MAURO DE MAURO

COMMEMORAZIONE DI ETTORE MAJORANA
APPARSA IN 3 PARTI SUL QUOTIDIANO L'ORA DI PALERMO

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[Luglio 2013 - Trascrizione a cura di Susanna Bisi e Umberto Bartocci .
Completato nella parte iconografica ed in alcune righe illeggibili grazie ad Andrea Gaeta.]


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I PARTE
Lunedì 4 - Martedì 5 Ottobre 1965


La sconvolgente avventura umana e scientifica d'un grande fisico catanese
misteriosamente scomparso a 31 anno [ sic ]

MAIORANA[sic ]
Era quasi in ragazzo
Eppure l'era atomica gli deve molto

Fra qualche mese, in un giorno di maggio del 1966, la Palermo dei Vespri  e di Ponte Ammiraglio ospiterà fisici nucleari di tutta Europa e di  tutto il mondo per ricordare e onorare, nel sessantesimo anniversario della  nascita, il siciliano Ettore Majorana. Quel giorno rivivranno fra le pietre  vecchie e nuove della capitale dell'Isola gli spiriti immortali di Archimede e di Empedocle per assistere all'omaggio tributato al loro grande postero; e forse – è un dettaglio che i promotori della manifestazione  ed i parlamentari del Consiglio di Presidenza dell'Assemblea vorranno sicuramente  realizzare – forse sotto le volte del Palazzo dei Normanni, nella sala  che ospitò il primo Parlamento libero del mondo intero, scienziati  di tutto il mondo e rappresentanti del popolo siciliano siederanno in unica  assemblea per commemorare il genio dello scienziato Majorana.

Qualcuno, a questo punto, potrà anche chiedersi:  chi è Ettore Majorana? Che cosa è stato?

  – Era un prodigio in matematica ed un portento per la profondità e la forza del pensiero – ha scritto di lui la moglie di Enrico Fermi.

  – Era il più grande di tutti. Non oso dire dove sarebbe arrivato se fosse vissuto – ha detto il professor Antonio Carrelli, vice presidente dell'EURATOM.

È il primo fisico d'Europa – lo definì  il professor Orso Maria Corbino: a quel tempo Ettore Majorana aveva da poco  compiuto ventiquattro anni. Quando scomparve ne aveva trentadue. Si trovano nei raggi cosmici, quando raggiungono la superficie terrestre, delle particelle  – i mesoni mu la cui vita sul globo non è che di un milionesimo di secondo: al termine del milionesimo di secondo, questi effimeri si distruggono da sé. Nell'universo del pensiero umano, Ettore Majorana è guizzato come un mesone mu, come una di quelle particelle elementari infinitamente piccole di cui egli aveva intrapreso lo studio e il calcolo intorno agli anni trenta.
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Studiava ingegneria, frequentava l'ultimo anno del Politecnico a Roma, quando cominciò ad interessarsi di fisica dopo aver conosciuto Enrico Fermi. Era destino che Fermi e Majorana si incontrassero.
"Fu un incontro memorabile – racconta oggi, a quasi quaranta anni di distanza, l'ingegnere Luciano Majorana, fratello di Ettore – Emilio Segré [ sic , ora e nel seguito] , che dal Politecnico era passato alla Facoltà  di fisica, fece di tutto per trascinare in Fisica anche Ettore. Un giorno  gli disse: Vieni, ti faccio conoscere Enrico Fermi. Ti entusiasmerà. – L'indomani andarono. Fermi studiò  a lungo e in silenzio Ettore, più giovane di lui di qualche anno, gli parlò delle più recenti teorie della fisica, e gli mostrò  una complicata tabella di valori calcolata dallo stesso Fermi durante un ciclo di studi e di sperimentazione. L'indomani Majorana tornò da Fermi, all'Istituto di via Panisperna a Roma. L'indomani – ripete e sottolinea il fratello – e non un mese o una settimana dopo. Gli chiese di vedere ancora la tabella dei valori, la confrontò con un foglietto di quaderno zeppo di cifre e di segni che aveva portato con sé, poi disse: - Li ha calcolati esatti, sa…”.

Questo fu l'incontro fra Fermi e Majorana e segnò l'inizio della collaborazione del giovane matematico siciliano alle affascinanti ricerche che con povertà di mezzi pari alla ricchezza di ingegno e di entusiasmo conducevano nella scuola di fisica di via Panisperna, concepita e realizzata  dal professor Corbino, quel gruppo di giovanissimi noti allora sotto il nome  di "I ragazzi di Corbino". Con gli anni, quei "ragazzi" si sono rivelati formidabili pensatori e ricercatori: hanno tenuto a battesimo le prime utilizzazioni dell'energia nucleare; hanno rastrellato Premi Nobel. Si chiamavano Fermi, D'Agostino, Segré, Amaldi, Pontecorvo. Fra di loro giganteggiava Ettore Majorana. Al fratello che un giorno gli chiese perché mai pubblicasse i suoi lavori a Lipsia, in tedesco, Majorana rispose: "Non importa la lingua, tanto siamo in quattro al mondo che possiamo capirli" . Gli altri tre erano Bohr, Dirac ed uno studioso americano di cui l'ingegnere Luciano non ricorda il nome.





Emilio Segré (nella foto a destra). Premio Nobel per la scoperta dell'antiprotone, insegnò fisica all'Università di Palermo tra il 1936 e il 1938, anno in cui espatriò in America per sottrarsi alle persecuzioni razziali. Fu Segré a presentare Majorana ad Enrico Fermi: fu un incontro memorabile, per il futuro della fisica nucleare. Segré è tornato a Palermo dopo la assegnazione del "Nobel", ed in quella occasione l'Ateneo palermitano gli ha tributato un solenne riconoscimento. Emilio Segré vive stabilmente in California.


