LE ORIGINI DELL'ORDINE

 

 

Parallelamente agli studi sulla determinazione precisa di quali e quanti siano i geni presenti all'interno della cellula umana, e della loro specifica funzione, si sono recentemente compiuti anche vari tentativi allo scopo di comprendere la totalita' dei geni nel suo complesso, ovvero sotto l'aspetto di un sistema organizzato. A questo tipo di ricerche si ispira il ponderoso recente testo di Stuart A. Kauffman ("The Origins of Order - Self-Organization and Selection in Evolution", Oxford University Press, 1993, pp. 710), che affronta nei suoi 14 capitoli, suddivisi in tre parti (Adaptation on the edge of chaos, The crystallization of life, Order and Ontogeny), una varieta' di temi che non si possono certo commentare in poche pagine come queste. Qui ci limiteremo a discutere una caratteristica, peraltro non secondaria, del libro, che puo' essere genericamente etichettato come un prodotto di quella oggi assai diffusa tendenza di usare modelli matematici per trarre conclusioni di natura che diremmo filosofica, anche se attinenti alla sola filosofia naturale. E' convinzione di chi scrive invece che la matematica, cosi' come il cappello di un prestigiatore, non possa in verita' mai dare piu' di quanto vi venga messo dentro sin dall'inizio, e che non e' di solito difficile immaginare - fatte salve naturalmente le sole esigenze di coerenza interna, che e' l'unica precipua caratteristica della matematica - modellizzazioni diverse per lo stesso ambito fenomenologico, le quali potrebbero poi di fatto essere utilizzate a favore di tesi tra loro antitetiche.

Cercheremo di illustrare nel seguito, prendendo lo spunto da questo caso particolare, quanto sia avventato ritenere che pretese scoperte di 'nuove' proprieta' matematiche (come quelle relative ad esempio alla teoria dei sistemi complessi, di cui si fa attualmente un gran parlare anche a sproposito), possano davvero consentire di affermare che certi aspetti della natura, quali quelli relativi all'organizzazione del vivente presi in esame nel volume in parola, siano stati compresi, e per cosi' dire messi sotto controllo. La situazione e' invece molto meno semplice di quanto una parte almeno della comunita' degli scienziati cerca di lasciar credere all'esterno, e certi problemi restano davanti a noi irrisolti oggi non meno di ieri. Proprio come nello spettacolo di un illusionista, che si serve per raggiungere il suo scopo di alcuni 'trucchi' (tecnicismi) difficili da essere notati da occhi inesperti, e di distogliere l'attenzione dello spettatore da quanto si sta realmente verificando sulla scena, si amalgamano con sapiente alchimia conoscenze provenienti da diversi campi del sapere, parole ed espressioni di moda produttrici di ambigue suggestioni semantiche, si miscela il tutto in un sistema dall'apparenza tanto piu' credibile quanto piu' sorretto da una patina di rigore matematico (comprendendo all'interno di questo termine anche l'immancabile uso di un calcolatore), et voila', il gioco e' fatto.

C'e' da interrogarsi naturalmente sulle ragioni di questo tipo di utilizzazione della matematica, e sul perche' di solito non accada che dalla comunita' scientifica provengano un consistente numero di modelli (e teorie) diversi al servizio di interpretazioni contrapposte - cio' che sarebbe oltre che possibile anche opportuno, allo scopo di favorire quel minimo di pluralismo capace di mantenere la dialettica su livelli sufficientemente apprezzabili. Il fenomeno sembra in effetti tutto riconducibile alla adesione pregiudiziale al 'programma' che si puo' individuare alla base della cosiddetta "rivoluzione scientifica", vale a dire, l'opposizione a quell'impostazione dualistica, che utilizzava come significativa la polarita' spirito/materia, per la quale non avrebbe dovuto (deve) piu' esserci spazio nella scienza. Per quanto riguarda in particolare la questione dell'origine della vita e del ruolo dell'evoluzione, la tesi da coltivare e' che essa possa sorgere spontaneamente e come 'per caso' dalla materia1.

