ANCORA MISTERIOSA
LA FINE DELLO SCIENZIATO ETTORE MAJORANA

La Nuova Stampa, 29 luglio 1950
Crescenzo Guarino








[Trascrizione a cura della Prof.ssa Susanna Bisi]


Ancora misteriosa la fine dello scienziato Ettore Maiorana
Dodici anni di ricerche dello studioso di problemi atomici - La fantasia popolare parla di un mago sparito nelle viscere dell'Etna

(Dal nostro inviato speciale)
Catania, luglio.

In città e nei paesi alle falde dell'Etna, ogni volta che arrivano notizie di guerra, di una guerra imminente, spaventosa, per cui forse il genere umano finirà, la fantasia popolare parla d'un mago che, salito sulla vetta, è sparito nelle viscere ardenti del vulcano dove, curvo sugli alambicchi, distilla il suo terribile segreto. La leggenda narrata dai popolani, contadini e pastori del mago dell'Etna, che dovrà un giorno uscire in una nube di fuoco a polverizzare vivi e morti, è sorta da un drammatico mistero: la scomparsa, dodici anni fa, nella primavera del '38, di uno dei più grandi scienziati, Ettore Maiorana il cui nome, riportato da enciclopedie e trattati, è legato ai più recenti eventi della fisica nucleare che hanno consentito l'utilizzazione dell'energia e, quindi, della bomba atomica.

Enigma insoluto
La famiglia di Ettore Maiorana ha proprietà nei paesi sull'Etna, a Passo Pisciaro, Randazzo e Castiglione e spesso il giovane compiva sul vulcano lunghi soggiorni, andava facendo escursioni e si fermava a parlare con i vignaioli (dopo la sua scomparsa l'Etna sarà esplorata dai familiari in ogni sentiero, abitato, casupola.
Ettore Majorana era nato a Catania il 5 agosto del 1906, al secondo piano di via Etnea, n.251. Al pianterreno v'è un vecchio calzolaio, Nitto (Benedetto) Ronciavalle, che lo conobbe da bambino e di lui sa tutto. Apparteneva ad un ramo della famiglia che nell'isola è detta degli "Archimedi della Sicilia" perché sta dando da un secolo, senza interruzione, soprattutto scienziati. Il padre di Ettore, Fabio, era ingegnere e studioso di fisica. Il giovane, la cui scomparsa è stato l'enigma insoluto delle polizie di molti Paesi che per anni lo hanno ricercato senza alcun frutto, fu sin dai primi anni un ragazzo prodigio. Taciturno, assorto, non giocava mai con gli altri bambini. Un giorno non lo trovavano. Dopo ore di ricerca lo sorpresero in uno stanzino a scriver numeri. A tre anni conosceva le quattro operazioni, a sei compiva a mente le estrazioni di radici cubiche e quadrate
La famiglia Maiorana si trasferì a Roma ed Ettore studiò con i fratelli al "Massimo".
Arrivato al 4° anno di ingegneria, poiché non si sentiva portato per la scienza applicata, preferì laurearsi in fisica. Insegnavano allora, a Roma, in questo campo, due grandi firme: Orso Mario Corbino ed Enrico Fermi. Essi si accorsero subito che il giovane aveva del prodigioso.
Dopo la laurea Ettore continuò in quella che era diventata l sua vita, fuori del ritmo comune. Dormiva col sole, studiava tutta la notte, fino all'alba. Era necessaria l'affettuosa pressione della madre perché si nutrisse. Lo studio, la concentrazione intensa in un campo scientifico così alto e tormentoso, lo avevano reso estraneo alle cose che lo circondavano. Metteva una scarpa e usciva, dimenticando che all'altro piede calzava la pantofola. Incominciava il nodo della cravatta e lo lasciava penzoloni. Intanto, una dopo l'altra, apparivano brevi pubblicazioni, ormai classiche e tradotte in varie lingue, che sollevavano lo stupore dei fisici, in Italia e all'estero. Fra "Atomi orientati in campo magnetico variabile" (1932) e la "Teoria simmetrica dell'elettrone e del positrone" (1937) uscì nel '33 quell'opuscolo "Sulla teoria dei nuclei" che è uno dei capisaldi degli studi atomici. Cambridge, Harvard, Yale, il governo sovietico, gli offrirono cattedre, onori e guadagni. I suoi maestri italiani (per quanto egli, nonostante la frequenza all'Università fosse piuttosto un autodidatta) lo spingono a presentarsi al concorso del '36 per una delle tre cattedre di fisica teorica. Egli sembra persuaso, fa fare i documenti, poi, convinto che l'insegnamento non è per lui, non si presenta e le tre cattedre sono assegnate ad altri.
Allora Fermi ed Orso Mario Corbino parlano con Bottai, gli spiegano che cosa sia per l'Italia il pericolo di perdere un simile scienziato in un campo che apre al vicino futuro tutte le possibilità. Una mattina del '37, un usciere bussa alla porta della casa di Roma, nel viale della Regina e lascia una busta. Dentro v'è la nomina, senza concorso, "per merito eccezionale", alla cattedra di fisica teorica dell'Università di Napoli. Vuol rinunziare e solo le insistenze di professori ed amici lo persuadono a malincuore.
A Napoli dorme e pranza all'Hotel Bologna e non frequenta nessuno, tranne il prof. Antonio Carrelli. Esce solo per le lezioni. Ma la vita di studi e solitudine accentua i disturbi nervosi cui si aggiungono quelli gastrici, che lo rendono ancora più malinconico. Così arriva al marzo ed egli decide di prendersi un giorno di svago. A Palermo v'è la "Primavera Siciliana". Parte la sera col portale, arriva all'alba, sta un giorno all'hotel Sole e la sera stessa riparte col piroscafo per Napoli.