All'età di trentadue anni questo autentico genio che attraverso il calcolo matematico puro era riuscito a gettare uno sguardo, o forse molto di più che uno sguardo sui misteri inviolati dell'universo, del cosmo e della materia che lo compone, scomparve in circostanze che ancor oggi, dopo ventisette anni, suscitano emozione.

Niente di lui è stato più trovato. Tutte le ipotesi formulate all’epoca della scomparsa sono ancor oggi drammaticamente valide. Ucciso? Suicida? Esule volontario? Rapito? Smemorato? Attratto dalla intima quiete  di una certosa?
"Noi non facciamo alcuna ipotesi – dice Luciano Majorana. Noi significa lui stesso, suo fratello Salvatore, la sorella  Maria e la mamma, ci precisa – Anzi, non scartiamo nessuna ipotesi.  Ettore sbarcò a Napoli, questo fatto è accertato. Dopo l'istante  in cui Ettore posò i piedi sulla banchina del porto di Napoli, tutto  è stato possibile" .
Le ultime ore di Ettore Majorana sono state accuratamente ricostruite, nei limiti del possibile, dai fratelli, dai cugini, dalla Questura di Napoli, dalla Capitaneria di Porto, dal Servizio Segreto. Nel 1937 Majorana era stato  nominato, per chiara fama, ordinario di Fisica teorica all'Università  di Napoli. Svolse alcune lezioni – una dozzina o poco più –  poi improvvisamente, il 25 marzo, si imbarcò sul postale diretto a  Palermo. Chi vide, chi incontrò a Palermo? Non lo si è mai saputo. Scese all'albergo Sole, e su carta intestata dell'Albergo scrisse al professor Carrelli una drammatica lettera, l'ultimo messaggio di chi si apprestava ad abbandonare la vita. "Caro Antonio, ho deciso di togliermi la vita. L'ho deciso perché non sento una autentica  necessità di stare al mondo e credo che il mondo farà benissimo a meno di me. Sono molto stanco. Tu che mi conosci, puoi comprendere che la mia delusione non è quella di una ragazza ibseniana, il problema è molto più arduo e profondo. Voglio ringraziarti per la cura che ti sei presa di me e per l'affetto sincero che mi hai dimostrato. Ti chiedo scusa per l'inevitabile disturbo che il mio gesto ti arrecherà. Addio" .
Imbucò la lettera al mattino, la sera ebbe un ripensamento e  telegrafò allo stesso professor Carrelli: "Annulla notizia che  ti ho dato. Scriverò ancora. Ettore".

[Qui, ed in alcuni altri punti nel seguito, la ricostruzione offerta da De Mauro non è del tutto esatta, circostanza del resto comprensibile, perché allora sul caso, prima dell'opera di Erasmo Recami, si andava per sentito dire.]

Invece non scrisse più. Partì col postale diretto a Napoli.  A bordo si incontrò con il noto matematico palermitano professor Vittorio  Strazzeri, col quale scambiò qualche frase. L'indomani mattina Ettore Majorana – come accertò in seguito la polizia – fu scorto da due camerieri di bordo in procinto di sbarcare. Non aveva bagaglio, ad eccezione di una piccola borsa da viaggio. I due camerieri lo notarono  per questo particolare: "Con quel passeggero c'è poco da fare" osservarono, alludendo al minuscolo bagaglio.

Intanto il professor Carrelli, che aveva ricevuto il telegramma per lui incomprensibile e poi la lettera, informò il fratello di Ettore. Luciano Majorana e Carrelli si precipitarono a Napoli, all'albergo Bologna dove Ettore abitava, nei pressi dell'Università. La camera era in ordine come egli l'aveva lasciata tre giorni prima: le valige erano chiuse e ordinate sul tavolo e sulla valigia più in alto una lettera con un laconico indirizzo: "Per la mia famiglia". Conteneva lo stesso proposito suicida espresso al professore ma – afferma un cugino di Ettore, l'avvocato Salvatore Majorana, notissimo professionista catanese – con una motivazione più amara e più drammatica: "Io non voglio far male a nessuno, e perciò in ogni caso non riprenderò l'insegnamento" .

In ogni caso: il suicidio non doveva dunque sembrargli irrevocabile; forse nella sua amarezza Ettore intravedeva la possibilità di una alternativa?

Le ricerche condotte a Napoli furono minuziosissime. I fondali del porto e poi quelli del golfo furono esplorati dai palombari palmo a palmo finché, dopo quindici giorni, fu ritrovato negli uffici della Tirrenia il tagliando-figlia del biglietto che Majorana aveva consegnato allo stewart [sic] scendendo dalla passerella. Non ci furono allora più dubbi: Majorana era sbarcato a Napoli.

Enrico Fermi, Accademico d'Italia, interessò direttamente Mussolini, sollecitando con una lettera "le più febbrili ricerche  dello scomparso". Fermi affermava nella lettera al capo del governo che "non esisteva studioso che avesse maggiore lucidità di Majorana  nella ricostruzione dei processi della fisica teorica" e che ritrovarlo era "di supremo interesse per la scienza e per la patria".
Sul dossier relativo al "caso Majorana" Mussolini scrisse di suo pugno a matita rossa col suo solito piglio dittatoriale: "Voglio  che si trovi". Ma Majorana non fu trovato. Il Questore di Napoli, nel mostrare il dossier con l'annotazione di Mussolini a Luciano, ha espressa la certezza che lo scomparso fosse vivo. "Un vivo non si trova, un morto si trova" , disse testualmente. Anche il Comandante del porto aveva detto: " Se si fosse gettato in mare, il mare lo avrebbe restituito cadavere" .