Mi piace citare per illustrare questo punto la seguente argomentazione, formulata tre secoli fa2, perfetto manifesto di quella che sarebbe stata la direzione preferenziale di sviluppo di tutto il movimento scientifico.

 

"Or, le feu, qui est le constructeur des parties et du Tout de l'Univers, a pousse' et ramasse' dans un chene la quantite' des figures necessaires a' composer ce chene. Mais, me direz-vous, comment le hasard peut-il avoir ramasse' en un lieu toutes les choses necessaires a' produire ce chene? Je vous reponds que ce n'est pas merveille que la matiere, ainsi disposee, ait forme' un chene; mais que la merveille eut ete' plus grande, si, la matiere ainsi disposee, le chene n'eut pas ete' produit; un peu moins de certaines figures, c'eut ete' un orme, un peuplier, un saule; un peu plus de certaines figures, c'eut ete' la plante sensitive, une huitre a' l'ecaille, un ver, une mouche, une grenouille, un moineau, un singe, un homme. Quand, ayant jete' trois des sur une table, il arrive rafle de deux ou bien de trois, quatre et cinq, ou bien deux six et un, direz-vous: "O le grand miracle! A chaque de', il est arrive' le meme point, tant d'autres points pouvant arriver! O le grand miracle! A chaque de', il est arrive' trois points qui se suivent. O le grand miracle! il est arrive' justement deux fiches, et le dessous de l'autre fiche!" Je sui assure' qu'etant homme d'esprit, vous ne ferez jamais ces exclamations, car, puisqu'il n'y a sur les des qu'une certaine quantite' de nombres, il est impossible qu'il n'en arrive quelqu'un. Et, apres cela, vous vous etonnez comment cette matiere, brouillee pele-mele au gre' du hasard, peut avoir constitue' un homme, vu qu'il y avait tant de choses necessaires a' la construction de son etre. Vous ne savez donc pas qu'un million de fois cette matiere, s'acheminant au dessein d'un homme, s'est arretee a' former tantot une pierre, tantot du plomb, tantot du corail, tantot une fleur, tantot une comete, et tout cela a' cause du plus ou du moins de certaines figures qu'il fallait, ou qu'il ne fallait pas, a' dessiner un homme? Si bien que ce n'est pas merveille qu'entre une infinite' de matieres qui changent et se remuent incessamment, elles aient rencontre' a' faire le peu d'animaux, de vegetaux, de mineraux que nou voyons; non plus que ce n'est pas merveille qu'en cent coups de des il arrive une rafle; aussi bien est-il impossible que de ce remuement il ne se faisse quelque chose, et cette chose sera toujours admiree d'un etourdi qui ne saura pas combien peu s'en est fallu qu'elle n'ait pas ete' faite".

 

Veniamo adesso al testo di Kauffman, esaminando quale sia la base del discorso a favore della possibilita' di una auto-organizzazione della materia, ovvero della genesi di un ordine da un disordine primitivo, della comparsa spontanea di una regola dal caos, di una sintropia che si oppone all'entropia, e cosi' via:

 

"The critical point we shall find is this: In sufficiently complex systems, selection cannot avoid the order exhibited by most members of the ensemble" (p. 16).

 

