastiche - elenchi di libri proibiti. Ma presto, per evitare arbitri e disparità, si volle un indice redatto dall'autorità centrale e nel 1557 (e più accuratamente nel 1559) il S. Uffizio pubblicò per ordine di Paolo IV il primo Index librorum prohibitorum ufficiale.

Nel 1563, Pio IV fece pubblicare il cosiddetto Indice del Concilio di Trento, redatto secondo i canoni di questo.

Infine la CONGREGAZIONE DELL'INDICE emanò più di 40 edizioni dell'Indice; poi la Congregazione fu soppressa (1917), divenendo una sezione della Congregazione del S. Uffizio.

6 - Libri proibiti in Spagna non lo erano a Roma e viceversa!!!

7 - Ad esempio la DIVINA COMMEDIA, pubblicata per ben 15 volte dal 1472 al 1500 e solo 3 volte durante tutto il 1600, pur essendo considerata un libro da proibire dai DOMENICANI, veniva abitualmente letta dai FRANCESCANI! Questo curioso fatto rappresenta un ulteriore esempio della diversità di opinioni che esisteva fra gli stessi inquisitori.

8 - Certo, ciò non significa che amassero la cultura classica o rinnegassero le Verità delle Sacre Scritture, in nome del progresso scientifico!!!

9 - Divenuto poi papa Clemente VII nel 1523, si servirà del Machiavelli in più di un negozio.

10 - Ricordiamo fra questi il madrigalista G. Strozzi, che scriveva al Duca di Toscana accorate lettere in difesa del Machiavelli. Perfino il Duca di Urbino era un appassionato sostenitore delle sue opere.

11 - E' da notare il fatto che già dal XII secolo sono rilevabili i metodi, la mentalità, gli approcci che saranno poi quelli propri della Congregazione dell'Indice: la novità del 1500 consiste soltanto nella formalizzazione di una struttura, la quale di fatto esisteva dal 1100!!!

12 - Bisogna notare il fatto che l'espurgazione poteva quasi essere considerata un'alternativa liberale rispetto alla condanna integrale di un'opera, destinata così a finire nel dimenticatoio.

13 - Veniva condannato anche chi esprimeva apprezzamenti per i testi del Machiavelli, come accadde al sacerdote erudito A. M. Bandini (1726-1803).

14 - Come abbiamo già detto, la Chiesa adottò sempre un atteggiamento di cautela, sostenuto da un sano scetticismo, nei confronti del fenomeno della Stregoneria. Malgrado ciò, la storiografia filo-protestante ha fatto delle 'streghe' dei martiri bruciati sul rogo dalla ottusità e dal fanatismo degli inquisitori cattolici.

15 - Ad esempio, gli inquisitori spagnoli, ancor prima di quelli romani, assunsero posizioni più moderate di fronte ai fenomeni di stregoneria, ascrivendoli a possibili cause naturali.

 

16 - Fu grazie a papa Benedetto XIV (1740-58), uomo di grande ingegno e cultura (a lui si deve se la Biblioteca Vaticana si arricchì di ben 3300 manoscritti, dei quali cominciò a pubblicare il catalogo), che le opere di N. Copernico furono tolte dall'Indice dei libri proibiti.

[A questo proposito, va detto che la vera storia dell'eliminazione delle opere di Copernico dall'Indice e' un po' diversa. La riferiamo come raccontata nel testo presentato nel punto A della pagina dedicata alla Storia della Scienza:

"A proposito dell'iscrizione all'Indice dei libri proibiti dell'opera di Copernico c'e' da segnalare un curioso equivoco nel quale cadono molti commentatori. Tanto per fare un esempio, nel Dizionario Enciclopedico Italiano della Treccani (1970), alla voce "Galileo", troviamo scritto che: "Nel 1757, la Chiesa riconosceva vera la dottrina di Copernico e di Galileo, e provvedeva a togliere dall'Indice le opere del grande scienziato". In realta' in quell'anno fu stabilito soltanto di non inserire piu' all'Indice dei testi SOLO perche' sostenevano il moto della Terra, ma non di cancellare dall'Indice quelli che ci erano stati precedentemente inseriti. Questa decisione fu presa solamente nel 1822, a seguito di una curiosa storia che l'astronomo Paolo Maffei (che qui l'autore desidera ringraziare sia per questa segnalazione che per tante altre diverse interessanti discussioni su argomenti collegati), illustra ampiamente in: "Giuseppe Settele, il suo diario e la questione Galileiana", Dell'Arquata Ed., Foligno, 1987".

Il caso del Prof. Settele, coinvolto suo malgrado in una storia piu' grande di lui, e' particolarmente istruttivo anche sotto altri punti di vista. Mentre in una Supplica al Papa chiede che possa essere pubblicato il suo libro, "il che permettendosi, ne provenga gloria alla S. Sede [...] ed ornamento alla Cattolica Religione, la quale, invece di temere i lumi delle scienze, si adorna di essi, e con essi si innalza a difendere i Dogmi rivelati, e a celebrare le glorie del Creatore", e "prostrato" ne "implora l'Apostolica benedizione", nel diario trova invece il modo di sfogarsi con sincerita', scrivendo: "Io non posso capire perche' il S. Offizio non voglia impicciarsi in questa cosa [...] o perche' teme, che il Papa, essendo cosi' imbecille, non li sostenga etc."; ed in altro luogo: "Oggi e' terminata la Seccatura [sic] dei SS. Esercizj"; o ancora, a proposito del Papa che gli aveva concesso udienza: "Come lo lasciano solo questo povero vecchio. Da questo discorso si vede, che non e' persuaso del sistema Copernicano [...] Per non far fare trista figura al Papa, io racconto la cosa tutta diversa, come se il Papa fosse persuaso del Sistema copernicano" (loc. cit., pp. 470, 381, 359, 401). E' forse ancora divertente osservare come questo autore concepisca a un certo punto la stessa brillante idea di Copernico "di dedicare la mia Astronomia al Papa", confessando innocentemente, eternamente afflitto da problemi di denaro per accontentare la famiglia, che aveva gia' da lungo tempo capito come fosse meglio mettersi "a corteggiare i grandi, sicuro, che un anno di corte avrebbe fruttato piu', che 20 anni di studio" (loc. cit., pp. 378 e 298). Cosa si sarebbe potuto dire della "devozione" di questo scienziato, se non si fosse ritrovato il suo diario, e si fossero conosciuti soltanto i famosi "documenti ufficiali" tanto cari agli storici?!].