La storia secondo la "sinistra":

la mistificazione di Rigoberta Menchu

 

Ricevo dalla solito portale cattolico qui piu' volte citato una notizia che mi sembra utile girare ai lettori: temo che nei modi descritti sia stata fatta, e si faccia, un sacco di "storia" (e, ovviamente, non soltanto da parte della "sinistra")…

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Subject: [politica_cattolici] Il nobel Menchu alla Unione mondiale des organisations de femmes catholiques

Date: Wed, 28 Mar 2001 21:44:11 +0200

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Rigoberta Menchu, ospite la settimana scorsa della prima assemblea mondiale del Millennio dell'Umofc, Unione mondiale des organisations de femmes catholiques, è Premio Nobel per la Pace in virtù della sua autobiografia, "Mi chiamo Rigoberta Menchu". Ha esortato le donne cattoliche riunite a Roma a battersi perché si attivi la Corte Penale Internazionale.

RIGOBERTA MENCHU,

IL PIU' GRANDE RAGGIRO EDITORIALE DEL NOSTRO TEMPO

RIGOBERTA MENCHU, una donna Maya Quiche del Guatemala, fu catapultata sotto i riflettori della fama internazionale dalla pubblicazione della sua autobiografia, che le valse il Premio Nobel per la Pace e la rese un simbolo internazionale dei popoli indigeni spossessati dell'occidente e del loro tentativo di ribellarsi contro l'oppressione dei conquistatori europei.

Ma nel 1999 questo libro è stato smascherato come falso, un'invenzione politica, un intreccio di bugie, uno dei più grandi inganni intellettuali e accademici del Ventesimo Secolo. Alla fine del secolo scorso, Rigoberta Menchu era diventata il mito principale della cultura universitaria. Uno dei più celebri successi della sinistra multiculturale si verificò infatti alla Stanford University il giorno in cui un corteo di professori e di studenti di sinistra, guidato dal Reverendo Jesse Jackson, contestò una materia obbligatoria del curriculum di Stanford, la "Cultura occidentale".

Davanti ai manifestanti, che ritmavano lo slogan "La cultura occidentale se ne deve andare!", i funzionari dell'Università si arresero subito. Il titolo della disciplina fu ridotto a "CIV" e le opere di autori del terzo mondo (soprattutto marxisti) che prima erano stati "esclusi" vennero inseriti come letture obbligatorie, nel canone dei grandi libri. Principale fra questi testi fu l'autobiografia di una donna indigena del Guatemala, occasionalmente rivoluzionaria, "Mi chiamo Rigoberta Menchu", che così si guadagnò un posto accanto a Aristotele, Dante e Shakespeare.Pubblicato nel 1982, "Mi chiamo Rigoberta Menchu" in realtà fu scritto da una donna francese di sinistra, Elisabeth Burgos-Debray, moglie del marxista Regis Debray, [cui Rigoberta, analfabeta, l'avrebbe dettato ndr].

[…] Come raccontati in questa autobiografia, i fatti della storia di Rigoberta Menchu costituiscono la classica leggenda marxista. I Menchu erano una povera famiglia Maya, che viveva ai margini di un paese da cui erano stati espulsi dai conquistadores spagnoli. I discendenti dei conquistadores, conosciuti col nome di ladinos, cercano di cacciare i Menchu e altri contadini indiani dalla terra senza proprietari che avevano sempre coltivato.

