Cristoforo Colombo o Cristoforo Pellegrino?
Un improbabile equivoco interpretativo


1 - Introduzione


In diversi suoi scritti, lo scrivente ha avanzato l'ipotesi che Cristoforo Colombo (e forse anche il fratello Bartolomeo) non fosse figlio di Domenico Colombo, ma solamente di Susanna da Fontanarossa, la quale potrebbe averlo avuto da altro uomo, individuato poi all'interno della nobile famiglia dei Pallastrelli di Piacenza sulla base di qualche evidenza documentaria.

Si vedano per esempio:


[1] - L'intero Cap. IX di Una rotta templare alle origini del mondo moderno


[2] - "La vera identità di Cristoforo Colombo - Osservazioni e congetture", Episteme - Physis e Sophia nel III millennio , N. 6, Parte I, dicembre 2002


[3] - La sezione N. 20 del Forum di Episteme, a cui questa pagina web è collegata .


Tale congettura si fonda accettando nelle linee generali la tesi cosiddetta "purista", la quale è supportata da una serie di documenti (in prevalenza atti notarili) che costituiscono un insieme granitico e coerente di informazioni biografiche sulla vita di Colombo e dei suoi familiari (punteremo qui l'attenzione solamente sulla prima parte di detta vita, peraltro la più complicata da ricostruire, diciamo quindi che non andremo oltre il fatidico 1492, quando sullo scopritore del Nuovo Mondo si accenderanno i riflettori della storia, e le sue vicissitudini saranno maggiormente in luce). Da tali notizie è difficile prescindere - anche se sono lecite naturalmente eventuali varianti interpretative in qualche singolo punto, come per esempio quello che analizzeremo in seguito - a meno che non si voglia accusarle tutte di falso (affermazione che sarebbe assurda), oppure si pretenda che esse documentino la vita di un Cristoforo Colombo genovese che sarebbe individuo diverso dal personaggio storico che ci interessa (affermazione secondo noi non meno assurda).

Riprodurremo i più significativi di detti documenti nel prossimo paragrafo, aggiungendo qualche breve commento, in quanto non si trovano facilmente in rete neppure in maniera non integrale,
[nel peraltro utile: http://cristobal-colon.net/Colon/origines/Colon_genois.htm sono almeno riportati tutti in sunto]
e talvolta si fa confusione tra l'uno e l'altro. Tale stato di cose è stato responsabile di qualche nostro errore in passato, per esempio in [1] era stato asserito:

"In effetti, il primo atto notarile che si riferisce insieme a Domenico e a Cristoforo, redatto nel 1470, quando Colombo aveva 19 anni (secondo le cronologie più accreditate), prova solamente che Domenico era il marito di Susanna in quella data, ma forse soltanto da poco tempo (una sorta di matrimonio "riparatore", una sistemazione accettabile per Susanna?), tanto è vero che dispone con il documento in questione di una parte della dote della moglie, e Colombo è chiamato appunto a controfirmare per approvarne l'azione".

Il brano contiene addirittura un doppio errore, perché il famoso documento dei 19 anni (di seguito riportato con l'ordinale II) non affatto è il primo in cui si menziona lo scopritore con il padre. Inoltre, in esso Colombo non è coinvolto in relazione alla dote materna, quello è un documento del 1473 (di seguito riportato con l'ordinale V): Il primo errore è ripetuto in [2] (e, tanto per essere pignoli, mancano pure una h nel nome di Cristoforo, e c'è uno spazio di troppo in decem novem):

"Il primo documento in cui compare Cristoforo è del 31 ottobre 1470 (in esso viene fornita un'esplicita indicazione sull'età del giovane "Cristofforus de Columbo filius Dominici", "maior annis decem novem", e su di essa gli storici fondano l'ipotesi di un anno di nascita da collocarsi all'incirca nel 1451)".

Nell'effettuare tale opera di divulgazione la nostra fonte primaria sarà l'utilissimo libro di Paolo Emilio Taviani: Cristoforo Colombo - La genesi della grande scoperta (De Agostini, Novara, 1982), di seguito citato come PET. Esso comunque non li riporta tutti (e neppure li menziona tutti), abbiamo quindi provveduto quando necessario alle relative integrazioni (e piccole correzioni) basandoci sul fondamentale: I documenti genovesi e liguri, IV volume, Tomo I, della Nuova Raccolta Colombiana , Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, Comitato Nazionale per le Celebrazioni del V Centenario della Scoperta dell'America (che era costituito da: Paolo Emilio Taviani, Aldo Agosto, Gabriella Airaldi, Osvaldo Baldacci, Giuseppe Bellini, Alberto Boscolo, Franco Cardini, Luisa D'Arienzo, Gaetano Ferro, Francesco Giunta, Ilaria Luzzana Caraci, Geo Pistarino, Francesco Sicilia, Francesco Sisinni), Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Libreria dello Stato, Roma, 1993 (volume a cura di Aldo Agosto, con la collaborazione di Elisa Magioncalda, Rosanna Mazzacane, Tullio Rattini). In detto volume sono presenti pure tutte le traduzioni in italiano dei vari documenti presentati, assieme alle loro riproduzioni fotografiche.

