Un nuovo documento nel caso Majorana:
stabilisce davvero un "punto fermo"
per la soluzione dell'annoso mistero?


Nel sito della rivista della Società Italiana di Fisica, Il Nuovo Saggiatore:

http://www.sif.it/SIF/it/portal/attivita/saggiatore/econtents

è stata pubblicata una lettera al Direttore firmata da Francesco Guerra e Nadia Robotti, intitolata "LA BORSA DI STUDIO DELLA RIVISTA 'MISSIONI': UN PUNTO FERMO SULLA VICENDA DI ETTORE MAJORANA":

http://www.sif.it/SIF/resources/public/files/opinioni/op_1202_guerra_robotti-sq.pdf

Essendoci occupati dell'argomento in passato, e non concordando con le conclusioni dei citati studiosi, ci sembra allora doveroso (ancora una volta da ... "grafomani controvoglia"°), offrire ai nostri lettori un quanto possibile sintetico commento.

Dopo aver scritto qualcosa su una "bufala" del quotidiano la Repubblica , siamo riusciti a vincere tale sgradevole nostra caratteristica sorvolando su un analogo orrore giornalistico apparso su Il Corriere della Sera , dove si confondevano ignominiosamente la pista argentina di Papi-Dragoni con la pista venezuelana della trasmissione televisiva "Chi l'ha visto?", la seconda si potrebbe pensare sollecitamente divulgata, ed addirittura fatta oggetto di un'indagine della magistratura, proprio per confutare la prima! Inutile sottolineare che, nell'occasione, "esperti" di sicura affidabilità hanno confermato sia l'una sia l'altra pista, sebbene tra loro non compatibili.]

Insieme ad altro che ci sembra di minore importanza, gli autori della lettera presentano un trafiletto apparso sulla rivista Le Missioni della Compagnia di Gesù, e poi una breve nota di ringraziamento indirizzata da un tale Padre Caselli a Salvatore Majorana, il fratello maggiore di Ettore.

[Per inciso, la lettera era conservata presso il Dipartimento di Fisica di Roma, ed allora, sempre a proposito di "esperti", sorge spontanea la curiosità: com'è possibile che nessuno l'abbia mai notata prima? E se da qualcuno è stata notata, come appare probabile, perché allora non se ne è parlato con lo stesso rilievo con cui se ne parla oggi? Forse perché è stata appunto ritenuta, come presto argomenteremo, una comunicazione irrilevante ai fini di gettare luce sul mistero della scomparsa?]

Nel trafiletto si informa che:

"E' stata fondata una Borsa di Studio per l'educazione di un missionario al nome dello scomparso ETTORE MAJORANA, che sarà partecipe di tutti i vantaggi spirituali inerenti a tale fondazione. etc.".

Nella lettera, datata 22 settembre 1939, si ringrazia Salvatore per la cospicua donazione ricevuta appena il giorno prima con le seguenti parole (ne evidenziamo alcune, come abbiamo fatto prima, con l'uso del grassetto):

" [...] Ammiriamo sinceramente il V/. atto generoso per il compianto Ettore Majorana. Il Signore premi la V/. grande fede ed il Vostro santo affetto per il caro estinto. Possiamo assicurarvi che non vi è nessuna difficoltà per l'intestazione della Borsa di Studio al nome di Ettore Majorana, considerandolo come il fondatore e rendendolo partecipe di tutti i vantaggi spirituali connessi alla stessa fondazione. [...] "

Gli autori deducono da quanto sopra la seguente conclusione (il "punto fermo" del titolo, ma ripetuto anche all'interno della lettera-articolo):

> Nel contesto della Rivista, in tutti i numerosi riferimenti, non vi è dubbio che la parola "scomparso" significhi deceduto, come del resto puntualmente confermato dalla lettera di Padre Caselli [...] Come si vede, i nuovi documenti qui descritti, in particolare quelli relativi all'istituzione della Borsa, mostrano che Ettore Majorana deve considerarsi deceduto alla data di Settembre 1939.

E PERCHE' MAI? E' certo ragionevole ritenere che Padre Caselli, ricevuta la donazione di Salvatore, si sia persuaso che l'Ettore Majorana di cui si parlava fosse deceduto, ma non è possibile invece pensare che Salvatore abbia semplicemente comunicato per lettera la propria intenzione di istituire una borsa di studio da dedicare ad un fratello "scomparso" , e che l'uso di tale termine sia stato all'origine di un equivoco che Salvatore non si è premurato di chiarire? Del resto, perché avrebbe dovuto scendere in particolari in un contesto che tanto per dire non riguardava affatto ricerche di polizia?