Crisi spirituale?
Da questo momento comincia il mistero perché egli non torna all'hotel Bologna dove pure ha lasciato libri, indumenti, la valigia. All'università non lo vedono, s'allarmano. Carrelli informa la polizia e Fermi che a sua volta avverte la famiglia. Due fratelli, l'avv. Salvatore e l'ing. Luciano, corrono a Napoli. Al "Bologna" tutte le sue cose sono in ordine, intatte. Manca solo il passaporto.
La polizia fascista non si occupava a fondo della cosa. Allora i fratelli di Ettore si recarono a Palermo. Lì, con l'aiuto della mafia, ricostruirono, ora per ora, il soggiorno del professore nella città. Il Vaticano, sollecitato, interessò le autorità religiose se il professore, per una crisi spirituale, si fosse ritirato in qualche eremo lontano.
Giovanni Gentile un cui figliolo, fisico, era assai amico di Ettore, si rivolse direttamente a Mussolini spiegandogli quale importanza avevano gli studi di Maiorana, importanza che fu sottolineata in una lettera di Fermi al capo del governo. Mussolini, allarmato, ordinò a Senise, allora capo della polizia, di inviargli tutta la pratica sulla scomparsa, la lesse attentamente e, come ricorda un fratello di Ettore, scrisse grande a lapis rosso sulla copertina: "Voglio che si trovi".
Tutte le questure furono mobilitate e impiegata ogni risorsa. I giornali pubblicavano la fotografia. Da Perdifumo, nel Cilento, giunse una segnalazione. Cani poliziotti a cui erano stati fatti annusare gli abiti dello scomparso, vennero lanciati nei campi. Intanto, Mussolini tempestava . Poiché un alto funzionario osò dirgli che un vivo, in genere, si nasconde meglio di un morto, si estesero le ricerche a tutti i cadaveri non identificati e sempre fu escluso che tra questi vi fosse il corpo di Maiorana. Il governo italiano, oltre alle normali segnalazioni all'estero, interessò per le ricerche in modo particolare la Germania e lo stesso Hitler. Infatti lo scienziato (che non parlava l'inglese) conosceva bene il tedesco.
Sono passati ormai dodici anni da quando Ettore Maiorana sparì. La madre, la signora Dorina, spera ancora. I fratelli ed i parenti di Catania escludono il suicidio o l'omicidio e non hanno essi stessi una qualsiasi idea di come possono essere andate le cose. Nitto, il vecchio calzolaio nella cui bottega, da piccolo, Ettore giocava, è certo, forte nel suo istinto che il giovane è vivo. Si è informato anche dai preti, Nitto, e gli hanno detto che la Chiesa consente in alcuni casi che il superiore di un convento, specie se di clausura, possa accogliere una persona e rivelare il nome solo alla Congregazione dei Religiosi . Perché disperare, dunque? Mormora il vecchio. Forse lo spavento - egli dice - per aver intuito dove potevano portare, per la malvagità umana, le scoperte atomiche, possono averlo sconvolto. Ettore era assai religioso. Forse s'è nascosto a pregare in qualche eremo da dove egli pensa, con spavento, a ciò che gli uomini stanno per fare.

Crescenzo Guarino

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