In PET i documenti oggetto del nostro interesse non sono riportati in maniera integrale, a causa della loro lunghezza, nel presente articolo ci siamo quindi sempre regolati di conseguenza, anche quando a PET non abbiamo potuto fare riferimento. Per coloro che siano desiderosi però di informazioni più complete, ancora utilizzando il volume della Nuova Raccolta Colombiana dianzi citato (d'ora in avanti faremo ad esso riferimento con la sigla NRC), abbiamo proseguito la nostra opera di divulgazione mettendo in rete le scansioni di tutti i documenti in oggetto senza nessun taglio. Per visionarle, basta cliccare sui link presenti all'inizio della presentazione di ogni documento (segnalati per esempio come IA e IB, nel caso le scansioni siano due, oppure IIA, IIB, IIC quando siano tre, etc.). Rammentiamo anche che in NRC il carattere corsivo "sta ad indicare parti figuranti in soprallinea o aggiunte del notaio a margine; > segnala la presenza nel documento dei membri della famiglia di Colombo; á ñ indicano integrazioni nella trascrizione del testo; [ ] indicano espunzioni nella trascrizione del testo" (p. 6).

Dopo la descritta parentesi divulgativa, verremo nel successivo terzo paragrafo alla questione che costituisce la specifica finalità del presente scritto, la cui origine si deve a una stimolante corrispondenza con il Sig. Sandro Graviani di Piacenza (già nominato in [1], Nota N. 557, p. 365), che si ringrazia ancora una volta vivamente.

Umberto Bartocci, Perugia, febbraio 2010

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2 - I documenti più significativi (con qualche commento)

 

I - Genova, 22 settembre 1470 (non lo abbiamo trovato  in PET, utilizziamo dunque NRC, p. 125)
(Notaio Giacomo Calvi)
 
IA - IB

« […] Dominicus de Columbo quondam Iohannis et Christofforus, eius filius, in presentia et consensu dicti Dominici, patris sui, presentis et consentientis, ex parte una, et Ieronimus de Portu quondam Bartholomei, ex parte áalterañ […] se se compromisserunt ed generale compromissum fecerunt et faciunt in providum virum dominum Iohannem Augustinum de Goano quondam domini Luchini, tamquam in ipsarum partium arbitrum et arbitratorem et amicabilem compositorem et comunem amicum […] ».

[Il semplice latino non richiede particolare sforzo di traduzione. In una controversia tra i Colombo e un tale Gerolamo da Porto, viene designato un comune amico in qualità di arbitro.]

Come accennato nel precedente paragrafo, quello sopra riportato è il documento più antico in cui viene menzionato Cristoforo Colombo.

C'è un altro documento con la medesima data con cui si rischia di fare confusione (PET, p. 227).

«Egregius dominus Iudex Malleficiorum Ianue, sciens Dominicum de Columbo detemptum et carceratum fuisse parte et mandato magnifici domini Potestatis lanue et ipsius domini Iudicis, pro certis de causis, et dictum Dominicum non fuisse repertum culpabilem, omni modo, etc..
Mandavit dictum Dominicum a dicta detemptione et carceracione relaxari, sub fideiussione infrascripta et promissione, de se presentando semper ad mandatum dictorum domini Potestatis et Iudicis, sub pena ducatorum vigintiquinque, aplicanda operi Casteleti [...] ».

Traduzione presente in PET: «L'egregio signor giudice dei malefizi in Genova, sapendo che Domenico Colombo era stato carcerato per mandato del podestà di Genova e di esso giudice per certe cause, senza poi essere rinvenuto colpevole, ne ordina la scarcerazione, sotto fideiussione e promessa di presentarsi sempre a richiesta di essi podestà e giudice, sotto pena di 25 ducati da applicarsi all'opera del Castelletto».