Dal canto suo il Caselli, abituato all'uso del termine "scomparso" in differenti ordinarie situazioni, avrebbe potuto interpretarlo come faceva di solito, senza immaginare che qui si trattava di una scomparsa di ben altro genere, ricorrendo quindi nella sua nota di ringraziamento (e poi nel trafiletto pubblicato sulla rivista) alle formule di routine che utilizzava in simili casi. E perché avrebbe dovuto immaginarlo, se Salvatore non gli aveva comunicato nulla al riguardo?

Per arrivare alla conclusione che gli autori presentano come necessaria, bisognerebbe supporre che Padre Caselli fosse al corrente dei particolari di un caso di cronaca di oltre un anno prima, ma neppure questo basterebbe, dal momento che il sacerdote avrebbe potuto supporre che successivi eventi a lui sconosciuti, sui quali sorvolava per naturale discrezione, avessero risolto il mistero in modo tragico e definitivo. Non dimentichiamo che il caso Majorana aveva suscitato clamore in determinati ambienti ristretti, ma non presso il grande pubblico, come invece, tanto per fare un esempio, il famoso caso dello "smemorato di Collegno" di una decina di anni prima. Allora non c'erano la televisione e programmi del tipo "Chi l'ha visto?", ma neppure tali presenze sarebbero sufficienti per rendere l'opinione formulata da Guerra-Robotti accettabile in maniera assoluta. Non tutti seguono tali programmi, e pochi rammentano i nomi di tutte le persone scomparse a distanza di mesi, a meno di casi realmente eclatanti. Tutto ciò vale naturalmente fino ad eventuali ulteriori nuove notizie al riguardo.


Aggiunta (10.III.2012) - Una controprova che si riuscirebbe forse ad effettuare, consisterebbe nel cercare ulteriori lettere scritte da Padre Caselli in siffatte occasioni (si potrebbe cominciare con l'individuare altre famiglie coinvolte in quel periodo a partire dalla menzionata rivista), ed andare a verificare se egli scriveva più o meno a tutti la stessa cosa, utilizzando le stesse parole, oppure no...


Aggiunta (18.III.2012) - L'interpretazione alternativa a quella di Guerra-Robotti che abbiamo dianzi illustrato, viene confermata, almeno in parte, da una testimonianza personale che ci comunica Stefano Roncoroni, autore dell'articolo menzionato nel seguito (nota *):

"Quando ho chiesto a Salvatore ragione di questa lettera [La citata lettera di Padre Ettore Caselli, a Roncoroni già nota da parecchi anni, ma mai resa nota perché ritenuta non decisiva, a meno che non fosse accompagnata da ulteriori riscontri al momento mancanti.] , lui mi rispose evidenziando come 'defunto' ed 'estinto' fossero sinonimi minori di 'scomparso'. Lui aveva semplicemente parlato di un fratello 'scomparso', e basta, senza dietrologie, il Caselli aveva usato dei sinonimi non appropriati di cui si dispiaceva".

Per amore di completezza va sottolineato che Roncoroni, persuaso invece che Ettore Majorana sia invero deceduto in quei primi mesi del 1939, e che la famiglia (o almeno alcuni componenti di essa) ne sia venuta a conoscenza (così come la polizia che interruppe da allora le ricerche dello scomparso), aggiunge il seguente commento:

"La risposta sembrava logica e convincente ma non mi convinse. L'imbarazzo con cui me la diede l'attribuii al fastidio di avermi dato un documento che forse non voleva darmi insieme ad altre lettere di Ettore di cui non voleva parlare oltre. Completò allora la sua argomentazione della somma delle due utilità: quella delle SS. Messe che la loro madre assolutamente voleva che si dicessero e quella del beneficio portato concretamente alla preparazione di un altro religioso Gesuita come quelli da cui Ettore aveva studiato e come quelli a cui, e di questo erano certi, aveva chiesto aiuto nel momento della sua crisi. Non ci credetti ma mi dovetti arrendere a tutte quelle volte che parlando di nuovo con Salvatore o con Maria e, sapendo di quanto anche con altri manifestavano un sincero dolore ed uno sconcerto per una verità mai raggiunta, mi costrinsero a credere vera quella spiegazione. Feci però chiaramente delle ricerche da subito in controtendenza con quelle ricerche e ipotesi che intanto si facevano. Per me era chiaro che la soluzione andava cercata in casa dei Majorana di Fabio e forse un po' in quella appena allargata a qualcun'altra. E, per via dell'ostinato silenzio e disinteresse a far venire fuori la verità malgrado la quantità e la qualità sempre più tossica delle ipotesi, soprattutto agli istituti religiosi. La mia ricerca confermò che quella dei conventi, apparsa così astrusa, era invece una buona pista se vista non in chiave religiosa [...] la soluzione del caso si svolge tutta all'interno dei confini italiani in un ristretto giro di mesi
ed è fatta esclusivamente di medici e conventi ".


Nel medesimo modo si potrebbe argomentare contro l'altra conclusione formulata dagli autori:

> Inoltre, l'ambito religioso coinvolto, con i suoi stretti vincoli morali, permette di escludere che la morte sia dovuta a suicidio.

Infatti, anche se Salvatore avesse saputo o si fosse persuaso di un suicidio, non avrebbe dovuto necessariamente comunicarlo per lettera al Padre Caselli o ad altri suoi interlocutori delle Missioni
della Compagnia di Gesù (i quali sicuramente non compivano "accertamenti": a caval donato...).

Così eliminata, o almeno diminuita, la certezza del "punto fermo", ne risulta ovviamente diminuita anche quella del seguente corollario:

> Questi risultati mostrano la totale infondatezza dei presunti avvistamenti di Majorana in Argentina, in Venezuela, o in altre località, e della sua asserita presenza in Germania durante la Guerra.

L'ultima soluzione qui menzionata per l'annoso mistero è quella che abbiamo chiamato "ipotesi Klingsor", ed è presumibile dal contesto ritenere gli autori la includano tra le ricostruzioni al tempo stesso fantasiose ed infamanti di cui al seguente brano:

> Ora vorremmo portare all'attenzione del Direttore, e della comunità scientifica, un punto fermo sulla vicenda Majorana, che valga a togliere ogni fondamento alle ricostruzioni fantasiose, e spesso infamanti, che negli ultimi tempi si sono stratificate sull'enigma della scomparsa.

Orbene, noi non riteniamo tale soluzione accettabile per motivi che abbiamo altrove illustrato, ma non ci sembra proprio che essa possa dirsi del tutto "fantasiosa" (sorvoliamo invece per prudenza sulla nostra personale opinione relativa all'ulteriore classificazione "infamante"). In fondo, facendo riferimento alla nota recente presentazione pubblica di tale ipotesi, il Prof. Dragoni dichiara di averla sentita enunciare dal Prof. Bernardini, noi stessi da persone che portavano il cognome Majorana, etc., sicché proprio assurda, almeno ad un primo esame logico, non deve poi essere.

[Per inciso, la mancanza di "fantasia" in un investigatore e in uno storico - è quasi la stessa cosa! - può essere ritenuta assai grave. E' solo la fantasia, o se si preferisce l'immaginazione, che permette di cercare indizi in direzioni che rimarrebbero altrimenti inesplorate, mentre in matematica essa interviene, ovviamente sempre insieme alla "logica", nel momento della formulazione delle congetture, le quali non sono delle banali illazioni gratuite.]

Tralasciamo di discutere in dettaglio il resto dell'articolo, per esempio che le ricerche, pubbliche e private, si arrestino nel 1939, ad un anno dalla scomparsa, può essere considerato del tutto normale, una mera coincidenza con l'istituzione della Borsa di Studio della Compagnia di Gesù, non un fatto necessariamente significativo, oppure l'altra affermazione degli autori:

> Poichè l'originale dell'atto di nascita, conservato all'Anagrafe di Catania, non fa menzione del decesso, si deve ritenere che questo sia avvenuto in territorio fuori dalla giurisdizione dello Stato italiano.

(Nuovamente, perché mai? Forse quando un cittadino italiano muore all'estero in maniera "normale" e certificata, l'anagrafe italiana non viene aggiornata? Ciò avviene solo se la persona risulta per esempio emigrata, e deceduta fuori del territorio nazionale dopo aver preso una nuova cittadinanza, nel qual caso però tali notizie vengono comunque riportate nel casellario anagrafico.)