Come la racconta lei, Rigoberta è un'analfabeta cui il padre contadino impedisce di istruirsi. Egli si rifiuta di mandarla a scuola perché ha bisogno di lei per il lavoro nei campi e perché teme che la scuola gli metta contro la figlia. La famiglia Menchu è talmente povera, in quanto senza terra, che Rigoberta vedrà il suo fratellino morire di fame. Nel frattempo il padre Vicente si impegna in una battaglia eroica ma disperata contro i padroni ladino per ottenere un appezzamento da coltivare. Alla fine, Vicente organizza un movimento di resistenza, chiamato Comitato per l'Unità dei Campesino, per rivendicare la terra a favore degli indigeni e contro i padroni ladino. Anche Rigoberta diventa un'attivista politica. A questo punto, ecco arrivare in Guatemala le formazioni guerrigliere Guevara­Debrayiste. Il movimento di resistenza indigeno organizzato dal padre di Rigoberta si collega con una forza rivoluzionaria armata - l'esercito guerrigliero dei poveri (ERG). Adesso i contadini possono almeno battersi. Ma i discendenti ladino dei conquistadores si rivolgono alle brutali forze di sicurezza Guatemalteche perché schiaccino la ribellione e preservino lo status quo dell'ingiustizia sociale. Vicente Menchu è ucciso. La famiglia che sopravvive è costretta a vedere morir bruciato vivo il fratello di Rigoberta. La madre di Rigoberta è violentata e uccisa.

Nelle parole di Rigoberta, la tragedia dei Menchu è "la storia di tutti i poveri di Guatemala." L'autore di "Mi chiamo Rigoberta Menchu" infatti rende esplicito questo collegamento: "La mia esperienza personale è la realtà di tutto un popolo." E' la chiamata alle persone di buona volontà di tutto il mondo perché aiutino i popoli nobili ma impotenti del Guatemala e degli altri paesi del Terzo Mondo a riguadagnare la loro giusta eredità.

