Ancora a proposito di "cattivi maestri"



Un corrispondente mi fa notare che i cattivi maestri non appaiono essere un'esclusiva del periodo storico preso in considerazione nel precedente scritto, e mi fa avere come elemento di discussione un commento di Remo Bodei (apparso su la Repubblica del 15.11.002) a un libro di Gilberto Sacerdoti, nel quale si affronta il tema "Teologia e Politica nell'Europa di Shakespeare e di Bruno".

Trovo così riconosciuto che Bruno fa parte di "un'illustre tradizione filosofica" (rappresentata tra gli altri da Averroè e Maimonide), secondo cui "la religione è indispensabile al popolo [...] al volgo comunque come ai bambini piccoli bisogna somministrare delle favole, una pappa molle adatta a chi è privo dei denti per masticare il duro cibo della verità".

Bodei riferisce anche per esempio che Pomponazzi condivideva pienamente le posizioni di Averroè, "conclude[ndo] sornione, rivolto ai suoi studenti: sed commentator est ribaldissimus, et non credatis illi".

Ovviamente l'attento lettore ha ragione, ma allora come non farsi venire di nuovo alla mente, e in un'ottica ancora più generale, il titolo dell'articolo CATTIVI MAESTRI?

Perché lottare contro le superstizioni religiose sta bene, ma non certo su queste posizioni, espressione di autentico CINISMO, che in fondo in fondo non fa altro che avvalorare, e favorire, le irrazionalità che a parole si affermava di voler combattere. Che differenza ci sarebbe invero fra élites scientifiche e gerarchie religiose, dal momento che anche autorevoli rappresentanti di queste ultime mostrano assai spesso - nei fatti se non nelle parole - di condividere le opinioni sopra riportate?

[Per esempio, è noto come si riferisca al Papa Leone X, della famiglia dei Medici - e il particolare non è irrilevante, alla luce della cornice storiografica che ho illustrato in tanti scritti - il detto: "Sappiamo fin troppo bene che vantaggiosa superstizione sia stata per noi questa fandonia di Cristo". E' doveroso aggiungere che la Catholic Encyclopaedia, disponibile on line presso il sito http://www.newadvent.org/cathen/, cerca di diminuire la gravità dell'accusa, sostenendo che:

<<His piety cannot truly be described as deep or spiritual, but that does not justify the continued repetition of his alleged remark: "How much we and our family have profited by the legend of Christ, is sufficiently evident to all ages." John Bale, the apostate English Carmelite, the first to give currency to these words in the time of Queen Elizabeth, was not even a contemporary of Leo. Among the many sayings of Leo X that have come down to us, there is not one of a sceptical nature. In his private life he preserved as pope the irreproachable reputation that he had borne when a cardinal. His character shows a remarkable mingling of good and bad traits.>>

Ci limitiamo a contrapporre a queste parole il seguente commento, tratto dal sito web

http://www.askwhy.co.uk/awcnotes/cn4/0340ChristianFraud.html#Leo%20X:

<<We can hardly expect the Catholic Encyclopedia not to defend one of its own. Yet, the only point in the item from the article that might make a skeptic wonder is that Leo was "unfeignedly religious." At the same time the author concedes that he was not deeply pious. T. Craven in "Men of Art" describes Leo as "a smiling sybarite infected with the popular neopagan culture of his day" and adds "his pontificate was a georgeous carnival that left the Church bankrupt." Craven also accuses Leo of working Raphael to death in a "reckless patronage of the arts" and tells us that even when he was being enthroned, he remarked: "Since God has given us the papacy, let us enjoy it." The Catholic Encyclopedia denigrates John Bale, a pious and creative man himself, by calling him "the apostate English Carmelite" when he was a protestant English bishop. Bale was an apostate to the Catholic Church because he was part of that great movement in protest at its excesses called the Reformation. Since Leo and his rather large family, the Medicis, were doing all right out of the Catholic Church as it was (pope Clement VII was another Medici), he could hardly have been expected to support Martin Luther and the other protestants. But for opportunistic reasons he declared Henry VIII as "Defender of the Faith" and Bale became one of the men who defended it in England. Leo had replenished his declining coffers by selling indulgences, a most profitable pastime for a man who, unlike many of his famous family, was acknowledged as being a poor businessman. The Medicis were successful businessmen because they were the Mafia of their day, with a corrupt and scheming reputation. The Catholic Encyclopedia seems to suppress this detail, presumably because the Medicis were staunch supporters of the Catholic Church that served them so well. Leo is said not to have been unusually nepotistic, but he nevertheless placed lots of his fellow Medices into sinecures. If his "character shows a remarkable mingling of good and bad traits," it is only because the Catholic Church was unable to suppress entirely the bad traits! The Catholic Encyclopedia is also hardly honest to say that Bale was not a contemporary of Leo, especially as the gospels they regard so highly were themselves not contemporaneous with the life of Jesus but were written over half a century later. Leo was born in 1475 while Bale was born in 1495. so, the two men lived as contemporaries for 26 of Leo's 46 years.>>]
E tutto ciò senza dire dell'acuta opinione di un altro corrispondente (non faccio nomi, per non coinvolgere nessuno in posizioni "impopolari"), secondo il quale una certa agitazione in favore della "razionalità" potrebbe essere considerata esclusivamente sotto il profilo dell'USA E GETTA. Usata cioè finché essa è servita per contrastare un potere avversario, gettata poi quando si è raggiunta la mèta prefissa, e si è riconosciuto comodo conservare alcuni dei metodi di governo dello sconfitto "nemico", al limite alleandosi con quel che ne resta!