In conclusione, ci sembra invece più opportuno soffermarci rapidamente su una questione che gli autori introducono riportando il seguente passo (da una circolare del Capo della Polizia indirizzata ai Questori del Regno, in data 17 Giugno 1938):

> E' stata prospettata la possibilità che lo scomparso si trovi in qualche casa di salute privata, atteso che lo stesso aveva manifestato sintomi di malattia nervosa, dipendente da eccessive applicazioni mentali.

Abbiamo già espresso altrove il parere che poco ci persuadono gli accenni ad una "malattia nervosa" di Ettore, condividendo nel presente caso l'opinione espressa da Sciascia:

> ... l'esaurimento nervoso o la follia non sono porte aperte da cui si entra e si esce quando si vuole. Majorana dimostra invece di poter rientrare quando vuole in quella che Amaldi chiama la vita normale .

Aggiungiamo che se Ettore Majorana avesse mostrato evidenti sintomi di "follia" ne resterebbe qualche traccia nelle sue ultime comunicazioni, al contrario lucidissime, e soprattutto se ne sarebbero accorti in primis i suoi studenti, inclusa la famosa Gilda Senatore che mai ne fa cenno, il suo Direttore Carrelli, etc..

   La questione è in verità importante, perché prelude   ad un'altra soluzione del caso che sappiamo sta lentamente prendendo piede   in ambienti autorevoli, e cioè che Majorana si sarebbe volontariamente   ritirato in una casa di cura a seguito di una malattia che voleva tenere  a tutti i costi nascosta perché "infamante" (con riferimento a quanto  sopra,  una malattia nervosa non potrebbe essere considerata tale, e non conduce di solito alla morte nel giro di un anno, per non dire del fatto che la lucidità  di una tale eventuale decisione mal si accorda con una persona affetta da  simile patologia). Tale soluzione non ci convince ancora, almeno a livello  logico, in quanto incapace per esempio di spiegare la frenetica attività  di Ettore (pure nel ruolo di comunicatore, oltre che di viaggiatore: per esempio, perché mai una persona che aveva intenzione di ritirarsi in una casa di cura o in un convento doveva inviare un telegramma al suo albergo dicendo di tenergli ancora a disposizione la stanza? cfr. quanto se ne dice nella seconda nota ** nel seguito)
nei  due fatidici giorni 25 e 26 marzo del 1938, ma staremo a vedere se nuovi ritrovamenti, o nuove ... rivelazioni da parte di chi sa ma finora non ha mai parlato, saranno capaci di portare luce su questo punto, offrendo una soluzione francamente inaspettata del caso...

UB, Perugia, 5 marzo 2012

P.S. Non è forse inutile mettere in evidenza un'ulteriore questione sulla quale non concordiamo con gli autori della lettera esaminata:

> Nel nostro lavoro, non abbiamo preso posizione sul problema della scomparsa, limitandoci a dichiarare che rispettiamo le sue decisioni.

Il fatto è che, nel descrivere sin dall'inizio tale loro personale scelta senza ulteriori commenti (sia pur sintetici), gli autori appaiono sottintendere che la scomparsa di Ettore Majorana debba necessariamente ascriversi ad un allontanamento deliberato : la possibilità che quanto avvenuto possa essere stato invece indipendente dalla sua volontà (almeno da un certo punto in poi) non viene presa in considerazione nemmeno per un momento (come hanno fatto peraltro quasi tutti coloro che si sono occupati del caso fino ad oggi*), ad un livello diciamo "logico". Così facendo propongono cripticamente ai lettori un altro ... punto fermo che, anche adesso ovviamente fino a prova contraria, non è da ritenersi tale**.

* Ritroviamo sin dall'inizio di questa storia un esempio di tale cecità analitica, nel caso di cui diremo ovviamente in assoluta buona fede. In un articolo apparso di recente ancora su Il Nuovo Saggiatore
( "Il promemoria 'Tunisi': un nuovo tassello del caso Majorana" , vol 27, 5-6, 2011, pp. 58-68), Stefano Roncoroni - figlio di una cugina prima di Ettore Majorana, da tanti anni un appassionato studioso del caso - riporta alcuni brani del diario del nonno paterno Oliviero Savini Nicci (Consigliere di Stato, ebbe un ruolo importante nei primi giorni della notizia della scomparsa di Ettore). Nella pagina del 31 marzo è riportata la seguente osservazione:


"Non si sa siasi ucciso, o siasi ritirato in qualche posto".