Le sorelle e la mamma di Ettore rivolsero una supplica a Pio XII, da  poco eletto Papa, perché disponesse che le ricerche fossero svolte  anche nelle case religiose di clausura. Se furono svolte, non dettero alcun  esito.

Il cugino avv. Majorana esclude che la scomparsa sia comunque collegata ad una crisi mistica: "La sua fu una crisi cerebrale, morale, con riflessi  emotivi – ha confidato –. Perciò lo cercai ovunque, fuorché  nei conventi. Lo cercai a Taormina, dove era stata segnalata l'esistenza  di un cadavere di ignoto. Lo cercai anche sul Vesuvio: ritenevo, e ritengo  tuttora, che a somiglianza di Empedocle, Ettore abbia cercato l'oblio  nel cratere del vulcano..." .




Ettore Majorana all'età di 24 anni. La foto, ricavata da una vecchia tessera, è una delle due uniche fotografie che i familiari conservano dello scomparso. Una terza foto lo ritrae in gruppo con alcuni dei fisici che nel periodo a cavallo fra le due guerre animarono la celebre scuola di fisica dell'Università di Roma da cui uscirono i Premi Nobel Fermi e Segrè e fisici di fama mondiale come Pontecorvo, Rasetti, Amaldi.


Maria Majorana, una donna non più giovanissima, piacente, serena, scuote il capo alla mia domanda se spera che suo fratello sia tuttora vivo: "Il realismo mi induce a rispondere no, Ettore non è vivo. Ma  il realismo non distrugge la speranza" , aggiunge, e gli occhi le si  velano di pianto, subito cancellato da un sorriso triste e dolcissimo.


Poche settimane prima il direttore di "Epoca", rivolgendosi ad un altro fratello di Majorana – Salvatore
scriveva: "So che  è difficile parlare di certe cose ai familiari, violando la loro antica e intima pena. Voglio però dirle che il racconto della lettrice per  un momento mi ha affascinato, suggerendo l'idea che una grandissima mente sia ancora fra noi – in qualche parte del mondo e continui a  volgere in sé pensieri smisurati e altissimi, oscuri per quasi tutti noi ma pure diretti a noi... Mi ha illuminato un filo di speranza che il destino non ci avesse derubati di un genio” .

La lettrice, una signora di Pistoia che afferma di avere conosciuto Ettore Majorana, esprimeva la certezza che egli sia tuttora in vita.

[Ma niente affatto, si veda quanto se ne dice nella nostra (duplice) scheda dedicata all'argomento.]


Il mistero di Ettore Majorana, uno dei più sconcertanti e appassionanti  misteri di questo secolo, riaffiora dopo ventisette anni per due diversi eventi, in apparenza lontanissimi tra loro ma in realtà convergenti. Il ventesimo anniversario della bomba atomica, che rappresentò la primitiva utilizzazione umana delle inesauribili riserve racchiuse nell'atomo di materia, ripropone il tema affascinante e attuale, benché retrospettivo, della incidenza che il pensiero di Ettore Majorana ebbe nelle teorie di Bohr, di Heisenberg e successivamente negli esperimenti di Enrico Fermi che portarono alla scissione dell'atomo.


   L'altro evento è stato la scoperta degli appunti delle lezioni che  Majorana svolse all'Ateneo di Napoli tra l'autunno del 1937 e la primavera  del 1938. Il grande fisico Bernardini ebbe a dire un anno fa, a Erice, durante  il simposio internazionale di fisica nucleare che "quelle   lezioni  del 1938 potrebbero essere svolte ancora oggi. Sono attualissime. La fisica  ufficiale  se ne è accorta soltanto dieci anni fa, nel 1955"   . Da un paio di anni gli appunti di Majorana, contenuti in due quaderni  malandati, scoloriti,  ingialliti, fitti di simboli, formule ed equazioni  oscure e incomprensibili, sono in possesso del prof. Edoardo Amaldi, il più  grande amico che Ettore Majorana ebbe nella sua breve ma intensa esperienza  romana. [La questione della "grande" amicizia tra Amaldi  e Majorana merita una nota, a riprova che l'intera ricostruzione del caso  è stata spesso di circostanza, lontana dalla realtà, pure quella  offerta da De Mauro non fa purtroppo eccezione - altro che "inchiesta". Un  corrispondente, notevole studioso di EM, ci ha scritto: "Amaldi è uno di coloro che non rientravano affatto nel novero degli amici stretti e dei confidenti di Ettore: non c'è una sola riga di Majorana né per Fermi né per Amaldi
". Quanto a Segrè, invece, è manifesta la sua antipatia nei confronti di EM anche a decenni di distanza dalla scomparsa, circostanza sulla quale abbiamo sovente argomentato. Il medesimo attento corrispondente aggiunge oggi il seguente poco noto significativo particolare: "Quando nel 1935 Segrè sposò Elfriede - ovviamente con rito ebraico - al ricevimento di nozze che fu dato presso l'Hotel de Russie di Roma, Ettore non figurava tra gli invitati". ]    Su quegli  appunti Amaldi sta tentando di ricostruire la parte meno  nota ma anche la più valida del pensiero di Majorana: sta interrogando  un fantasma per tradurne agli uomini di oggi  il messaggio postumo. Forse, attraverso l’appassionata fatica del prof. Amaldi, uno dei "ragazzi  di Corbino" di 40 anni fa, l'umanità potrà    avvicinarsi  alla soluzione del mistero. Potremo allora sapere che cosa vide nel futuro  la mente trascendentale di Ettore Majorana. Nella attesa di quel giorno, ci è sembrato utile cercare di conoscere il più  fedelmente  possibile chi era Ettore Majorana, questo grande catanese verso  cui  la scienza ufficiale non sempre s'è dimostrata finora giusta e grata.

