Il Presidente Cossiga si lascia andare a qualche indiscrezione

sul vero significato del "ribaltone" Prodi/D'Alema,

provocato non si sa bene da chi in vista della futura aggressione alla Serbia…

 

L'ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, non nuovo ad esternazioni (che in effetti si potrebbero anche dire ammissioni, o forse meglio: "confessioni") che gettano - per chi voglia "capire" davvero qualcosa della storia, e tenga quindi orecchie ed occhi aperti - barlumi di luce sui veri retroscena della vita politica del nostro paese, si lascia andare [sul settimanale "Sette" del "Corriere della Sera", in edicola la settimana intorno al 25.1.01] alla seguente confidenza:

"- Ho dato vita all'operazione piu' ardita contribuendo a portare a Palazzo Chigi il primo postcomunista.

- Si e' pentito?

- Assolutamente no. Indegnamente ho fatto quello che aveva in mente Aldo Moro. E poi c'erano esigenze pratiche. Non saremmo stati in grado di affrontare la crisi del Kosovo se avessimo avuto un governo Prodi. D'Alema, come tutti quelli educati alla scuola comunista, non e' un pacifista.

- D'Alema guerrafondaio?

- Il pacifismo comunista non esiste. Mentre esiste il pacifismo cattolico e certamente ne era parzialmente intriso Prodi."

Ricordo ai lettori che il governo Prodi cadde, in modo che sembrava piuttosto casuale, e certamente "pittoresco", il 10 ottobre 1998 [buffo che proprio il 10 ottobre dell'anno precedente segnasse la fine di un altro governo Prodi], quando della crisi del Kosovo i mezzi di propaganda di massa parlavano poco, e certo nessuno pensava all'effettiva possibilita' che venisse scatenata una nuova vera e propria guerra in Europa. Con estrema e inusuale rapidita' ("Nell'interesse del paese", titolava "L'Unita'"), il governo D'Alema fu insediato il 22 ottobre successivo, e ancora nulla sulle prime pagine dei giornali in ordine alle tristi vicende della vicina ex Jugoslavia. Anzi, il 17 dicembre c'e' spazio per un altro intervento militare del "partito della pace" nel mondo: "Diluvio di missili, inferno a Bagdad - Scatta l'operazione 'Volpe del deserto' per punire Saddam" ["Corriere della Sera"], in un teatro di guerra che l'opinione pubblica italiana sente "lontano", e poi quel Saddam Hussein li' e' un "dittatore", e le bombe se le merita (psicologicamente, ne prende forse anche la parte che la gente pure oggi destinerebbe retroattivamente ad Hitler). Per trovare la notizia "Missili sulla Serbia" bisogna aspettare il 25 marzo 1999, dopo un crescendo di ben orchestrata "preoccupazione" per la sorte degli albanesi del Kosovo, di fronte alla "crudelta'" dei serbi [bizzarra coincidenza, proprio lo stesso giorno a Romano Prodi viene offerto il contentino della Presidenza della Commissione Europea]. I salvatori proseguiranno a bombardare tutti, buoni e cattivi, usando anche il famigerato uranio impoverito (vedi il Dissenso N. 22), per ben 78 giorni, prima della cessazione delle ostilita' il 9 giugno.

La storia raccontata da Cossiga e' un'ulteriore conferma di quanto certe decisioni siano imposte oggi all'Italia da "centri di potere" e interessi che nulla hanno a che fare con quelli esplicitamente riconosciuti dall'apparente democrazia formale che vige nel nostro paese, e spiega forse anche perche' il Parlamento non sia mai stato esplicitamente coinvolto nella decisione di aiutare sostanziosamente gli "alleati" durante l'aggressione alla Serbia.

Ripeto (vedi il Dissenso N. 7, ma anche il N. 22) una volta di piu' che mi sento direttamente e personalmente offeso, in qualita' di elettore che aveva designato il cattolico Prodi a capo del governo, perche' la mia indicazione, comprendente anche quegli elementi di pacifismo astratto che spiacciono evidentemente a Cossiga, e' stata completamente disattesa e stravolta allorche' cio' si rendeva "necessario", da parte di chi ovviamente sa in anticipo come si svolgeranno certi avvenimenti, e "puo'" quindi intervenire come e quando meglio gli conviene (vedi anche, nell'appendice al punto D/8 della pagina Attualita', l'ultima sezione dal titolo: "Cossiga: Governo, Poteri Forti e Polo").

Nella stessa rivista viene fornito un altro esempio del distacco tra espressione della volonta' popolare e potere effettivo (ma non si puo' non ricordare un analogo "siluramento" di un governo regolarmente eletto - per quanto questa parola abbia un senso con le attuali regole - quello Berlusconi, e il sorprendentemente tempestivo "ruolo" esercitato dalla magistratura nell'occasione), che non puo' non dirsi "inquietante" per coloro che credono in autentica alternanza, e in reali contrapposizioni di "ideali" politici, a decidere pro o contro i quali e' chiamato a pronunciarsi in ultima istanza il "cittadino":

"[Amato] da uomo dell'opposizione finira' per trovar spazio nella prossima legislatura sotto le insegne del Polo. Perche' a Berlino il Cavaliere ha affermato che la sua aspirazione sarebbe avere l'attuale premier 'come mio futuro ministro degli Esteri'".

L'autore dell'articolo avverte in effetti subito dopo che forse non sara' cosi', in quanto Amato avrebbe declinato l'offerta ["perfino al premier parve un'operazione troppo sottile"], ma resta il guaio che a certe cose si puo' evidentemente "pensare", e senza apparente "scandalo". Del resto, il Prof. Amato, che viene definito nell'articolo in parola "simbolo di garanzia interna e internazionale" (?!), e' la stessa persona nei confronti della quale il Cossiga dianzi citato si esprimeva con le seguenti parole (vedi la gia' citata appendice al punto D/8 della pagina Attualita'):

"Chi conta, qui e fuori, sa bene chi è Amato"…

 

(UB, gennaio 2001)