[Un esempio più tardo di tali analisi monche, che ha probabilmente condizionato molti studiosi del caso, lo offrì Edoardo Amaldi, quando  scrisse sulle pagine di L'Espresso ( 5 ottobre 1975) , in polemica con Leonardo Sciascia: "Quest'estate [...] 'La Stampa' di Torino pubblicò  un manipolo di 'rivelazioni' sulla scomparsa di Majorana [...] [che] non giovavano a risolvere il 'mistero' Majorana, (se cioè si fosse veramente suicidato o se invece, tentato il suicidio, si fosse rinchiuso in un convento senza più dar notizie)". Tertium non datur?]

C'è da chiedersi come mai, stando almeno a quel che finora  risulta, la mente di nessun componente della famiglia Majorana sia mai stata  sfiorata  dal timore che il loro congiunto potesse essere andato incontro  a qualche guaio (e se per questo, tenendo conto di ciò che appare dai documenti noti, neppure a qualcuno dei funzionari di polizia che si occuparono del caso, laddove essi avrebbero invece dovuto indagare a 360 gradi, come in ogni investigazione che si rispetti) : forse perché al tempo incidenti e rapine con conseguenze  funeste erano eventi  assolutamente rari? O forse perché, nel  caso a priori possibile di un omicidio, si era incapaci di concepire  un eventuale movente?


Aggiunta (22.III.2012): Riceviamo da un acuto lettore la seguente osservazione:

> ... Lei insiste sempre molto su una presunta cecità investigativa della polizia, oltre che dei membri della famiglia Majorana che si occuparono del caso. Dimentica però la nota anonima dell'agosto del 1938, nella quale si parla di possibili "movimenti contro gli interessi italiani", e si suppone che "Majorana ... sia vittima di qualche oscuro complotto, per levarlo dalla circolazione". Insomma, se non alla famiglia, almeno a qualcuno degli investigatori certe eventualità erano venute in mente, e lasciamo stare Sciascia che le ridicolizza, gli si sarebbe dovuto chiedere su quale fondamento. Più che agli ambienti e ai documenti della polizia bisognerebbe allora pensare a quelli del Servizio di Informazione Militare, che dall'ottobre 1925 al 1944 si occupò specialmente di controspionaggio e di controllo dell'opposizione, insieme talvolta alla famigerata O.V.R.A. [...] Si sa che fine abbiano fatto i relativi archivi? E se vi sia mai stato presente un "dossier Majorana"? ...

Debbo confessare che questa comunicazione mi ha fatto venire in mente quanto avevo scritto nel mio libro del 1999 (p. 88), andando puramente ... a naso (o a lume di logica):

> A meno che [...] l'apparente scarsità di informazioni raccolte da parte della polizia sia dovuta al fatto che la maggior parte di esse furono viceversa conservate sotto l'indicazione di segrete, e contenute quindi in qualche fascicolo dell'OVRA (Opera Vigilanza Repressione Antifascismo) [TENUTO CONTO DI CIO' CHE MI E' STATO COMUNICATO, AVREI DOVUTO DIRE S.I.M.!] , successivamente smarrito, o fatto scomparire, alla fine degli eventi bellici. Questo, naturalmente, nell'ipotesi più 'benevola' verso la nostra intelligence; e bisognerebbe pensare comunque, nel caso certe congetture avessero poi un reale riscontro, a fascicoli riservati su Majorana conservati in archivi di altre ben più efficienti e autentiche intelligence.


** Non c'è naturalmente nessuna prova nemmeno che la scomparsa di Majorana sia stata infine involontaria, ma indizi sì, e non pochi. Ai numerosi che abbiamo  già messo  in evidenza  in passato, ne aggiungiamo adesso un altro, ancora basandoci sul dianzi menzionato articolo di Stefano Roncoroni. In una "inedita cronologia essenziale stilata da mano Majorana ignota, ma di Sicilia" in esso riportata, troviamo:

"Il giorno lunedì 28 il prof. Carrelli non vedendo comparire Majorana scrive a Roma a S. E. Fermi informandolo e non escludendo che Ettore possa aver fatto qualche sciocchezza. S. E. Fermi telefona alla famiglia a Roma (viale Regina Margherita 37). La sera stessa il fratello dott. Salvatore parte per Napoli".