MAURO DE MAURO

(continua)

[La storia del ritrovamento delle lezioni di EM è attentamente delineata, tra l'altro, in: Antonino Drago e Salvatore Esposito, "Ettore Majorana's Course On Theoretical Physics: A Recent Discovery", Physics in Perspective , 9, pp. 329-345, Birkhäuser Verlag, Basel, 2007. Quanto a date, vi si parla specificamente di una lettera di Gilberto Bernardini ad Edoardo Amaldi del 2 febbraio 1964, come dire che l'attenzione verso tali lezioni non è precedente alla decisione di Zichichi di intitolare il Centro di Erice al fisico catanese scomparso.]

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II PARTE
Mercoledì  6 - Giovedì 7 Ottobre 1965


La sconvolgente avventura di Ettore Maiorana [sic]
I "RAGAZZI DI CORBINO"
Alla scuola del grande fisico siciliano 5 giovani scienziati intravidero l'era atomica
– Si chiamavano: Fermi, Amaldi, Rasetti, Segrè, Maiorana
[sic ].
Complicate formule su un pacchetto di sigarette
Nella vecchia casa dello studioso catanese


Ettore Majorana nacque a Catania il 6 agosto 1906, in una vecchia casa di via Etnea dove il tempo sembra essersi fermato. Al secondo piano spicca ancor oggi su una grossa targa di ottone ovale, in un corsivo inglese incredibilmente ricco di ghirigori e di svolazzi, il nome del padron di casa: Ing. Fabio Majorana. Era il papà di Ettore, ingegnere dell'Ispettorato Regio dei Telefoni costituitosi nell'altro dopoguerra.

Fabio Majorana era il quinto figlio, l'ultimo, di quel Salvatore Majorana che fu Ministro dell'Agricoltura Industria e Commercio nei due Gabinetti De Pretis sul finire dello scorso secolo. Con lui e con i suoi   cinque figli i Majorana impressero una duratura impronta alla città di Catania. Giuseppe, deputato di tre legislature, fu docente di Economia e Finanza e Rettore Magnifico della Università etnea; Angelo fu tre   volte Ministro, docente di Diritto Costituzionale e di Sociologia, e Rettore Magnifico; Quirino fu un fisico illustre, anche se negli ultimi anni della sua vita si diede ad inseguire chimerici studi sulla anti-gravità; Dante fu deputato e Rettore Magnifico; e infine Fabio, ingegnere e fisico, fu il padre di Ettore venuto al mondo con un impegnativo bagaglio di tradizioni familiari umanistiche e scientifiche.

Fin dall'infanzia il futuro innovatore delle recenti teorie quantistiche dimostrò spiccatissima capacità matematica e profondo interesse per le scienze fisiche ed astronomiche, interesse che suo padre coltivava ed alimentava. Aveva solo otto anni quando, nel regalare a suo cugino Salvatore, studente di liceo, un volumetto edito da Vallardi – "I cieli"  gli spiegò dettagliatamente la teoria del filosofo positivista Roberto   Ardigò sulla formazione naturale del sistema solare.

Dopo aver frequentato le elementari a Catania compì tutti gli studi a Roma, nel collegio dei gesuiti Istituto Massimo alle Terme. Intorno al 1920 tutta la famiglia si trasferì a Roma, nell'appartamento di Viale Regina Margherita dove tuttora abitano Maria e Salvatore Majorana, con la mamma. Hanno conservato a Catania la casa di via Etnea, dove Ettore era solito recarsi molto spesso. A Catania non aveva molti amici, ma ai pochi che aveva era molto attaccato: uno di costoro era il giovane Parroco Ricceri, attuale Vescovo di Trapani.

L'immagine che finora è stata descritta di un Ettore Majorana chiuso in sé, scontroso, addirittura misogino, non trova riscontro nella realtà. Il fratello e la sorella, il cugino sono concordi nel  respingerla con fermezza. Era riservato, questo sì, ma era dolce, gentile, alieno da scatti impulsivi, affettuosissimo verso familiari e parenti.

"Il suo era un temperamento incline all'ironia –   racconta il cugino –  solo che Ettore non ha mai trovato facile la conversazione con altri perché le cose che lo interessavano erano diverse da quelle di cui solitamente si chiacchiera. Perciò taceva. Con suo padre invece si apriva a lunghi dialoghi, quasi a un colloquio costante, intimo, intorno ai problemi della fisica e, più avanti negli anni, intorno alla condizione umana della sua missione scientifica" .


L'avvocato Salvatore Majorana fa una pausa, aggrotta la fronte nello sforzo di raccogliere ricordi quanto più possibile. Nello studio ampio e polveroso del palazzotto signorile di via Androne i libri, le carte, i quadri alle pareti raccontano parte della storia di questa famiglia. Dietro il tavolo da lavoro una vecchia oleografia rappresenta il Parlamento italiano in occasione della visita di Garibaldi. Il Ministro Salvatore Majorana è il secondo da sinistra, al banco del Governo.





La seconda delle due uniche foto rimaste di Ettore Majorana, il grande fisico cataese scomparso a soli trentun anni in circostanze tuttora avvolte dal mistero. Il volto è dominato dagli occhi nerissimi, profondi, inquietanti. Rispondendo a una domanda, Maria Mjorana, sorella dello scomparso, ha detto: "No, Ettore non era bello, ma era interessantissimo, era affascinante...".



