Lo scandalo pedofilia - un "marcio" che nasce da lontano…

 

Un'opinione pubblica istupidita dal condizionamento mass-mediatico, si riscuote ogni tanto dal suo torpore morale, agitandosi indignata quando scopre l'abiezione che si trova appena alle sue porte. Oggi e' il caso della pedopornofilia, tutti indignati e alla ricerca frettolosa dei "colpevoli", senza distinguere tra "tentatori" e "tentati", e senza riflettere che il "marcio" nasce da lontano: dalle sconcezze televisive, dalla pornografia a buon mercato in videocassetta e su Internet, dalle nostre edicole che ostentano davanti agli occhi di tutti, e quindi anche dei piu' "deboli", immagini che una societa' meno corrotta non avrebbe mai permesso che fossero esposte in pubblico. Guai pero' a chi osa mettere in discussione il "liberismo" fondamento delle moderne democrazie occidentali! Si continua ad ironizzare sulle persone che si impegnavano a fare, solo pochi anni fa, opera di "barriera", partendo anche dall'ombelico della Carra', o dalle gambe delle Kessler, senza capire che questo e' l'ovvio traguardo a cui ci ha condotto un certo cammino.

Scrive bene Rino Cammilleri, quando trova radici ancora piu' antiche di certe forme di "pensiero", che, non e' un caso, sono emanazione diretta del "darwinismo", anzi, di un poco noto "pre-darwinismo".

 

"I nodi del liberalismo vengono al pettine proprio nel momento del suo trionfo, e la logica si presenta a chiedere il conto. La nozione di liberta' assoluta individuale limitata solo dall'altrui diritto e' fondamento del liberalismo; in perfetta coerenza, ben centodue parlamentari europei, su iniziativa di Elena Paciotti, Gianni Vattimo e Lucio Manisco (cui subito si sono accodati Veltroni, Bertinotti e Imbeni), hanno a suo tempo rivolto un appello al governo italiano perche' non ostacolasse la manifestazione del World Gay Pride. I primi firmatari, tutti di sinistra, ricordavano che "e' compito dello stato democratico garantire il pieno rispetto della sfera delle liberta' personali dei cittadini". Ergo , la manifestazione "rientra pienamente nei diritti di liberta' di espressione di ogni individuo sanciti dalla Costituzione italiana". Di più: questo diritto "non e' soggetto a valutazioni di merito e opportunita' da parte del governo". Non fa una grinza.

Ora, dal momento che questi temi spaccano la societa', la parte odiosa la fa chi vuol vietare qualcosa a qualcun altro. Si', la liberaldemocrazia e' fondata anche sui doveri oltre che sui diritti. Ma le rivoluzioni che l'hanno imposta sono scoppiate piu' per i secondi che per i primi. Il risultato e' che bisogna riandare all'originario contratto sociale rousseauiano per vedere, ogni volta, chi ha ragione. Cioe', il "diritto" di quale fazione deve prevalere. Solo che il nostro "contratto sociale" e' la Costituzione, la quale, essendo stata redatta in tempi in cui il senso comune era diverso, e' sufficientemente ambigua da lasciare aperto il campo alla guerra per bande. O per lobby, il che e' lo stesso.

Si va verso una societa' tribale in cui si tende ad aggregarsi in base alle proprie tendenze psico-sessuali? I rapporti tra queste "tribu'" sono per forza conflittuali, perche' ognuna pretende di soddisfare le proprie esigenze prescindendo da quello che una volta si chiamava bene comune.

Il teologo Gino Concetti sull'Osservatore romano del 7 gennaio paventava proprio l'avvento di una societa' che, da organica, diventi atomizzata, disintegrata; in essa "ogni gruppo potrebbe vantare i suoi "diritti" soggettivi che sconvolgono l'equilibrio, la giustizia e il bene comune".

Ora, e' proprio questo il punto: la nozione di bene comune.

Un modello di societa' nato nel 1789 come rivolta contro le radici cristiane dell'Occidente e sfociato, per logica necessaria, nel relativismo filosofico (e dunque morale ed etico), non ha piu' un'idea di "bene comune" valida per tutti. E il liberalismo e' condannato ad oscillare tra il libertinismo e il totalitarismo senza trovare un equilibrio che non sia precario. E' il peccato d'origine. Infatti, proprio mentre la Convenzione giacobina si apprestava a scatenare il Terrore, l'illuminista marchese De Sade poteva del tutto coerentemente scrivere nel suo "Francesi ancora uno sforzo" frasi del tipo: "Mai la lussuria fu considerata un crimine presso nessuno dei popoli saggi della terra. Tutti i filosofi sanno bene che e' solo agli impostori cristiani che dobbiamo di averla costituita in delitto. Nessuna passione ha bisogno piu' di questa di tutta l'estensione della liberta', nessuna senza dubbio e' cosi' dispotica". Oppure: "La corruzione dei costumi, spesso molto utile in un governo, non puo' nuocere sotto nessun profilo". Per poi concludere: "Tra distruggere un uomo e distruggere una bestia non c'e' nessuna differenza. Di piu': l'atto dell'uccidere e' vantaggioso, perche' quest'azione fornisce alla natura la materia prima delle ricostruzioni e delle trasmutazioni di cui essa vive. L'uomo che uccide segue gli impulsi della natura che glielo consiglia".

Nella mente del geniale marchese libertinismo e totalitarismo finivano l'uno nelle braccia dell'altro come gemelli siamesi: "La specie umana deve essere epurata fin dalla culla".

E, singolarmente, nelle sue parole c'e' gia' tutto il dilemma del liberalismo contemporaneo, dalla rivoluzione sessuale illimitata all'aborto, all'eutanasia, alla trapiantistica selvaggia, alla manipolazione genetica.

Che Dio ce la mandi buona."

[ricevuto da it.politica.cattolici, vedi "consenso" N. 2]

 

(UB, 30 settembre 2000)