Ecco la spiegazione che del caso fornisce ancora PET (p. 9):

"In quello stesso giorno Domenico è arrestato, per essere lasciato libero dopo poche ore, dal 'giudice dei malefici', che dichiara di non averlo «repertum culpabilem». La cagione dell'arresto fu la stessa del viaggio dei due Colombo a Genova: una questione legale con un certo Gerolamo del Porto, risolta con una multa di lire 35 inflitta dal giudice a Domenico. Per ottenere la somma egli vende a certi Caprile alcune terre «in Ginestreto, potestacie Bisannis»*. Esse costituivano la dote della moglie Susanna Fontanarossa, onde il fratello di lei, Guagnino, rivendica a sé il diritto di prelazione sulle terre stesse. Ma Susanna ratifica la vendita del marito, che è ormai «habitator Saone»".

* L'atto di vendita è del 24 settembre 1470 (Archivio di Stato di Genova, Notaio Francesco Camogli). Esso viene nominato in NRC (p. 128), ma non ivi riportato. Le stesse terre, reclamate appunto dal fratello di Susanna, saranno oggetto di una nuova vendita l'anno successivo, si veda il successivo documento III.

La storia si conclude con un atto del 28 settembre 1470 (NRC, pp. 129-130), che attesta come l'arbitro eletto dalle parti abbia sentenziato che Domenico Colombo e suo figlio Cristoforo avrebbero dovuto versare al detto Gerolamo Da Porto la somma di lire 35 nel termine di un anno:

«Sententia arbitralis
In nomine Domini, amen. Nos, Iohannes Augustinus de Goano, arbiter et arbitrator et amicabilis compositor et communis amicus, electus et assumptus per et inter Dominicum de Columbo et Christophorum, eius filium, ex una parte, et Ieronimum de Portu, ex parte altera, […] In his scriptis dicimus, sententiamus, cognoscimus, declaramus et condemnamus ut infra, videlicet quia condemnamus et condemnatum esse pronunciamus et declaramus dictos Dominicum et Christofforum, et quemlibet eorum in solidum, ad dandum et solvendum dicto Ieronimo de Portu libras triginta quinque monete currentis, infra annnum unum proxime venturum, omni contradictione cessante […] ».
 

II - Genova, 31 ottobre 1470
(non lo abbiamo trovato  in PET, utilizziamo dunque NRC, p. 135)

(Notaio Nicola Raggio)


IIA  - IIB  - IIC

« [...] Christofforus de Columbo, filius Dominici, maior annis decemnovem, et in presentia, auctoritate, consilio et consensu dicti Dominici, eius patris, presentis et autorizantis, sponte et ex eius certa scientia et non per aliquem errorem iuris vel facti, confessus fuit et in veritate publice recognovit Petro Belexio de Portu Mauricio, filio Francisci, presenti, se eidem dare et solvere debere libras quadraginta octo, soldos tresdecim et denarios sex Ianue; et sunt pro resto vinorum eidem Christofforo et dicto Dominico venditorum et consignatorum per dictum Petrum [...] dictus Christofforus eidem Petro solemniter stipulanti, vel legiptime persone pro eo, dare et solvere promisit intra annum unum proxime venturum, omni exceptione remota. Sub pena dupli dicte quantitatis peccunie, etc.; [...] Intercessit et fideiussit dictus Dominicus eius pater, qui se inde proprium et principalem pagatorem et predictorum observatorem constituit et esse voluit [...] »

[Ancora una volta il semplice latino non richiede un particolare sforzo di traduzione. Cristoforo Colombo riconosce un debito per una partita di vino, e il padre Domenico si fa garante dell'assolvimento dell'impegno nel volgere di un anno.]

Il documento, scoperto dal marchese Marcello Staglieno (M. Staglieno, "Alcuni nuovi documenti intorno a Cristoforo Colombo ed alla sua famiglia", articolo apparso prima nel Giornale Ligustico di archeologia, storia e belle arti, Genova, A. XIV, 1887, successivamente edito come estratto a sé, Reale Tipografia de' Sordo-Muti, Genova, 1887) è particolarmente importante perché dimostra che, alla data dell'atto, Colombo aveva compiuto i 19 anni, ma evidentemente non ancora i 20.
[Per inciso, tale età è la ragione per cui, non avendo Cristoforo ancora raggiunto la piena capacità giuridica (gli statuti della Repubblica di Genova mantenevano le disposizioni del Diritto Romano, secondo le quali fino a 25 anni una persona che pure avesse raggiunto la maggiore età, godeva di una particolare protezione nei negozi giuridici), l'intervento a garanzia del padre si rendeva necessario.]