Resa famosa in tutto il mondo dal successo del suo libro e dal Premio Nobel assegnatole nel 1992, Rigoberta adesso è a capo della "Fondazione Rigoberta Menchu Túm" per i Diritti Umani e portavoce per la causa della "giustizia sociale e la pace." Purtroppo però tutto ciò è fiction politica: praticamente ogni cosa che ha scritto Rigoberta è una bugia. Si tratta inoltre di bugie non casuali o marginali, ma che riguardano gli avvenimenti e i fatti che stanno al centro della sua storia, e che sono state studiate appositamente per dar forma al suo contenuto e per creare una specifica leggenda politica. La leggenda comincia a pagina uno del testo di Rigoberta: "Quando diventai più grande, mio padre si pentì di non avermi mandato a scuola, dato che ero una ragazza capace di imparare molte cose. Ma mio padre mi ripeteva sempre: "Purtroppo, se ti mando a scuola, ti faranno dimenticare il tuo ceto sociale; faranno di te una ladina. E' questo che io non voglio per te, e per questo non ti mando. " Avrebbe potuto mandarmi a scuola quando avevo quattordici o quindici anni ma non lo poté fare perché sapeva quali sarebbero state le conseguenze: le idee che mi avrebbero istillato." Al lettore fiducioso, questo appare come una perfetta realizzazione del paradigma marxista, in cui le idee dominanti sono in realtà le idee del ceto dominante, che controlla l'istruzione. Ma in realtà, contrariamente alle proprie affermazioni, Rigoberta non era affatto analfabeta. Né suo padre si oppose alla sua istruzione perché temeva che le scuole l'avrebbero indottrinata nei valori della classe dominante dei ladinos. Secondo i suoi compagni di classe, i suoi insegnanti e i suoi parenti, Vincente Menchu mandò a scuola Rigoberta. Anzi, la mandò in due collegi privati di prestigio, gestiti da suore cattoliche, dove ebbe l'equivalente di un'istruzione borghese. (Con ironia significativa, è probabile che sia stato lì che è stata reclutata per la fede marxista e sia diventata portavoce per i guerriglieri comunisti.) Dato inoltre che Rigoberta era effettivamente via, in collegio, per quasi tutta la sua giovinezza, probabilmente sono falsi anche i suoi resoconti dettagliati su come lavorasse otto mesi all'anno sulle piantagioni del caffè e del cotone, e per organizzare l'underground politica. Questi ed altri dettagli pertinenti sono stati stabiliti dall'antropologo David Stoll, uno dei principali esperti universitari del Guatemala. Stoll ha intervistato oltre 120 guatemaltechi, compresi i parenti, gli amici, i vicini di casa, gli ex-insegnanti e i compagni di classe di Rigoberta Menchu, nel corso di ben dieci anni. Questo lavoro è alla base della sua nuova biografia, "Rigoberta Menchu e la storia di tutti i poveri guatemaltechi". In occasione della pubblicazione del libro di Stoll, il New York Times ha mandato in Guatemala il reporter Larry Rohrter per cercare di controllare le risultanze di Stoll, cosa che egli riuscì a fare con facilità. Forse la più importante delle scoperte di Stoll è il modo in cui Rigoberta ha distorto la sociologia della sua situazione famigliare, insieme a quella dei Maya nella regione di Uspantan, per renderle conformi ai precetti marxisti. I Menchu non facevano parte dei poveri senzaterra e Rigoberta non ebbe nessun fratello che sia morto di fame, almeno nessuno di cui la sua stessa famiglia si sia riuscita a ricordare. I ladinos non erano una casta dominante nel villaggio o nel distretto di Rigoberta, dove non c'erano grandi tenute, o fincas, come dice lei. Non solo Vicente Menchu non era un contadino espropriato, era addirittura proprietario di 2,753 ettari di terra. La disputa durata 22 anni per la terra, descritta da Rigoberta come avvenimento centrale del libro, e che porta alla ribellione e alle tragedie seguenti, fu, in realtà, una contesa per un appezzamento minuscolo, ma significativo, di 151 ettari. La cosa più importante, infine, fu che "l'eroica lotta di Vicente Menchu contro i padroni che volevano prenderci la terra" in verità non fu una battaglia con i rappresentanti della classe dei conquistadores di discendenza europea, ma con i suoi propri parenti Maya, la famiglia Tùm, capeggiata dallo zio della moglie. Vicente Menchu non organizzò una resistenza contadina chiamata Comitato per l'Unità dei campesinos. Se una politica l'aveva, era quella tipica di un contadino conservatore. Ancora più importante è il fatto che la passione della sua vita non era per le problematiche sociali, ma per questa lite famigliare con i suoi parenti acquisiti, che erano piccoli proprietari terrieri e coltivatori come lui. Fu il suo coinvolgimento in questa faida di famiglia che lo fece impigliare nel dramma politico in atto in Guatemala fra studenti e rivoluzionari di professione, lotta che in realtà era estranea ai suoi interessi e che finì per ucciderlo. Alla fine degli anni settanta, in coincidenza con un'offensiva globale sovietica, Fidel Castro inaugurò una nuova stagione nella politica estera cubana, sponsorizzando e armando una serie di insorgenze guerrigliere in Centro America. Le più significative di queste si svolsero in Nicaragua, El Salvador, e Guatemala, e seguivano linee che erano state fissate da Regis Debray e Che Guevara un decennio prima. I leaders di questi movimenti generalmente non erano contadini indiani ma hispanici di città, cioè soprattutto gli eredi disillusi dei ceti medi e superiori. Si trattava spesso di diplomati presso centri di addestramento dei quadri a Mosca e all'Avana, e presso i campi di addestramento dei terroristi nel Libano e in Germania est. (I leaders dei guerriglieri salvadoregni includevano perfino un musulmano sciita comunista libanese di nome Shafik Handal.)