"Talvolta
– dice ancora il cugino – Ettore ebbe occasione  di discutere, in polemica, con lo zio Quirino. La fisica e gli studi che egli conduceva erano l'argomento preferito della sua conversazione. L'ultima volta che gli parlai, a lungo, fu una sera di dicembre del 1937, a Roma. Mi parlò di fisica, di sperimentazione. Non mi sembrò molto soddisfatto, però nulla quella sera, per quanto io mi sforzi di ricordare, faceva presagire che da lì a tre mesi sarebbe scomparso…".


NON ERA soddisfatto: lo ha detto anche suo fratello, l'ingegner Luciano Majorana, che ho incontrato al di là dell'uscio con la targa ovale di ottone, in una stanza di quaranta anni fa in cui la sola nota stridente è il telefono da tavolo sulla scrivania. C’è in un angolo un vecchio pianoforte con paralumi di stoffa, un divano e due poltroncine sbiadite, la consolle, una pregevole riproduzione di Dufy, l'istantanea di un matrimonio di antica data e un allegro disordine di scartoffie sulla scrivania. In quella stanza ha vissuto, ha respirato, ha lavorato Ettore Majorana quando veniva a Catania saltuariamente, e quando vi soggiornò  più a lungo durante l'istruttoria a carico di suo zio Dante, colpito da un'accusa assurda e sballata formulata da un procuratore del re megalomane.

Quando è entrato Luciano la stanza si è riempita  da un istante all'altro di fumo di pipa e di un ghiotto profumo di tabacco.  L'avvio non è stato facile. "Desidera?", ha chiesto in tono  cortese e convenzionale. Ciò che desideravo era di sapere come era  fatto suo fratello dentro, che cosa pensava, che cosa lo rodeva. Sulle prime  ghiaccio, diffidenza, forse gelosia? Anche Emilio Segrè, che il nostro John Cappelli ha interpellato a Chicago, ha detto seccamente: tutto ciò che so su Ettore Majorana l'ho mandato al professor Amaldi, che sta scrivendo un libro. Da principio Luciano Majorana era sulla stessa posizione, poi, per gradi, si è sgelato, ha cominciato a parlare: "Ettore era un umorista. Scherzava molto, a modo suo. Per esempio imitava il vecchio dialetto siciliano, impersonava tipi paesani ormai scomparsi, e ci si divertiva un mondo. Misogino? Scontroso? Ma quando mai! Si appartava per pensare, per studiare. Preferiva lavorare di notte, di giorno riposava e non voleva veder nessuno. Anche i noiosi disturbi gastrici di cui soffriva lo inducevano ad appartarsi. E poi lo infastidivano il facile ossequio della gente, l'untuoso servilismo di coloro che gli si chinavano dopo i riconoscimenti ufficiali che gli erano venuti” .

Parlando, Luciano Majorana assapora voluttuosamente la pipa. Forse ignora di essere un personaggio favoloso, ignora di esser vestito da raffinato play-boy, e saetta a destra e a manca lo sguardo delle pupille scure, mobilissime sotto due cespugli di sopracciglia incredibilmente folti.




Al Congresso di Fisica della Fondazione Volta, nel 1931, parteciparono scienziati di tutto il mondo. Al centro, accanto a Jean Perrin (con la barba bianca), è Orso Maria Corbino; e un piano più sopra Enrico Fermi. In primo piano sono riconoscibili, da sinistra: Marie Curie, Guglielmo Marconi, Niels Bohr.


"Aveva un anno meno di me
– racconta –   però al ginnasio superiore saltò un anno e così ci ritrovammo insieme alla scuola di ingegneria. Studiava ingegneria, come noi, Emilio Segré, poi Segrè [doppio sic] passò all'Istituto di fisica e riuscì, dopo qualche tempo, a tirarsi dietro Ettore”.




Una recente foto del professor Edoardo Amaldi (in primo piano), Direttore dell'Istituto di Fisica dell'Università di Roma. Sotto la sua direzione si è svolto il lavoro che ha portato alla scoperta dell'"anti sigma più". Edoardo Amaldi fece parte, con Rasetti, D'Agostino, Segrè, Pontecorvo e Majorana del gruppo dei "ragazzi di Corbino" che tra il 1924
[sic] e il 1935 si raccolsero intorno a Enrico Fermi, alla scuola di fisica dell'Università di Roma. Amaldi fu, tra tutti, il più vicino a Ettore Majorana: in questi giorni attende alla ultimazione di un libro dedicato appunto al grande fisico catanese scomparso.


LA scuola di fisica di Roma era stato il sogno e fu poi la grandiosa realizzazione del siciliano Orso Maria Corbino. Voleva realizzare una scuola che si imponesse alla ammirazione del mondo, che continuasse le luminose tradizioni di Galileo e di Volta, e cominciò a costruirla nel 1926, riuscendo a far assegnare ad Enrico Fermi, già allora notissimo per i suoi studi quantistici, la cattedra di fisica teorica. Il secondo acquisto di Corbino fu uno studente di ingegneria, Edoardo Amaldi, figlio del matematico Ugo Amaldi. Fu poi la volta di Rasetti, e l'anno successivo di un altro studente d'ingegneria, Emilio Segré. Poco dopo Majorana ne seguì l'esempio, e il sogno di Corbino cominciò ad avverarsi.

