Quos vult perdere...

(Sulla crisi morale di un'Italia in via di "trasformazione")

 

Le ore immediatamente postprandiali di un caldissimo giorno d'estate. Sono ricoverato in una clinica per accertamenti, su nel cuore della vecchia Perugia. La stanza che mi hanno assegnato si trova in alto, dalle finestre si guarda sui tetti: scorci di tegole rosse e vicoli pittoreschi. Una radio a tutto volume, accompagnata da vari schiamazzi, disturba la quiete del pomeriggio e il riposo dei malati. Mi affaccio cercando di individuare da dove provenga tanto chiasso, poi mi vesto ed esco dalla clinica, recandomi fino al portone della casa che sembra l'origine del rumore. Un vecchio e' seduto su una sedia di paglia vicino al portone, guarda nel vuoto. Lo interrogo, e mi risponde che si', il baccano nasce da li', da stanze affittate a giovani studenti (usanza tipica perugina, "citta' universitaria" di non residenti). Chiedo ancora: "Ma lo fanno spesso a quest'ora? Nessuno ha mai protestato, gli ha mai detto qualcosa, ha cercato di farli smettere?". Il vecchio risponde: "Si', sono venuti anche i vigili, ma non c'e' stato niente da fare. Nessun regolamento, o se c'e' nessuno se la sente di farlo rispettare". Tentenna la testa, rassegnato, e torna a rimirare il nulla.

Mi riavvio verso il letto dove so che non potro' riposare, per fortuna soltanto i pochi giorni che saro' li' trattenuto dalle gentili attenzioni dei medici, e mi viene in mente che quei ragazzi, se non sono proprio i miei studenti, potrebbero ben esserlo. Sono come i miei studenti, potrei dire anche come qualcuno dei miei figli: sono comunque i loro "amici". E penso allora alle condizioni dell'istituto universitario in cui svolgo la mia attivita', nel periodo di lezioni. Dovunque cicche, lattine, carta in terra, disordine. Rammento che proprio qualche settimana innanzi un collega mi aveva riferito di avere ripreso uno di questi bei tomi, dicendogli: "Ma ti comporti cosi' a casa tua?". Pronta risposta: "SI'", e non dubito affatto che la risposta non fosse soltanto arrogante, ma riferisse la verita'.

Davanti all'ingresso della clinica incrocio una giovane madre, che tiene per mano due bambini carucci. Guardo con piacere il gruppo, ma sento la ragazza arrabbiata, parole dure nei confronti dei piccoli. L'esasperazione esce dalla sua bocca, mai mia madre si e' rivolta a me, o a mio fratello, in quel modo, ne' avrei immaginato che si potessero avere dei simili pensieri verso i propri figli. "Siete due palle al piede, che male ho fatto per dovervi sopportare, etc.".

Anche di fronte a tale scena, mi viene in mente che solo poco tempo avanti avevo sentito una conoscente, non piu' giovane, dire che al punto della vita in cui era ormai arrivata, avrebbe potuto stare abbastanza bene sia economicamente sia sotto altri aspetti, se non fosse stato per i figli (grandicelli) ai quali doveva ancora badare: i soldi che le portavano via, e avanti con variazioni sul medesimo tema...*

Arriva la sera, solito film con dei fascisti in televisione. Sono tutti ridicoli (i nazisti sono sempre dipinti in modo da destare repulsione per la loro cattiveria, i fascisti - in fondo erano i nostri padri, o nonni - in modo da suscitare ilarita'). Strillano, si muovono come manichini, corrono con modi militareschi e "maschilisti", parlano continuamente di donne, ma non si stenta a capire che, sotto sotto, sono degli impotenti. Dei poveri sciocchi guardano lo spettacolo e ridono, senza capire che dovrebbero viceversa piangere, ma si sa, quos vult perdere dementat...

 

* Mi rendo conto che si entra qui in un "giro vizioso", alla ricerca di una risposta al quesito se le mamme siano oggi generalmente cosi' "fuori di testa" perche' i loro rampolli sono del tipo insopportabile sopra descritto, oppure viceversa. Probabilmente si tratta di un rapporto di causa ed effetto che si autoalimenta (feedback), ma e' indubbio che la profonda crisi morale del paese passa soprattutto attraverso la "crisi della donna" (non per caso ad essa viene prestata particolare attenzione nella presente rubrica). Scrivevo recentemente a un corrispondente negli USA, che si rende ben conto del "cattivo esempio" che da quella societa' promana verso tutto il resto del mondo, chiedendogli quanto corrispondesse al vero che: "The family is finished, fallen into disrepair … The end result is large numbers of men and women living separately - desperate and lonely. The effect on children is an absolute national disaster" (vedi pure il punto A/10 nella pagina Attualita' di questo sito). Nonostante la sua buona capacita' di comprensione dello stato di disfacimento della societa' a cui appartiene in altri settori, mi replica purtroppo che: "Sometimes, as you know, an increase in divorce is not necessarily a bad thing. It may be indicative of the increasing ability of women to get out of abusive relationships because they have jobs of their own, newly won independence etc.". Un luogo comune difficile da sfatare, anche un'amica intelligente argomentava qualche tempo fa che i matrimoni duravano in passato soltanto perche' la donna non era indipendente economicamente, doveva quindi sopportare il marito, e cosi' via. Un'altra ammetteva che c'e' ormai uno squilibrio nella nostra societa' - a tutto vantaggio delle donne! - che gli uomini sono diventati dei deboli e degli "zimbelli", ma non c'e' da lamentarsi, da invocare rimedi: tutto giustificato da secoli di sottomissione, di oppressione. Quanta tristezza nel vedere tante persone che hanno siffatte radicate opinioni. Per cio' che mi riguarda, non credo proprio che, diciamo pure le nostre nonne, sostenessero la famiglia, pilastro della societa' civile, solamente per il fatto che erano tutte frustrate, irrealizzate, e non avevano di meglio da fare; che abbiano sempre finto di amare figli e nipoti, mentre erano costrette invece a "sopportarli".

I "cattivi esempi" si stanno diffondendo (si sono diffusi) a macchia d'olio, e ormai lo stato di "corruzione" del pensiero e' cosi' avanzato che appare quasi impensabile un suo arresto...

 

(UB, agosto 2001)