Il modello matematico che viene utilizzato e' quello costituito dalle cosiddette reti booleane, e dai sistemi dinamici (discreti) ad esse associati3. I diversi geni, nei loro due stati attivo - inattivo, vengono assimilati a delle variabili binarie, e cio' che determina lo stato complessivo del sistema in un certo istante e' l'insieme di tutti i singoli stati in quel dato istante. L'insieme totale dei possibili stati del sistema e' molto grande (se si tratta di n variabili, si hanno 2n stati), ma e' comunque un numero finito. Da uno stato del sistema si passa deterministicamente (e sincronicamente) allo stato successivo mediante una legge (logica) che individua lo stato in cui si va a trovare ogni singola variabile in funzione di quelli in cui si trovavano all'istante precedente le sue variabili ingresso (ovvero i suoi inputs). Vale a dire, lo stato futuro di un gene e' determinato dallo stato di quei geni a cui esso e' causalmente collegato. Che cosa significa affermare che il sistema e' in certi casi 'destinato' ad assumere una configurazione ordinata? Ma semplicemente che, con il passare del tempo, gli stati in cui il sistema verra' a trovarsi sono soltanto quelli all'interno di un certo ristretto numero di stati, ovvero che la sua complessita' potenzia le si ridurra' dopo un po' ai soli stati costituenti i cosiddetti attrattori del sistema, i quali possono essere 'piccoli' (p. 191) anche nel caso di un sistema composto da un 'grande' numero di variabili.

L'Autore indica a favore della plausibilita' del modello proposto alcune coincidenze numeriche, ottenute mediante l'ausilio di un computer. Ad esempio, scegliendo per motivi tecnici (semplificazione del programma) alcune reti a caso all'interno di una particolare famiglia di reti (quelle per le quali ogni variabile ha uno stesso numero k di ingressi, che diremo k-i-reti), e delle logiche piuttosto semplici definite su di esse, egli e' in grado di fornire alcuni parametri del sistema dinamico associato alla rete booleana, quali numero medio degli attrattori, loro lunghezza media, etc., e questi corrisponderebbero abbastanza bene ad alcuni dati di origine sperimentale. Ad esempio, il numero degli attrattori appare dello stesso ordine di grandezza dei diversi tipi cellulari, e la spiegazione del "differenziamento cellulare" consisterebbe cosi' nel fatto che cellule diverse sarebbero soltanto l'espressione di uno stesso sistema, che si trova pero' a funzionare in cicli di stati appartenenti ad attrattori diversi.

Dove sta il trucco, o meglio l'ipotesi apparentemente innocente che stabilisce pero' quella sorta di giro vizioso al quale accennavamo?

Il fatto e' che, concepita una qualsiasi dinamica sullo spazio degli stati dell'insieme dei geni, e' possibile trovare una struttura di rete booleana alla quale essa sia associabile. Ovvero, che e' possibile predeterminare qualsivoglia numero di attrattori, la loro lunghezza, ed ogni altra desiderata caratteristica del sistema dinamico, ed ecco che si possono definire delle connessioni ed una "logica" sul sistema dei geni che individuano proprio la dinamica fissata. Ne consegue che se si prendono in considerazione reti booleane qualsiasi ci si trova di fronte ad una gigantesca tautologia: non e' possibile fornire argomenti quantitativi, e quelli qualitativi sono di natura cosi' elementare e generale che e' improbabile che essi possano insegnare qualcosa di nuovo. Nel nostro caso, tutto si riduce all'ovvia circostanza che se e' dato un numero finito di possibilita' per la dinamica di un sistema, allora il sistema ripercorre dopo un po' e all'infinito sempre gli stessi stati4.

La questione si trasforma allora nell'interrogativo se la particolare famiglia di reti studiate da Kauffman5 presenti o no le necessarie caratteristiche di verosimiglianza per un plausibile modello dell'organizzazione genica, ed anche se le conoscenze attuali sono ancora lontanissime dal poter anche solo tratteggiare la struttura di rete booleana del genoma, l'ipotesi che ogni gene abbia lo stesso numero di geni ingresso non puo' non apparire sin d'ora del tutto improbabile ed artificiale. C'e' poi un aspetto qualitativo del problema che puo' essere preso a priori in esame, e cioe' il problema dei circuiti. In effetti non e' difficile dimostrare che reti del tipo in parola hanno sempre delle configurazioni quali: un primo gene e' un input per un secondo, questo secondo per un terzo, e cosi' via, fino a che l'ultimo gene della catena e' a sua volta un input per il primo6.