Come già accennato nel paragrafo precedente, il documento è quindi di grande importanza per stabilire l'età di Colombo, che deve quindi essere nato dopo il 31 ottobre 1450 e prima del 31 ottobre 1451. L'intervallo si restringe in maniera significativa grazie al cosiddetto "documento Assereto", scoperto nell'Archivio Notarile di Stato di Genova dal generale Ugo Assereto nel 1904. In esso, che riporta la data del 25 agosto 1479, Cristoforo Colombo si dichiara di 27 anni circa. Un semplice ragionamento porta allora a concludere che, dovendo egli avere almeno 27 anni alla data del 31 ottobre 1478, ed essendo trascorsi ulteriori 8 mesi fino a quella dell'agosto 1479, la dichiarazione resa in quella circostanza diventa veritiera solamente se la sua data di nascita era alquanto a ridosso del 31 ottobre, il che permette di ragionevolmente congetturarla avvenuta tra il settembre e l'ottobre del 1451.

[Cristoforo Colombo, mentre è in procinto di partire il mattino seguente per Lisbona, è chiamato a rendere testimonianza per una controversia economica che vede opposti davanti all'Ufficio di Mercanzia da una parte Lodisio Centurione e dall'altra i fratelli Paolo e Cassano di Negro. Oltre al particolare dell'età, Cristoforo afferma sotto giuramento di essere cittadino genovese, e di essersi recato nell'isola di Madera per conto del detto Paolo, al fine di acquistare una partita di zucchero.]

Riportiamo, per completezza d'informazione, parte dell'ampia citazione che ne fornisce PET (p. 216):

Genova, Contrada di San Siro, nello scagno di Lodisio Centurione
25 agosto 1479

« […] Cristoforus Columbus civis Janue, requisitus hic in testem et pro teste recipi et examinari […]
Interrogatus si est de proximo recessurus, respondit sic: die crastino de mane pro Ulisbona.
Interrogatus quottennis est […] respondit: quod est etatis annorum viginti septem vel circa [...] ».

Traduzione presente in PET: « [...] Cristoforo Colombo cittadino di Genova, richiesto qui come testimonio, dev'essere in tale qualità ricevuto ed esaminato [...]
Interrogato se deve partire presto, risponde così: domani mattina per Lisbona. Interrogato quanti anni ha [...], risponde che egli è dell'età di 27 anni circa [...] ».

Forniamo anche le scansioni del documento Assereto:

DAI - DAII - DAIII - DAIV - DAV - DAVI - DAVII


III - Genova, 25 maggio 1471
(PET, p. 228; ancora in  PET, p. 9 la data viene erroneamente indicata come 15 maggio)

(Notaio Francesco Camogli)

 
IIIA - IIIB - IIIC

« [...] Suzana, filia quondam Iacobi de Fontanarubea et uxor Dominici de Columbo, textoris pannorum lane, presentis et auctorizantis omnibus et singulis infrascriptis, sciens et certam noticiam habens de quadam vendicione per ipsum Dominicum facta Iulliano de Caprili et Stampino de Caprili de certis terris et possessionibus cum domo, prout continetur in istrumento vendicionis scripto manu mei notarii infrascripti, et advocatis per ipsum ab eis per Goagninum de Fontanarubea fratrem ipsius Suzane, ut constat instrumento manu Petri de Faccio notarii, [...] dicte vendicioni consensit et consentit [...] ».

Traduzione presente in PET: «Susanna figlia del fu Giacomo Fontanarossa e moglie di Domenico Colombo, tessitore di panni di lana, presenti e autorizzanti tutti i singoli infrascritti, consapevole e avendo la notizia certa intorno a una vendita fatta dallo stesso Domenico a Giuliano e Stampino Caprile di certe terre con una casa, come contenuto nello strumento di vendita, scritto di mano da me notaio infrascritto, e avocate agli stessi da parte di Guagnino Fontanarossa, fratello della stessa Susanna, come risulta nello strumento del notaio Pietro Faccio [...] alla detta vendita acconsentì e acconsente».

Questo è il primo documento in cui viene menzionata la madre di Cristoforo, e viene fornita anche la notizia sul nome del di lei padre.


IV - Savona, 26 agosto 1472 (non lo abbiamo trovato in PET, utilizziamo dunque NRC, p. 164)
(Notaio Tommaso del Zocco)
 
IVA

«Dominicus Columbus, lanerius, habitator Saone, et Cristoforus  eius filius, patre consentiente, etc.; Sponte confitentur Iohanni de Signorio,   presenti, etc.; Se eidem teneri ac dare et solvere debere libras centum quadraginta  monete Ianue; et sunt occaxione precii vendicionis cantariorum .VII. lane  de Sorlinis Brilante [...] Quas promisserunt solvere hinc ad menses sex proxime  venturos [...]».