Uno dei questi corpi militarizzati, l'Esercito Guerrigliero dei Poveri del Guatemala, comparve il 29 aprile, 1979 ad Uspantan, il comune più grande nelle vicinanze di Chimel, il villaggio di Rigoberta. Secondo testimoni oculari, i guerriglieri dipinsero di rosso tutto ciò che potevano, arraffarono il denaro dell'esattore delle imposte e lo gettarono in strada, distrussero la prigione, rilasciarono i detenuti e inneggiarono nella piazza centrale per quindici o venti minuti con lo slogan, "Noi siamo i difensori dei poveri". Nessuno dei guerriglieri era mascherato, perché nessuno di loro era del luogo. Come forestieri, non avevano alcuna comprensione della situazione ad Uspantan, in cui praticamente tutte le dispute per la terra si svolgevano fra gli stessi abitanti Maya. Invece, essi percepivano il problema sociale secondo una versione da manuale marxista, visione che adesso è stata perpetuata dal libro di Rigoberta e dalla commissione che assegna i Premi Nobel. Come loro primo gesto rivoluzionario, i guerriglieri giustiziarono due padroni ladino. Credendo che questa violenza riuscita avesse consegnato il potere ai guerriglieri della sua regione, Vicente Menchu si aggregò a loro, fornì loro un posto per riunirsi e li accompagnò ad una manifestazione. Ma le forze di polizia del Guatemala, che si erano preparate ad affrontare l'offensiva progettata per l'emisfero occidentale da Castro, sostenuto dai sovietici, reagì con la brutalità che la contraddistingueva. Gli omicidi che ne seguirono furono promossi anche dai parenti inferociti dei contadini ladino uccisi, che volevano la vendetta contro gli assassini di sinistra. Questa catena di violenze causò il massacro di molti innocenti, compresi i genitori di Rigoberta e un fratello (la cui morte Rigoberta rende sensazionale con la storia falsa della sua morte al rogo, cui, sempre secondo la sua invenzione, furono costretti ad assistere lei e i suoi genitori.) L'episodio più famoso del libro di Rigoberta è l'occupazione dell'ambasciata spagnola a Città del Guatemala da parte di un gruppo di guerriglieri e di contadini nel gennaio del 1980. Vincente Menchu fu il portavoce per i contadini. L'occupazione stessa era guidata dal Fronte rivoluzionario studentesco "Robin Garcia". Un testimone ha descritto a David Stoll come veniva addestrato Vicente Menchu per il ruolo che doveva svolgere: "Dicevano a Don Vicente, "Dì: 'I popoli uniti in tutto il mondo non saranno mai sconfitti,'" e Don Vicente diceva, 'I popoli uniti non saranno mai sconfitti.' Dicevano a Don Vicente, Alza la mano sinistra quando dici così,' ed egli alzava la mano sinistra." Quando partirono per il viaggio che li avrebbe portati all'ambasciata spagnola, i contadini dell'Uspantan che accompagnavano i rivoluzionari studenteschi non avevano idea di dove stessero andando, né di quale fosse lo scopo stesso del viaggio. David Stoll ha intervistato una sopravvissuta il cui marito morì nell'incidente. Ella gli ha detto che il viaggio aveva avuto inizio con una festa di nozze presso la chiesa cattolica di Uspantan. Due giorni dopo la cerimonia, i convenuti partirono. "I señores dissero che andavano alla costa, ma arrivarono alla capitale." Una volta lì, gli studenti rivoluzionari eseguirono il loro piano di occupare l'ambasciata e prendere degli ostaggi, mentre i Maya ancora non sospettavano niente. Benché ci siano ancora controversie sulla natura della causa della tragedia che ne seguì, David Stoll presenta prove convincenti che sia stata l'esplosione di una bottiglia Molotov portata dagli studenti a dar fuoco all'ambasciata. Furono uccise 39 persone, compreso Vicente Menchu. La ricerca di Stoll smaschera dunque Rigoberta Menchu come agente comunista al servizio proprio di quei terroristi che in ultima analisi furono responsabili della morte della sua stessa famiglia. La fedeltà di Rigoberta alla causa castrista è così ferrea che, dopo la pubblicazione del suo libro e la sua trasformazione in portavoce internazionale dei popoli indigeni, ella si è rifiutata di denunciare il tentativo genocida della dittatura sandinista di eliminare gli indiani Miskito. Ha rotto perfino con la sua traduttrice, Elisabeth Burgos-Debray, sulla questione dei