Secondo invece la testimonianza di Edoardo Amaldi (in: "Ricordo di Ettore Majorana", Giornale di Fisica, vol. 9, 1968):

"Il giorno 26 marzo 1938 Carrelli con grande meraviglia ricevette da Palermo un telegramma lampo da parte di Ettore Majorana in cui gli diceva di non preoccuparsi per quanto era scritto nella lettera che gli aveva mandato. Carrelli attese l'arrivo della lettera impostata a Palermo qualche ora prima della spedizione del telegramma [...] Carrelli, sconvolto da tale lettura, chiamò subito al telefono Fermi il quale a Roma si mise in contatto con il fratello Luciano".

E' evidente che il resoconto offerto da Amaldi è del tutto  verosimile, ma come si spiega la contraddizione con quanto annotato nella citata cronologia? Potremmo pensare che sia Amaldi  a ricordare male (e, come accade spesso in tali casi, dove  la memoria fallisce si tenta una ricostruzione appunto ragionevole), ma come si spiega comunque l'anomalia di una lettera partita da  Napoli soltanto il giorno lunedì 28, con il rischio che fosse letta solamente il martedì 29? Dalla mattina del sabato 26 alla sera del lunedì 28 corrono  ben tre giorni, che a pensare in maniera maliziosa possono essere stati utilizzati da qualcuno per ben determinate  finalità (forse per cercare i "temuti"  appunti scientifici di  Majorana? va da sé che simili ... movimenti  possono benissimo  essersi verificati ma essere indipendenti dalla scomparsa  di Ettore).

Nota aggiunta il 18.IV.2012 - Un lettore ci scrive, facendoci notare come il ritardo di cui sopra potrebbe anche essere semplicemente spiegato con il proposito da parte di Carrelli o di Fermi (o di entrambi di comune accordo) di aspettare qualche giorno per vedere se Ettore avrebbe fatto ritorno alla sua vita normale, gettando nel dimenticatoio la "crisi" di cui al fatidico fine settimana 25-27 marzo 1938. Può certamente essere, ma non si vede allora perché non aspettare addirittura il martedì 29, quando il giovane professore avrebbe dovuto riprendere le lezioni (ricordiamo che, secondo l'usanza del tempo di fare lezione a giorni alterni, Majorana teneva le sue nei giorni pari, martedì-giovedì-sabato). Una sua non presenza in Istituto il giorno lunedì 28 avrebbe ancora potuto essere interpretata come del tutto naturale, se non fosse stato ovviamente per le concitate comunicazioni del venerdì e del sabato precedenti, ma se si fosse appunto deciso di aspettare, allora non si vede perché non aspettare un giorno di più.
Un altro lettore ci fa invece presente una circostanza assai importante ed al tempo stesso singolare. Ammessi i contatti che debbono essere sicuramente intercorsi tra Carrelli e Fermi, sia pure soltanto in forma cartacea (ma c'è da dubitare che siano stati così limitati), è verosimile presumere che i due non abbiano cercato di sapere da Segrè se aveva qualche notizia del giovane inquieto, dal momento che questi si era recato a Palermo, e che da lì aveva spedito le sue ultime comunicazioni note? Insomma, telefonate tra Segrè e Fermi e/o tra Segrè e Carrelli sono più che probabili, ma stranamente nessuno dei protagonisti ne ha mai fatto cenno. Per esempio, nella sua autobiografia (Autobiografia di un fisico, Il Mulino, Bologna, 1995) Segrè accenna sinteticamente alla scomparsa di Ettore in due sole pagine (164-165), dicendo soltanto che un fratello di Ettore, l'Ing. Luciano (che di Segrè era stato anche lui compagno di scuola), si era recato a Palermo alla ricerca dello scomparso, che si era ovviamente messo in contatto con il futuro Premio Nobel, e che assieme cercarono "di rintracciare Ettore attraverso la polizia" (Segrè aggiunge poi la sua personale soluzione del caso, che Majorana "con ogni probabilità si è buttato a mare dal piroscafo" durante il viaggio di ritorno da Palermo a Napoli, un viaggio che rimane peraltro privo di qualsiasi motivazione). Nessun cenno a contatti precedenti con Carrelli e/o con Fermi, circostanza sulla quale è più che legittimo avanzare dei seri dubbi.

