UN PARADOSSO RELATIVISTICO

 

(Umberto Bartocci - Marco Mamone Capria)

 

 

1 - In un recente numero di questa Rivista (Luglio-Settembre 1989) A. Piazzoli discute un ben noto paradosso relativistico nella forma del "problema dello sciatore", esprimendo l'opinione che si tratta di "un classico rompicapo relativistico, ancora oggi proposto da qualcuno con la sadica intenzione di creare difficolta' alla Relativita' Speciale" (RS).

Ma la RS non e' una persona, ed un sadico non potrebbe scegliersi una vittima piu' indifferente. Semmai, dolorosa1 e' l'esperienza di coloro che, educati ad una concezione dello spazio e del tempo a cui l'esperienza quotidiana sembra adattarsi senza difficolta', si trovano poi proiettati in un mondo nel quale i regoli "rigidi" si contraggono, gli orologi ritardano senza che si possa accusarli di essere guasti, ed i fari di un'automobile da corsa non possono inviare segnali luminosi che siano piu' veloci di quelli emessi da un semaforo. Ad ogni generazione viene ripreso e verra' ripreso il dibattito sul significato e sui limiti della teoria, sulle sue conseguenze filosofiche in ordine alla nostra concezione dello spazio e del tempo, etc.; mentre alcuni continueranno a sostenere che queste conseguenze non possono neppure essere dette controintuitive, perche' cosa potrebbe saperne la nostra "intuizione" di fenomeni cosi' diversi da quelli sui cui essa si e' formata, altri persevereranno nel riconoscere alle ordinarie nozioni di spazio e tempo un ruolo privilegiato anche nei riguardi dei fondamenti delle teorie scientifiche. C'e' chi in passato ha voluto ravvisare nei "paradossi" delle vere e proprie contraddizioni logiche2, ma nessuno ne ha finora realmente trovate, e si puo' dubitare che tale ricerca possa essere mai coronata da successo: non tanto per la particolare "tenuta logica" della RS , quanto perche' una teoria fisica "viva", anche quando presentata con qualche scrupolo di rigore, dispone di solito di risorse concettuali ed interpretative tali da permetterle di non correre i rischi di una vera e propria teoria assiomatica.

Cio' non toglie che i paradossi emersi in piu' di ottant'anni di relativita' rivestono un interesse (e non solo per lo studioso dei fondamenti) che non e' certo diminuito dalla circostanza che la RS possa essere oggi l'oggetto di panegirici non sappiamo quanto esagerati in favore del "santo"3 come il seguente:

 

"Special relativity is so much a part not only of physics but of everyday life, that is no longer appropriate to view it as the special 'theory' of relativity. It is a fact [...] tested time and time again by experiments designed to check its predictions directly"4.

 

Se infatti bisogna ammettere che la maggior parte dei paradossi sono l'effetto di una indebita commistione tra schemi concettuali diversi, essi hanno pero' sovente il merito di evidenziare aspetti e conseguenze logiche della teoria le quali, benche' non sufficienti a stabilirne l'implausibilita' fisica, mostrano almeno quali profonde "novita'" essa comporti, e con quali cautele debba essere trattata. Del resto, occorre tenere presente che una teoria fisica puo' essere utilizzata con successo anche quando se ne abbia una comprensione imperfetta. La meccanica quantistica e' solo l'esempio piu' clamoroso di questo tipo di situazione, niente affatto insolito5.

Cio' spiega come ancora nel 1979 M. Jammer poteva scrivere, in termini fin troppo misurati, che:

 

"It would be rash to conclude that the foundations of special relativity, despite its status of being an exceptionally well established theory, are a matter of universal consensus and unanimity"6.

 

Il nostro scopo qui non e' pero' di occuparci di qualcuno dei problemi fondazionali della RS; piuttosto vogliamo sottoporre all'attenzione dei lettori un altro "paradosso", a quanto ci risulta inedito, riguardante l'interpretazione relativistica dell'elettrodinamica maxwelliana (che, non bisogna dimenticarlo, fu all'origine stessa della teoria della relativita'). La riflessione su questo paradosso dovrebbe favorire l'approfondimento di alcuni fenomeni previsti dalla teoria. In piu', esso da' lo spunto per proporre un nuovo esperimento di tipo elettromagnetico, per giunta a bassa velocita', che potrebbe verificare direttamente la fondatezza dell'elettrodinamica relativistica.