L'atto informa che Domenico Colombo, tessitore di lana, abitante a Savona, e suo figlio Cristoforo, dichiarano di dovere a tale Giovanni Signorio 140 lire in monete genovesi, per l'acquisto di 7 cantàri di lana proveniente dalle isole Sorlinghe, o Scilly (un cantàro equivaleva a circa 90 Kg), e che il debito sarebbe stato onorato entro sei mesi.
 


V - Savona, 7 agosto 1473 (PET, pp. 228-229)
(Notaio Pietro Corsaro)

 
VA  - VB  - VC

« [...] Sozana filia quondam Iacobi de Fontanarubea de Bezagno et uxor Dominici de Columbo de Ianua, ac Christoforus et Iohannes Pelegrinus filii dictorum Dominici et Sozane iugalium [...] , sciens et perfectam scientiam habens dictum Dominicum de Columbo, virum ipsius Suzane, et patrem ipsorum Christofori et Iohannis Pellegrini, vendidisse et alienasse et seu vendere et alienare velle quandam domum ipsius Dominici sitam in civitate Ianue, in contrata porte Orivelle [...] ipsa Suzana per se et suos .heredes annuuit et consensit ac annuit et consentit dicte venditioni [...] ».

Traduzione presente in PET: «Susanna, figlia del fu Giacomo Fontanarossa del Bisagno e moglie di Domenico Colombo di Genova, e Cristoforo e Giovanni Pellegrino figli dei detti Susanna e Domenico coniugati [...] , sapendo e avendo perfetta conoscenza che il detto Domenico Colombo, marito di essa Susanna e padre di essi Cristoforo e Giovanni Pellegrino, ha venduto e alienato oppure vuole vendere e alienare una casa di esso Domenico situata nella città di Genova, nella strada della Porta dell'Olivella [...] essa Susanna annuì e consentì e annuisce e consente, per sé e per i suoi eredi alla detta vendita».

E' questo il documento che offre lo spunto per la discussione che effettueremo nel paragrafo successivo. Notiamo sin d'ora però che alcune parti dell'atto furono espunte dallo stesso notaio. In PET non se ne fa cenno, mentre la circostanza è sottolineata in NRC. Per facilitare il lettore nella comprensione, le abbiamo dianzi evidenziate in grassetto.

VI - Savona, 23 gennaio 1477 (PET, p. 229)
(Notaio Giovanni Gallo)
 
VIA - VIB - VIC

« [...] Suzana, filia quondam Iacobi de Fontanarubea et uxor Dominici de Columbo, lanerii, civis et habitatoris Saone, constituta in presencia mei notarii et testium infrascriptorum, sciens et attendens quod dictus Dominicus de Columbo, eius vir, intendit vendere seu aliter obligare domum unam, cum uno iardino retro posito, ipsius Dominici, sitam in burgo sancti Stephani inclite civitatis Ianue, in contracta sancti Andree, quibus domui et viridario coheret, ab una parte, Nicolaus de Paravania, ab alia, heredes quondam Antonii Bondi, ante via publica et retro muro civitatis predicte [...] dicte vendicioni [...] annuit et consentit [...] ».

Traduzione presente in PET: «Susanna, figlia del fu Giacomo Fontanarossa e moglie di Domenico Colombo, laniere, cittadino e abitante di Savona, costituita in presenza di me notaio e degli infrascritti testimoni, consapevole e attestante che il detto Domenico Colombo suo marito intende vendere o obbligare ad altri una casa, con giardino retroposto, del detto Domenico, sito in borgo Santo Stefano dell'illustre città di Genova, in contrada Sant'Andrea, alla quale casa e giardino sono attigui, da un lato Nicola di Paravania e dall'altro gli eredi del fu Antonio Bondo, avanti la via pubblica e dietro le mura della predetta città [...] a detta vendita [...] annuisce e acconsente».

 
Sottolineiamo che, nel nostro particolare contesto interpretativo,  è specialmente rilevante il gruppo costituito dagli atti III, V e VI, che vanno dal 1471 al 1477. In essi Susanna infatti acconsente («per  se et suos heredes» nell'atto V), a che il marito Domenico possa disporre  di beni della sua dote (ancora nell'atto V, i figli Colombo e Giovanni Pellegrino   sarebbero chiamati a controfirmare per approvazione, ma pur presenti sono   stati depennati dall'atto per ragioni che presto discuteremo). Non è   un po' troppo tardi, rispetto alla presunta data del matrimonio? Non apparirebbe   tutto meglio comprensibile se la coppia si fosse unita in matrimonio nella seconda metà degli anni '60, anziché negli anni '50?