Insomma, una possibile ricostruzione dell'accaduto, leggermente diversa da quella a cui abbiamo pensato fino ad oggi (in quanto l'ultimo atto della vicenda si verrebbe a svolgere a Napoli e non a Palermo, e soprattutto cambierebbe la persona del principale ideatore del "piano"), potrebbe essere la seguente. Inutile sottolinearlo, una ricostruzione del tutto IPOTETICA, che andrebbe bene in un romanzo con personaggi immaginari. Senza voler imputare nulla in concreto alle illustri figure coinvolte nella nostra "trama", ci è facile dire però che un'indagine accurata di polizia avrebbe dovuto prendere in considerazione pure codesta eventualità, senza nessun timore reverenziale nei confronti di persone autorevoli, la cui fedeltà al paese si sarebbe peraltro dimostrata presto assai labile. E qui va detto che, anche se la "forza" è sicuramente dalla parte di chi ha saputo mettersi dalla parte del vincitore, e la forza ha un'attrattiva irresistibile nei confronti di chicchessia, quindi anche degli "storici", bisogna pur avere la forza morale di riconoscere che la vera storia dovrebbe tra l'altro insegnare a distinguere tra chi ha vinto e chi aveva ragione, o almeno ... non aveva tutti i torti!

Ettore Majorana è il primo che progetta in concreto, fors'anche per rispondere a una sorta di sfida intellettuale, un'arma che sfrutta l'energia nucleare. Su tale questione si lascia andare a qualche confidenza di troppo. La sua contiguità comunque mantenuta con il gruppo dei fisici romani, nonostante le gravi divergenze di natura politica, lo mette al corrente dei progetti di qualcuno relativi a una fuga dall'Italia per collaborare con il probabile futuro nemico, allo stesso modo che qualcuno di quei fisici viceversa viene messo al corrente, oppure sospetta, i progressi di Ettore in direzioni ... proibite.
Nella settimana tra il sabato 19 marzo (quando scrive alla famiglia che avrebbe fatto sicuramente rientro a Roma il sabato successivo) e il fatidico venerdi' 25, accade qualcosa a Napoli (Majorana si rende conto di essere seguito, sorvegliato?) che gli fa mettere in piedi rapidamente, e pure in maniera alquanto maldestra, un progetto di fuga (temporanea) camuffata da suicidio.
Il giovane fisico teme soprattutto di qualcuno in particolare dei romani, ed avverte delle proprie intenzioni il suo superiore Carrelli, ben sapendo che ciò significa di fatto fornire informazioni anche a Roma. Poi si imbarca la sera del venerdì 25 sul postale per Palermo, per andare a parlare di persona di quanto si sta verificando con il suo ex compagno di studi Segrè, al quale era comunque affezionato senza immaginare viceversa quanta avversione nutrisse questi nei suoi confronti.
Sabato 26 avviene un colloquio apparentemente tranquillizzante, che conforta Ettore e gli fa cambiare idea sui progetti di fuga nutriti fino a quel momento. Avverte nuovamente Carrelli (e quindi ... Roma!) della mutata situazione, sottolineando, allo scopo di allontanare ogni timore verso di lui, che lascerà l'insegnamento, e quindi è da ritenersi anche la fisica. La sera stessa del sabato (precisiamo, non la sera della domenica, la questione non è comunque ancora chiarita) fa ritorno a Napoli con la stessa nave presa all'andata.
Nel corso del viaggio viene notato dal Prof. Strazzeri, il quale, fortunatamente per la nostra storia, rammenta in maniera indiscutibile la contemporanea presenza sulla nave di un tale inglese Charles Price, alias ... Zedick Il Giusto, verosimilmente un agente segreto al servizio di sua maestà britannica. Non si tratta di un depistaggio messo in piedi per allontanare eventuali sospetti dal capoluogo siciliano, come abbiamo in passato ritenuto, bensì del protrarsi di un pedinamento del povero Ettore allo scopo di prevenirne ulteriori mosse che potessero danneggiare gli interessi della parte che Zedick rappresentava. All'arrivo a Napoli, lo scienziato catanese viene rapito e poi fatto scomparire, come immaginato nel Dossier Majorana di Leandro Castellani (Fabbri Ed., Milano, 1974, pp. 57-59), unica fonte in cui ci sembra si accenni, tra le altre, a tale possibilità. Inizia poi la ricerca delle famose carte segrete del fisico tanto geniale quanto ... ingenuo. Il piano della sua eliminazione (che diventerà presto purtroppo ... definitiva, un esito probabilmente sgradito agli stessi mandanti) viene rapidamente concordato la mattina del sabato (forse perfezionato nel corso della giornata di domenica), quando a Roma si riceve notizia dell'inaspettata iniziativa del giovane docente, sia da parte di Carrelli (testimonianza di Amaldi), sia si deve supporre da parte di Segrè. Ciò fornisce una giustificazione per gli oltre due giorni di ritardo con il quale le notizie relative alla scomparsa del giovane congiunto pervengono infine alla famiglia, il resto è risaputo.