 

 

2 - In un riferimento inerziale R(Oxyzt) sia assegnata una spira S di forma rettangolare percorsa da corrente, situata ad esempio nel piano coordinato (x,y), con i lati paralleli agli assi, ed in moto con velocita' costante v = (v,0,0) rispetto ad R . Come si sa, nell'ambito della teoria di Maxwell il sistema puo' essere descritto mediante l'assegnazione della funzione densita' di carica r (xyzt) e del campo densita' di corrente j(xyzt) , i quali, come termini noti delle equazioni d'onda

 

(1)  F = -r /e 0 ,

 

(2)  A = -m 0j ,

 

permettono di determinare i potenziali F ed A, e quindi i campi elettrico e magnetico E e B "generati" da S , secondo le posizioni

 

(3) E = -Ñ F - A/ t

 

(4) B = rot(A) .

 

(naturalmente, il tutto e' riferito ad R; i potenziali sono supposti soddisfare alla condizione di gauge di Lorentz, r e j alla equazione di continuita' della carica).

La determinazione di E, B , ovvero di F , A, avviene assai semplicemente in RS . Ci si pone nel riferimento R'(0'x'y'z't') "parallelo" ad R e solidale con la spira S; in questo si avra', con ovvie notazioni,

 

(5) F ' = 0 7,

 

mentre A' e' tale da fornire per B' l'espressione che viene detta di Biot-Savart (qui si deve precisare l'ipotesi sulla corrente che circola in S , dicendo che si tratta di una corrente I' stazionaria nel riferimento R').

Usando poi della trasformazione di Lorentz da R' ad R si determinano i richiesti F ed A , ricordando che le quattro quantita' scalari (cA,F ) costituiscono un quadrivettore dello spazio-tempo di Minkowski.

Effettuati i calcoli, si trova che F e' diverso da zero, il che e' coerente con la circostanza che r risulta diversa da zero, in quanto anche le quattro quantita' (j,r c) costituiscono un analogo quadrivettore. Precisamente, nelle nostre ipotesi risultera'

 

(6) r = v*j'(x')/c2*sqr(1-b 2) ,

 

dove si e' posto b = v/c, ed indicato con j'(x') la componente della densita' di corrente j' in R' secondo l'asse delle x'.

Questo fenomeno viene spiegato in ambito relativistico8 con il fatto che la densita' di carica r , essendo costituita da un rapporto carica/volume, cambia da un riferimento all'altro in ragione della cosiddetta "contrazione delle lunghezze" (analogamente, j cambia da un riferimento all'altro coerentemente con la variazione di r e con la legge di composizione relativistica delle velocita').

Cio' premesso, dalla (6) si ottiene che r e' diversa da zero lungo i due lati di S paralleli all'asse delle x. Piu' precisamente, r risulta positiva lungo un lato e negativa lungo l'altro, mentre rimane invece uguale a zero nei due lati "verticali" (si osservi che nel complesso la spira resta, come deve, neutra).

Siamo finalmente arrivati al nostro paradosso. Se un osservatore in R' pone un elettroscopio a contatto con uno dei lati "incriminati" di S, egli non osservera' alcuna variazione nell'angolo tra le due foglioline dello strumento, perche' per lui la spira e' (omogeneamente) neutra. Come puo' spiegarsi il fenomeno un osservatore solidale con il riferimento R per il quale invece quei due lati sono carichi? Perche' la carica in eccesso in movimento non dovrebbe comportarsi come la carica in eccesso stazionaria?

Prima di andare avanti con l'analisi del "paradosso", invitiamo il lettore a cercare preliminarmente da se' una soluzione, osservando comunque sin da ora che qui non c'e' contrazione delle lunghezze che tenga (se un angolo e' zero in un riferimento, lo e' in tutti i riferimenti), e che il modello semplificato da noi usato potrebbe essere facilmente complicato e reso piu' realistico, lasciando pero' inalterata la questione.

 

 

3 - Veniamo dunque ad alcune possibili "spiegazioni".

Si potrebbe dire innanzitutto che non c'e' realmente alcun problema, perche' l'elettroscopio misura la carica totale di S, e questa e' zero per entrambi gli osservatori. E' chiaro pero' che se (in un fissato R) si tocca con un elettroscopio E un corpo K in quiete che sia disomogeneamente carico, non si puo' dire che E misuri la carica totale di K, ma soltanto la "densita' di carica", ovvero, E puo' segnalare unicamente una disomogeneita' della presenza di carica in una certa regione, per quanto "piccola", intorno al punto di contatto tra E e K.

Accettato cio', si puo' dire che l'osservatore in R, che vede le foglioline non aprirsi nonostante la spira sia per lui carica lungo quel lato, non se ne deve stupire, perche' il fatto vuol dire soltanto appunto che la densita' di carica in quella regione e' zero nel riferimento R', ma non lo e' per lui che deve eseguire la misura di questa carica in un modo diverso.