Del resto lo stesso Taviani (PET, p. 9) riconosce che c'è un vuoto documentario di quasi 20 anni tra l'ipotizzato matrimonio e gli atti ufficiali superstiti relativi ai due coniugi:

 
"Siamo giunti al 1451, probabile anno di nascita di Cristoforo.  Domenico si era dunque sposato [Questa è in realtà una semplice  congettura dell'autore citato!]. Ma non rimane alcun documento delle sue nozze [Infatti!]. Il primo atto in cui compare la moglie Susanna Fontanarossa è del 15  [sic] maggio 1471".


VII - Genova, 21 luglio 1489 (PET, p. 216)
(Notaio Lorenzo Costa)
 
VIIA - VIIB - VIIC - VIID

« [...] et quod contra dictum extimum per dictum Dominicum, tanquam patrem et legiptimum administratorem Christofori, Bartholomei et Iacobi, filiorum ipsius Dominici, ac filiorum et heredum quondam     Suzane, eorum matris, olim uxoris dicti quondam Dominici [...] ».

Traduzione presente in PET: « [...] Ed essendo vero che contro il detto estimo dal detto Domenico, come padre e legittimo amministratore di Cristoforo, Bartolomeo e Giacomo figli di esso Domenico e figli eredi della fu Susanna loro madre, già moglie del fu Domenico [...] ».

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3 - Un possibile equivoco interpretativo

 
Ciò premesso, il menzionato Sandro Graviani ha attirato  la nostra attenzione sull'atto V, dove vengono nominati insieme, sebbene in un brano poi cancellato dal notaio che lo stava redigendo, i due giovani Cristoforo e Giovanni Pellegrino, dichiarati figli di Domenico e di Susanna. Il secondo sarebbe quindi un fratello (più giovane) di Colombo, in una sequenza dei figli della coppia che, secondo la storiografia purista, risulterebbe la seguente:

Cristoforo (nato intorno al 1451)
Giovanni Pellegrino (nato intorno al ?)
Bartolomeo (nato intorno al 1460)
Bianchinetta (nata intorno al 1464)
Giacomo (nato intorno al 1467).

Avendo notato che Giovanni risulta il nome del padre di Domenico, e che Giacomo è invece quello del padre di Susanna, abbiamo in passato avanzato l'ipotesi che Giovanni potesse essere un figlio del solo Domenico nato da un altro legame, e che Cristoforo e Bartolomeo potessero essere invece entrambi figli della sola Susanna, nati ancora da un altro legame. Insomma, che dal matrimonio tra i due, avvenuto intorno al 1470 e non al 1450, fossero nati solamente Giacomo e Bianchinetta. Tale analisi trascura, ritenendolo irrilevante, quello che appare essere un secondo nome di Giovanni, e cioè il "Pellegrino" che appare nell'atto, l'unico peraltro conosciuto, per quanto ne sappiamo, dove si nomina codesto personaggio. A parte ciò, ci viene chiesto, non è che la quasi totalità dei commentatori è caduta in un banale equivoco interpretativo, non rendendosi conto che Pellegrino potrebbe non essere affatto un secondo nome, bensì un vero e proprio cognome?

Basterà citare come esempio per tutti il grande medievalista Jacques Heers, che nel suo Cristoforo Colombo (trad. it., Rusconi, Milano, 1983, p. 26) osserva che Domenico Colombo dette a tutti i suoi figli nomi "perfettamente e inequivocabilmente cristiani: Cristoforo, Bartolomeo, Giacomo e Giovanni Pellegrino".

Inoltre, che l'espressione "Cristoforo e Giovanni Pellegrino" avrebbe dovuto essere più propriamente scritta dal notaio come "Cristoforo Pellegrino e Giovanni Pellegrino"? Non recando il cognome Colombo, si sarebbe trattato dunque di due figli della sola Susanna, peraltro perfettamente legittimati, provenienti da un padre che si chiamava Pellegrino!