La situazione si arricchisce poi di certi lati di interesse puramente matematico, quali ad esempio il fatto che se si fa l'ipotesi, peraltro altrettanto arbitraria quanto la precedente, che ogni gene abbia anche uno stesso numero fisso di uscite (outputs), allora si puo' dimostrare che per ogni nodo della rete esiste un circuito che lo contiene - fino ad arrivare al caso estremo di reti con lo stesso numero massimo di inputs e di outputs, per le quali esiste un unico grande circuito che collega tra loro tutti i vertici della rete. Si tratta di circostanze biologicamente verosimili? O non e' piu' naturale supporre al contrario che, ferma restando l'idea comunque interessante di voler idealizzare il comportamento di ciascun gene assimilandolo ad una semplice variabile binaria attiva o inattiva, la rete che resta cosi' definita sia del tutto priva di circuiti? Una conseguenza 'filosofica' interessante di questa ipotesi sarebbe che questa diversa famiglia di reti7 individuerebbe sul genoma esattamente una struttura di quelle che i matematici chiamano un insieme ordinato. Ovvero, a voler giocare con le parole, sotto questo punto di vista l'ordine non sarebbe tanto una caratteristica della dinamica del sistema, vale a dire del suo spazio degli stati, bensi' una proprieta' implicita a priori nella rete stessa; e quale potrebbe essere allora l'origine di questo altro 'precedente' ordine?! Senza voler altrettanto esagerare nella esaltazione di un modello, si puo' notare pero' per finire che quello appena proposto sembrerebbe essere non soltanto in possesso di maggiori caratteristiche di conformita' alla situazione biologica in esame, ma anche di particolarita' tali da permettere di recuperare in un certo senso anche la circostanza di una al meno parziale dipendenza del sistema dall'esterno8. La cellula funzionerebbe semplicemente come una macchina gia' programmata ed ordinata, che elabora inputs provenienti dall'esterno, e fornisce per ciascuno di questi un risultato (prodotto) univocamente determinato, ritornando in assenza di essi ad uno stato di (parziale) inattivita'.

Questa ipotesi suggerirebbe allora che quello che bisognerebbe davvero prendere in considerazione e' il sistema costituito da tutte le cellule del corpo, ma anche questo potrebbe avere le stesse caratteristiche strutturali, 'funzionare' cioe' soltanto in occasione di stimoli esterni, ed il procedimento a ritroso non si arresterebbe piu' se non quando il sistema fosse arrivato a comprendere al limite l'intero l'universo!

 

 

Note

 

1 - In effetti la tesi 'moderna' sul ruolo del caso - che andremo presto ad esaminare - individua l'ordine come un risultato necessario di questo, il che appare un altrettanto intelligente adattamento in biologia della stessa impostazione filosofica anti-dualista, che in fisica si e' espressa, dopo il fallimento del tentativo di 'determinare lo spirito' compiuto nel XIX secolo, nel cercare di 'indeterminare la materia' (assimilando quindi il "libero arbitrio" e la coscienza allo stesso tipo di indeterminazione di una roulette).

 

2 - Cyrano de Bergerac, Histoire comique des Etats et Empires de la Lune, 1649 (citato a volte anche solo come Voyage dans la lune).

 

3 - Informazioni piu' dettagliate su questo argomento e su alcuni dei risultati citati nel seguito si possono trovare in: U. Bartocci, A. Girardi, "Sistemi semi-dinamici discreti e reti booleane finite", in corso di stampa [Atti del Seminario Matematico e Fisico dell'Università di Modena, 1997] (l'aggettivo semi-dinamici vale li' lo stesso che l'attuale dinamici, anche se il primo appare piu' opportuno per certe ragioni di coerenza matematica). Una sintetica esposizione della teoria di Kauffman si puo' trovare anche nell'articolo dello stesso Autore, "Anticaos ed evoluzione biologica", Le Scienze, N. 278, Ottobre 1991.