In altre parole, poiche' l'elettroscopio non misura la carica totale, ma soltanto la densita' di carica, e questa non e', al contrario di quella, un invariante, non c'e' nessuna contraddizione.

Bisogna stare attenti al fatto che mentre nel modello matematico idealizzato l'elettroscopio tocca il filo "in un solo punto", che e' lo stesso nei due riferimenti, la densita' di carica da lui misurata deve intendersi come quella presente in un "elemento infinitesimo di volume" intorno a questo punto, e tale elemento infinitesimo non e' piu' lo stesso nei due riferimenti (e non solo, ma e' essenziale nell'approccio relativistico che l'elemento infinitesimo delle cariche positive, e quello delle cariche negative, essendo in stati di moto diversi, si contraggano in maniera diversa, cio' che da' ragione per l'appunto della disomogeneita' di carica per l'osservatore in R).

Questa osservazione mostra perche' il "paradosso" resta nonostante tutto capace di originare una certa perplessita', dal momento che in effetti risulta difficile "immaginare" la contrazione di questi diversi elementi infinitesimi e le corrispondenti contrazioni delle cariche elementari in essi contenute (le quali sono peraltro invarianti numericamente); cosi', il paradosso e' anche legato alla difficile convivenza del modello discreto e di quello continuo nel modello standard dell'elettricita'.

Come abbiamo gia' accennato, le considerazioni precedenti permettono anche di provare come in questo caso la RS mostri il suo carattere di teoria scientifica, ovvero la sua falsificabilita'. Vale a dire, e' possibile concepire, sulla base di un'analisi piu' dettagliata della questione, un esperimento elettromagnetico, per giunta a bassa velocita', che potrebbe verificare direttamente la fondatezza della previsione relativistica sulla presenza di carica risultante da una "corrente in movimento", e che sarebbe forse piu' "convincente" di molte altre conferme classiche della teoria9.

 

 

NOTE

 

(1) - "Forgetting extraneous structure is genuinely painful. Phrases such as [...] "twin-paradox", "Lorentz contraction", and so on, have essentially the same meaning as ouch!" (R.K. Sachs, H. Wu, "General Relativity for Mathematicians", Springer-Verlag, NY, 1977, p. 16).

 

(2) - Tra gli assertori piu' noti della possibilita' di una smentita su basi puramente logiche delle teorie relativistiche possono essere ricordati Quirino Majorana ("viene a mancare una delle basi fondamentali di entrambe le teorie su ricordate [le teorie relativistiche di Einstein], come da piu' anni, per semplici ragioni logiche, io sostengo", in "L'inerzia non appare sempre proporzionale al peso", Rendiconti Accademia Naz. dei Lincei, XVI, 1954, p. 597), e H. Dingle, "Science at the Crossroads", Martin Brian & O'Keefe, London, 1972.

 

(3) - T.E. Phipps afferma, con qualche ragione, che nell'opinione di molti fisici la RS e' "the holy of holies" della fisica moderna ("Heretical Verities: Mathematical Themes in Physical Description", Classic Non-Fiction Library, Urbana, 1986, p. 9).

 

(4) - C. M. Will, "Was Einstein Right?", Oxford University Press, 1988, p. 246.

 

(5) - Vedi ad esempio F. Selleri, "La causalita' impossibile - L'interpretazione realistica della fisica dei quanti", Jaca Book, Milano, 1988.

 

(6) - M. Jammer, in "Problems in the Foundations of Physics", Proceedings of the International School of Physics E. Fermi, G. Toraldo di Francia (ed.), North-Holland, 1979.

 

(7) - In realta' questa affermazione proviene da un altro postulato, che si puo' dire il postulato di Clausius, e che e' indipendente sia dall'elettrodinamica di Maxwell "classicamente" intesa che dalla RS (vedi ad esempio, A. O'Rahilly, "Electromagnetic Theory - A Critical Examination of Fundamentals", Dover Publications, New York, 1965, Vol. II, p. 589). Il postulato e' stato abbastanza recentemente rimesso in discussione da un punto di vista sperimentale da W.F. Edwards ed altri, "Continuing investigation into possible electric fields arising from steady conduction currents", Physical Review D, 14, 4, 1976, pp. 922-938, e da R. Sansbury, "Detection of a force between a charged metal foil and a current-carrying conductor", Rev. Sci. Instruments, 56, 3, 1985, pp. 415-417.

 

(8) - R.P. Feynman, "The Feynman Lecture Notes in Physics", Addison-Wesley, Reading, Mass., 1964, Vol. II, 13-6.

 

(9) - Si veda: U. Bartocci, M. Mamone Capria, "Symmetries and Asymmetries in Classical and Relativistic Electrodynamics", 1990, in corso di stampa.

 

Perugia, luglio 1990