I "ragazzi di Corbino" si riunivano spessissimo nella stanza di Fermi, all'Istituto di via Panisperna, e tutti nel gruppo consideravano già da allora un genio il giovanissimo Ettore Majorana. Era un prodigio di matematica, ha ricordato la signora Laura Fermi, se c'era Majorana nessuno si prendeva la briga di fare i calcoli, bastava chiederli a lui.

Ad ogni domanda Majorana aggrottava le sopracciglia – un po' meno folte di quelle di suo fratello Luciano – muoveva rapidamente le labbra, sollevava la testa e dava la risposta esatta, senza cavar le mani dalle tasche dove le portava sprofondate per abitudine.

In quel periodo Majorana pensava, sempre, ovunque: in tram, per la strada, a tavola, con la fronte aggrottata, con le sopracciglia inarcate perennemente. Il suo cervello era un vulcano, dice ancora di lui Laura Fermi, gli venivano in mente ogni momento nuove idee, soluzioni di problemi prima insoluti, o spiegazioni di risultati provati, sperimentalmente, in laboratorio: allora si fermava di colpo, si frugava in tasca alla ricerca di un involucro di sigarette, di una scatola di cerini, di un biglietto di tram su cui scarabocchiava formule complicate. Poi lo assaliva l'ansia di comunicare la sua nuova teoria, la sua nuova scoperta a Fermi o a Rasetti, e loro lo incitavano:  "Bravo Ettore! Scrivila, pubblicala questa teoria!", ma lui niente. Non gli sembrava che valesse la pena di pubblicare il risultato dei suoi studi. Quando aveva fumato l'ultima sigaretta o consumato l'ultimo cerino, l'involucro o la scatoletta con i calcoli e le formule finivano nel cestino. Proprio in quegli anni nasceva nella scuola di via Panisperna il bombardamento degli atomi con neutroni lenti che avrebbe portato, di lì a qualche anno, allo sfruttamento della energia nucleare.

Majorana aveva pensato e formulato la teoria di Heisenberg sul "principio d'indeterminazione" prima che Heisenberg la pubblicasse: ne  parlò a Fermi, ma non la scrisse mai. Qualche anno più  tardi avvicinò   Heisenberg in Germania, a Gottinga, e gli espose alcune sue considerazioni che indussero Heisenberg a modificare in parte la sua teoria; da allora alcuni testi scientifici la definirono teoria di Heisenberg-Majorana, ma col tempo la scienza ufficiale si è dimenticata del grande e modesto fisico siciliano. Il suo nome è caduto dal binomio, ed è restata soltanto la teoria di Heisenberg , quella che praticamente ha aperto alla fisica la strada su cui la fisica ha camminato dopo gli anni trenta.

La teoria dei quanta, che stabilisce la correlazione fra energia e materia, aveva appassionato Majorana fin da quando Fermi la aveva affrontata alla scuola di via Panisperna, ma a differenza degli altri Majorana non si accontentava dei dogmi, approfondiva ogni particolare, criticava, poneva domande su domande finché l'allievo, come nel caso Heisenberg, superò i maestri.

"ERA una mente superiore", dice il fratello Luciano, poi avverte la banalità della definizione e tace imbarazzato. Ettore Majorana era molto di più. Quando qualcuno non gli andava, soleva dire: "Ma   questo è soltanto un matematico!". Non un fisico. Lui che disponeva della matematica, e del calcolo matematico, come ogni mortale dispone della vista venendo al mondo, lui considerava la matematica soltanto uno strumento, un'arma per aggredire e penetrare la fisica, ma certamente non un fine.
Nel 1933 Majorana redasse per l'Accademia dei Lincei una "Teoria del nucleo atomico" che gli valse una borsa di studio in Germania e in Danimarca. Fu in quel periodo che si incontrò con Heisenberg a Gottinga, e successivamente col grande Bohr a Copenaghen. Quando tornò a Roma, Fermi lo incoraggiò a proseguire quel filone di studi, ma intanto si era prodotto in lui un grande cambiamento. Era divenuto scontento, infastidito, scettico. Si isolò, evitò i suoi vecchi compagni di ricerca: l'unico con cui rimase in rapporti era Amaldi che andava spesso a  trovarlo a casa. Sua sorella Maria ricorda bene quel periodo nero, il loro papà morì quell'anno, nel 1934, ed Ettore risentì il luttuoso evento forse più degli altri fratelli,  perché con la morte del padre venne a mancargli il migliore, il più  sincero e affettuoso interlocutore dei suoi lunghi colloqui notturni.

Cominciò allora, e durò poi fino alla sua scomparsa, l'assillo segreto di Majorana, la pena che lo inquietava, lo rodeva, lo tormentava. Era intimamente insoddisfatto. "La fisica è su una strada sbagliata. Siamo tutti su una strada sbagliata" dirà più tardi, sul finire del '37, al professor Carrelli. Lo ripeteva in famiglia e il fratello Luciano ricorda vivida l'amarezza che lo pervadeva: "Non era contento della fisica, cercava qualche cosa di più semplice e di più universale" . Ancora  una volta il siciliano Ettore Majorana aveva precorso i tempi?


Quasi venti anni dopo Einstein esprimerà analogo disagio, eguale insoddisfazione con la celebre frase "Dio non può giocare a dadi con l'universo".