Il Graviani aggiunge poi di essersi sempre chiesto perché il ramo dei Pallastrelli che emigrò in Portogallo, modificando in seguito il nome della famiglia in Perestrello, abbia variato pure lo stemma della famiglia, che era un "leone rampante di nero accompagnato da 6 fiamme di rosso poste in orlo su oro" (l'immagine che segue è purtroppo in semplice bianco e nero):





( http://www.leonemarinato.it/famiglie.php?c=P&pg=2)

Ecco per un confronto lo stemma bipartito dei Perestrello, dove su una metà appare ancora un leone rampante, perņ di colore viola, e scompaiono le fiamme, sostituite da rose che non contornano il leone, ma sono presenti solamente nell'altra metà dello scudo:



Le sei rose contornano invece un elemento araldico che appare del tutto nuovo, tre stelle di otto raggi d'oro in fascia, identiche a quelle che sono visibili nello stemma della famiglia dei Pellegrino, o Pellegrini:






(http://www.tipestory.it/armastemma.php )
 


Insomma, Graviani segnala una curiosa coincidenza, e rafforza  una possibile connessione tra le due famiglie dei Pallastrelli e dei Pellegrino  con il notare che i Pellegrino avevano qualche legame con l'abbazia di Bobbio,  e che questa "nel Medioevo aveva possedimenti che attraverso le valli appenniniche  arrivavano sino a Genova. Purtroppo buona parte dell'archivio dell'abbazia  (fondata da S. Colombano patrono d'Irlanda) è stato distrutto da Napoleone.  La chiesa di Santo Stefano, ove i puristi ritengono sia stato battezzato Colombo, fu di pertinenza dei monaci dell'abbazia di Bobbio dal 972 al 1431".

 

L'ipotesi di un Cristoforo Colombo che sarebbe in realtà un Cristoforo Pellegrino, viene ampiamente illustrata nel lavoro di Maurizio Tagliattini  intitolato:
"Studio critico sull'origine di Cristoforo Colombo".


(Si tratta del capitolo X del libro The Discovery of North  America , 1991

 
http://www.columbusnavigation.com/tag/index.htm  )

Estraiamo dallo studio menzionato alcuni dei brani più rilevanti per la presente discussione.

"Io presenterò, ora, il mio contributo critico allo studio sull'origine di Cristoforo Colombo. Nella mia interpretazione, un documento vecchio di 525 anni (probabilmente pubblicato per la prima volta da Giambattista Belloro nel suo lavoro del 1839) offre l'avvincente prova che lo scopritore era, infatti, nato illegittimo ed abbandonato dal suo vero padre, un padre che molto probabilmente mai egli conobbe, sebbene portasse il suo nome di famiglia. [...] Al contrario di precedenti interpretazioni, i due figli sono, come l'atto notarile chiaramente mostra 'Cristoforo Pellegrino e Giovanni Pellegrino' non 'Cristoforo e Giovanni Pellegrino Colombo', figli di Domenico. Segue, allora, che i due sopraddetti figli devono essere identificati solamente come figli di Susanna Fontanarossa, sebbene la madre fosse, al tempo di questo atto notarile, sposata a Domenico Colombo. Qui si deve assumere, allora, che Susanna dopo aver dato alla luce Cristoforo e Giovanni (procreati da un uomo il cognome del quale era Pellegrino) più tardi incontrò Domenico Colombo e probabilmente (come scrive Casoni) visse con lui per un certo periodo di tempo. Eventualmente Susanna sposò Domenico Colombo e con il tempo la loro unione produsse ancora due figli ed una figlia, cioè, Bartolomeo, Giacomo e Bianchettina, che diventarono i fratellastri e la sorellastra di Cristoforo. Si può anche assumere che Cristoforo venisse generalmente conosciuto come il figlio di Domenico Colombo. Come, infatti, i due testimoni sono pronti a testimoniare 'per quanto ne sapessero' di fronte al notaio. Perché il notaio depennò i nomi di Cristoforo e Giovanni Pellegrino? Io ragiono che fu perché Domenico Colombo non li aveva adottati legalmente. Il notaio, infatti, ha lasciato intatto il nome della madre, ma ha significatamene depennato le parole che stabiliscono Domenico Colombo come padre dei due fratelli Pellegrino".
 

Lasciando al lettore l'onere di esaminare appieno l'argomentazione del Tagliattini, e di decidere se il possibile equivoco interpretativo segnalato sia davvero tale oppure no, potremmo ritenere concluso il presente aggiornamento e approfondimento, ci sia lecito però esprimere a mo' di congedo alcune riflessioni e riserve personali.