Miskitos ( La Burgos-Debray, infatti, insieme ad altri personaggi eminenti nel mondo della sinistra francese, aveva protestato contro l'aggressione sandinista.) La reazione di Rigoberta allo smascheramento delle sue menzogne è stata duplice. Da una parte, "no comment" e dall'altra, quella di aggiungere un'altra bugia - negare di aver avuto niente a che fare con il libro che l'ha resa famosa. A questo proposito David Stoll ha ascoltato due ore di nastri da lei incisi per Burgos-Debray (che fornirono la base del libro) e ne ha tratto la convinzione che la narrativa registrata è identica alla versione (falsa) dei fatti contenuti nel libro stesso. Naturalmente, Rigoberta non negò di essere l'autrice del libro quando accettò il suo Nobel per la Pace. La vita fittizia di Rigoberta Menchu è un pezzo di propaganda comunista mirata a incitare all'odio contro gli europei, l'occidente e le società che essi hanno costruito , e a organizzare il sostegno alle organizzazioni comuniste e terroriste in guerra con le democrazie dell'occidente. Il libro è diventato anche il trattato sociale più influente fra quelli letti oggi dagli studenti dei college americani. Oltre 15,000 tesi sono state scritte su Rigoberta Menchu in tutto il mondo- e tutte accettano le sue bugie come Vangelo. Rigoberta ha ricevuto 14 dottorati onorari presso istituti di studi superiori di prestigio, e la commissione per il Premio Nobel ha reso Rigoberta una figura eminente di livello internazionale, portavoce per "la pace e la giustizia sociale." Purtroppo però, la rivelazione delle menzogne di Rigoberta Menchu non ha cambiato quasi niente di questa situazione. La commissione per il Nobel si è già rifiutata di riprendersi il suo premio, le migliaia di corsi universitari che elencano il suo libro fra la bibliografia essenziale per i laureandi continuerà a farlo e gli editorialisti della stampa principale hanno già difeso le sue bugie. Come? In termini più o meno uguali a quelli resi famosi dai difensori dell'inganno simile perpetrato da Tawana Brawley: "anche se mente, dice la verità". In un editoriale di risposte a queste rivelazioni e tipico delle reazioni della stampa, il Los Angeles Times ha ignorato l'enormità di ciò che hanno fatto Rigoberta, i terroristi guatemaltechi, la sinistra francese, la comunità internazionale degli attivisti dei "diritti umani" di sinistra, i compagni di viaggio del Premio Nobel, e i radicali di ruolo che dominano la comunità accademica americana. Mentre riconosce che qualcosa è andato storto, il Times conclude che sarebbe sbagliato danneggiare la causa per colpa degli eccessi del libro di Rigoberta. "Dopo le prime bugie, l'intero apparato degli attivisti dei diritti umani, del mondo del giornalismo e delle università si è adoperato per esagerare le terribili condizioni di vita dei contadini, quando dire la semplice verità sarebbe stato sufficiente." Davvero? Se dire semplicemente la verità fosse stato sufficiente, allora non ci sarebbe stato bisogno delle menzogne di Rigoberta. Allora perché diffonderle? Se c'è del vero nella leggenda stessa, i guerriglieri guatemaltechi non sarebbero spariti nel giro di due o tre anni. Il fatto è che non c'erano le premesse sociali per l'insurrezione armata cercarono di forzare, come non ce n'erano stati per il tentativo suicida di Guevara in Bolivia anni prima. In conclusione, la fonte della violenza e disperazione susseguente descritti da Rigoberta nel suo libretto distruttivo è la stessa intellighentsia di sinistra, per la quale questa impostora guatemalteca è un'eroina del marxismo.

Rigoberta Menchu ha ingannato gli ingenui difensori del Terzomondismo della commissione per i Premi Nobel, e anche i suoi sostenitori a Stanford e ad altre università, ognuno dei quali cercava proprio una favola del genere per legittimare le loro fantasie. Insieme agli agenti castristi della disinformazione che stavano dietro a questo progetto, hanno fabbricato il mostro "Mi chiamo Rigoberta Menchu", che si pone sullo stesso livello dei "Diari di Hitler", come più grande raggiro editoriale del nostro tempo.

© 1999 Center for the Study of Popular Culture

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(UB, aprile 2001)