Ecco, nell'ambito di una formulazione di "giudizi di valore" (quindi per definizione non oggettivi), sono proprio tale "filosofia", e le conseguenti sue applicazioni pratiche [una serie di evidenze lascia presumere pure che ancora oggi la "iniziazione" presso taluni "gruppi", la provenienza (la frequentazione), da (di) certi "ambienti", o quanto meno la manifesta sottomissione alle loro direttive, siano tuttora condizioni essenziali per poter raggiungere posizioni significative, tanto per dire nel campo dell'informazione], che il curatore di questo sito trova particolarmente ODIOSE. Il progetto "Episteme" è ispirato a principi esattamente contrari (che si è cercato di illustrare in quella sorta di "manifesto proto-modernista" che è la Letter... con cui si apre la Parte II del sesto numero della rivista - http://www.dipmat.unipg.it/~bartocci/ep6/ep6-edit.htm), tanto che all'inizio si era pensato al titolo "Prometeo", se non fosse stato già utilizzato da altra ben nota testata.

La conclusione di tutto questo discorso resta comunque una sola: agli sforzi che bisogna compiere lungo un cammino di conoscenza (si deve tra l'altro saper vincere quotidianamente la tentazione che abbia ragione il Carducci, laddove ammonisce: "meglio oprando obliar, senza indagarlo, / questo enorme mister dell'universo!" - Rime Nuove, LXVIII, "Idillio maremmano"), si aggiunge anche la consapevolezza morale di essere circondati da "cattivi maestri", in una "battaglia" che appare quindi senza speranza. La ricerca di una "terza" o "quarta" posizione conduce ahimé, quasi sempre, alla SOLITUDINE...

UB, Nov. 2002

P.S. A proposito della frase di Goedel che citavo a memoria nell'articolo, "la logica moderna ha il merito di averci reso consapevoli del fatto che le intuizioni di base del nostro pensiero sono autocontraddittorie", rendo pubblici alcuni frammenti di comunicazione con un altro corrispondente.

A - Carissimo prof, con grande piacere le comunico che la ricerca del "sacro Goedel" è conclusa: ho trovato la citazione che le interessava stamattina in libreria. Stavo sfogliando il secondo volume delle opere complete quando è apparsa improvvisamente! Si trova (se la memoria non mi inganna) a pag 131 nell'articolo che Goedel scrisse sulla logica di Russell. Non ho comprato il libro (62 euro erano troppi per me), così non le posso scrivere per intero il brano da cui è tratta. Comunque in sostanza lì Goedel afferma che le intuizioni relative ai concetti di verità, di essere etc sono autocontraddittorie. Per adesso la saluto e vado a meditare sulle conseguenze di questa scoperta. Non le nascondo che mi ha messo piuttosto in crisi, perché - come le avevo già detto - la trovo poco coerente con la posizione filosofica del matematico austriaco. D'altra parte la coerenza ,si sa, crea sempre qualche problema...

B - Carissimo, un GRAZIE di cuore, mi hai reso davvero un gran servigio! Sono contento anche del fatto che tu sia un po' "in crisi", perché vedi, "le chiacchiere stanno a zero", mentre i FATTI sono che il pensiero di certe persone ha avuto un effetto nichilistico devastante, e ciò non può essere avvenuto a caso, ma in conformità alle loro profonde convinzioni e intenzioni...

Appendice


 


Ancora in relazione alla frase "incriminata" di Goedel, un altro lettore mi pone la seguente obiezione: il celebre logico austriaco non avrebbe poi tanto torto, quando si rifletta, per esempio, sulla discussione circa la cosiddetta ipotesi del continuo.