Notiamo prima di tutto che, almeno nella prima parte del brano sopra riportato, il Tagliattini appare cogliere quello che è secondo noi un punto essenziale per comprendere i tanti misteri che il grande navigatore fece sempre intorno alle circostanze della propria nascita, e cioè il fatto che essa fosse appunto illegittima, circostanza che si può supporre legalmente sanata solo dopo il matrimonio della madre con il lanaiolo Domenico (secondo Taviani, invece, i detti misteri si spiegano con le manie di grandezza di Cristoforo e del figlio Fernando, che non volevano ammettere un'origine modesta). Però, mentre la nostra ipotesi di illegittimità trova supporto in qualche altra argomentazione, non si vede come possa bastare per quella avanzata da Tagliattini la sola questione del Cristoforo Pellegrino. In fondo, il cognome del padre Cristoforo lo avrebbe recato, e quindi non sarebbe stato proprio assolutamente "abbandonato", né si comprende poi quale base documentaria possano avere le altre analoghe osservazioni, dal momento che, per quanto ne sappiamo, nulla si conosce per certo della vita di Susanna da Fontanarossa fino al 1471, anno in cui appare per la prima volta nell'atto III. Inoltre, se Colombo avesse portato il cognome di qualche ramo nobile della famiglia dei Pellegrino, i menzionati "misteri" non sarebbero stati necessari (e con ciò si risponde in particolare alla "coincidenza" sopra menzionata relativa agli stemmi dianzi riportati).

Ciò premesso, risulta alquanto singolare la circostanza che unicamente nell'atto V sorgano di questi problemi in ordine al cognome di Cristoforo, mentre negli atti precedenti (I, II, e IV), egli era sempre regolarmente nominato in maniera "corretta", quale figlio di Domenico Colombo - in particolare nel II, dove si attesta: «Christofforus de Columbo, filius Dominici». Vero è, come sottolinea il Tagliattini, che i testimoni riferiscono al notaio quanto è di loro conoscenza, e che Cristoforo poteva passare generalmente per figlio di Domenico, rimane comunque la perplessità segnalata.

Quanto precede si ricollega manifestamente alle ragioni dell'espunzione di tutto ciò che riguarda Cristoforo e Giovanni dal documento in parola. Secondo l'opinione pressoché unanime dei commentatori, si tratta semplicemente della circostanza secondo la quale il notaio, dopo aver nominato i due fratelli, si accorge che essi non hanno l'età prescritta di 25 anni (si veda quanto se ne dice in sede di commento all'atto II):

"Il notaio, dopo avere citato Cristoforo e Giovanni Pellegrino per autorizzare la loro madre alla vendita di un bene soggetto al vincolo della ipoteca dotale, depennò i loro nomi, avvedendosi che nessuno dei due figli aveva raggiunto la maggiore età di venticinque anni, limite della dipendenza dalla patria potestà" (NARC, p. 175).

Secondo il Tagliattini, invece, si sarebbe trattato del caso che il notaio Pietro Corsaro si sarebbe accorto successivamente che essi non erano figli legalmente riconosciuti di Domenico (Corsaro sarebbe stato peraltro l'unico ad avvedersene, ribadiamo), e quindi avrebbe depennato non tanto il riferimento alla presenza dei due giovani, quanto ogni attestazione che avesse a che fare con la paternità di Domenico! Nella trascrizione dell'atto che abbiamo riportato da PET, non risulta in effetti l'intero brano espunto, che è il seguente:

ac Christoforus et Iohannes Pelegrinus filii dictorum Dominici et Sozane iugalium et cum auctoritate et consensu dictorum parentum suorum presentium (mentre è completa la seconda espunzione segnalata, cioè: et patrem ipsorum Christofori et Iohannis Pellegrini, si veda l'atto originale nella scansione VI).

Tagliattini sottolinea poi la rilevanza dell'espunzione del termine presentium, "infatti i genitori non erano presenti, solamente la madre Susanna era presente!", proprio perché, secondo la sua opinione, non era presente il vero padre di Cristoforo e Giovanni Pellegrino, mah. Possiamo dire che certamente il notaio Corsaro era ben lontano "dall'immaginarsi che le sue parole dopo parecchi secoli si sarebbero poste al lambicco"! (citiamo qui una divertente osservazione dell'Abate Angelo Sanguineti, sebbene riferita ad altro documento: Vita di Cristoforo Colombo, Seconda edizione corretta ed accresciuta secondo le più recenti scoperte con appendice sulla patria dell'eroe, Genova, Reale Tipografia de' Sordo-Muti, Genova, 1891).

Terminiamo con l'obiezione che ci sembra maggiormente significativa. Nell'atto III si menziona la vendita effettuata ai due Caprile, e viene scritto chiaramente: «Iulliano de Caprili et Stampino de Caprili», non «Iulliano et Stampino de Caprili», ma bisognerebbe in effetti conoscere meglio quali erano le usanze legali del tempo, e poi il notaio potrebbe comunque essersene (casualmente) discostato in quella particolare occasione...


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