MAURO DE MAURO

(continua)


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III PARTE
Mart. 12 - Merc. 13 Ottobre 1965


Camminava sui sentieri della scienza con trent'anni di anticipo
Le teorie elaborate dal giovanissimo scienziato catanese, tuttora valide,
sono state confermate da recenti esperimenti

Scomparve misteriosamente la mattina del 28 marzo 1938, senza lasciare traccia.
È vivo? È morto? La madre spera ancora


"SE MAJORANA non fosse scomparso, sarebbe diventato un secondo Einstein":  da qualche anno questa affermazione rimbalza da un rotocalco all'altro, perché il paragone è facile, è allettante, e chiunque pone   mano alla penna per scrivere di Ettore Majorana non sa rinunciare alla tentazione di servirsene. Ma è proprio il genere di affermazione che manda  in bestia gli studiosi, i fisici, gli scienziati. Il prof. Zichichi la respinge con veemenza: "Non significa niente! Einstein è stato Einstein come Majorana è stato Majorana".

Nessuno dei due, insomma, può essere usato come pietra di paragone né come unità di misura.
"Se non fosse scomparso avrebbe continuato a fare ed a pensare le cose meravigliose che ha fatto ed ha pensato. In fisica nucleare i lavori di Majorana rappresentano un contributo importantissimo, ma bisogna considerare che in fisica niente è definitivo, la fisica nucleare è un capitolo aperto. L'apporto di Majorana? La teoria delle forze di libero scambio, tanto per dirne una: noi le chiamiamo forze di Majorana. La teoria da lui formulata trentatre anni fa è tuttoggi pienamente valida. E ancora: la teoria a due componenti dei neutrini".

Prima di Majorana, si riteneva che esistessero quattro stadi del neutrino: uno stadio positivo ed uno negativo con rotazione verso l'alto, ed un positivo ed un negativo con rotazione verso il basso. La teoria era errata, e ciò creava notevoli complicazioni nella ricerca sperimentale e teorica. Venne Majorana e dimostrò che il neutrino è neutro, non ha carica positiva né negativa ma soltanto carica nucleare: così che può avere solo due stati. Da allora la fisica procedette più speditamente.

"La teoria di Majorana si è dimostrata valida alla luce dei recentissimi esperimenti sui neutrini effettuati al CERN da Bernardini l'anno scorso", sottolinea il professore Zichichi.

Due anni fa due fisici cinesi naturalizzati americani, i professori Lee e Yang, hanno vinto il Premio Nobel per la fisica per una loro teoria sulle particelle elementari che compongono  l'atomo. Dopo, ci si è accorti che le stesse teorie le aveva formulate trent'anni prima il siciliano Ettore Majorana. "Majorana queste cose le dice trent'anni fa! – esclama il professor Zichichi abbandonando per un attimo la sua abituale flemma –. E questo è meraviglioso. Ha lasciato studi importanti, fondamentali, che resteranno tali nella  fisica futura. Se fosse vissuto, sarebbe certo diventato il più grande fisico moderno", conclude cadendo involontariamente nella  ipotesi che poco prima aveva rimproverato ai giornalisti.

Teorie ancora oggi valide

Lo stesso Bernardini aveva alcuni giorni prima espresso una analoga  convinzione in una intervista rilasciata al nostro corrispondente da Pisa, Giuseppe Antoni. Gilberto Bernardini, nato a Firenze quattordici giorni dopo Ettore Majorana, ebbe a ventotto anni la cattedra di fisica all'ateneo fiorentino, diresse dal '41 al '46 l'Istituto di Fisica dell'Università di Bologna, poi diventò ordinario di spettroscopia a Roma e direttore del Centro di Fisica Nucleare al Consiglio nazionale delle ricerche. Ha trascorso alcuni anni negli Stati Uniti e quando si costruì a Ginevra il grande acceleratore del CERN tornò in Europa per dirigerlo. Oggi dirige la Scuola Normale Superiore di Pisa. "Le teorie di Ettore Majorana sono tuttora validissime – ha esordito l'illustre uomo di scienza –.  Data la giovane età in cui scomparve, Majorana ha fatto poche ma bellissime cose, che sono state di fondamento nello sviluppo della fisica nucleare. Così, improvvisamente, non saprei elencarle tutte. Mi limiterò a dire di alcune fra le più importanti e fondamentalmente apprezzabili. Per esempio, a proposito delle forze nucleari, Majorana affermava che esse erano forze di libero scambio: teoria che oggi rimane essenzialmente valida.

Un altro contributo datoci da Ettore Majorana è la formulazione della relazione esistente fra il principio della coniugazione di carica e l'identità dei neutrini con gli anti-neutrini. A questo principio noi siamo giunti oggi. A Majorana è dovuto infine un  lavoro arditissimo sulle equazioni delle particelle di momento angolare intrinseco qualsiasi. Lavoro che ancora oggi è il banco di studio dei fisici teorici"
.


Accanto a questi studi più noti esistono altri non meno fondamentali: da poco laureato, Majorana pubblicò una monografia sulla "Reazione pseudopolare fra atomi di idrogeno" e poco dopo un'altra sulla "Formazione dello jone nucleare di elio", monografia di valore assolutamente profetico, che stupisce e sgomenta i fisici che hanno occasione di leggerla adesso, alla luce delle strabilianti conquiste seguite alla scissione dell'atomo di idrogeno (ottenuta nel 1950, venti anni più tardi della monografia  di Majorana).


Del 1933 è la sua già citata "Teoria del nucleo atomico" ed infine del 1937 la "Teoria simmetrica dell'elettrone e del positrone". Dopo questa, non restano di Majorana che gli appunti delle lezioni da lui   svolte all'Università di Napoli, per un uditorio formato da sette studenti di fisica e da una dozzina di professori affascinati da quel loro giovanissimo collega, taciturno e visibilmente preso da un assillo  recondito, che in sole quattro lezioni era riuscito a rendere chiara ed a liquidare la teoria della relatività, per molti di essi fino allora ostica, incomprensibile.