Si tratta, come è ben noto, di una questione che angustiò lo stesso Cantor sin dai primordi della teoria degli insiemi, ricordiamola brevemente. Dimostrato che i numeri razionali Q costituiscono una totalità numerabile, e che i numeri reali R no (R risulta equipotente all'insieme delle parti di Q), cosa si può dire della cardinalità di un insieme X compreso fra Q ed R? Sarà essa necessariamente uguale o alla cardinalità di Q (che si designa usualmente con il simbolo aleph zero) o alla cardinalità di R? (il cardinale di R si dice il continuo, e la validità dell'ipotesi in parola, ovvero l'eventualità che la precedente domanda abbia risposta affermativa, consentirebbe di scrivere tale cardinale come aleph uno, ovvero il successore di aleph zero nel buon ordinamento dei numeri cardinali).

L'osservazione è invero pertinente al tema in discussione. L'<<intuizione>> di Cantor, e di altri, condurrebbe ad affermare che l'ipotesi del continuo è "vera", ma intanto un famoso risultato di Paul Cohen (1963) prova che la ricercata dimostrazione sarebbe impossibile almeno a partire dagli assiomi del sistema detto Z-F-S (Zermelo, Fraenkel e Skolem). Inoltre, "differenti" tipi di intuizione porterebbero viceversa a ritenere che l'ipotesi del continuo sia falsa. Si veda la breve argomentazione di Christopher Freiling (1986), disponibile in rete presso il sito del famoso matematico David Mumford:

http://www.dam.brown.edu/people/mumford/index.html
(nell'articolo "The Dawning of the Age of Stochasticity", 1999, p. 13).

Cosa significa tutto ciò, che Goedel aveva ragione, e che le intuizioni umane, per esempio sull'infinito, sono auto-contraddittorie? Affermerei certamente di no, e che bisogna ammettere che, se l'esistenza di taluni enti ha un'origine appunto intuitiva, soltanto nel nostro intelletto, siffatta constatazione NON implica affatto che la loro conoscenza sia tutta immediatamente intuitiva. Sarebbe viceversa come asserire che, pur possedendo intuitivamente le nozioni di circonferenza e di quadrangolo, la nostra mente sarebbe capace di discernere, con trascendentale chiarezza, che la somma di due angoli opposti di un quadrangolo inscritto a una circonferenza è sempre un angolo piatto, oppure che esiste un solo numero reale positivo avente la proprietà che la derivata della funzione potenza a^x sia esattamente uguale alla funzione stessa a^x ...

Bisogna invece riconoscere che, pur possedendo intuitivamente, per tornare al caso in esame, le nozioni di numerabile (discreto=tempo ordinario, secondo la "filosofia" del sottoscritto), e di continuo (geometria=spazio ordinario), è necessario esercitare di più l'intelletto onde riuscire a comprendere come le due nozioni siano tra loro correlate-correlabili (senza neppure escludere che possano esserlo attraverso una "antinomia della ragione pura", e quindi essere, in questo senso soltanto!, apparentemente "contraddittorie"), ed eventualmente quali riconosciute "proprietà" dell'infinito (anche di origine "probabilistica", secondo i nominati Freeling e Mumford) siano infine capaci di "dimostrare" la verità, o la falsità, di quella in discorso, allo stesso modo che di diverse "ipotesi".

Ci sembra che la frase del filosofo Pietro Martinetti (tra i pochissimi professori universitari a rifiutare il giuramento di obbedienza al fascismo - e sottolineiamo la circostanza non per fare una delle solite professioni di anti-fascismo, intese soprattutto come forma di captatio benevolentiae, ma per evidenziare il coraggio della persona, e la sua volontà di conservare sempre e comunque libertà ed indipendenza di giudizio), prescelta come "motto" per la Parte I del sesto numero di Episteme, sia perfettamente in grado di illustrare, ancorché in un assai diverso contesto, la situazione concettuale che ci siamo sforzati dianzi di descrivere:

La relatività della morale umana riposa sulla relatività della conoscenza umana dei valori, non su d'una relatività storica dei valori.

(http://www.dipmat.unipg.it/~bartocci/Epistem.html)

[P.S. Forse basterebbe, allo scopo di chiarire meglio i termini di una discussione importante, sottolineare la necessità di una specificazione al concetto di INTUITIVO, e descrivere cioè una prima fase della riflessione intellettuale nella quale si ha a che fare con enti-principi... la cui natura appare, come abbiamo detto, IMMEDIATAMENTE intuitiva.]