 

4 - E' forse interessante osservare esplicitamente che la circostanza appena osservata mal si adegua alla concezione filosofica degli "in finiti ritorni", formulata tra gli altri da F. Nietzche. In effetti, gli stati in cui un sistema finito ritorna al trascorrere infinito del tempo sono soltanto quelli di un suo attrattore, e non tutti i possibili stati, con le spiacevoli relative conseguenze in ordine alla capacita' 'consolatoria' della teoria nel caso estremo di sistemi che hanno attrattori costituti da un solo punto fisso (vedi anche la successiva Nota 7).

 

5 - Bisogna invero sottolineare come la struttura della rete diventi essenziale per le considerazioni che seguono soltanto nel caso di logiche irriducibili (vale a dire, tali che non siano restringibili ad una rete con lo stesso insieme dei nodi della precedente, ma con un numero minore di collegamenti, e quindi di ingressi), come sono del resto proprio le logiche 'standard' usate da Kauffman nelle sue simulazioni al computer.

 

6 - E cio' accade anche se si esclude a priori nella rete la possibilita' dell'esistenza di circuiti di lunghezza 1 (auto-interazioni), o di lunghezza 2, corrispondenti a situazioni del tipo "moto perpetuo": A attiva B, il quale a sua volta attiva A, e cosi' via all'infinito.

 

7 Siffatte reti diconsi anti-simmetriche, e nei risultati che vengono citati nel seguito si utilizza questa addizionale ipotesi. Si dovrebbe aggiungere infine che la possibilita' dell'esistenza di cicli dovrebbe invece verosimilmente essere prevista almeno per alcune componenti connesse del sistema (vale a dire gruppi massimali di geni collegati tra loro), quali ad esempio quelle preposte a compiti di organizzazione interna della cellula (house-keeping), a riprova che la situazione 'reale' potrebbe poi essere molto piu' complessa di quanto i primi tentativi di modellizzazione possano (vogliano) tenere in conto.

 

8 - Tutti gli attrattori del sistema dinamico associato a reti di questo tipo, e qualsiasi sia la logica della rete, hanno lunghezza uguale ad uno, e la rete mostra una 'gerarchia' che ne rende la complessita' di natura che potremmo dire piu' 'orizzontale' che non 'verticale' (con riferimento al probabile numero elevato di geni dei diversi livelli gerarchici, e del probabile basso numero di questi livelli). Si puo' aggiungere inoltre che sembrerebbe piu' plausibile sotto questo punto di vista correlare il numero dei tipi cellulari piuttosto al numero delle componenti connesse della rete che non al numero degli attrattori del sistema dinamico ad essa associato (il che riporterebbe ancora una volta in primo piano questo ordine strutturale 'statico' della rete contrapposto a quello eventuale prodotto dalla sua dinamica).

 

9 - Si fa qui invero abbastanza criptico riferimento alla circostanza che segnali di tipo elettromagnetico sembrano giocare anche in biologia un ruolo molto piu' importante di quanto non sia stato ancora stabilito. Si puo' trovare una lista di questo tipo di studi nei due seguenti lavori: E. Del Giudice, "La biologia tra biochimica e bioelettromagnetismo", TiConUno, N. 8, novembre 1990; F. Attena, "Omeopatia e memoria dell'acqua - Fondamenti scientifici e considerazioni sociologiche", Federazione Medica, XLIV, 1991. Citiamo inoltre i Proceedings of the International Meeting on "Interaction Between Electromagnetic Fields and Cells", Erice, 1984 (Plenum Press, New York and London, Series A: Life Science Vol. 97, 1985), e il recente Simposio dedicato alla questione di una possibile origine elettromagnetica di alcune malattie (che e' in accordo con la linea che qui si sostiene): Electromagnetic Compatibility, Wroclaw, Polonia, Settembre 1992 (un'intera Sezione e' stata dedicata al tema: Biological Effects of EM Radiation).

 

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Perugia, Aprile 1994

 

Umberto Bartocci

Dipartimento di Matematica

Universita' degli Studi