[Anche qui, parecchia esagerazione ed inesattezze, per le quali si rimanda all'articolo di Antonino Drago e Salvatore Esposito citato in nota alla fine della I parte. L'Istituto di Napoli non viene certo descritto in termini lusinghieri da un punto di vista scientifico nella prima lettera di EM da Napoli alla madre: "Praticamente l'Istituto si riduce alla persona di Carrelli, del vecchio aiuto Maione e del giovane assistente Cennamo. Vi è anche un professore di fisica terrestre difficile a scoprire. [...] Carrelli prepara le lezioni di meccanica con molti giochetti. L'occupazione dominante è quella degli esercizi, almeno per Carrelli e assistenti. L'istituto è molto pulito e in ordine, benché poco attrezzato" (11 gennaio 1938).]


Questi appunti sono stati analizzati e interrogati dal professore Amaldi: finiranno nelle bacheche della "Domus Galileiana" [ sic], che li ha richiesti, accanto ai cimeli di Galileo, di Volta, di Marconi, dopo essere stati raccolti in volume e pubblicati. Una gentile signora che rappresenta in Italia la Casa Editrice Academic Press
di New York e Londra è stata categorica: "Le lezioni di Majorana  fanno testo. Sono di estremo interesse scientifico" .

La Academic Press pubblica, tra l'altro, i rendiconti della Scuola  Internazionale di Fisica "Enrico Fermi" e, dallo scorso anno, anche quelli della Scuola Internazionale di Fisica "Ettore Majorana". È proprio  la scuola internazionale di fisica "Ettore Majorana" promotrice, con l'Assemblea  e con il Governo regionale, delle manifestazioni con cui la Sicilia si appresta ad onorare questo suo grande figlio la cui vita fu luminosa intensa e breve come quella di una meteora.


Ma si può con assoluta certezza affermare, a ventinove anni dalla   sua scomparsa, che Ettore Majorana sia morto? In piena coscienza, no. E' scomparso, ogni altra affermazione è gratuita, arbitraria. Scendendo  lungo la passerella del "postale" Palermo-Napoli, quella mattina di marzo del '38, Ettore Majorana aprì un appassionante e sconvolgente mistero che resta ancora oggi tale.


L'ipotesi del suicidio

E' stata formulata l'ipotesi che si sia suicidato dopo aver intravisto   nel futuro dell'umanità le catastrofiche conseguenze della fissione nucleare. Ma i fisici respingono quest'ipotesi: lo stesso Heisenberg, intervistato  nel dopoguerra, disse che ancora nel 1941 gli scienziati tedeschi pensavano di trarre dall'atomo nuove potenti energie, ma non un'arma di tremenda potenza distruggitrice. I fisici inglesi erano allo stesso punto, con i loro impianti per l'acqua pesante installati  in Norvegia e da loro stessi distrutti dopo l'occupazione nazista. I fisici perciò scartano l'ipotesi che nel 1938 Majorana avesse visto appieno i possibili impieghi militari dell'energia liberata dall'atomo e ne fosse rimasto sconvolto al punto di togliersi la vita. "E poi – ha osservato uno degli studiosi che svolgono le lezioni alla Scuola Internazionale di Erice – quando un fisico intravede una teoria, una possibilità di soluzione, una nuova conquista, si appassiona, vive solo in funzione di essa, non la abbandona più... Altro che togliersi la vita!"

E allora? Ha qualche validità l'ipotesi di una crisi mistica che lo abbia fatto finire nei silenzi di qualche Certosa? L'avvocato Salvatore Majorana la esclude, tuttavia dalle descrizioni fatte dal fratello Luciano, dalla sorella Maria, da alcuni studiosi che lo conobbero in gioventù emerge la figura di un uomo dalla morale rigida, di un cattolico osservante, aperto al colloquio continuo con un Sacerdote che gli era amico oltre che confessore e consigliere spirituale. Dice Bernardini: "Conobbi Ettore Majorana ed ebbi occasione di intrattenermi con lui solo poche ore. Da allora ne ho  sempre però ammirato la eccezionale sensibilità umana. Veramente rara!", aggiunge.


Un cattolico fervente, un uomo sensibilissimo, uno studioso scontento  e  insoddisfatto degli studi ("Ammirava Dirac, ma intuiva che nelle sue teorie   qualche cosa non andava", dice Luciano Majorana), un ipercritico: perché escludere l'ipotesi. [ sic]


"Ettore è vivo – ripete dal canto suo la signora Majorana   –. Ettore è vivo e il Signore mi tiene in vita soltanto perché vuole che io riveda Ettore".

La mente si perde dietro a sogni fascinosi, resi tuttavia possibili proprio dal mistero che Ettore Majorana ha lasciato dietro di sé. Non è possibile fare alcuna ipotesi. Anzi, non è consentito scartarne alcuna. Tutto, di Majorana, è stato ed è possibile. Perciò i suoi colleghi di un tempo ed i giovani che sui testi ne seguono le arditissime traiettorie nei cieli del pensiero scientifico ne sono in un certo senso gelosi. Li infastidisce che si accenni alla "morte" di Ettore Majorana, che il suo nome venga accoppiato alle misteriose circostanze in cui scomparve. Ne celebreranno l'anniversario della nascita, questo sì, come si celebra l'anniversario della venuta al mondo di una grande mente. Scomparso – morto o vivo che sia – vive e vivrà nelle aule universitarie e nei laboratori dove i moderni  alchimisti creano il nuovo futuro dell'umanità.

MAURO DE MAURO
FINE
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Le precedenti puntate sono state pubblicate il 2 [sic] ed il 6 ottobre.



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