Nuova nota aggiunta il 25.IV.2012 - La ricostruzione del caso Majorana dianzi accennata continua ad originare varie interessanti corrispondenze. In una di queste ci viene comunicato:
"... avete tenuto presente che, nel caso Majorana abbia davvero effettuato il viaggio di ritorno da Palermo a Napoli, la presenza a bordo dell'agente Charles Price si spiega soltanto ammettendo la sua presenza pure nel viaggio di andata da Napoli a Palermo?"
Un'ottima osservazione, ci sembra. In effetti, supponendo che Ettore abbia deciso di mettere in atto il suo piano (qualsiasi esso fosse) in maniera improvvisa e soprattutto ignota a terze persone, è altamente improbabile che Price fosse già per mera coincidenza a Palermo, pronto a seguire lo scienziato catanese nel viaggio di ritorno. Né avrebbe potuto raggiungere tanto velocemente il capoluogo siciliano, una volta che si fosse saputo (la mattina del sabato) che Majorana si trovava lì, e si fosse deciso di convocare l'agente segreto inglese in loco. Maggiormente verosimile appare quindi l'ipotesi che Price tenesse d'occhio il giovane temuto professore sin da Napoli, che l'abbia seguito da Napoli a Palermo, e poi viceversa. Insomma, il rilievo del nostro interlocutore costituirebbe una sorta di conferma indiretta della supposizione che abbiamo formulato con le seguenti parole:
"Majorana si rende conto di essere seguito, sorvegliato?", consapevolezza che potrebbe essere all'origine delle altrimenti incomprensibili mosse dello scomparso nei suoi ultimi giorni a noi conosciuti.

[Per inciso, oggi sappiamo abbastanza per certo, grazie ad una "inedita cronologia essenziale stilata da mano Majorana ignota , ma di Sicilia" (cfr. Stefano Roncoroni, "Il promemoria 'Tunisi': un nuovo tassello del caso Majorana", loc. cit.) che Ettore andò ed arrivò veramente a Palermo, un particolare importante visto che qualcuno ha messo in dubbio tale circostanza. Il fratello minore di Ettore, Luciano, si recò a fare ricerche nel  capoluogo siciliano, e lì ritrovò il dispaccio telegrafico (successivamente andato perduto) che Ettore  aveva inviato all'albergo:

"Il giorno 26 Ettore aveva telegrafato da Palermo, alle ore 10,10 , all'Albergo Bologna di Napoli 'tenete chiusa la mia stanza arriverò lunedì'. [...] Giovedì 31 viene trovato alle Poste il dispaccio del 26 diretto all'Hotel Bologna, che risulta di carattere di Ettore" Sottolineiamo inoltre che, grazie alla detta fonte, risulterebbe che Ettore aveva avuto almeno in un certo momento intenzione di fare rientro a Napoli il giorno lunedì 28, e quindi di prendere il traghetto che partiva da Palermo la domenica sera 27, e non lo stesso sabato sera 26, come aveva invece scritto nel famoso espresso a Carrelli (l'ultima sua comunicazione nota), inviato da Palermo la stessa mattina del giorno 26: "ritornerò domani all'albergo Bologna, viaggiando forse con questo stesso foglio". Si tratta di un dettaglio che, come quello della data del viaggio in cui il Prof. Strazzeri incontrò il misterioso Charles Price, presenta ancora qualche lato oscuro.]